Scrutatio

Venerdi, 26 aprile 2024 - San Marcellino ( Letture di oggi)

Giobbe 42


font

Giobbe riconosce di avere stoltamente parlato, e dal Signore e preferito a' suoi amici, e prega per essi: e riceve il doppio di quel, che aveva perduto, e finalmente pieno di giorni riposa in pace.

1Ma a Giobbe rispose al Signore, e disse:2Io so, che tu poi il tutto, e nissun tuo pensiero rimane indietro.3Chi è costui, che privo di senno avviluppa i consigli (di Dio)? Io perciò ho parlato da stolto, e di cose che infinitamente sorpassano il mio sapere.4Ascolta, ed io parlerò; io ti interrogherò, e tu rispondimi.5Io ti udii già colle mie orecchie; ora il mio occhio ti vede.6Per questo io accuso me stesso, e fo penitenza nella polvere, e nella cenere.7Or dopo che il Signore ebbe dette a Giobbe quelle parole, egli disse ad Eliphaz di Theman: Io sono altamente sdegnato contro di te, e contro i due tuoi amici, perocché non avete parlato con rettitudine dinanzi a me, come Giobbe mio servo.8Prendetevi adunque sette tori, e sette arieti, e andate a trovar Giobbe mio servo, e offerite olocausto per voi; e Giobbe mio servo farà orazione per voi; e in grazia di lui non sarà imputata a voi la vostra stoltezza: perocché voi non avete parlato di me con rettitudine, come Giobbe mio servo.9Andarono adunque Eliphaz di Theman, e Baldad di Sueh, e Sophar di Naamath, e fecero quanto avea detto loro il Signore, e si placò il Signore in grazia di Giobbe.10E oltre a ciò il Signore si mosse a compassione di Giobbe mentre ei pregava pe' suoi amici; e rendette il Signore a Giobbe il doppio di tutto quello, che egli avea posseduto per l'innanzi.11E andarono a ritrovarlo tutti i suoi fratelli, e tutte le sue sorelle, e tutti quelli, che prima l'avean conosciuto, e mangiarono con lui nella sua casa, e scuotevano il capo sopra di lui, e lo consolavano di tutte le tribolazioni mandate a lui dal Signore, e ognuno di essi diede a lui una pecora, e un orecchino di oro.12E il Signore benedisse Giobbe da ultimo più che da principio; ed egli ebbe quattordici mila pecore, e sei mila cammelli, e mille paia di bovi, e mille asine.13Ed ebbe sette figliuoli, e tre figliuole.14E alla prima pose nome Giorno, e alla seconda Cassia, e alla terza Corno di Antimonio.15Non ebbe tutta la terra donne eguali in bellezza alle figliuole di Giobbe, e il padre loro le chiamò a parte dell'eredità insieme co' loro fratelli.16Dopo queste cose visse Giobbe cento quarant'anni, e vide i suoi figliuoli, e i figliuoli de' suoi figliuoli fin alla quarta generazione, e morì in età, avanzata, e pieno di giorni.

Note:

42,2:Io so che tu puoi il tutto, ec. Giobbe avea compreso assai bene, che il Signore nel porgli davanti agli occhi gli effetti di sua potenza e di sua providenza nella creazione e nel governo delle creature irragionevoli avea voluto, ch'egli da tali esempi sollevasse la mente sua a riconoscere la possanza stessa, e la stessa sempre saggia, e sempre vegliante previdenza nel governo degli uomini. Quindi con pienezza maggiore di cognizione e di affetto da lode adesso nuovamente a questa potenza, e a questa providenza divina.E nissun tuo pensiero rimane indietro. Non ho saputo spiegare più strettamente il vero senso di questo luogo, che è un po' oscuro tanto nell'originale come nella nostra Volgata. Giobbe dopo aver detto a Dio: Io so, che tu puoi il tutto, soggiunge amplificando lo stesso concetto: e io so pure, che nissun tuo pensiero, nissun tuo disegno rimarrà senza esser messo ad effetto; imperocchè chi potrà aver forza bastevole per impedire l'operazione dell'Onnipotente? i LXX tradussero questo versetto in tal guisa: So, che tu puoi il tutto e nulla è a te impossibile.

