Scrutatio

Martedi, 23 aprile 2024 - San Giorgio ( Letture di oggi)

Genesi 3


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Per frode del serpente i progenitori trasgrediscono il comandamento di Dio. Promessa del Messia. Data a ciascuno di essi la sua pena, sono cacciati dal paradiso.

1Ma il serpente era il più astuto di tutti gli animali della terra fatti dal Signore Dio. Questi disse alla donna: Per qual motivo comandovvi Iddio, che non di tutte le piante del paradiso mangiaste i frutti?2Cui rispose la donna: Del frutto delle piante, che sono nel paradiso, noi ne mangiamo:3Ma del frutto dell'albero, che è nel mezzo del paradiso, ci ordinò il Signore di non mangiare, e di non toccare, affinché per disgrazia noi non abbiamo a morire.4Ma il serpente disse alla donna: Assolutamente voi non morrete.5Imperocché sa Dio, che in qualunque tempo ne mangerete, si apriranno i vostri occhi: e sarete come Dei, conoscitori del bene, e del male.6Vide adunque la donna, che il frutto dell'albero era buono a mangiarsi, e bello a vedere, e appetitoso all'aspetto: e colse il frutto, e mangiollo; e ne diede a suo marito, il quale ne mangiò.7E si apersero gli occhi ad ambedue: ed avendo conosciuto, che erano ignudi cucirono delle foglie di fico, e se ne fecero delle cinture.8E avendo udita la voce del Signore Dio, che camminava nel paradiso nel tempo, che levasi il vento dopo il mezzodì, si nascose Adamo, e la sua moglie alla vista del Signore in mezzo agli alberi del paradiso.9E il Signore Dio chiamò Adamo, e dissegli: Dove sei tu?10E quegli rispose: Ho udito la tua voce nel paradiso: ed ho avuto ribrezzo, perché era ignudo, e mi sono ascoso.11A cui disse Dio: Ma e chi ti fece conoscere, che eri ignudo, se non l'aver tu mangiato del frutto, del quale io aveva a te comandato di non mangiare?12E Adamo disse: La donna datami da te per compagna, mi ha dato del frutto, e l'ho io mangiato.13E il Signore Dio disse alla donna: Perché facesti tal cosa? Ed ella rispose: Il serpente mi ha sedotta, ed io ho mangiato.14E il Signore Dio disse al serpente: Perché tu hai fatto questo, maledetto tu tra tutti gli animali, e le bestie della terra: tu camminerai sul tuo ventre e mangerai terra per tutt'i giorni di tua vita.15Porrò inimicizia tra te, e la donna, e tra il seme tuo, e il seme di lei. Ella schiaccerà la tua testa, e tu tenderai insidie al calcagno di lei.16E alla donna ancor disse: Io moltiplicherò i tuoi affanni e le tue gravidanze; con dolore partorirai i figliuoli, e sarai sotto la potestà del marito, ed ei ti dominerà.17E ad Adamo disse: Perché hai ascoltata la voce della tua consorte, e hai mangiato del frutto, del quale io ti avea comandato di non mangiare, maledetta la terra per quello che tu hai fatto: da lei trarrai con grandi fatiche il nudrimento per tutti i giorni della tua vita.18Ella produrrà per te spine e triboli, e mangerai l'erba della terra.19Mediante il sudore della tua faccia mangerai il tuo pane, fino a tanto che tu ritorni alla terra, dalla quale sei stato tratto: perocché tu sei polvere, e in polvere tornerai.20E Adamo pose alla sua moglie il nome di Eva, perché ella era per esser la madre di tutti i viventi.21E fece ancora il Signore Dio ad Adamo, e alla sua moglie delle tonache di pelle, delle quali li rivestì.22E disse: Ecco, che Adamo è diventato come uno di noi, conoscitore del bene, e del male: ora adunque, che a sorte non istenda egli la mano sua, e colga dell'albero della vita; e ne mangi, e viva in eterno.23E il Signore Dio lo discacciò dal paradiso di delizie, affinché lavorasse la terra: da cui era stato tratto.24E discacciatone Adamo, collocò davanti al paradiso di delizie un Cherubino con una spada, che gettava fiamme, e faceva ruota a custodire la strada, che menava all'albero della vita.

