Scrutatio

Mercoledi, 24 aprile 2024 - San Fedele da Sigmaringen ( Letture di oggi)

Atti degli Apostoli 17


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La predicazione di Paolo produce gran frutto in Tessalonica. Sedizione mossa contro di lui da' Giudei; il simile in Berea. Paolo in Atene disputa con i Giudei, e con i filosofi, e converte a Cristo Dionigi Areopagita, e alcuni altri.

1Passando per Amfipoli, e per Apollonia, arrivarono a Tessalonica, dove era la Sinagoga de' Giudei.2E Paolo secondo il suo solito andò da loro, e per tre sabati disputò con essi sopra le scritture,3Facendo aperto, e dimostrando, come il Cristo dovea patire, e risuscitare da morte: e come questo è Gesù Cristo, cui (diceva) io annunzio a voi.4E alcuni di essi credettero, e si unirono con Paolo, e Sila, come pure una gran moltitudine di proseliti, e di Gentili, e non poche matrone primarie.5Ma i Giudei, mossi da zelo, prendendo seco alcuni cattivi uomini del volgo, e fatta gente, misero la città in tumulto: e attorniata la casa di Giasone cercavano di tirarli davanti al popolo.6E non avendoli trovali, strascinaron Giasone, e alcuni fratelli ai capi della città, gridando: Que' che mettono sottosopra la terra, sono venuti anche qua,7A' quali ha dato, ricetto Giasone. E tutti costoro fanno contro gli editti di Cesare, dicendo esservi un altro Re, Gesù.8E commosser la moltitudine, e i magistrati, che udivano tali cose.9Ma fatto dare mallevadore a Giasone, e agli altri gli rimandarono.10I fratelli però immediatamente la notte avviarono Paolo, e Sila a Berea. I quali subito arrivati andarono alla sinagoga de' Giudei.11Questi erano più generosi di quelli, che erano in Tessalonica, e ricevettero la parola con tutta avidità, esaminando ogni dì nelle scritture, se le cose stesser cosi.12E molti di loro credettero, e delle nobili donne Gentili, e degli uomini non pochi.13Ma come ebber inteso i Giudei in Tessalonica, che anche in Berea era stata predicata da Paolo la parola di Dio, vi si portarono a incitare, e muovere a tumulto la moltitudine.14E subito allora i fratelli mandaron via Paolo, perché andasse fino al mare: e si restaron ivi Sila, e Timoteo.15Quelli poi, che accompagnavano Paolo, lo condusser fino ad Atene, e avuto ordine da lui per Sila, e Timoteo che speditamente andasser a lui, si partirono.16E mentre Paolo gli attendeva in Atene, si affliggeva in lui il suo spirito, veggendo quella città abbandonata all'idolatria.17Disputava egli pertanto nella Sinagoga con i Giudei, e co' proseliti, e nel foro ogni giorno con chi vi si incontrava.18E alcuni filosofi Epicurei, e Stoici lo attaccavano, e alcuni dicevano: Che vuoi egli dire questo chiacchierone? Altri poi: E' pare, che sia annunziatore di nuovi dei: perché annunziava loro Gesù, e la risurrezione.19E presolo lo condussero all'Areopago dicendo: Possiam noi sapere quel, che siasi questa nuova dottrina, di cui tu parli?20Imperocché tu ci suoni alle orecchi; certe nuove cose: vorremmo adunque sapere quel, che ciò abbia da essere.21(Or gli Ateniesi tutti, e i forestieri ospiti a niun altra cosa badavano, che a dire, o ascoltare qualche cosa di nuovo.)22E Paolo stando in piedi in mezza dell'Areopago, disse: Uomini Ateniesi, io vi veggo in tutte le cose quasi più che religiosi,23Imperocché passando io, e considerando i vostri simulacri, ho trovato anche un'ara, sopra la quale era scritto: Al Dio ignoto. Quello adunque, cui voi adorate senza conoscerlo, io annunzio a voi.24Dio, il quale fece il mondo, e le cose tutte, che in esso sono, essendo egli il Signore del cielo, e della terra, non abita in templi manofatti,25Né è servito per le mani degli uomini, quasi di alcuna cosa abbisogni egli, che da a tutti la vita, il respiro, e tutte le cose.26E fece da un solo la progenie tutta degli uomini, che abitasse tutta quanta, la estensione della terra, fissati avendone i determinati tempi, e i confini della loro abitazione,27Perché cercassero Dio, se a sorte tasteggiando lo rinvenissero, quantunque ei non sia lungi da ciascheduno di noi.28Imperocché in lui viviamo, e ci muoviamo, e siamo: come anche taluni, de' vostri poeti han detto: imperocché di lui eziandio siamo progenie.29Essendo adunque noi progenie di Dio, non dobbiamo stimare, che l'esser divino sia simile all'oro, o all'argento, o alla pietra scolpita dall'arte, e dall'invenzione dell'uomo.30Ma sopra i tempi di una tal ignoranza avendo Dio chiusi gli occhi, intima adesso agli uomini, che tutti in ogni luogo facciano penitenza.31Conciossiachè ha fissato un giorno, in cui giudicherà con giustizia il mondo per mezzo di un uomo stabilito da lui, come ne ha fatto fede a tutti con risuscitarlo da morte.32Sentita nominare la resurrezione de' morti, alcuni ne fecer beffe, altri poi dissero: Ti ascolteremo sopra di ciò un'altra volta.33Così Paolo si parti da loro.34Alcuni però insinuatisi con lui credettero: tra' quali e Dionigi Areopagita, e una donna per nome Damaride, e altri con questi.

