Scrutatio

Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Salmi 26


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Dice, che egli è sicuro dà qualunque possanza dei nemici, stando egli nella Casa di Dio, cioè nella Chiesa, e purché Dio lo custodisca dagli attentati degli stessi nemici.

1Salmo di David, prima ch'ei fosse unto.
IL Signore mia luce, e mia salute: chi ho io da temere?
Il Signore difende la mia vita: chi potrà farmi tremare?
2Nel mentre che i cattivi mi vengon sopra per divorar le mie carni.
Questi nemici miei, che mi affliggono, eglino stessi hanno inciampato, e sono caduti.
3Quando io avrò contro di me degli eserciti attendati, il mio cuore non temerà. Quando si verrà a battaglia contro di me, in questo io porrò mia speranza.4Una sola cosa ho domandato al Signore; questa io cercherò; che io possa abitare nella casa del Signore per tutti i giorni della mia vita:
Affine di vedere il gaudio del Signore, frequentando il suo tempio.
5Imperocché egli mi ha ascoso nel suo tabernacolo, nel giorno delle sciagure mi pose al coperto nell'intimo del suo tabernacolo.6Sopra di un'alta pietra mi trasportò, e adesso ha innalzata la mia testa, sopra de' miei nemici.
Starò intorno a lui immolando sacrifizj nel suo tabernacolo al suon delle trombe: canterò, e salmeggerò lodando il Signore.
7Esaudisci, o Signore, la voce mia, colla quale ti ho invocato: abbi misericordia di me, ed esaudiscimi.8Con te parlò il cuor mio; gli occhi miei ti hanno cercato: la tua faccia cercherò io, o Signore.9Non rivolgere la tua faccia da me, non ritirarti per isdegno dal servo tuo. Sii tu mio aiuto, non mi abbandonare, e non disprezzarmi o Dio mio Salvatore.10Perché il padre mio, e la madre mia mi hanno abbandonato: ma il Signore si è preso cura di me.11Ponimi davanti, o Signore, la legge della tua via, e per riguardo a' nemici miei giudami pel diritto sentiero.12Non abbandonarmi ai desiderj di coloro, che mi perseguitano, dopodichè si son presentati contro di me dei testimonj falsi, e l'iniquità si inventò delle menzogne.13Credo, che io vedrò i beni del Signore nella terra de' vivi.14Aspetta il Signore, diportati virilmente, e prenda vigore il cuor tuo, e aspetta pazientemente il Signore.

Note:

26,1:Prima ch'ei fosse unto. Queste parole aggiunte dai LXX interpreti secondo le tradizioni ricevute dal loro maggiori s'intendono comunemente della seconda unzione di Davidde, la quale seguì in Hebron dopo la morte di Saulle, essendo egli stato in quella città riconosciuto per re, e fatto ungere dagli uomini della tribù di Giuda. Egli fu unto la prima volta da Samuele, e la terza volta fu unto pertinente in Hebron, allorché fu riconosciuto anche dalle altre tribù. Vedi 1. Reg. XVI. 13., 2. Reg. II. 4., 2. Reg. V. 3. Così questo salmo sarà stato scritto nel tempo in cui Davidde soffriva la cruda persecuzione di Saulle.

Mia luce. Mia consolazione nelle tenebre delle afflizioni e ne' pìù grandi pericoli; ed ancora luce, che illumina ogni uomo, che viene nel mondo, luce, senza di cui non altro e l'uomo se non tenebre e debolezza e miseria.

26,2:Per divorar le mie carni. Per isbranarmi e divorarmi a guisa di lupi affamati.

26,3:Quando io avrò ec. ne la violenza di tutti gli uomini, ne la guerra di tutto l'inferno non dee poter toglierci la nostra speranza in Dio, speranza, che e specialissimo dono di lui non men che la fede, e la quale Cristo pregò, che non venisse meno giammai ne' suoi eletti. Luc. XXII.
In questo io porrò ec. In questa io porrò mia speranza di aver per mia luce, e per mia salute il Signore.

26,4:Che io possa abitare nella casa del Signore ec. Era cosa più dura per Davidde il non potere presentarsi al tabernacolo di Dio, e trovarsi alle sacre funzioni, che l'esser esule dalla casa paterna, separato dalla sua famiglia, dagli amici, e andar ramingo or qua, or la per fuggire la persecuzione, vivendo frattanto negli stenti e nella miseria. Io non altro bramava (dice egli), e altra cosa a Dio non chiesi e non chiedo, che di star sempre dinanzi al mio Dio, dinanzi al suo tabernacolo, e gustar la dolcezza e il gaudio santo, che un'anima pia sperimenta nel rendere a Dio il suo culto e le sue adorazioni nelle adunanze di religione, nella società del popolo del Signore. Da questa società avevan voluto escludere Davidde i suoi perversi nemici, come egli stesso se ne lagna, I. Reg. XXVI. 19., dove parla in tal guisa a Saulle: Ascolta di grazia, o Re Signor mio, le parole del tuo servo: se il Signore ti spinge contro di me gradisco egli l'odore del sacrifizio; ma se (sono) i figliuoli degli uomini, e' son maledetti dinanzi al Signore, eglino, che mi hanno oggi discacciato, perch'io non abbia luogo nell'eredità del Signore, dicendo: va', servi agli dei stranieri. Ma Davidde era ben lontano dal pensare a separarsi dalla Chiesa, o dal credersene separato, perché i suoi persecutori gli toglievano di poter visitare il tabernacolo del Signore, e intervenire alle orazioni e ai sacrifizi, che ivi si offerivano, e ciò egli dimostra con quello che segue. In un senso più elevato e degno dello spirito del profeta, la speranza dimostrata qui sopra da lui e quella di giungere ad abitare nella casa della eterna felicità, speranza, che era il frutto del fervido desiderio con cui aspirava a tanto bene.