Note:

3,1:Ma il serpente era il più astuta ec. Mosè non ha parlato fin qui della caduta degli Angeli ribelli; ma egli la suppone in questo racconto: imperocchè in questo serpente non può non riconoscersi un istrumento del Diavolo, il quale invidioso del bene fatto da Dio all'uomo si serve di tal mezzo per indurre i nostri progenitori a violare il comando di Dio. Dovea essere provata la fedeltà di Adamo e di Eva: da questa prova dovea dipendere la inalterabil fermezza di quel loro felicissimo stato. Dio adunque permette, che il nemico dell'uman genere rivolga la sua malizia a tentarli per procurare la loro rovina. Ma qual via prenderà egli per insinuarsi con essi? Egli ha bisogno di un istrumento esteriore; e Dio gli permette di valersi del serpente, la cui scaltrezza ed astuzia sembra aver qualche cosa di simile alla malizia, ond' egli è ripieno.
Per qual motivo comandovvi Iddio, ecc. Il Demonio adunque movendo la lingua e la bocca del serpente, trovando la donna appartata da Adamo, le domanda, perché mai abbia voluto Dio, che non fosse loro permesso indistintamente l'uso di tutti i frutti del paradiso. Il testo originale porta: Veramente ci ha egli ordinato Dio, che non di tutto le piante del paradiso ec. Nelle quali parole il Tentatore mette in dubbio il comando, o almeno a interpretazione data allo stesso comando da Adamo e da Eva. Possibile, che Dio abbia eccettuato alcun albero del paradiso, vietandone l'uso a voi, mentre tutti e gli alberi e i frutti son buoni? Avete voi ben inteso le sue parole? il senso della vulgata e de'LXX sarà lo stesso, quando si translati: Perché mai Dio avrebbe ordinato a voi che non di tutte le pianta del paradiso mangiaste i frutti? Lo che fa una negazione simile all'Ebreo.

3,2-3:Del frutto delle piante, che sono nel paradiso noi ne mangiamo: ma del frutto ec. Eva cade già in grand'errore, mettendosi a ragionare con uno, che comincia dal mettere in dubbio il comando, ch'ella sa essere stato intimato al consorte, e per esso intimato anche a lei. Ella non poté far a meno di essere sorpresa all'udire la incognita voce di un animale; e vi riconobbe un prodigio, e dovette comprendere, che una superiora intelligenza movesse la lingua di lui: ma in cambio di temere di qualche inganno, come il discorso stesso ne dava occasione, credè di potere soddisfarsi, e vedere fin dove andasse una tal novità. Ella dunque va raccontando, che Dio ha vietato loro di mangiare del frutto di quel tal' albero, ed ancor di toccarlo, perché l'una cosa e compresa nell'altra. Così Eva dà a vedere, che ha presente il comando di Dio; onde secondo la riflessione di S. Agostino, più evidente ed inescusabile si rende la sua trasgressione.
Affinché per disgrazia noi non abbiamo a morire. Questa maniera di urlare non indica veruna dubbiezza, come apparisee da molti altri luoghi delle Scritture, Ps. 2. 12. Isai. XXVII. 3. Matth. XV. 3. Marc. VIII. 3. Eva adunque non solamente ha presente il precetto, ma anche la pena stabilita da Dio alla violazione del precetto.

3,4:Voi non morrete. Il maligno ardisce di dire tutto l'opposto di quello, che ha detto Dio. Una simil proposizione non avrebbe potuto ritrovar credenza appresso la donna, dice S. Agostino, se nello spirito di lei non fosse entrato già l'amore della propria libertà, e una certa superba presunzione di se stessa.

