Scrutatio

Martedi, 23 aprile 2024 - San Giorgio ( Letture di oggi)

Salmi 38


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E umile l'argomento al salmo precedente la vita dell'uomo è breve, e non è altro, che vanità. Prega il Signore ad aiutarlo nella tribolazione, e a dargli sollievo prima della sua morte.

1A Idithun, cantico di David.
Io dissi: Starò attento sopra di me per non peccare colla mia lingua. Posi un freno alla mia bocca, allorché veniva in campo contro di me il peccatore.
2Ammutolii, e mi umiliai, e di cose anche buone io non parlai; e il dolor mio rincrudì.3Si acceso dentro di me il cuor mio, e un fuoco divampò nelle mie considerazioni.4Dissi colla mia lingua: Signore, fammi conoscere il mio fine.
E qual sia il numero de' giorni miei, affinchè io sappia quel, che mi avanza.
5Certo, che a corta misura tu hai ridotto i miei giorni, e la mia sussistenza è come un nulla dinanzi a te. Certamente mera vanità egli è ogni uomo vivente.6Certamente l'uomo passa come ombra: e di più si conturba senza fondamento.
Tesoreggia, e non sa per chi egli metta da parte.
7E adesso la mia espettazione qual è, se non tu, o Signore, in cui è la mia sussistenza.8Liberami da tutte le mie iniquità: tu mi hai renduto oggetto di scherno allo stolto.9Ammutolii, e non apersi la mia bocca, perche opera tua ell'è questa:10Rimuovi da me i tuoi flagelli.11Sotto la tua mano forte io venni meno quando mi correggesti: tu per ragion dell'iniquità gastigasti l'uomo.
E l'anima di lui tacesti, che a guisa di ragno si consumasse: certamente indarno l'uom si conturba.
12Esaudisci la mia orazione, o Signore, e le mie suppliche: da udienza alle mie lagrime. Non istarti in silenzio, perocché forestiero, e pellegrino son io davanti te, come tutti i padri miei.13Fa pausa con me, affinchè io abbia, refrigerio avanti ch'io me ne vada da un luogo, dove più non sarò.

Note:

38,1:A Idithun. Questi è l'istesso, che Ethan, ed era della stirpe di Merari, e uno de' cantori del tempio. Vedi I. Paralip. VI. 44., XVI. 45. A lui fu dato il salmo per cantarlo, ovvero per metterlo in musica.

Io dissi: Starò attento ec. Mio proponimento si tu, che in qualunque tribolazione mi ritrovassi, starei attento a me stesso per guardarmi da que' mancamenti, che più difficilmente si schivano, vale a dire dai mancamenti e peccati della lingua.
Posi un freno alla mia bocca. Questo freno è il silenzio. Con questo io mi preparai agli assalti del peccatore.

38,2:Di cose anche buone io non parlai; ec. Mi contenni dal dire anche quello, che avrei potuto dir con tutta giustizia, affinchè la violenza delle afflizioni e de' patimenti non mi trasportasse a dir più di quello che io non volessi, e più di quello che non conveniva, e la forza, ch'io feci a me stesso rende più crudo e cocente il mio dolore.

38,3:Si accese dentro di me ec. Sentii tutto accendersi intorno al cuore il mio sangue pe' naturali sentimenti di sdegno e per lo zelo, che quasi fuoco mi avvampava nel riflettere alla malvagità e ingiustizia de' peccatori.

38,4:Dissi colla mia lingua: ec. Dopo aver tenuto cogli uomini un perfetto silenzio, a Dio mi rivolsi, e annoiato di vivere bramai e chiesi da lui la morte. Questo vuol dire il profeta in questi due versetti. I suoi sentimenti sono simili a quelli di Elia. 3. Reg. XIX. 4. Signore, prendi l'anima mia, perocchè non son io migliore de' padri miei. Vedi anche Job, VII. 1., VIII. 9. ec. E insieme c'insegna Davidde, come ne' combattimenti della carne e dello spirito è necessario di ricorrere all'orazione. Quel, che mi avanza. Quello, che ancor mi resta da vivere e da patire.

38,5:Certo, che a corta misura ec. l'Ebreo dica: A misura di quattro dita.
E la mia sussistenza ec. E il tempo, ch'io son per vivere e un nulla, come tu ben conosci. Gli uomini posson creder lunga la vita di coloro, che arrivano alla decrepita età, ma non così pensi tu. Avea domandato quanto durar dovesse a vivere, e per conseguenza a soffrire. Lo spirito del Signore lo illumina, conducendolo a riflettere sopra la brevità somma della umana vita.
Nera vanità egli è ogni uomo vivente. Vanità perfetta, vanità somma, un complesso di vanità è ogni uomo che vive sopra la terra; soggetto secondo il corpo a tutti i mali e a tutte le necessità, a cui le creature o inanimate o sensitive sono soggette; egli di più riguardo all'anima ha per suo patrimonio dopo il peccato la incostanza e la mutabilità, la perturbazione de' pensieri e degli effetti, la ignoranza dell'intelletto, la depravazione della volontà, depravazione tale e tanta, che in ogni genere di peccati, anche più orribili e nefandi può precipitarlo. Nell'Ebreo è posta alla fine di questo versetto la parola sela, perché è degna di essere ponderata questa vanità e miseria dell'uomo. Vedi la prefazione.