42,3:Chi è costui, che privo di senno avviluppai consigli (di Dio)? Giobbe parla qui di se stesso in terza persona, e si accusa, che per ignoranza non ha parlato con quella chiarezza e con tutta quella forza, che conveniva dalla providenza infinita di Dio e delle segrete disposizioni di questa providenza particolarmente in riguardo alla distribuzione de' beni e de' mali temporali. Quindi soggiunge egli: io, o Signore, ho parlato da stolto, perchè quantunque molte cose io abbia dette riguardo a' tuoi divini attributi, lasciai però di parlare di quello, che principalmente era da dirsi, e da dimostrarsi: imperocchè non avea io ancora perfettamente comprese le ragioni de' tuoi consigli, ne l'ordine tenuto dalla tua providenza riguardo a me; non ancora avea potuto intendere le cagioni de' miei si acerbi disastri, né a quale fine fosser diretti, ne a qual temine mi dovesser condurre. Parlai adunque di cose, che io non sapeva, di cose, delle quali non avea nemmeno esperienza; perocchè non avea antecedentemente provato se non gli effetti di una parzialissima clemenza, non avea sperimentati giammai i tuoi rigori; per la qual cosa veggendomi repentinamente immerso in un pelago di amarezze e di affanni, sopraffatto quasi dalla mia afflizione mi parvero senza rimedio i miei mali, e quasi senza frutto i miei patimenti. Ma il fine, e il frutto di quali era conosciuto da te.

42,4: Ascolta, ed io parlerò: ec. Se io mai più parlerò, io parlerò solamente per domandare, per essere istruito, e pregandoti di rischiarar le mie tenebre, e di correggermi s'io fossi in errore. I LXX: Ascoltami, o Signore, affinché io parli, io t'interroghero, e tu ammaestrami.

42,5:Ti udii...ora il mio occhio ti vede. Quanto il vedere le cose è più che l'udirle, tanto è superiore la cognizione, e la luce, che io ho di presente a quella, che io avea nel passato. Così parla Giobbe non perchè avesse veduto cogli occhi i misteri della Sapienza e Previdenza divina, ma perchè gli avea intesi più chiaramente. Cosi il Grisostomo, S. Gregorio M. ec.

42,6:Per questo io accuso me stesso, ec. La luce di Dio fa, che Giobbe vada avanti nella cognizione e nella riverenza dovuta a Dio, e nel disprezzo di se medesimo. Accuso (dice egli) la mia ignoranza, non apro più la bocca in querele e lamenti del presente mio stato, ma in ispirito di penitenza lo accetto, e nella polvere e Nella cenere. trovo la mia consolazione.

42,7:Il Signore... disse ad Eliphaz di Theman. Da vari luoghi di questo libro si riconosce, che Eliphaz era superiore agli altri di dignità, forse anco di età e di intelligenza: e dee anche credersi ch'ei più degli altri peccasse nel giudicare sinistramente e condannare l'amico. Per tutti questi titoli a lui rivolge Dio la parola trattandosi di portare una finale sentenza in questa gran causa.
Non si nomina Eliu, che era il più giovine di tutti, e il men considerato, e il quale può credersi, che avesse parlato seguendo i loro pregiudizi, ed egli dovea tenere per detto a se quello, che agli altri era detto.
Io sono altamente sdegnato contro di te e contro ec. Queste parole di Dio dimostrano fino a qual segno egli si tenga attesa delle ingiurie fatte al giusto. Voi avete offeso la verità, e la giustizia condannando senza ragione il mio seno Giobbe; perocchè lo avete condannato come peccatore; e gran peccatore, perchè grandi erano i mali e le sciagure nelle quali ho permesso, ch'ei fosse involto. Giobbe ha sempre parlato secondo la verità, e secondo la giustizia. Cosi Dio facendo le parti di ottimo Giudice proferisce contro i rei la sentenza, e assolve l'innocente. Questa parola di Dio è per Giobbe la Medicina delle ferite, la Corona del Combattimento, il premio della pazienza; perocchè quelle cose, che venner dopo sono forse piccole cose, e ordinate per riguardo ai piccoli, quantunque egli ritenesse il doppio di quello che era stato a lui tolto. Nazianz. Orat. XXI.