26,5:Egli mi ha ascoso nel suo tabernacolo, ec. l'Ebreo legge in futuro: mi nasconderò nel suo tabernacolo. Ma il senso non varia gran fatto. Nel suo tabernacolo, nella sua Chiesa mi ha nascosto e mi nasconderà il Signore ne giorni cattivi, e ivi mi custodirà, e da ogni male e dell'anima e del corpo mi metterà al coperto nella parte più intima del suo tabernacolo. Nella seconda parte del versetto allude alla seconda parte del tabernacolo, al Sancta Sanctorum. I favori particolari di Dio non sono promessi se non a chi sta nella Chiesa, e vive nel seno di lei.

26,6:Sopra di un'alta pietra mi trasportò, ec. Mi trasportò in luogo di sicurezza, dove non potessero più offendermi i miei nemici, e finalmente mi ha renduto più forte e più grande degli stessi nemici. In un altro senso la pietra alta, immobile egli è il Cristo, e chi fabbrica sopra tal pietra non ha da temere i turbini, ne le procelle.
Starò intorno a lui immolando sacrifizi nul suo ec. ovvero intorno al luogo santo, presso al luogo santo. Ho tradotto in futuro quello, che la nostra Volgata mette in tempo passato, ma ne' libri santi, e particolarmente nei libri profetici è usato sovente un tempo per l'altro, come si disse altre volte. Davidde adunque spera fermamente di tornare dal suo esilio a Gerusalemme, e di aver la consolazione di trovarsi ai sacrifizi solenni, i quali nel tabernacolo del Signore si offeriscono a Dio al suono delle trombe, e in mezzo ai cantici di lode. Quanto al suono delle trombe usato in alcuni sacrifizi vedi Num. X. 10, XXIX. 2., I. Paralip. XV. 24., e queste trombe sono indicate in questo luogo secondo l'Ebreo, che invece di hostiam vociferationis può tradursi hostiam clangoris. La nostra volgata seguendo i LXX ha messo una voce più generale per riunire il suono de' sacri cantici e quello delle trombe.

26,8:Con te parlò il cuor mio; ec. A te ha pensato, e sempre pensa il mio cuore, te ho cercato con gli occhi miei, cioè co' miei desiderii; cercherò sempre la tua faccia, la tua presenza; cercherò di stare dinanzi al tuo tabernacolo nel tempo di questa vita mortale, e dinanzi alla stessa tua faccia nella vita futura. Ha cercato da te, (così spiega S. Agostino) non all'una mercede fuori di te ma la tua sola presenza. MA lo stesso s. Agostino unendo questo versetto col precedente, e analizzando tutto il discorso del profeta in questo salmo vuole, che si osservi dipinto lo stato della vita presente paragonata alla futura. Gridiamo adesso e domandiamo, che i nostri gemiti c'impetrino misericordia da Dio: ci ripromettiamo di poi, che un giorno in perpetua letizia tripudieremo, celebrando con inni e cantici la stessa misericordia.

26,9:Non rivolgere la tua faccia ec. Colla voce faccia intendesi qui come in altri luoghi il favore divino: non ritirarti per isdegno ec. l'Ebreo ha un altro senso: non fare, non permettere per isdegno, che il tuo servo vada errando lungi da te.

26,10:Il padre mio, e la madre ec. Io sono quasi orfano. Perduto il padre, e la madre, o come un fanciullo esposto, che ne padre conosce, ne madre; sono privo d'ogni soccorso dal canto de' miei genitori e parenti secondo la carne, ma Dio mi ha raccolto, e ha cura di me.

26,11:La legge della tua via. Della via, che conduce a te, e alla vita. Per riguardo a' nemici miei ec. Affinchè veggano come tu hai pensiero di me, e mi assisti colla tua grazia, e rimangano confusi.

26,12:L'iniquità si inventò delle menzogne. Alcuni tradurrebbero: e l'iniquità ha mentito contro se stessa. Ma il senso genuino è quello, che si e espresso. S. Girolamo, Aquila, Simmaco ec. lessero: e l'iniquità si fè manifesta. Del rimanente allude Davidde alle calunnie, chei suoi nemici spargevan contro di lui per esacerbare sempre più l'animo di Saulle. Così contro Cristo, di cui Davidde è sempre una nobil figura, si presentaron falsi testimoni, e l'iniquità si creò calunniose insussistenti accusazioni contro l'innocente. Osserva s. Agostino, che il giusto non chiede di non soccombere giammai alla persecuzione, ma chiede, di non imitare i persecutori nel violare com'essi la santa legge.

26,13:I beni del Signore nella terra de' rivi. Questa terra dei rivi ella è in Gerusalemme celeste, la patria beata, a cui tendono tutti i pensieri e tutti i desiderii del giusto.

26,14:Aspetta il Signore, ec. Esorta se stesso alla pazienza, e alla perseveranza nella espettazione di vedere un giorno adempiute le sue speranze e i suoi desiderii, e di ricevere la mercede promessa alla pazienza perseverante, la qual mercede è il possesso di Dio e di tutti i suoi beni.