38,6:Passa come ombra, ec.come ombra, che nulla ha di solido e di consistente. Ma chi può capire come per si poco tempo, che l'uomo ha da vivere, egli mena tanto romore e si agita e si perturba, e non si da mai riposo? Tesoreggia, e non sa ec. Vedi Eccles. XI. 18.

38,7:E adesso la mia espettazione qual'è? Posta adunque la brevità, la vanità e la miseria della vita presente, a chi ricorrerò, e dove collochero io la mia speranza, se non in te, o Signore, in cui è la mia sussistenza, il mio essere in lui viviamo, ci moviamo e siamo. Atti XVII. 7.8. Alcuni prendono in voce substantia in significato di tesoro, ricchezza. Mia espettazione se' tu, in cui sono ripostele mio ricchezze, il mio tesoro, onde avendo te, sarò ricco oltre modo, e avrò tutto quello che io posso desiderare. La prima sposizione però è la più vera; perocchè nel primo senso è usata qui la parola substantia nel versetto 7.

38,8:Mi hai renduto oggetto di scherno ec. l'Ebreo legge: Non mi rendere oggetto di scherno per lo stolto. Lo stolto o il peccatore. Vedi Psal. XXXVII. 5. Ma tenendoci alla lezione della nostra volgata il senso correrà assai bene. Liberami da tutte le mie iniquità; conciossiachè per ragione di questa tu mi hai percosso e umiliato in guisa, che son divenuto ogetto di scherno pei peccatori?

38,9:Opera tua ell'è questa. Ho taciuto, non ho aperta la bocca, perché il male, che io soiffro, mi viene da te, perché tuo volere egli è che lo porti la pena delle mie colpe: ma abbi pietà della mia miseria, o Signore, e rimuovi i tuoi flagelli da me.

38,11:Sotto la tua mano forte ec. Ti prego di rimuover da me i tuoi flagelli, perché io omai ho sperimentato quanto sia forte e pesante il tuo braccio: fui per soccombere, allorché per emendarmi e ridurmi nel buon sentiero mi facesti provare il rigore de' tuoi castighi. Tu per ragion dell'iniquità gastigasti l'uomo, e l'anima di lui facesti, ec. L'uomo non fu afflitto da te, se non quando egli fu peccatore: allora tu lo punisti, e facesti, che l'anima di lui si consumasse ne' dolori e nelle pene, come si consuma un ragno colla fragil sua tela. I Padri applicano queste parole allo stato di un' anima contrita e penitente, cui Dio va privando di tutto quello, che era pell'avanti a lei di piacere, separandola dai desiderii della carne, e il cuor riempiendole di salutare amarezza. Certamente indarno l'uom si conturba. Stoltezza grande ell'e, che un uomo si agiti e si conturbi per cosa alcuna temporale, onde trasportare si lasci o da soverchia allegrezza per le cose seconde, o dominar si lasci ed abbattere da eccessiva tristezza, quando tu, o Signore, gli mandi le avversità per correggerlo: quanto meglio, e più utile per lui sarà il soggettarsi allora alla tua volontà, possedendo l'anima propria per meno della pazienza?

38,12:Da' udienza alle mie lacrime. È lo stesso, che se dicesse: Ascolta il mio dolore e il pentimento sincero dei miei peccati, i quali io piango e piangerò dinanzi a te.
Non istarti in silenzio. Rispondi alla mia orazione coll'esaudirla. Perocchè forestiero e pellegrino ma io... come ec.... Io sono dinanzi a te come forestiero e pellegrino nel mondo, ben sapendo, come non è qui stabile la mia mansione: perocchè non abbiam qui ferma città cerchiam la futura, 2. Cor. V. Così pensavano i padri miei, i quali si consideraron sempre come ospiti e pellegrini sopra la terra; Heb. XIII. 13., così penso io. Facciano adunque pausa per alcun poco con me i tuoi flagelli, trattami con misericordia e benignità, affinchè io abbia riposo e refrigerio prima di uscire di questa vita, alla quale non tornerò. Perocchè in tal guisa facendo tu, non sarò io agitato da' terrori della coscienza e morrò nella pace.