3,5:Sa Dio, che... si apriranno gli occhi vostri, ec. Una delle due, dice il Tentatore, o il precetto non è vero, e voi male intendeste, o questo precetto è in vostro danno, e parte da invidia del vostro bene. Imperocchè Dio se, come dal frutto di questa pianta verrebbe a voi una scienza infinita, che ti uguagliarebbe a Dio stesso per la cognizione del bene e del male, del vero e del falso, di quello che è utile o dannoso.

3,6:Vide dunque la donna. .. e colse ec. Eva avea probabilmente altre volte veduto quel frutto; ma ella avea altri occhi, che non ha adesso. Ella e adesso collo sguardo e col cuore una intesa al pomo desiderato: ne considera la bontà, e dalla esterna bellezza, ch'ella divora cogli occhi, argomento, o quasi già gusta l'eccellente sapore: finalmente ella consuma il suo peccato, e coglie il pomo, lo mangia, e induce il marito a mangiarne. Tutta questa descrizione è sommamente patetica, e degna dello spirito di Dio, il quale ha voluto dare in un esempio si grande, una gran lezione a tutti i secoli, e a tutto le generazioni future delle arti, che tiene il Demonio per indurre gli uomini alla prevaricazione della legge; della maniera, onde Dio permette. Che i falli seguenti siano giusta pena de' primi; del bisogno, che avranno tutti gli uomini di vegliare costantemente per non entrare in tentazione: imperocchè non sarann' eglino ormai più ne senza peccato, nè liberi dalle passioni, come Adamo ed Eva, nè collocati, come quegli, in un paradiso, ma in un luogo di tentazioni: o di combattimento. La Scrittura avendo raccontato per quali vie il nemico sedusse la donna, non dice altro riguardo all'uomo, se non, che quella gli porse il frutto, e ch'ei ne mangiò. egli (dice l'Apostolo 1 Tim. II 14) non fu sedotto com'Eva; donde intendiamo, che sebbene egli non credesse al serpente, non ebbe coraggio di resistere all'esempio e alle lusinghe della compagna, da cui si lasciò pervenire; egli, che essendo più saggio e più perfetto di lei, dovea essere sua scorta e suo consiglio. Forse non conoscendo ancora per prova la severità di Dio, credette Adamo, che potess'essere scusabile il fatto di non abbandonare la compagna della sua vita anche nella società della colpa, dice S. Agostino de Civ. Lib. XIV. cap. 13. Ma l'aperta violazione del comando non sarebbe avvenuta (osserva l'istesso S. Dottore) se non fosse preceduta interiormente la segreta compiacenza di se medesimo e la superbia, per cui volle sottrarsi al comando di Dio, ed essere uguale a lui. Vedi Aug. de civ. lib. XIV. cap. 13. in Ps. 70., et serm. v. de verb. Ap.

3,7:E si apersero gli occhi ad ambedue. Il serpente lo area promesso (Vers. 5.): e si avvera adesso, ma in un senso infinitamente diverso da quello, in cui volle il tentatore far prendere quelle parole: si apriranno gli occhi vostri. Si apersero i loro occhi e videro il gran fallo commesso, la orrenda loro disobbedienza in tanta facilità di osservare il comando, la ingratitudine mostruosa a' benefizi del Creatore; videro l'innocenza perduta, e con questa la loro felicità; videro i mali, ne' quali si eran precipitati, il predominio delle passioni, la morte, i dolori, le malattie, le miserie della vita infinite: videro finalmente per colmo della loro afllizione il loro reato, e i mali da ciò prevenuti. Trasmettersi a tutto la loro infelice posterità.
E avendo conosciuto, ch'erano ignudi ec. Aug. de Gen. ad lit. Lib. II. 32. scrive: l'uomo provò allora qual fosse quella grazia, di cui era rivestito quando nella sua nudità niente soffriva d'indecente. Privato della grazia e della giustizia originale, sperimentò i primi frutti di quello dura legge, che omai regnava nelle sue membra, e contrariava la legge dello spirito, e ne ebbe dolore e vergogna, e non avendo rimedio per togliere il male, cercò di nasconderlo agli occhi proprii ed altrui. Trovasi in Egitto una specie di fico, chiamato fico di Adamo, le foglie del quale sono grandissime.

