Scrutatio

Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Salmi 13


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E una forte, e viva pittura della generale corruzione degli uomini, e finalmente una bella profezia della venuta del Cristo a salvare lo spirituale Israele.

1Salmo di David.
Disse lo insensato in cuor suo: Iddio non è.
Si sono corrotti, e sono divenuti abominevoli ne' loro alletti: non v'ha, chi faccia il bene, non v'ha neppur uno.
2Il Signore dal cielo gittò lo sguardo sui figliuoli degli uomini per vedere se siavi chi abbia intelletto, o chi cerchi Dio.3Tutti sono usciti di strada, son divenuti egualmente inutili: non havvi chi faccia il bene, non ve n'ha nemmen uno.
La loro gola è un aperto sepolcro, colle loro lingue tessono inganni, veleno d'aspidi chiudon le loro labbra.
La bocca de' quali è ripiena di maledizione, e di amarezza: i loro piedi veloci a spargere il sangue.
Nelle loro vie è afflizione, e calamità, e non han conosciuta la via della pace, non è dinanzi a' loro occhi il timore di Dio.
4Non se n'avvedranno eglino tutti coloro, i quali fan loro mestiere dell'iniquità, coloro che divorano il popol mio, come un pezzo di pane?5Non hanno invocato il Signore: ivi tremarono di paura, dove non era timore.6Perché il Signore sta colla stirpe de' giusti: voi vi faceste belle de' consigli del povero, perché il Signore è la sua speranza.7Chi darà da Sionne la salute di Israele? quando il Signore ritornerà il suo popolo dalla schiavitù, esulterà Giacobbe, e sarà in allegrezza Israele.

Note:

13,1:Lo insensato. Parla di que' figliuoli degli uomini, i quali sono veramente stolti, perchè sono privi della scienza di Dio, della scienza della salute, e più malvagi ancora, che stolti, affin di peccar più liberamente van dicendo in cuor loro, non che assolutamente non siavi Dio, ma che non siavi Dio giudice: imperocchè tale è il significato del nome dato qui a Dio nell'originale, onde il Caldeo: Iddio non governa la terra. Nessuno adunque la previdenza, negano, che Dio ponga mente alle opere degli uomini, dia premio, o pena secondo la qualità delle stesse opere.
Si sono corrotti, ec. Comincia a descrivere i pessimi frutti di questa specie di Ateismo, e sarebbe certamente un prodigio inesplicabile, che l'uomo portando dentro di sé i semi di tutte le passioni, sciolto dal timore de' giudizi di Dio, e delle pene future si mantenesse costante a seguire i lumi della retta ragione: imperocchè quanto alle umane leggi non mancano agli empii molte vie di sottrarsi alla loro severità.

13,3:Non ve n' ha nemmen una. Dio ha avuto, e avrà in ogni tempo un numero di eletti, da' quali è adorato e servito, e di questi ancora si parla vers. 7. Parla adunque il profeta di quelli, de' quali discorse nel primo versetto, i quali tutti dal più piccolo fino al più grande sono usciti di strada, e son divenuti incapaci di ogni bene, e inetti pel fine, per cui furono creati, che è Dio stesso. Quando queste parole, non ve n'ha nemmeno uno, vogliano prendersi a rigore di lettera, sarà una maniera d'iperbole, colla quale vien significato, che in comparazione dei moltissimi, i quali abbandonano le vie della giustizia, appena pochi si trovano, che giusti sieno, e operino da giusti.
La loro gola è un aperto sepolcro, ec. Questo, e i due seguenti versetti non sono nell'Ebreo, e sono lasciati indietro dal Grisostomo, da Teodoreto, e da Eutimio, lo che dimostra, ch'e' non erano (come dice s. Girolamo) nella versione dei LXX, benché fossero nell'edizione Greca, che diceasi la comune. Per sentimento di molti dotti e Cattolici Interpreti questi versetti sono stati qui trasferiti dal capo III della lettera di Paolo ai Romani, e secondo l'osservazione del medesimo s. Girolamo non altro essi sono, che una combinazione di varii passi delle Scritture fatta dall'Apostolo. Così il primo versetto è tolto dal salmo V., II., CXXXIX. 4., il secondo dal salmo IX.7, Isai. LIX. 7., ovvero Prov. I. 16.; il terzo poi dallo stesso luogo di Isaia, e dal salmo XXXV. 2. La comune edizione Romana nota questi luoghi delle Scritture, come quelli, da' quali trasse l'Apostolo questa sua descrizione, intorno alla quale vedi la traduzione della lettera ai Romani, e le annotazioni.

13,4:Non se n' avvedranno eglino ec. Maniera di alienazione più veemente, come quella del Deuteronomio XXX.II. 34. Si certamente per loro grande sciagura conosceranno costoro a suo tempo quel che sia il provocarmi a sdegno colle loro iniquità, e particolarmente col tribolare, e opprimere que' poveri, de' quali specialmente son io il difensore, e il re (vedi Exod. XXII. 27.); que' poveri, che costoro adesso si divorano colla stessa avidità, e impunità, con cui mangiano il loro pane. Sotto il nome di pane è sovente indicato nelle Scritture qualunque specie di cibo.

13,5:Non hanno invocato ec. L'invocazione di Dio comprende qui come altrove tutto il culto di Dio. Costoro non hanno creduto Dio, non lo hanno adorato, non lo hanno temuto. Ma mentre superbi della loro indipendenza si fanno gloria di non temere colui, il quale solo è da temersi, sono di fatto tanto vili, e privi di coraggio, che temono infinite cose, delle quali se avesser saggezza non dovrebbon temere. Non temono la dannazione eterna, ma temono incredibilmente la morte, temono la povertà, l'umiliazione, i dolori, e i mali del corpo; di tutte queste cose hanno orrore, e orrore tale, che gli agita, e gli inquieta continuamente. Ma questi mali esteriori, e passeggieri, e i quali sono pe' buoni, e fedeli esercizio di virtù, e acquisto di merito, questi mali, che son eglino mai in paragone del mali eterni?

13,6:Perché il Signore sta colla stirpe del giusti; ec. Questo versetto è spiegato in varie maniere, e alcuni ne congiungono la prima parte col precedente. Ecco la sposizione, che sembrami più verisimile, e piana. Perché il Signore si sia colla stirpe de' giusti, onde questi tutto il loro amore e tutte le loro speranze ripongono in lui, per questo voi vi burlate della loro pazienza, della loro pietà, e della loro costanza nel bene, e questi poveri cari a Dio voi li schernite e li chiamate stolti, e degni di riso perchè in Dio hanno posti i fondamenti della loro fidanza e de' loro consigli.

13,7:Chi darà da Sionne la salute d'Israele, ec. Non solo i Cristiani, ma anche gli Ebrei Interpreti tutto questo versetto lo intesero da' giorni del Messia. A porger rimedio alla corruzione, in cui giace il mondo, a trarre il popol di Dio dalla oppressione, in cui e tenuto dagli empi, chi farà, chi otterrà colle sue orazioni, che venga una volta da Sionne quel Salvatore, che dee venire a liberare Israele? La salvazione d'Israele altro non è in questo luogo, se non la riunione di tutte le genti nella fede del comun Salvatore. Questi liberera gli uomini dalla durissima schiavitù del demonio, e del peccato, e grandissima sarà la letizia, e inesplicabile la consolazione del popolo fedele, allorché tanto bene avrà ricevuto da Cristo. In una parola questo ardente desiderio di Davidde è similissimo a quello di Giacobbe: la salute tua aspetterò io, o Signore. Gen. XLIX. 18., e l'uno serve all'altro di schiarimento.