Scrutatio

Venerdi, 26 aprile 2024 - San Marcellino ( Letture di oggi)

Giobbe 4


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Eliphai accusa Giobbe di impazienza, e vuol persuadergli, che pe' suoi peccati egli è flagellato dà Dio, il quale non manda avversità all'innocente.

1Ma Eliphaz di Theman rispose, e disse:2Se noi imprenderemo a parlarti, forse lo prenderai in mala parte; ma chi può rattener la parola, che gli viene alla bocca?3Tu fosti già il maestro di molti, e alle braccia stanche rendesti vigore:4Le tue parole furon sostegno ai vacillanti, ed alle tremanti ginocchia desti conforto:5Ma ora, che il flagello è venuto sopra di te, tu se' abbattuto; ti ha toccato, e ti sbigottisci.6Dov' è la tua pietà, la tua fortezza, la tua pazienza, e la perfezione del tuo operare?7Rammentati di grazia, qual mai innocente perì? e quando mai furono schiantati i giusti?8Io vidi anzi coloro, che coltìvaron l'iniquità, e seminavano all'anni, e affanni mietevano,9Perire a un soffio di Dio, ed essere consunti da un alito dell'ira di lui:10Peri il lion che ruggiva, e la lionessa che urlava, e i denti de' lioncelli furono spezzati.11La tigre rimase estinta per mancanza di preda, e i lioncini furono spersi.12Or un' arcana parola fa detta a me, e quasi di fuga il mio orecchio ne intese il debil suono.13Nell'orrore di una visione notturna, quando il sonno suole impossessarsi degli uomini,14Fui preso da timore, e da tremito, e tutte le mie ossa furon commosse:15E passando davanti a me uno spirito, si arricciarono i peli della mia carne.16Mi apparve uno, il volto del quale non era a me noto, un simulacro dinanzi agli occhi miei, e udii un suono come di aura leggera.17Forse un uomo messo al paragone con Dio sarà dichiarato giusto, o sarà egli più puro del suo faccitore?18Ecco che quelli che a lui servono non hanno stabilità, e negli Angeli suoi trova egli difetto.19Quanto più quelli, che abitano case di fango, i quali hanno per fondamento la polvere, saran consunti come da verme?20Dal mattino alla sera saranno troncati, e perché nissun ha intelligenza, periranno in eterno.21E quei, che tra loro primeggiano, saran tolti dal mondo: morranno, e non da sapienti.

Note:

4,2:Ma chi può rattener la parola, ec. Il greco legge: Ma chi può reggere alla molestia di tue parole?

4,3-4:E alle braccia stanche rendesti vigore: ec. Tu facesti animo a tanti afflitti e abbattuti sotto il peso delle miserie, e li confortasti a perseverare nella virtù e nella pietà. Questo elogio della carità e della virtù particolare di Giobbe nel consolare, e sostenere i miseri, si ritorce da Eliphaz in biasimo del medesimo Giobbe, attribuendo ad impazienza le querele preferite da lui in presenza de' tre amici. Se' tu forse (vuol dire Eliphaz) come i cattivi medici, i quali nelle altrui malattie spacciano e millantano il loro sapere, e non sanno al bisogno mirare se stessi?

4,6:Dov'è la tua pietà, ec. Letteralmente: dov'è il tuo timore? ec. vale a dire il timor santo di Dio, lo spirito di religione, come in altri luoghi della Scrittura. La pietà, la fortezza, la pazienza, la perfezione della virtu, delle quali tu facevi già professione, e delle quali eri maestro agli altri, son elleno adunque sparite tutte ad un tratto? Così Elipbaz punge crudelmente il povero amico, sebbene con buona intenzione. Si è veduto nei capo 1., e II. come Giobbe avea dimostrata una costante pietà, una fortezza e pazienza miracolosa, e un cuore diritto, e perfetto ne' mali più dolorosi e acerbi, a cui possa vedersi ridotto un uomo.

4,7:Rammentati di grazia, ec. io mi appello alla tua esperienza e alla cognizione, che tu hai delle cose passate. Qual mai innocente perì? Da tutto quello che segue si fa manifesto, che Eliphaz pianta come indubitato assioma, che non è afflitto colle pene temporali da Dio se non chi n'è degno pelle sue colpe; d'onde inferisce, che Giobbe non può essere innocente. Ma in primo luogo non sempre sono puniti da Dio i peccatori nel tempo di questa vita, ma son riserbati a' gastighi dell'altra. in secondo luogo Dio affligge quaggiù i giusti per fini degni dell'amore, che ha per essi, vale a dire per provarli, per purificarli e per farli degni di ec.

4,8-9:E seminavano affanni, ec. Io vidi, dice Eliphaz, che quelli, i quali coltivarono l'iniquità, come un campo, da cui aspettavano frutti di piaceri, di ricchezze, di temporali felicità, perirono a un soffio di Dio. Imperocchè qual fu la semenza, ch'essi sparsero su quel loro terreno, tal dev'essere il frutto, ch'e' ne raccolgono; seminarono affanni, ingiurie e vessazioni in danno de' prossimi loro, mieteranno affanni, e dolori e perdizione.