3,8:E avendo udito la voce del Signore Dio, ec. Egli è molto credibile, che fino a tanto, che durò lo stato d'innocenza, Dio si facesse vedere a' nostri progenitori sotto una figura adottata alla loro capacita, e che il tempo di tali visite fosse quello, che qui si descrive; vale a dire quando declinando il sole dal mezzodì, l'aura dolce e leggera, che si levano, invitava a godere con piacere maggiore lo spettacolo della natura. Queste visite doveano ancor'essere precedute da un certo romoreggiamento, che udivasi nel paradiso, e avvertiva Adamo ed Eva di correre a presentarsi al Signore: ma questa volta Adamo ed Eva, agitati da' rimorsi della lor coscienza, fuggono la presenza di Dio, come si fuggirebbe un arrabbiato nemico, e corrono a intanarsi in un folto boschetto. S. Girolamo vuole, che si nascondessero sotto l'albero stesso della scienza del bene e del male e pare che così ancora pensasse S. Agostino; onde allora converrebbe tradurre: si nascoser nel mezzo (dei rami) dall'albero del paradiso.

3,9:Dove sei tu? È lo stesso, come se dicesse: Adamo, per qual motivo tu fuggi da me? Credi tu di poterti nascondere agli occhi miei? Infelice se lo senti il peso enorme de' mali che ti sei tirato addosso, credi tu di poter trovare consolazione e conforto coll'andare sempre più lungi da me?

3,10:Perché era ignudo, ec. Dio colla sua chiamata avea voluto dar motivo ad Adamo di confessargli il suo gran fallo; Adamo però torce altrove il discorso, e adduce per ragione di non essersi presentato subito la vergogna, che avea della sua nudità, come se ed egli non fosse stato ugualmente nudo ne' dì precedenti, o vi fosse riparo per nascondersi in alcun modo agli occhi di Dio. E esempio del primo uom peccatore è imitato pur troppo da' suoi figliuoli, i quali nissuna cosa temono tanto, come la vista e la confessione della verità, da cui sono condannati; onde cercano per ogni parte senso e pretesti per nascondere e diminuire i proprii peccati.

3,11:E chi ti fece conoscere, che eri ignudo, ec. Queste parole evidentemente dimostrano, come la concupiscenza è effetto del peccato, e come dalla cupidità, procede il disordine della immaginazione e de' sensi. Dio dice ad Adamo: Se tu non sei più quello di prima, se il tuo stato è oggi diverso, come apparisce dal vedere, che quello, che già non ti dava alcuna noia, ti fa oggi vergogna; e donde tal mutazione? Avresti tu perduto la veste dell'innocenza e della giustizia con disobbedire al mio comandamento?

3,12:La donna datami da te per compagna, ec. Finalmente Adamo confessa il suo peccato; ma lo confesso da reo, non da penitente: rigetta la colpa sulla consorte, e quasi sul medesimo Dio, che gliela diè per compagna; come se l'affetto, ch'egli doveva a lei, render giammai potesse scusabile in alcun modo una si orribile ingiustizia, e disobbedienza contro al Creatore.

3,13:Il serpente m'ha sedotto. La pazienza diDio nell'ascoltare le false e frivole scuse di Adamo, danno animo alla donna di tentare almeno di rendere men grave il suo reato, allegando la sua ignoranza e la sua semplicità, per cui non potè ella immaginarsi, che tralle creature di Dio dimoranti nel paradiso, vi fosse chi con tanta perfidia si adoperasse per ingannarla e tradirla. Ma chi può menar buona una tal difesa? Andava egli ascoltato il serpente piuttosto che Dio?

