Scrutatio

Sabato, 20 aprile 2024 - Beata Chiara Bosatta ( Letture di oggi)

Geremia 20


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Geremia è percosso, e messo in prigione da Phassur: è liberato, e profetizza contro Phassur, e contro tutta la Giudea. Si lamenta di patire persecuzione, e scherni, e obbrobrj per la parola del Signore. Maledice il giorno di sua natività.

1E Phassur figliuolo di Emmer sacerdote, e creato prefetto della casa del Signore, udì Geremia, che profetizzava in tal guisa.2E Phassur percosse Geremia profeta, e lo messe a' ceppi alla porta superiore di Beniamin, nella casa del Signore.3E il di appresso alla punta del giorno Phassur cavò Geremia da' ceppi, e disse a lui Geremia: Il Signore non ti ha posto il nome di Phassur; ma di spavento universale.4Imperocché queste cose dice il Signore: Ecco, che io ricolmerò di spavento te, e tutti gli amici tuoi: e periranno per la spada de' loro nemici, e ciò vedrai tu co' tuoi occhi; e tutto Giuda darò in balia del re di Babilonia, che gli trasporterà a Babilonia, e gli ucciderà di spada.5E tutte le riccnezze di questa città, e tutte le sue fatiche, e tutto il prezioso, e tutti i tesori dei re di Giuda, darogli in potere de' loro nemici, i quali faran bottino, e prenderanno, e porteran tutto a Babilonia.6Ma tu, o Phassur, e tutti quelli, che abitano la tua casa, anelerete in schiavitù; e tu anderai a Babilonia, ed ivi morrai, e sarai sepolto tu, e tutti gli amici tuoi, a' quali profetizzasti menzogna.7Tu mi seducesti, o Signore, ed io fui sedotto: tu fosti più forte di me, e ne potesti più: io son tutto dì oggetto di derisione, tutti si fan beffe di me.8Imperocché è già tempo, che io parlo, e grido contro l'iniquità, e annunzio ad alta voce la distruzione: e la parola del Signore mi tira addosso tuttodì gli obbrobrj, e gli scherni.9E dissi: Non mi ricorderò più di lei, e non parlerò più nel nome di lui: e sentii nel mio cuore quasi un fuoco ardente rinserrato nelle mie ossa; e venni meno, non avendo forza per tollerarlo.10Imperocché ho udito le contumelie di molti, e i terrori all'intorno: Perseguitatelo, e perseguitiamolo; (ho udito) da tutti quelli, che viveano in pace con me, e mi stanno a' fianchi; (e dicono) se in qualche modo egli cadesse in errore, e noi lo soverchiamo, e facciam vendetta di lui.11Ma sta meco il Signore come un forte campione: quindi coloro, che mi perseguitano, caderanno, e saran privi di forze: saranno confusi altamente, perchè non hanno compreso quell'obrobrio sempiterno, che non sarà mai cancellato.12E tu, Signore degli eserciti, che metti il giusto alla prova, tu, che discerni gli affetti del cuore, fa ch'io ti vegga prender vendetta di costoro; perocché a te ho raccomandata la causa mia.13Cantate inni al Signore, date laude al Signore: perocché egli ha liberato l'anima del povero di mano dei cattivi.14Maledetto il giorno, in cui io nacqui, il giorno, in cui mi partorì la mia madre, non sia benedetto.15Maledetto l'uomo che diede la nuova al padre mio, dicendo: E nato a te un bambino maschio: quasi ciò fosse per riempierlo di allegrezza.16Sia quell'uomo come son le città, le quali il Signore distrusse, senza averne pietà: le grida ascolti al mattino, e le urla nel mezzo giorno:17Perchè Dio non mi fé morire nel sen materno, talmente che la madre mia fosse il mio sepolcro, e eterna fosse la sua gravidanza.18Perchè mai venni io fuora dell'alvo materno a veder affanno, e dolore, e affinchè si consumasser nella confusione i miei giorni?

Note:

20,1:Phassur figliuolo di Emmer. Cioè uno dei discendenti di Emmer, il qual Emmer fu capo della sedicesima classe sacerdotale, I. Paral. XXIV. 14. Phassur era figliuolo di Melchia, cap. XXI.I., ed egli non era sommo sacerdote, ma maggiordomo, ovvero prefetto del tempio, e convien dire, che questa dignità gli desse il potere di punire chi facesse tumulto o altro mancamento nel tempio. Vedi cap. XXX.. 25. 26. 27.

20,2:Percosse Geremia. Alcuni intendono, che lo facesse flagellare co' soliti trentanove colpi. Altri, che lo stesso Phassur gli desse degli schiaffi.
E lo messe a' ceppi. S'intende di que' ceppi formati di due grossi legni aperti in varie distanze, nelle quali aperture si mettevano i piedi dei rei più o meno distanti l'uno dall'altro, secondo che voleasi dar loro maggiore o minor tormento.
Alla porta superiore di Beniamin, ec. È certo, che questa era una porta della città, come vedremo cap. XXVII.12 e altrove, ma contigua al tempio, e per essa entravasi nel tempio, onde era considerata come parte di esso.

