Scrutatio

Venerdi, 26 aprile 2024 - San Marcellino ( Letture di oggi)

Giobbe 28


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Giobbe ebbe cura dell'innocenza, anche perchè ell'è l'unica via per conseguir la sapienza, la quale dimostra essere più pregevole dell'oro, sì per la sua origine, e sì per la sua dignità; che a Dio sono manifestissime le più occulte cose della natura, e che la sapienza si dà dal cielo, non si compera coll'oro; della qual sapienza una particella si comunica mediante il timor di Dio.

1L'argento ha un principio nelle sue vene, e l'oro ha un luogo dov'ei si fonde.2Dalla terra cavasi il ferro: e la pietra sciolta col fuoco si cangia in rame.3Egli fissa alle tenebre la lor durazione, e la fine investiga di tutte le cose, ed anche la pietra ascosa nella caligine, e nell'ombra di morte.4Un torrente separa dai viaggiatori, e ad esse non si appressa il piede del povero, e sono in luoghi inaccessibili.5Una terra, dal cui seno nasceva del pane, è disertata dal fuoco.6Havvi un luogo, di cui i sassi sono saffiri, e le sue zolle sono oro.7Uccello non ne conobbe la strada, e l'occhio dell'avoltoio non giunse a discernerla.8Ella non fu battuta da' figliuoli de' mercatanti, né vi passò la lionessa.9Egli stese sua mano contro i vivi massi, e rovesciò le montagne dalle loro radici.10Egli scavò rivi di acque trai sassi, e l'occhio di lui indagò tutto quel, che v'è di prezioso.11Egli visitò le ime parti de' fiumi, e ne trasse fuori ciò che vi era nascosto.12Ma dov' è, che trovisi la sapienza? e la sede dell'intelligenza dov'è?13Il pregio di lei non è conosciuto dall'uomo, né ella si trova nella terra di quei, che vivono delle delizie.14L'abisso dice: Meco ella non è, e il mare confessa: Ella non è con me.15Ella non si compera coll'oro più fino; né cambiò fassene a peso d'argento.16Ella non sarà messa a paragone colle tinte preziose delle Indie, né colla pietra sardonica più pregiata, né col saffiro.17Non sarà stimato eguale a lei l'oro, od il cristallo, né sarà data in cambio per vasi di pretto oro:18Le più eccelse, e pregiate cose non son da rammentarsi in suo paraggio: ma occulto è il luogo onde estraggesi la sapienza.19Non si agguaglerà a lei il topazio d'Etiopia, né le saran poste in confronto le tinture più splendide.20Donde adunque vien mai la sapienza, e quale è la sede della intelligenza?21Ella è ascosa agli sguardi di tutti i viventi, ella è ignota anche agli uccelli dell'aria.22La perdizione, e la morte hanno detto: Alle nostre orecchie è giunta la fama di lei.23La via per trovarla è nota a Dio, ed egli sa dov'ella dimori.24Perocché lo sguardo di lui giunge sino ai confini del mondo, ed egli vede tutte le cose che sono sotto de' cieli.25Egli, che diede ai venti il momento, e librò, e misurò le acque.26Allorché la legge prescrisse alle piove, e la strada alle sonanti procelle:27Allora egli la vide, e la manifestò, e la stabilì, e ne scoperse i segreti.28E all'uomo disse: Ecco che il timor del Signore egli è la stessa sapienza, e la fuga del male ell'è la vera intelligenza.