3,14:E il Signore Dio disse al serpente: perché tu ec. Il Demonio era tuttavia in quel serpente, che gli avea servito di organo e di strumento a ordire le sue trame: quindi la maledizione di Dio è concepita in tali termini, che, quantunque ella cada e si avveri anche in un certo modo nel serpente materiale, va però più specialmente a ferire il serpente invisibile.
Maledetto sei tu tra tutti gli animali, ec. Di tutti gli animali nissuno è avuto in orrore dall'uomo, come il serpente, di qualunque specie egli sia: quindi per antica maniera di proverbio si disse: odiare una persona più che un serpente. Ma più ancora d' ogni serpente sarà odioso all'uomo lo spirito maligno, il cui studio continuo si è di andare attorno in cerca dell'anime per divororle.
Camminarai sul tuo ventre, e mangerai ec. Ciò dimostra la vil condizione del serpente, il quale strasciuandosi perpetuamente sopra la terra di sordido e immondo cibo si pesca. Ma più letteralmente, per cosi dire, lo spirito di malizia è avvilito e depresso dopo aver meritata la maledizione di Dio. Egli volle innalzarsi, e porre il suo trono sopra le stelle; ma la sua superbia fu umiliata e depressa sino all'inferno: egli cercò per invidia del ben dell'uomo di corrompere l'opera di Dio, e di rendere l'uomo imitatore della sua disobbedienza per averlo compagno ancor nella dannazione; ma Dio dice al serpente, che un tale ardimento sarà punito coll'ignominia e coll'obbrobrio, a cui sarà ridotto lo stesso spirito. Egli benché di natura si nobile ed elevata, sembrerà divenuto la stessa corruzione e la stessa impurità: onde altro nome quasi più non avrà, che quello di spirito immondo; perché i suoi consigli, le sue suggestioni non avran per oggetto, se non i più sordidi e vili piaceri, ed egli non si compiacerà e non avrà per amici, se non coloro, i quali seguendo i suoi dettami s'immergeranno nella terra e nel fango. Questa espressione mangiar la polvere, come serpenti, si trova nelle Scritture. Vedi Mich. VII 17.

3,15:Ella Schiaccerà la tua testa, e tu ec. L'Ebreo in vece di Ella legge Egli. Ovvero Esso, riferendolo al seme; e la comune lezione de' LXX è simile all'Ebrea, benchè qualche edizione siavi, in cui si trovi la lezione della vulgata. Alcuni Padri Latini lessero, come l'Ebreo, ma generalmente tutti i MSS. e i PP. concordano colla volgata, la quale dà un ottimo senso, e che può combinar benissimo coll'Ebreo, come diremo.
Dio parlando sempre all'uno e all'altro serpente, dice nel primo senso, che antipatia e nimistà perpetua averà la donna e i figliuoli di lei col serpente; che la donna stessa e la sua posterità schiaccerà quando che sia a lui la testa, ed egli valendosi di sua astuzia cercherà di arrivare a mordere di nascosto il calcagno di lei. Cosi va la cosa tra il serpente materiale e la donna e i figli di lei, dopo che per quello, che avvenne nel paradiso ebbe fine la pace, che l'uomo avea con il serpente e con tutti gli animali. Ma in un altro senso infinitamente più sublime e importante per noi, ed avuto in mira principalmente dallo Spirito Santo allo spirituale serpente, al Demonio sono dirette queste parole, e a lui esaltante per la vittoria riportata sopra dell'uomo è annunziata da Dio la vittoria, che riporterà di lui una donna, la quale per mezzo del figliuolo, che darà alla luce, schiaccerà del superbo la testa. Questa donna e Maria, come il seme di lei è Cristo, il Verbo di Dio fatto carne nel seno di questa Vergine. L'opposizione di questa Vergine e del figliuolo di lei collo spirito immondo e superbo, e co' figliuoli di lui, cioè cogli empi, non può esser più grande. Siccome da una donna ebbe principio la rovina dell'uman genere, e il regno di Satana; cosi da questa Vergine avrà principio la riparazione degli uomini, e la distruzione del peccato, per cui trionfava il Demonio. Ecco la prima evidente promessa fatta da Dio agli uomini del Messia, cioè di un Salvatore, il quale verrà a liberarli dalla schiavitù del peccato e del Demonio, a riconciliarli con Dio, e a meritare per essi la salute e la vita eterna. Ed è cosa degna di molta considerazioni, come nell'atto stesso, che Dio fa giudizio dell'uomo prevaricatore, vien pubblicata da lui a consolazione dell'uomo e della sua discendenza, questa grandiosa promessa di un nuovo Adamo, che dee venire a riparare con redenzione copiosa i danni recatici colla sua disobbedienza dal primo Adamo, onde si avveri quel dell'Apostolo, che: Se pel delitto di un solo molti perirono, molto più la grazia e la liberalità di Dio è stata ridondante in molti mercè di un uomo, cioè di Gesù Cristo. Da questo punto adunque fino alla fine de' secoli Gesù Cristo fu sempre e sarà l'unico oggetto di speranza per l'uomo; onde nella fede di lui venturo ebbero salute quanti della salute fecero acquisto prima ch'egli nascesse e patisse, come nella fede di lui, morto pe' peccati nostri e risuscitato per nostra giustificazione ottengono, ed otterranno salute tutti gli eletti.
E tu tenderai insidie al calcagno di lei. L'Ebreo: e tu spezzerai ovvero morderai il calcagno di lei. Ove queste parole intendansi della Vergine, significheranno i tentativi, che farà il Demonio, benché inutilmente, per abbattere la fede di lei e per vincerla, come avea vinto la prima donna. Ma riportandolo al seme della donna, cioè a Cristo, elleno hanno un senso di molto maggior importanza: imperocchè verranno a spiegare, per qual mezzo il figliuol della Vergine schiaccerà la testa al Demonio; questo mezzo sarà totalmente nuovo, ed inaudito. Il figliuolo della donna combatterà col Demonio non colla sua possanza, ma nella infermità della carne. Il calcagno significa l'umanità di Cristo; il Demonio per mezzo de' suoi ministri metterà a morte il Cristo, e la morte di lui sarà la salute dell'uomo e la sconfitta del Diavolo.