4,10-11:Perì il lion che ruggiva, ec. S. Agostino, s. Gregorio. Beda, ec. convengono in affermare, che Eliphaz in questi due versetti applica la proposizione generale stabilita di sopra a Giobbe, e alla famiglia di Giobbe. Egli paragona Giobbe a un Lione, e a una tigre rimproverandogli la sua supposta alterigia e fierezza, e crudeltà verso i suoi sudditi, paragona la moglie di Giobbe a una lionessa, i figliuoli a de' lioncini, per far intendere. trasfuso in tutta la famiglia il carattere e i costumi del padre. Nell'originale sono qui cinque diversi nomi di bestie, sopra i quali nomi molte cose si dicono, che son tutte molto incerte.

4,12:Or un' arcana parata ec. Concordano i migliori Interpreti, che questa fu vera visione e rivelazione divina; e certamente non dee presumersi, che un tal uomo, il primo degli amici di Giobbe in tal cosa mentisse. Potè ben egli fare un'applicazione men giusta della verità, che gli fu rivelata, ma ciò in nulla offende o la stessa verità o la certezza della rivelazione.

4,15:E passando davanti a me uno spirito. Sembra doversi per questo spirito intendere un Angelo del Signore, e il Greco, checché altri dica, conferma piuttosto questa sposizione. Alcuni però prendono la voce spirito in significazione di vento, che precedesse, la venuta dello Spirito o Angelo del Signore. Notisi, che sogno di vera visione egli è, quando questa reca da principio timore e orrore, ma dipoi reca gran pace e tranquillità.

4,17:Forse un uomo messo al paragone con Dio ec. S. Gregorio: La giustizia dell'uomo paragonato alla giustizia di Dio e' ingiustizia ; cosi risplende al buio una lucerna, la quale a' raggi del sole diventa oscura. Vedi Isai. XLIII.6. Ps. CXLIII.3
Seguendo un altro senso, che sembra più adattato a tutto il ragionamento, che precede e che segue, converrebbe tradurre: Forsechè l'uomo messo a tu per tu con Dio sarà dichiarata giusto? Vale a dire, se un uomo, che è flagellato da Dio vorrà in certo modo chiamare in giudizio la provvidenza, vincerà egli forse la lite? Mai no. Perocchè disaminata la causa secondo i principii della stessa umana ragione apparirà manifesta la giustizia di Dio, il quale flagellando l'uomo, in lui punisce la colpa. Non pretenda adunque l'umana temerità d'intaccare i giudizi di Dio, non pretenda un uomo per quanto si creda innocente e santo di litigare con Dio: e di dirgli: per qual motivo mi tratti in tal guisa? È obbilgo della creatura il rimettersi totalmente nelle mani del suo creatore e adorare le sue disposizioni, che sono non solo giuste, ma vera, e perfetta giustizia.

4,18:Ecco che quelli, che a lui servono, ec. il nome di servi di Dio è qui dato agli Angeli, i quali sono anche detti spiriti amministratori da Paolo Hebr. I. 14. Mirate come quelli spiriti creati da Dio per essere suoi ministri, suoi domestici, creati in grazia, non furono stabili nella fedeltà verso Dio, ma molti di essi si ribellarono: quanto meno dee presumersi stabile e costante nel bene, e mondo da anni macchia un uomo di fango? Tal'è la comune sposizione de' Padri, i quali ciò intendono degli Angeli apostati. Ma egli è anche vero, che gli stessi buoni Angeli tutto quello che hanno di glarioso, di lodevole, e di buono, lo hanno da Dio, e nulla hanno da loro stessi. Per la qual cosa puo intendersi in un certo modo questa sentenza anche generalmente di tutti gli Angeli. Ma intendendo ciò dei cattivi Angeli, dee notarsi quella espressione: e negli Angeli suoi trova difetto. Perocchè così viene indicato, primo, come il difetto che fu in essi non venne da Dio, da cui furono fatti retti; secondo, che le azioni degli Angeli, e per conseguenza anche degli uomini sono disaminate, e pesato da Dio, lo che appartiene alla sua providenza.

4,19:Che abitano case di fango. Se negli Angeli stessi, che son puri spiriti abitatori del cielo, posti al severo esame della ginstizia di Dio fu trovata macchia e reato; quanto più ciò sarà degli uomini, che abitano in un corpo formato di fango, in un corpo di morte: (11. Corinth. v. 1.) degli uomini che hanno per loro fondamento la polvere da cui furon tratti, e nella quale anderanno a risolversi?
Saran consunti come da verme? Il verme è in questo luogo il peccato, come, de' reprobi parlando, Cristo dice: il loro verme non muore. Il peccato consumerà, guasterà gli uomini, quelli stessi che avranno apparenza e riparazione di probità, come il verme, la tignuola rode, e guasta le vesti più belle e preziose.

4,20:Dal mattino alla sera ec. Se adunque son peccatoriri, qual maraviglia, che Dio flagelli gli uomini, e repentinamente gli stermini, e se mentre essi non voglion comprendere i fini di Dio, che li gastiga, ne si vogliono riconoscere per rei, cadono negli eterni supplizi.

4,21:E quei che tra loro primeggiano ec. Il senso che abbiam seguito nella traduzione viene chiaramente indicato dall'Ebreo, ed è il più adattato e naturale, che possa darsi a queste parole; perocchè dopo che Eliphaz ha detto di sopra, che gli uomini tutti son peccatori, e perciò puniti da Dio, aggiunge, che quelli stessi che fanno maggior figura nel mondo, non essendo più saggi degli altri, non avranno sorte migliore.