Scrutatio

Mercoledi, 24 aprile 2024 - San Fedele da Sigmaringen ( Letture di oggi)

Giobbe 23


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Giobbe implorando con umiltà il giudizio di Dio, dimostra ch'ei non è punito pe' suoi peccati, e che pensa rettamente della provvidenza di Dio incomprensibile, e che fa il tutto secondo la sua volontà.

1Giobbe rispose, e disse:2Anche adesso le mie parole sono parole di amarezza, e la mano, che mi ha piagato è più forte de' miei sospiri.3Chi mi darà di saper ritrovarlo, e di giungere fino al suo trono?4Porterei dinanzi a lui la mia causa, e la bocca piena avrei di querele.5Affin di sapere quel, ch'ei mi rispondesse, e di intendere quel, ch'ei mi dicesse.6Non vorrei, che egli meco contendesse colla sua molta fortezza, né che mi sopraffacesse colla mole di sua grandezza.7Proponga contro di me l'equità, e vincitore uscirei dal mio giudizio.8Ma se io vo verso Oriente, ei non comparisce; se verso Occidente, non saprò rinvenirlo.9Se mi volgo a sinistra che farò io? non posso raggiungerlo; e se a destra, io nol vedrò.10A lui però noti sono i miei andamenti, ed egli ha fatto saggio di me, come si fa dell'oro, che passa pel fuoco.11Il mio piede ha seguitato le sue vestigia, ho battute le sue vie, né ho declinato da queste.12Non mi son dilungato dai precetti delle sue labbra, e nel mio seno ho riposte le parole della sua bocca.13Ma egli solo è, e nissuno può frastornare i suoi disegni, e quello che alla volontà di lui è piaciuto egli lo ha fatto.14Quand'egli avrà fatto di me quello, che ha voluto, molte altre simili cose ha in pronto tutt'ora.15Per questo alla sua presenza io mi conturbo, e quand'io lo considero, mi scuote il timore.16Dio ha ammollito il mio cuore, e l'Onnipotente mi ha conturbato.17Perocché io vengo meno non per le tenebre, che mi stan sopra; né questa caligine mi ha velata la faccia.

Note:

23,2:Anche adesso le mie parole ec. Giacché, gli amici stessi coi loro acerbi rimproveri accrescono i miei dolori invece di mitigarli, sani perciò sempre maninconoso e dolente il mio parlare; perocchè la mano forte, che mi percuote, sorpassa ogni espressione di lamento, e non può agguagliarsi a parole l'acerbita de' mali, che ella mi fa soffrire.

23,3:Chi mi darà di saper ritrovarla, ec. Potess'io giugnere a ritrovare colui, che ascolta i sospiri de' poveri. Potess' io presentarmi davanti al Trono di lui. Una dimostrazione di gran fidanza ell'è questa: i rei non cercano di comparire dinanzi al Giudice; Giobbe lo desidera.

23,4:Di querele. Vuol dire di argomenti e di ragioni per sostenere la mia causa, ma ragioni e argomenti proposti da un cuore appassionato e afflitto, benché pieno tuttora di carita verso Dio. Ecco un esempio di questo stile in Geremia, cap. XII. 5. Veramente checché io disputi teco, o Signore, tu sei giusto: con tutto questo io parlerò giustizia con te: per qual motivo tutto va a seconda per gli empi? ec. ec.

23,5:Affin di sapere quel ch'ei mi rispondesse. Egli, se in qualche cosa ho peccato, mi mostrerebbe i miei errori, e mi convincerebbe colla sua verità.

23,6-7:Non vorrei, che egli meco ec. Io ben so, che l'umana debolezza non può reggere, ne sostenersi al confronto di tale possanza e di tal maestà. Disputi egli adunque con me non secondo la inflessibile severità di sua giustizia, ma secondo quella benignità, con cui suole egli trattare cogli uomini, e io ho fidanza, che egli pronunciera in mio favore, e rigetterà le false accuse e le calunnie de' miei avversari.