3,16:Moltiplicherò i tuoi affanni e le tue gravidanze. Vale a dire gli alieni e le miserie, che van congiunte colle gravidanze.
Con dolore partorirai. Gl'incomodi delle gravidanze, i dolori del parto sono insieme il gastigo del peccato della donna. E il mezzo, onde Dio vuole purificarla, affine di perdonarle. La donna sedotto prevaricò: nondimeno ella si salverà per la educazione de' figliuoli, se si terrà nella fede e nella carità e nella santità con modestia, 1. Tim. II. 14. 15.
Sarai sotto la potestà del marito, ec. Di qui avea imparato l'Apostolo ciò che insegnava continuamente intorno alla subordinazione della donna. Così 1. Tim. II 11.12. La donna impari in silenzio con tutta la dipendenza: non permetto alla donna di fare da maestra ma che stia cheta. E ottimamente S. Agostino de Gen. ad lit. lib. II. cap. 37. Non la natura, ma la colpa della donna meritò di avere per signore il marito: la qual cosa quando non sia mantenuta, si corromperà vie più la natura, e andrà crescendo la colpa.

3,17-18:Per quello che tu hai fatto. Dall'Ebreo e dalle antiche versioni apparisce, che tale dev'essere il senso di queste parole della volgata: in opere tuo; Maledetta la terra ec. In cambio dell'uomo peccatore Dio maledice la terra, e dal cangiamento grande, che in questa succede, vuol, ch'ei argomenti la degradazione somma, a cui egli si è ridotto col suo peccato. Dal paradiso di delizie, dov'era ogni abbondanza di frutti, Adamo è mandato esule in una terra, dalla quale dovrà trarre a grande stento il pane per sostentarsi. I triboli e le spine le cattive erbe e le piante inutili germoglieranno in abbondanza su questa terra; tutto quello, che servirà al sostentamento dell'uomo, avrà bisogno di faticosa cultura.
Mangerai l'erba della terra. Invece di erba il testo originale ha una voce, la quale oltre il frumento comprende ogni sorta di granella, di legumi e di erbaggi da mangiare.