Note:

17,1:Passando per Amfipoli, e per Apollonia, arrivarono a Tessalonica, ec. Non si sa se in quelle due prime città predicasse s. Paolo. Erano ambedue sulla strada per andare da Filippi a Tessalonica. Questa era città primaria della Macedonia, e quasi un'altra Metropoli.
Dove era la Sinagoga ec. Questa maniera di parlare forse vuol indicare, che in quelle altre città non avevano i Giudei Sinagoga.

17,2:Secondo il suo solito. Egli cominciava in ogni luogo la sua predicazione dai Giudei. Act. XIII. 46.

17,5:Del volgo. Della plebaglia. Il Greco dice del foro, o sia della turba forense, perchè nella piazza, dove trattavansi i pubblici, e privati negozi, vivea una quantità di gente vile, venale, e pronta ad ogni male per guadagnare.
La casa di Giasone. Viene a indicare s. Luca, che in questa casa albergavano Paolo, e i compagni. Giasone presso ai Greci è lo stesso, che Gesù presso gli Ebrei. Questi doveva essere alcuno di quei Giudei, i quali dive nuti Cristiani erano fuggiti dalla Giudea nella persecuzione di Stefano.

17,6:Que', che mettono sottosopra la terra, ec. Questa calunnia fu ripetuta sovente contro i cristiani, e contro il cristianesimo. Gli Ebrei, a' quali importava molto di screditare, quanto fosse possibile, il nome di Gesù Cristo, furono i primi a spargerla per tutto il mondo, e ad inventare un infinito numero di falsità per sostenerla, e per far comparire Gesù Cristo, e i suoi discepoli come una turba di gente sediziosa, nemica di Dio, e degli uomini, e di tutte le leggi. Tali erano le disposizioni, che trovava il Vangelo nella maggior parte degli uomini, pochissimi essendo quelli che avessero o la volontà, o la facoltà di chiarirsi del vero, riguardo a tutto il male, che si diceva de' predicatori dello stesso Vangelo. La sola mano di Dio potè vincere con gli altri infiniti ostacoli anche questa terribile prevenzione, e vincerla con tanta facilità, come ci fa conoscere questa istoria.

17,7:Dicendo esservi un altro Re, Gesù. Re non della sola Giudea, ma di tutto il mondo, col qual titolo si chiamavano gl'Imperatori Romani, e quindi accusano i cristiani di lesa maestà, perchè essi davano comunemente a Gesù il titolo di Signore, che era lo stesso, che dire Re. Così anche questi Ebrei di Tessalonica per solo odio del nome cristiano rinunziavano pubblicamente alla speranza del Messia, il quale secondo i loro profeti, e secondo la loro tradizione doveva esser Re, e Signore.