42,8:Prendetevi dunque sette tori e sette arieti, ec. Dio avrebbe potuto immediatamente dopo la sentenza punire l'iniquità degli amici di Giobbe, ma facendo in questo giudizio prevalere la misericordia alla giustizia, dimostra ad essi la maniera di schivare la pena, nella qual maniera un nuovo trionfo prepara all'innocenza del giusto. Prendetevi sette tori e sette arieti: questo numero appartiene ad un sacrifizio perfetto; e la grandezza della vittima rende evidente la gravezza della loro colpa, dice il Grisostomo, e si aggiunge ( segue a dire lo stesso Padre) che quel sacrifizio non sarebbe stato sufficiente per l'espiazione se non vi fossero state unite le orazioni di Giobbe. Notisi, che quantunque si legga offerite per voi l'olocausto, il sacerdote, che lo offerse certamente fu Giobbe, ma rettamente ancora si dice, che il sacrifizio offeriscono quelli, pe' quali e offerto, e i quali al sacrifizio intervengono, e col sacerdote si uniscono.
E in grazia di lui es. la grazia del giusto vi sera perdonata la colpa grande commessa da voi contro le leggi dell'umanità e dell'amicizia, quando negaste aiuto all'amico, quando sotto pretesto di difender la mia causa lo insultaste nella miseria, e lo condannaste come scellerato, perché era oppresso dei mali, le quali cose non sono etfetto se non di una grande stoltezza.

42,10:Il Signore si mosse a compassione di Giobbe ec. il senso stretto della nostra volgata si e, che Dio ebbe pentimento di Giobbe, cioè dello stato di Giobbe nella stessa maniera, che presso Geremia sta scritto: Se quella nazione farà penitenza del male, che io le rimproverai, mi ripentirò io pure del male, che io pensavo di farle, cap. XVIII. 8. Alcuni suppongono che Giobbe ricuperasse la sanità nello stesso momento, in cui pregò per gli amici; altri vogliono, che la sua guarigione seguisse qualche giorno appresso, e osservano, che in tal modo egli fu una più viva imagine di quel Salvatore, il quale in mezzo alle ignominie e a' dolori della Croce dovea pregare pe' suoi nemici.
Rendete il Signore a Giobbe ec. Ciò non avvenne in un momento, ma pure in brevissimo spazio di tempo. Giobbe adunque il quale prima della tentanzione era grande tragli Orientali, divenne per la benedizione di Dio molto più grande, e senza paragone più illustre e felice.

42,11:Tutti i suoi fratelli e tutte le sue sorelle. i parenti suoi dell'uno e dell'altro sesso. Questi parenti e tutti quelli, quali avevano avuto ne' tempi addietro occasion di conoscerlo, e di trattare con lui, e da' quali tutti egli era stato abbandonato e negletto, com'ei se ne duole cap. XXX. 3. M. 15., tutti questi, udita la fama dei cangiamento grande che era avvenuto, si portarono a visitarlo.
E mangiarono con lui ec. Con lui, che era stato fino allora rigettato dal convito, e dalla società degli uomini.
E scuotevano il capo sopra di lui, ec. in segno della tenera compassione, con cui rammentavano le sue passate calamita.
Una pecora e un orecchino d'oro. La pecora noi crediamo, che sia qui una vera pecora, e non una moneta coli'impronta di una pecora, o di un agnello. Quanto a quello che nbbiam tradotto colla voce orecchino seguitando la volgata sarebbe secondo l'Ebreo queii'ornamento del naso, di cui si e fatta menzione om XV.

42,13:Ebbe sette figliuoli e tre figliuole. Altrettanti figliuoli e figlie avea egli nel primiero suo stato, e il numero di questi non fu raddoppiato, affinchè nel raddoppiamento delle ricchezze potesse ciascuno de' figliuoli, e delle figlie aver la porzione dell'eredità il doppio maggiore di quella, che sarebbe loro toccata secondo le facoltà, che prima avea il loro padre. S. Gregorio M., S. Basilio, s. Gregorio Nisseno, Beda e altr'Interpreti Greci allarmano, che Giobbe riebbe lo stesso numero di figliuoli, che avea perduti, perché si vedesse come quegli ancora, che erano stati tolti dal mondo vivean tuttora dinanzi a Dio, per cui i morti sono vivi; la qual cosa serviva a confermare la fede della futura risurrezione, della qual fede fu Giobbe insigne testimone e predicatore.