3,19:Mediante il sudore della tua faccia mangerai ec. Un precetto generale egli è questo per tutti i figlinoli di Adamo. L'ozio, la infingardaggine, la inutilità della vita si oppongono a questa sentenza di Dio. In qualunque stato o condizione l'uomo si trovi, l'occupazione e la fatica proporzionata e conveniente al medesimo stato è di precetto del Signore. L'Apostolo ne era tanto persuaso, che non ha difficoltà di dire, che chi non lavora non dee mangiare n. Thessal. III. 10. I filosofi e i legislatori gentili conobbero anch'essi questa verità, e ne inculcarono l'osservanza.
Perché tu sei polvere, e in polvere tornerai. Tale è la sentenza di Dio contro Adamo, e contro tutto la sua posterità infetta e corrotta dal suo peccato. L'uomo era stato fatto immortale: volle essere un Dio: non perdè l'onore di uomo, ma perde l'essere d'immortale: e per la superbia della disobbedienza questa pena fu contratta dalla natura. Aug. sent. 260. L'uomo adunque per lo peccato è condannato a morire, ma non a morire per sempre; altrimenti a qual pro' Dio lascerebb'egli a lui ancora per qualche tempo la vita? Dio pertanto, convertendo in rimedio e in utile dell'uomo lo stesso castigo, coll'intimargli la morte lo invita a prepararsi a questo passaggio per mezzo della penitenza, affine di conseguire il rinnovellamento della giustizia, e la salute mediante la fede in lui, che dee schiacciare la testa del nemico serpente, ed è già fin d'adesso fatto da Dio giustizia e santificazione, e redenzione per l'uomo.

3,20:Il nome d'Eva. Hevah in ebreo è lo stesso, che vita. Un antico padre notò, che Adamo nell'imporre questo nome alla moglie ebbe in vista quella donna, e quel seme di lei, da cui dovea essere schiacciato il capo al serpente, e renduta agli uomini la vita spirituale perduta per la disobbedienza d'Eva. Quella donna figliuola di Eva divenendo madre d'un figliuolo, il quale darà la vita a quelli, ch'ebbero la morte da Eva, quella donna meriterà con giustizia il nome di madre de' viventi, Epiph. Haer. 78.

3,21:Fece ancora... delle tonache di pelle, ec. Non è cosa nuovo nella Scritture il dire, che Dio abbia fatto quello, ch'egli ordinò, che da altri si facesse. Cosi qui o Dio ordinò ad Adamo ed Eva di uccidere degli animali per coprirsi delle loro pelli, o gli stessi animali fece uccidere per ministero di qualche Angelo. Ecco sopra un tal tutto la riflessione di Origene Hom. 6. in Levit. Di tali tonache dovea rivestirsi il peccatore, le quali fossero indizio e della morte, nella quale era incorso pel prima peccato, e ella sua fragilità proveniente dalla corruzione della carne.

3,22:E diventato come una di noi ec. Non v'ha dubbio, che per le parole una di noi si intendono le tre divine persone. Queste sono parole di Dio, il quale non insulta alla sciagura di Adamo; ma gli altri avverte di non insuperbirsi, come egli fece. Aug. Lib. II. de Gen.39.
Ora adunque, che a sorte non stendo egli la mano ec. il senso,che rimane interrotto,è supplito da quel che si ha nel verso seguente. Affinché Adamo non ardisca forse di stendere la mano all'albero della vita, perciò Dio lo manda fuori del paradiso.

3,24:Collocò davanti al paradiso un Cherubino. ovvero, de' Cherubini come porta l' Ebreo: ma siccome una sola è la spada, cosi molti credono, che Adamo non vedesse,che un Cherubino.
A custodire la strada, ec. Da queste parole sembra potersi intendere, che il luogo assegnato per suo esilio ad Adamo, dopo che fu uscito dal paradiso, era vicino, e quasi in vista di qua luogo di delizie, affinché avess' egli mai sempre dinanzi agli occhi l'immagine della perduta felicità; e questa vista servisse a nudrire in lui i sentimenti di penitenza e la gratitudine verso Dio, il quale concedendogli la vita dopo il suo peccato gli somministrava il mezzo di meritare le sue misericordie.