Note:

28,1:L'argento ha un principio nelle sue vene, ec. Giobbe ha parlato di sopra della perdizione dell'empio, ma continuando egli a sostenere, che non sempre per ragion dei suoi falli e afflitto l'uomo nella vita presente, e volendo reprimere la baldanza de' suoi avversari, osserva perciò, che l'uomo colla sua industria e sagacità e arrivato a scoprire molte cose, che eran nascose nelle profonde viscere della terra, l'oro, l'argento, il rame, il ferro; ma di arrivare a intendere i consigli di Dio, riguardo a' figliuoli degli uomini, di penetrare i segreti fini di sua providenza, pe' quali talora il giusto languisce sotto il peso di mille sciagure mentre l'empio passa felici i suoi giorni, di penetrar tali cose non e possibile all'uomo, se Dio della stessa sua Sapienza non gli fa parte. Per le quali cose vengono a condannarsi come temerari i giudizi degli amici di Giobbe, i quali come se fossero stati ammessi a intendere i segreti di Dio, francamente asserivano, ch'egli era un gran peccatore, perché era grandemente afflitto da Dio. Tale sembra essere il fine, a cui tende tutto il ragionamento di Giobbe in questo capitolo, nella sposizione del quale per la molta sua oscurità sono molto tra lor discordi gl'interpreti.
E l'oro ha un luogo dov'ei si fonde. Di tutti i metalli, l'oro è quello che in molti luoghi ritrovasi in pezzi assai grandi purificato, e ridotto all'ultima sua finezza per le mani stesse della natura. Vedi Acosta st. dell'indie lib. 4., e tra gli antichi Ammiano Hist. lib. 23.

28,2:E la pietra sciolta... si cangia in rame. Una rozza massa di metallo, la quale sembra una pietra, purgata col fuoco si cambia in rame. Vedi Plin. lib. XXXVI. 27.

28,3:Egli fino alle tenebre la lor durazione. Parmi senza paragone più probabile l'opinione di quegl'Interpreti, i quali suppongono che in tutto questo versetto si parli dell'uomo, il quale in primo luogo inventò la maniera di misurare lo spazio notturno, o mediante l'osservazione dei moti celesti, o per altri mezzi trovati già ai tempi di Giobbe.
E la fine investiga di tutte le cose. Ovvero la perfezione investigu di tutte le cose: l'uomo colla sua industria e sagacità non solo fa continuamente nuove scoperte, ma le scoperte medesime perfeziona.
E anche la pietra ascosa ec. Intendesi della scoperta delle pietre preziose ascose nelle cupe loro miniere, dove raggio di luce non penetra.

28,4:Un torrente separa da' viaggiatori, ec. La moltiplicità delle sposizioni date a questo luogo ne dimostra la difficoltà, e questa difficoltà è anche maggiore nell'originale e nella versione de' LXX, che nella nostra volgata. Ho ripigliato nella versione la parola lapides dal versetto precedente, e congiungendo questi due versetti insieme, ho creduto, che il senso della versione Latina sia questo. L'uomo investiga la fine di tutte le cose o anche le pietre preziose ascose nella caligine e nell'ombra di morte: queste pietre sono per lo più separate da' viaggiatori mercatanti, che le ricercano per difficili e pericolosi torrenti sono anche poste di più in luoghi inaccessibili, a quali mal potrebbe aspirare di accostarsi il povero, perché la lunghezza e la difficoltà del viaggio richiede de' preparativi, che ei non può fare. In vece di dire, che queste pietre preziose sono in luoghi inaccessibili (come ho tradotto) la volgata dice, che le pietre stesse sono inaccessibili, come per dire, che è impossibile al povero di farne acquisto, ha detto, che il piede del povero le mette in obblivione, fa conto di non saper che vi sieno.

28,5:Una terra, dal cui seno nasceva del pane. A prima vista parve a più d'uno, che Giobbe accennasse il fatto di Sodoma; ma ciò in verun modo non lega con quei che precede. Il senso adunque di queste parole potrà user questo: un terreno prima coltivato e fecondo, rimane sterile, perché in esso si sono purgati col fuoco, e fusi i metalli.

28,6:Havvi un luogo, di cui i sassi sono zaffiri. vale a dire: V'ha un luogo, che abbonda di zaffiri come disse si, e dove l'oro si trova in tanta copia come se tutte le zolle fossero di quel prezioso metallo. Probabilmente sotto il nome di zaffiri s'intendono commprese anche le altre pietre preziose.

