Scrutatio

Giovedi, 18 aprile 2024 - San Galdino ( Letture di oggi)

Salmi 94


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Esortazione, e invito a tutti gli uomini, che adorino Cristo vero Dio, e Re grande, e a lui ubbidiscano per riguardo ai benefizj della creazione, e della incarnazione.

1Lauda, ovver cantico dello stesso Davidde.
Venite, esultiamo nel Signore, cantiam le lodi di Dio Salvator nostro:
2Corriamo a presentarci davanti a lui coll'orazione, e co' salmi celebriamo le sue lodi.3Imperocché il Signore è un Dia grande, e un re grande sopra tutti gli Dei.4Perocché l'ampiezza tutta della terra egli tiene nella sua mano, e a lui gli altissimi monti appartengono.5Perocché di lui è il mare, ed egli lo fece, e dalle mani di lui fu fondata l'arida terra.6Venite, adoriamolo, e prostriamoci, e spargiamo lagrime dinanzi al Signore, di cui siamo fattura:7Imperocché egli è il Signore Dio nostro, e noi popolo de' suoi paschi, e pecorelle di suo governo.8Oggi se la voce di lui udirete, non vogliate indurare i vostri cuori;9Come nel luogo dell'altercazione al di della tentazione nel deserto, dove tentaron me i padri vostri, fecer prova di me, e videro le opere mie.10Per quarant'anni fui disgustato altamente con quella generazione, e dissi: Costoro van sempre errando col cuore.11Ed eglino non han conosciutele mie vie; ond'io giurai sdegnato: Non entreranno nella mia requie.

Note:

94,1:Venite, esultiamo nel Signore. In questo salmo tutte queste denominazioni: Signore, Dio Salvatore, Dio Grande, Gran Re, Padrone della terra, e del mare: tutte dinotano Cristo, come ci insegna Paolo, Heb. III. 7. IV. 3. I. Cor. X. 9., e ne van d'accordo anche vari dotti Rabbini, i quali dicono, che del regno del Messia qui si parla. Debbo notare, che questo salmo recitandosi tutti i giorni nella Chiesa al principio del mattutino, si recita secondo l'antica versione italica, la quale in qualche cosa è differente dalla nostra volgata.

94,3:Imperocchè, il Signore è un Dio grande, ec. In questo e ne' due seguenti versetti si adducono le ragioni, per cui l'anima fedele debb' esser sollecita a benedire e celebrare il Signore; indi l'invito ripetesi vers. 6. e di poi si aggiungon nuove ragioni, e si finisce con grave e forte ammonizione.

94,4:L'ampiezza tutto della terra ec. Egli tiene l'ampia terra nella sua mano: espressione simile a quella d'Isaia, che dice le grandi isole, non essere riguardo a Dio nulla più, che un granello di polvere XL.15. l'Ebreo legge: Egli tiene nella sua mano le profondità della terra: lo che corrisponde a quello che segue: e gli altissimi monti ec. E le cose più profonde e nascoste, come sono le viscere della terra, e le cose più sublimi, come le altissime montagne sono nella mano di Dio. Ma quanto alla seconda parte di questo versetto l'antica versione porta: e le altezze de' monti egli vede, cioè conosce quanto sia l'altezza delle più grandi montagne, cosa, che i geometri appena con molto studio e coll'aiuto di vari strumenti arrivano a definire.

94,6:Di cui siamo fattura. Queste parole debbono intendersi non di quella creazione, per ragion della quale anche gli empi sono fattura di Dio, ma di quella nuova creazione, o rigenerazione, per cui rinasciamo in Cristo, creati da Dio per le buone opere, come dice l'Apostolo; onde siamo (com' egli dice) nuova creatura, II. Cor. V. 17, ciò si conosce evidentemente dal versetto seguente.

94,7:Popolo de' suoi pacchi. Popolo, cui egli pasce colla celeste dottrina. Cristo è il nostro Pastore, Joan. X. II. Ezech. XXXIV. 23.

94,8:Oggi se la voce di lui udirete, ec. Questo oggi significa il tempo di grazia e di salute, il tempo della misericordia e della remissione de' peccati meritata agli uomini da Cristo. Ma può riguardo a ciascun uomo in particolare quest' oggi intendersi di quel tempo (tempo sol da Dio conosciuto), dopo del quale Dio abbandona il peccatore alla durezza del suo cattivo cuore.

94,9:Come nel lungo dell'altercazione ec. Porta l'esempio degli Ebrei nel deserto per far conoscere a qual pericoli esponga la incredulità e la durezza di cuore, e il rigettare la voce del Signore. La fine degli Ebrei che altercarono con Mosè particolarmente a Raphidim, dove si trovarono in penuria di acqua (Exod. XVII.2), e tentammo Dio dicendo: È egli con noi il Signore, o non è? Exod. XVII. 7., la fine di questi Ebrei fu di essere esclusi dalla terra promessa, e di perire miseramente in quel deserto. Così tutta quella gente favorita da Dio con infinita bontà, condotta miracolosamente fuor dell'Egitto, sostenuta per tanti anni a forza di prodigi, perde colla sua durezza tutto il frutto de' benefizi di Dio, ed anche dei suoi patimenti. I Cristiani favoriti senza paragone ancor piu di quelli, obbligati ad una maggior fedeltà e riconoscenza, hanno motivi più grandi di temerei terribili effetti della loro iugratitudine verso Dio e verso il suo Cristo. Tentaron me ec. Mormorando, e mettendo in dubbio la mia providenza e la mia fedeltà nell'adempir le promesse, mi tentarono e fecer prova di me per conoscere, s' io fossi assai potente e buono per contentarli, ed essi videro gl'insigni miracoli, che io feci per essi.

94,10-11:Per quarant' anni ec. Accenna come dopo i continui e grandi e solenni benefizi di Dio, fu sempre pervicace quel popolo, e cattivo con Dio, onde egli disgustato giustamente con esso lo fece perire nel deserto, e nissuno di que' mormoratori entrò nella terra promessa. Tutti quelli, i quali nell'uscita dall'Egitto toccavano li venti anni perirono, tolto Giosuè e Caleb, e un numero di sacerdoti e Leviti. La terra promessa è chiamata da Dio sua requie, perché in questa terra data da lui al suo popolo dovea questo aver suo riposo dopo il lungo pellegrinaggio: ovvero perchè ivi dovea riposare l'Area di Dio. Quanto ai Cristiani la terra, che è l'oggetto di loro speranze, e la sede della loro requie, egli è il cielo, dove, liberi dalle afflizioni e dagli affanni della vita presente, goderanno perpetua pace e riposo in seno a Dio. Pensino adunque, e si guardino dal meritare colla lor ingratitudine, che Dio da tal requie gli escluda; perocchè infinitamente grande e deplorabile sarebbe la loro sciagura per tal privazione, dietro a cui ne verrebbe una infelicità e miseria eterna. Dove la nostra volgata mette: Per quarant'anni fui disgustato. il saltem Romano legge: Per quarant'anni fui vicino: varietà che ha origine dal doppio significato della voce greca; questa lezione vorrà dire: Per quaranta anni stetti attorno a questo popolo, conducendolo, benedicandolo, ed anche correggendolo ne' suoi trascorsi, ma senza alcun solido frutto; perch'essi furon sempre protervi. Del rimanente sopra questi versetti 8.9.10.11. vedi quello, che si è detto Heb. III. 7. 8. 9.10.11.