42,14:Alla prima pose nome Giorno. La chiamò Jemimah, forse per significare bella come la luce del giorno.
Alla seconda Cassia. La cassia aromatica antica, la quale secondo il Mattiolo, non si trova più, veniva dall'Arabia. Da questo irutice prezioso la seconda figliuola di Giobbe fu detta Chesihac.
Alla terza Corno di Antimonio. Cherenhaphuc. Gli antichi si serviron molto delle corna per mettervi le polveri, i liquori ec. L'antimonio fu usato dalle donne per dare agli occhi il color nero, e ingrandirli. Vedi quello, che si è detto 4 Reg. IX. 30.
Questa terza figliuola adunque fu chiamata Cherenhaphuc come se dicesse: vaso pieno di naturale belletto. Di questi nomi il misterioso significato viene esposto da s. Gregorio Nisseno, Hom. IX. sopra la cantica in tal guisa. Quando sentiamo, che una delle figlie di Giobbe fu chiamata Giorno, si intenda significato l'onestà nella stessa maniera, che dall'Apostolo coloro, che menano vita innocente son detti figliuoli della luce; il nome di Cassia dinota la purità, e il buon odore de' santi affetti; pel corno di Antimonio vuolsi intendere l'eccellenza in ogni genere di virtù.

42,15:Le chiamò a parte dell'eredità insieme co' loro fratelli. Ebbero nella distribuzione dell'eredità paterna porzione eguale a quella de' fratelli. Vuolsi, che tale fosse la consuetudine, o la legge osservata tragli Arabi. Secondo la legge di Mosè le figliuole non ebbero parte all'eredita ogni volta che avessero de' fratelli.

42,16:Visse... cento quarant'anni.L'opinione degli Ebrei si e, che Giobbe visse un anno nella malattia, e fu risanato l'anno settantesimo di sua età; onde essendo vissuto dipoi cento quarant' anni ne viene per conseguenza, che Dio gli diede il doppio anche degli anni di vita, e che in tutto egli visse anni dugento dieci. Non debbo però tacere, che il Grisostomo, Isidoro e molti altri pretendono, che il tempo della tentazione di Giobbe fosse di sette anni, e che avendo principiato i suoi disastri l'anno sessantesimo terzo della vita di lui, avesser poi fine l'anno settanta. Ma sopra di ciò non abbiam verun lume nella Scrittura.
Nel Greco, e nell'Arabo, e nell'antica Volgata Latina a quest'ultimo versetto del libro di Giobbe si aggiungono le seguenti parole: Or egli sia scritto, ch'ei risusciterà insieme con quelli, che saran risuscitati dal Signore.
Indi il testo Greco soggiunge:Dal Siriaco si ricava che Giobbe abitava nell'Ausite su confine dell'Idumea, e dell'Arabia, e che il suo primo uomo era Jobab. Egli sposò una donna Araba, da cui ebbe un figliuolo chiamato Ennon. Egli era figliuolo di Zara (de' discendenti di Esau), e di Bosra, di modo che egli era quinto da Abramo. Ed ecco i re, che regnaron nell'Idumea dove lo stesso Giobbe regnò: primo Balac figliuolo di Beor nella città di Dennaba; dopo di lui regnò Job altrimenti Jobab. A Job succedette Ason, che era governatore, ossia principe del paese di Theman. Dopo di lui regnò Adad figliolo di Barad, il quale sconfisse i Madianiti nelle pianure di Moab. Il nome della sua città era Gethem. Gli amici di Giobbe, che andarono a visitarlo, sono Eliphaz de' posteri d'Esau e re di Theman, Baldad re de' Souchei e Sophar re de' Minei.
Questa addizione è antichissima conservata da Teodozione e da tutti gli antichi Padri Greci e Latini prima di s. Girolamo, ma non ricevuta da essi come parte del testo sacro.