28,7:Uccello non ne conobbe la strada, ec. I luoghi ne' quali si trovano questi zaffiri e le, altre gioie di grandissimo pregio, sono luoghi per lo più inabitabili, inaccessibili agli stessi uccelli, sono luoghi tanto cupi e nascosti, che non arriva a discernerli col perspicacissimo occhio suo l'avoltoio.

28,8:Ella non fu battuta ec. La strada per giugnere a quei luoghi non era stata battuta dagli avidi mercatanti, pe' quali nissun paese è troppo rimoto, nissun luogo è inaccessibile quando trovar vi possono da arricchire. Le fiere stesse non che porvi covile non avrebbon voluto passarvi; una lionessa benché si animosa ne sarebbe stata lontana.

28,9:Egli stese sua mano ec. Ma l'uomo ne' luoghi più disastrosi, e più orridi andò investigando le ricchezze nascoste sotto le pietrose radici de' monti, e per rinvenirle i monti stessi messe sossopra.

28,10:Egli scavò rivi di acque ec. Spezzati i massi, e atterrati i monti, dà lo scolo alle acque nascoste nelle loro viscere, e le fa scorrere in molti rivi a lavar le rovine, nelle quali sono sparsi i preziosi metalli, onde agli occhi di lui apporìsce, ciò, che vi è di prezioso.

28,11:Visita le ime parti de' fumi, ec. Asciuga il letto de' fiumi, e ne traggo fuora le ricchezze, cioè l'oro sepolto dentro le arene.

28,12:Ma dov'è, che trovisi la sapienza? ec. L'uomo colla sua industria giunge a scoprire, e a dissotterrare i tesori nascosti nella terra e nell'acque; ma la vera sapienza, quella, che è il vero tesoro dell'uomo, dove anderà egli a cercarla? Chi mostrera a lui dov'ella abbia sua sede?
Notisi in primo luogo, che per queste due voci sapienza, e intelligenza una stessa cosa è significata, in secondo luogo per quello, che dicesi Vers. 28. apparisce, che questa sapienza, questa scienza delle cose di Dio è considerata principalmente in quanto ella è per l'uomo la regola di operare e di vivere, onde un antico interprete disse, che sapienza e qui chiamata la pietà e la religione, cosa momenta divina e dal solo Dio conceduta per grazia all'uomo; per la qual cosa lo stesso Dio da principio parte con visioni, parte per ministero e istruzione degli Angeli, parte per mezzo de' divini profeti insegnò agli uomini la pietà. Terzo, questa sapienza se in Dio si consideri, ella è la suprema legge, e la regola di ogni onesta ed equità, ella è la stessa sua providenza principalmente riguardo alle umane cose, e riguardo ai premi, e alle pene da compartirsi agli uomini secondo le opere loro.
Finalmente si osservi, come dicendo Giobbe, che la sapienza non trovasi ne tralle gemme preziose, ne tra' metalli più ricercati, ne in verun angolo della terra, ne dentro i cupi seni del mare, viene perciò a dimostrare, che questa sapienza e dal cielo, e che a Dio dee chiedersi: in qual cosa anche più chiaramente egli accenna, allorché dice Vers. 23 la via per ritrovarla è nota a Dio, egli sa, ec. Vedi Jacob. I. 5., Eccli. cap. 1.

28,13:Il pregio di lei non è conosciuto dall'uomo, ec. La sapienza non è conosciuta, ne stimata dagli uomini carnali, da quelli, che altro bene non cercano fuori delle cose sensibili, da quelli, che amano l'argento e l'oro, e vivono nelle delizie: questi (come notò s. Gregorio) tanto più veracemente sono stolti, quanto maggiori sono i beni, de' quali si privano, ponendo la loro consolazione in cose di nissun pregio. La vera sapienza e nemica della carne, e de piaceri della carne. Vedi Baruch. III.