23,8:Ma se io vo verso Oriente, ec. Giobbe desidera di comparire al tribunale del suo Giudice, che è insieme suo Salvatore; si lamenta perciò di non poter rinvenir questo Giudice per esporre dinanzi a lui la sua causa, e far sue difese contro le opposizioni de' calunniatori.

23,9:Se mi volgo a sinistra ec. Se mi volgo al settentrione, che rimane a sinistra d'uno, che guarda ad Oriente. La destra significa il mezzodì. Miro (dice Giobbe) continuamente verso le quattro parti del cielo per vedere se comparisce quel Giudice, che io bramo e aspetto, ne ancor lo veggo. Sollecito e sospiro la sua venuta, perché egli solo può attutire e reprimere la baldanza de' miei accusatori.

23,10:A lui però noti sono ec. Lui io invoco, e appello perché egli mi conosce perfettamente, e mi ha messo a dura prova. Quando dice Giobbe, che Dio lo ha provato colla tribolazione, come si prova l'oro col fuoco, egli viene a dire con umiltà, che avea bisogno di essere purgato, come notò s. Gregorio, egli (dice il santo Dottore) si stimò da meno di quello che era, mentre posto nella tribolazione credette di essere purgato quando nulla aveva in se da purgare.

23,11:Il mio piede ha seguitato le sue vestigia, ec. Questo è quello, che dicesi nelle Scritture, camminare con Dio, ovver dietro a Dio. Vedi Gen. V. 24. VI. 9. ec.

23,12:Da' precetti delle sue labbra. Un antico interprete osserva, che, questi precetti Giobbe non gli avea ricevuti da Dio per mezzo dell'udito, ne per iscritto; perocchè Giobbe (dice egli) in prima della legge intimata sul Sinai, ma erano le leggi morali impresse negli animi nostri dall'autore della natura. Del rimanente queste parole non mi son dilungato ec. significano più di quello che dicono, perocchè indicano l'amore e l'ardente zelo di Giobbe nell'osservare la legge di Dio, come apparisce dalle parole. che seguono nel mio seno ec. dove vuol dire, che questa legge egli teneva cara come prezioso inestimabil tesoro.

23,13-15:Ma egli solo è. Per intendere tutto il sentimento di Giobbe fa d'uopo unire insieme questi tre versetti. Egli adunque dopo aver confermato di sopra la sua innocenza, soggiunge, che con tutto questo la vista e il pensiero di Dio lo tiene in gran timore, perocchè sa, che egli solo veramente e, egli solo ha vero essere, e, per conseguenza ha possanza, sapienza, providenza infinita, onde altro non resta da fare a lui, che soggettarsi al Signore, il quale quando lo avrà esercitato, e provato co' mali, che ora patisce, potrebbe ancora in mille altre guise umiliarlo e affliggerlo. Vedi sopra questo luogo s. Gregorio. Vedi anche i LXX.

23,16:Ha ammollito il mio cuore. Lo ha fatto molle, pieghevole, facile a commuoversi e a ricevere le impressioni del suo spirito. Siccome la durezza del cuore si prende sempre in cattiva parte nelle Scritture, così un cuor molle significa un cuor docile, timorato e pieno di riverenza e di timor santo de' giudizi divini.

23,17:Io vengo meno ec. Io non tanto sono abbattuto, prostrato di cuore per ragione delle calamità, che mi opprimono, quanto pel terrore che mi ispira la Maesta del mio Giudice.
Nè questa caligine mi ha velata ec. La caligine e lo stesso che le tenebre nelle parole precedenti. Questi mali esteriori, quantunque eccessivi, non sono quelli che mi han velata la faccia con pallore di morte. Il timor dell'Onnipotente, questo timore, che penetra nelle mie ossa, ha più forza sopra di me, che tutte le mie sciagure.