Scrutatio

Venerdi, 26 aprile 2024 - San Marcellino ( Letture di oggi)

Salmi 29


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Rendimento di grazie a Dio dopo grandi tribolazioni, e pericoli.

1Consagrazione della casa.
Io ti glorificherò, o Signore, perché tu mi hai protetto, e non hai rallegrati del mio danno i miei nemici.
2Signore Dio mio, io alzai a te le mie grida, e tu mi sanasti.3Signore, tu traesti fuor dall'inferno l'anima mia; mi salvasti dal consorzio di quelli, che scendono nella fossa.4Santi del Signore, cantate inni a lui, e celebrate la memoria di lui, che è santo.5Perché egli nella sua indegnazione flagella, e col suo favore da vita.
La sera saravvi il pianto, e al mattino allegrezza.
6Ma io nella mia abbondanza avea detto: Non sarò soggetto a mutazione giammai.7Signore, col tuo favore tu avevi dato stabilità alle prosperevoli cose mie; Rivolgesti da me la tua faccia, ed lo fai in costernazione.8A te, o Signore, alzerò io le mie grida, e al mio Dio presenterò la mia orazione.9Qual vantaggio del sangne mio, quand'io cadrò nella corruzione? Forse la polvere canterà le tue lodi, od annunzierà la tua verità?10Il Signore mi udì, ed ebbe pietà di me: il Signore si fè mio aiuto.11Cangiasti per me in gaudio i miei lamenti: facesti in pezzi il mio sacco, e mi inondasti di allegrezza:12Affinchè tua laude sia la mia gloria, ed io non sia più trafitto: Signore Dio mio, te io canterò in eterno.

Note:

29,1:Salmo del cantico di Davidde. S. Ilario, e s. Giovanni Grisostomo affermano, che il salmo era il semplice suono dello strumento musicale, il cantico era la voce dell'uomo cantante senza accompagnatura di strumento, salmo del cantico ora quando dietro alla voce del cantore ne veniva il suono dello strumento, cantico di salmo quando lo strumento dava il suono, e la voce del cantore gli andava dietro: alcuni più semplicemente traducono: salmo, ovvero cantico.
Nella consacrazione della casa. Per nome di casa comunemente si intende il tabernacolo eretto da Davidde, come si legge 1. Paralip. XVI.I. V'ha però chi più verisimllmente suppone, che qui si parli della consacrazione dell'aia di Ornan Jebuseo per erigervi un altare, allorché avendo Dio ordinato all'Angelo sterminatore di rimetter la spada nel fodero ebbe fine la pestilenza mandata da Dio per aver Davidde tatto prender registro di tutta la gente d'Israele, 2. Reg. XXV. 26 Siccome in quello stesso luogo fu dipoi eretto il tempio, potè questo salmo composto nell'erezione dell'altare essere destinato e cantato alla consacrazione della casa di Dio fabbricate dal figliuolo di Davidde.

Tu mi hai protetto. Mi hai colla tua bontà tratto fuora da un abisso di mali.
Non hai rallegrati... i miei amici. Non hai permesso, che i miei nemici, i vicini popoli, che invidiano il bene d'Israele, abbiano avuto la soddisfazione di vedere desolato affatto il mio regno: Osserva s. Agostino che nella vita presente i nemici del Giusto hanno talvolta occasione di rallegrarsi del danno che ad esso han recato; ma nell'altra vita vedrassi come li stessi nemici, i quali parve che trionfassero del Giusto erano li strumenti destinati da Dio a provare la virtù e a coronare la costanza del medesimo Giusto.

29,2-3:E tu mi sanasti. Mi salvasti, salvando il mio popolo, e liberando Israele dalla spada dell'Angelo, a me rendesti non solo la sanità, ma anche la vita traendomi dal sepolcro e dalla società dei morti, tra' quali pareami giù di trovarmi. Questi due versetti con tutta ragione furono applicati dai Padri alla risurrezione del Salvatore, di cui in tutta la sua vita fu Davidde una espressa figura. Si è osservato già altrove, come la voce inferno è posta pel sepolcro, per lo stato di morte.

29,4:Santi del Signore, ec. Popolo d'Israele, popolo consacrato al Signore canta inni di laude al tuo Dio, che da tal morte ti ha liberato.

29,5:Nella sua indegnazione flagella, ec. Sdegnato pe' nostri falli ci percuote per emendarci, placato con noi per misericordia, ci da vita e salute.
La sera saravvi ec. L'ira di Dio e le afflizioni, colle quali corregge, ed esercita i santi son di corta durata: dove la sera era pianto e gemiti di dolore, ivi al mattino si odon cantici di letizia. Anche queste parole sono applicate alla tristezza, in cui furono immersi gli Apostoli e gli amici di Gesù Cristo alla morte di lui: ma questa tristezza presto passò, e fece luogo al gaudio della sua risurrezione.

29,6:Nella mia abbondanza avea detto: ec. Nella mia prosperità, io dissi dentro di me, che la fermezza del mio stato felice sarebbe inalterabile: ma non riflettei, che eri tu il principio e l'autore del bene, che io stabilmente godeva, che effetto del tuo favore e della tua predilezione erano le mie felicità. Tu mel facesti sentire; perocchè appena tu nascondesti a me la tua faccia e mi privasti del tuo favore, io fui subito nell'amarezza e nella desolazione.

29,8:A te, o Signore, alzerà io le mie grida, ec. Si potrebbe tradurre pel preterito: a te alzai le mie grida, ec. perocchè così dee intendersi; e ne' due versetti che seguono riporta la preghiera, ch'ei fece a Dio.

29,9-10:Qual vantaggio del sangue mio, ec. Vale a dire: a che gioverà la mia morte e il cadere, che io farò (secondo il corpo) nella corruzione del sepolcro, cioè nel sepolcro a corrompermi e ridurmi in polvere? il morto ridotto in polvere più non può celebrar colla Chiesa le lodi tue, ne insegnare agli altri uomini la tua verità, i tuoi misteri, i tuoi precetti. Dimostra Davidde, che non per altro egli brama la vita, se non per onorare e servire Dio e dilatar la sua gloria promovendo in altri la cognizione e l'amore di lui.

29,11:Facesti in pezzi il mio sacco, ec. il cilicio, di cui in segno di lutto e di penitenza io era vestito. Applicano a Cristo anche queste parole i Padri, e pel sacco intendono l'umanita santo di Cristo: questa umanità, questo sacco fu rotto e spezzato nella Passione, dopo la quale il Salvatore fu ammantato della gloria e dello splendore del corpo risuscitato quasi di vestimento di letizia.

29,12:Affinchè tua laude sia la mia gloria. Sia di laude e di gloria a te il felice e glorioso stato mio. E io non sia più trafitto: dalle afflizioni e dal dolori; l'Ebreo propriamente: e non si taccia, Tale a dire la mia gloria. Non finisca io giammai di celebrare e benedire la tua bontà per lo stato pieno di felicità e di gloria, al quale nuovamente mi hai innalzato.