20,3:Ma di Spavento ec. Il nome di Phassur, secondo s. Girolamo, significa viso tetro. Il nuovo nome, che Dio gli da, è Magur Missabib tradotto da s.Girolamo con quelle parole spavento universale, onde secondo queste etimologie il senso sarà questo: il tuo viso tetro non farà più paura ad alcuno, ma si tu sarai pieno di spavento e di paure, quando sarai condotto schiavo vile a Babilonia; e quel che sarà di te, lo sarà anche dei tuoi amici e fautori.

20,6:A' quali profetizzasti menzogna. Si vede, che Phassur faceva anche da profeta, e il vedersi smentito da Geremia dovette esacerbarlo contro questo vero Profeta.

20,7:Tu mi seducesti, o Signore, ed io fui sedotto: ec. Io non voleva intraprendere questo difficile ministero; ti dissi, ch'io era fanciullo balbuziente: il tuo comando, o Signore, mi violentò, ed è avvenuto a me quello, che può a un uomo, che sia stato sedotto da un altro, ed ho patito e patisco per obbedirti ogni sorta di patimenti. Parla il Profeta secondo i sentimenti della debil natura, sentimenti non ignoti agli stessi santi più grandi, come Giobbe e l'Apostolo delle genti, ridotto talora fino ad attediarsi della vita divenuta a lui quasi insoffribile. Vedi Job, X.; II. Cor. I. 8.

20,8:Grido contro l'iniquità. Grande affanno dei buoni egli è il tollerare contrari costumi, dei quali chi non rimane offeso, poco ha profittato: perocchè tanto più il giusto dell'altrui iniquità prova tormento, quanto più dalla stessa iniquità per se si allontana.

20,9:E dissi: Non mi ricorderò più di lei, ec. E un movimento umano di pusillanimità parlò nel mio spirito, e mi suggerì di mettere in dimenticanza questa parola del Signore, di non predicarla più, perchè io vedeva, che all'altrui emendazione non serviva, e a me non fruttava se non affanni: ma nello stesso momento io sentii questa parola divenir nel mio cuore quasi fuoco ardente, che penetrò tutte ancor le mie ossa, e io mi consumava, non potendo raffrenarne l'impetuosità e la forza. Così Dio non volle, che ozioso in me fosse il dono di profezia, ma mi obbligò a parlare anche agli ostinati e indurati fratelli.

20,10:E mi stanno a' fianchi; (e dicono) se in qualche modo egli cadesse in errore, ec. Quelli, che una volta erano miei amici, oggi giorno non per altro mi stanno a' fianchi, se non per osservare tutti i miei andamenti, e vedere se in qualche cosa io mancassi, per soverchiarmi e vendicarsi di me. Facevano costoro quello, che fecer costantemente i Farisei e gli Scribi con Gesù Cristo, di cui tutte notavano le parole e le azioni per sindacarle.

20,11:Ma sta meco il Signore ec. Qui la considerazione della possanza e della bontà di Dio rianima l'afflitto Profeta, onde in lui si fa forte, e tanto piu, perchè vede, che egli la causa sua, che è causa del medesimo Dio, prenderà sopra di sè, e lo libererà e punirà i persecutori. Questi, che non hanno fatto caso dell'obbrobrio eterno minacciato loro da me, saranno confusi, come meritano, e nel tempo e nell'eternità.

20,14-16:Maledetto il giorno, in cui io nacqui: ec. Cosi di Giobbe sta scritto, che egli maledisse il giorno di sua natività, dicendo: perisca il giorno, in cui io nacqui, Job, III. ...donde apparisce, che maledir questo giorno non vuol dir altro, se non bramare, che questo giorno non fosse mai stato, come giorno cattivo, perchè in esso venne alla luce un uomo, che tante dovea non sol vedere, ma predire e intimare agli altri, sciagure ed affanni, e tante dovea soffrirne nella propria persona. Con tali espressioni vuole il Profeta dipingere le angustie estreme di spirito, i serramenti di cuore, l'orrore dei mali presenti, ch'egli patisce, e lo spavento di quelli, che egli vede vicini a cadere sopra la sua infelicissima patria. Nella stessa guisa egli dice: non fosse mai stato quell'uomo, che al padre mio recò la novella della mia nascita: quest'uomo non era degno di premio per tale annunzio, ma piuttosto era degno di sciagura simile a quella, che soffrirono le città distrutte dal Signore senza riparo e senza ch'ei ne avesse pietà: quell'uomo fu degno di udire e mattina e sera le urla e le strida, che si odono in una città assediata e degna di non avere tranquillità: tanto fu infausta la novella, che egli portò. Ognun vede, che tutto questo discorso è iperbolico, in cui il Profeta vuol esprimere la grandezza del suo dolore. Vedi quello. che si è detto Job, X.

20,18:E si consumasser nella confusione ec. Vedi Job. X. 18.