Scrutatio

Venerdi, 29 marzo 2024 - Santi Simplicio e Costantino ( Letture di oggi)

Qoelet 7


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1Un buon nome è preferibile all’unguento profumato
e il giorno della morte al giorno della nascita.
2È meglio visitare una casa dove c’è lutto
che visitare una casa dove si banchetta,
perché quella è la fine d’ogni uomo
e chi vive ci deve riflettere.
3È preferibile la mestizia al riso,
perché con un volto triste il cuore diventa migliore.
4Il cuore dei saggi è in una casa in lutto
e il cuore degli stolti in una casa in festa.
5Meglio ascoltare il rimprovero di un saggio
che ascoltare la lode degli stolti:
6perché quale il crepitìo dei pruni sotto la pentola
tale è il riso degli stolti.
Ma anche questo è vanità.
7L’estorsione rende stolto il saggio
e i regali corrompono il cuore.
8Meglio la fine di una cosa che il suo principio;
è meglio un uomo paziente che uno presuntuoso.
9Non essere facile a irritarti in cuor tuo, perché la collera dimora in seno agli stolti.10Non dire: «Come mai i tempi antichi erano migliori del presente?», perché una domanda simile non è ispirata a saggezza.11Buona cosa è la saggezza unita a un patrimonio ed è utile per coloro che vedono il sole.12Perché si sta all’ombra della saggezza come si sta all’ombra del denaro; ma vale di più il sapere, perché la saggezza fa vivere chi la possiede.
13Osserva l’opera di Dio: chi può raddrizzare ciò che egli ha fatto curvo?14Nel giorno lieto sta’ allegro e nel giorno triste rifletti: Dio ha fatto tanto l’uno quanto l’altro, cosicché l’uomo non riesce a scoprire ciò che verrà dopo di lui.
15Nei miei giorni vani ho visto di tutto: un giusto che va in rovina nonostante la sua giustizia, un malvagio che vive a lungo nonostante la sua iniquità.
16Non essere troppo giusto
e non mostrarti saggio oltre misura:
perché vuoi rovinarti?
17Non essere troppo malvagio
e non essere stolto.
Perché vuoi morire prima del tempo?
18È bene che tu prenda una cosa senza lasciare l’altra: in verità chi teme Dio riesce bene in tutto.
19La sapienza rende il saggio più forte di dieci potenti che sono nella città.20Non c’è infatti sulla terra un uomo così giusto che faccia solo il bene e non sbagli mai.21Ancora: non fare attenzione a tutte le dicerie che si fanno, così non sentirai che il tuo servo ha detto male di te;22infatti il tuo cuore sa che anche tu tante volte hai detto male degli altri.
23Tutto questo io ho esaminato con sapienza e ho detto: «Voglio diventare saggio!», ma la sapienza resta lontana da me!24Rimane lontano ciò che accade: profondo, profondo! Chi può comprenderlo?
25Mi sono applicato a conoscere e indagare e cercare la sapienza e giungere a una conclusione, e a riconoscere che la malvagità è stoltezza e la stoltezza è follia.26Trovo che amara più della morte è la donna: essa è tutta lacci, una rete il suo cuore, catene le sue braccia. Chi è gradito a Dio la sfugge, ma chi fallisce ne resta preso.
27Vedi, questo ho scoperto, dice Qoèlet, confrontando a una a una le cose, per arrivare a una conclusione certa.28Quello che io ancora sto cercando e non ho trovato è questo:
un uomo fra mille l’ho trovato,
ma una donna fra tutte non l’ho trovata.
29Vedi, solo questo ho trovato:
Dio ha creato gli esseri umani retti,
ma essi vanno in cerca di infinite complicazioni.

Note:

Qo 7,1-7:Il primo prologo verteva sulla noia, questo secondo sul ridere, ma è altrettanto austero.

Qo 7,5:il canto: forse qui nel senso di «lode».

Qo 7,7:Versetto oscuro, né le diverse correzioni proposte sono soddisfacenti. Forse Qo vuol solo parlarci della debolezza del sapiente che non può sopportare serenamente né la sventura, né una fortuna troppo grande.

Qo 7,8-8,17:La legge aveva formulato il principio della retribuzione collettiva: fedele, Israele sarebbe stato felice; infedele, sarebbe stato infelice (cf. Dt 7,12s; Dt 11,26-28; Dt 28,1-68; Lv 26). I sapienti l'avevano applicato alla sorte individuale: Dio retribuisce ciascuno secondo le sue opere (Pr 24,12; Sal 62,13 , Gb 34,11). Essi pensavano che lo stato di vita dell'uomo fosse proporzionale al suo merito. Alle smentite dell'esperienza rispondevano: la felicità del cattivo è effimera, la sventura del giusto è solo temporanea. Così il Sal 37 e gli amici di Giobbe. Qo respinge questa tesi. Alla risposta classica (Qo 7,8), oppone lo scetticismo (Qo 7,9-12). Bisogna prendere la vita come viene, senza volerla spiegare (Qo 7,13-15). Anche se la vita e la morte sono mal distribuite (Qo 7,15), è inutile fare sforzi sovrumani (Qo 7,16-18). La stima poi non significa niente (Qo 7,19-22). Gli avvenimenti sono inspiegabili, la realtà è un mistero (Qo 7,23s , con una parentesi misogina, (Qo 7,25-28). Il destino è cieco, implacabile (lo stesso re non vi scappa, Qo 8,1-9); è anche ripugnante (Qo 8,10-14). Conclusione (Qo 8,15).

Qo 7,14:nulla da incolparlo: parole dal senso incerto. BJ traduce: «non trovi nulla dietro di lui», ossia: «perché non si possa contare su niente», oppure «affinché l'uomo non scopra niente di ciò che deve avvenire».

Qo 7,18:riesce: jece' del TM; BJ congettura: jimeca', «troverà» e propone anche «farà giungere a termine» da hoci'.

Qo 7,25:Mi son applicato: BJ con mss e Targum aggiunge: «nel mio cuore»; il TM ha: «e il mio cuore». - pazzia: conget. (cf. Qo 10,13); il TM ha: «pazzie».