28,14:L'abisso dice: ec. Con bellissima prosopopeia induce tutte le parti del mondo a confessare, che presso di loro non è la fede della sapienza, affinchè intendasi come ella e di una condizione infinitamente superiore a tutte le cose, che sono sotto del cielo. Per nome di abisso si può intendere la più intima parte del globo terrestre.

28,16:Non sarà messo a paragone colle tinte preziose ec. Il senso della nostra volgata sembrami certamente esser quello, che si è espresso nella versione, benché alcuni per li colori tinti dell'India vogliano intendere le gemme di vari bellissimi colori, che trovansi in que' paesi. Egli è notissimo come certe tinte, che davansi a' panni si pagavano prezzi esorbitanti. Vedi Plin. XXXIII. 7.

28,17:L'ora, ad il cristallo. Nell'originale in questi tre versetti 15-17, sino a quattro volte è nominato l'oro, ma con termini diversi, il cristallo era una volta rarissimo e di pregio infinitamente maggiore, che a' dì nostri.

28,18:Ma occulto è il luogo ec. L'ebreo, secondo alcuni dotti Interpreti, significa che la sapienza si pesca con difficoltà assai maggiore di quella, che vi vuole ad estrarre dal fondo del mare la perla. Veggasi sopra questo luogo il Bochart. Così la nostra volgata avrebbe espresso piuttosto il senso, che le parole del testo originale.

28,21:E ignota anche agli uccelli ec. Ella non trovasi nemmeno nelle aeree regioni, pelle quali spaziano gli uccelli, perché ella è al di sopra de' cieli.

28,22:La perdizione, e la morte hanno detto. ec. Dopo aver detto, che la sede della sapienza e ignota a tutti i viventi e agli uccelll medesimi, cioè, agli spiriti più sublimi (se Dio ad essi non ne fa parte) sogiunge, che nel luogo di perdizione e di morte, ne' cupi sotterranei, dov'è riunita la turba de' reprobi, se si interrogasser costoro intorno all'origine, e alla sede della sapienza, direbbono, che il nome di lei udirono appena, ma che in verun modo non la conobbero.

28,24:Perocchè lo sguardo di lui giunge ec. Colui, che conosce tutte le cose, ed è il facitore di tutte le cose, egli conosce la via della sapienza, sa dove ella dimori.

28,25: Diede a' venti il momento. Dimostra che a Dio son notissime la natura, le forze, le proprietà di ogni cosa, e che il tutto dispose in numero, peso e misura. Sap. II. 21 Il senso di questo versetto egli è, che Dio in giusto equilibrio mantiene l'aria, e similmente le acque.

28,26:E la strada alle sonanti procelle. Vedi di sopra XXVI.8. Dio stabilì un ordine per le piogge, e un ordine per le procelle, pe' tuoni, pe' fulmini ec.

28,27:Allora egli la vide. Quando con mirabilissimo magistero egli creò e ordinò la università delle cose, allora egli ebbe davanti a se la sapienza, la chiamò per così dire a consiglio, la consultò. Perocchè tutte le cose fece per l'uomo con tal ordine e con tal fine, che all'uomo stesso servissero per condurlo al conoscimento, e all'amor del suo creatore.
E la manifestò. La rivelò al primo uomo insegnandogli la retta maniera d'operare coll'obbedire alla divina legge.
La stabilì, e ne scoperse i segreti. Stabilì la sapienza come sicura guida dell'uomo, e regola del suo operare, e i segreti di lei scoperse a quelli, i quali coll'obbedire ai documenti di lei meritarono di esserne a parte.

28,28:Ecco che il timor del Signore ec. Ecco in che consiste la vera sapienza dell'uomo, la sola veramente utile, la sola desiderabile per l'uomo; temere Dio. vale a dire onorarlo, e amarlo, e fuggir tutto quello, che a lui dispiace. Veggasi Prov. I.7. IX 10. Eccles. XII.13. Jer. IX. 23.24