17,9:Fatto dare mallevadore a Giasone, e agli altri ec. Tale è il senso di questo versetto, secondo le antiche versioni, e secondo la Volgata. Giasone e gli altri, che erano stati presi, diedero mallevadore, obbligandosi a far sì, che Paolo, e Sila si presentassero in giudizio qualunque volta occorresse. Ma siccome questi si partirono immediatamente per Berea, fu, per quanto si può arguire, quietato il tumulto, e Giasone, e gli altri cristiani non furono più molestati, contentandosi i Giudei di avere impedita la ulteriore propagazione del Vangelo in Tessalonica.

17,10:A Berea. Città della stessa Macedonia, non molto lontana da Tessalonica.

17,11:Questi erano più generosi ec. D'indole più civile, e umana. Amavano d'imparare, cercavano la verità. Tale è in questo luogo il senso della parola generosi, come apparisce da quel che segue.
Esaminando ogni dì nelle Scritture, se le cose ec. Paragonando la dottrina predicata da Paolo con quello che era scritto nella legge, e nei profeti, affine di conoscerne la conformità. Facevano questi Ebrei quello che Gesù Cristo insegnava di fare a que' di Gerusalemme, dicendo, che se esaminavano le Scritture, avrebbero pur dovuto conoscere, che queste di lui parlavano.

17,16:Si affliggeva in lui il suo spirito, veggendo quella città ec. La veemenza del suo zelo tormentava l'Apostolo al vedere una città così nobile e colta, di tutte le arti, e di tutte le scienze umane antichissimo albergo, cieca, e piena d'ignoranza in quello che più importava di sapere, abbandonata talmente al culto de' falsi dei, che secondo le relazioni degli stessi storici greci avea dentro le sue mura maggior numero d'idoli di quel che ne fosse in tutto insieme il resto della Grecia; e un autore Latino scrive, che nel paese di Atene era più facile trovar un dio, che un uomo.

17,18:E alcuni filosofi Epicurei, e Stoici ec. Queste due sette avevano tali dommi, che le rendevano nimicissime del cristianesimo. Gli Epicurei togliendo a Dio la creazione del mondo, e la provvidenza, e negando i premi e le pene dell'altra vita, venivano per conseguenza a togliere interamente dal mondo la religione. Gli Stoici, i quali un antico scrittore chiamò otri pieni di vane opinioni, negavano all'uomo il libero arbitrio, antepo nevano l'uomo sapiente a Dio medesimo, dal qual dicevano poter venire bensì le ricchezze, e la vita, ma non la virtù, e la saviezza; lodavano il darsi la morte per fuggire la servitù, i dolori delle malattie, o alcun'altra sorta di male. Ecco con qual razza di dottori ebbe a combattere l'Apostolo. Di lui dice percio Tertulliano: Egli era stato ad Atene, e avea conosciuto familiarmente quella umana sapienza, che fa boria della verità, e la corrompe.
Pare che sia annunziatore di nuovi dei: ec. Credettero questi, che Paolo null'altro volesse, che fare ascrivere nel numero degli dei di Atene non solo Gesù, ma anche la risurrezione, sentendo come dell'uno, e dell'altra parlava tanto. La qual cosa di leggieri avrebbero accordata, per la grande facilità che avevano a ricevere nuove divinità. Pausania dice, che vi erano altari eretti al pudore, alla fama, al désiderio, ec.

17,19:E presolo lo condussero all'Areopago. Il termine greco non significa alcuna violenza, ma che lo prendessero per mano. L'Areopago, era uno de' quartieri di Atene, così nominato da Marte; il quale vi avea il suo tempio, vicino al quale dimoravano gli Areopagiti, col qual nome si chiamava il senato di Atene celebre in tutto il mondo per la sapienza, e per la giustizia. A lui si apparteneva lo ammettere, o il rigettare le nuove di vinità. Da questo senato erano stati condannati Diagora, Protagora, e Socrate, i quali riconosciuto avendo per ragion naturale la necessità di un solo dio, si facevano beffe di tanti dei adorati da Atene.

17,20:Imperocchè tu ci suoni alle orecchie ec. Le verità predicate da Paolo non avevano niente che fare con le idee degli Ateniesi riguardo alla divinità, e alla religione. Un Dio solo, eterno, infinito, creatore di tutto, la corruzione dell'uomo per lo peccato, il rimedio preparato all'uomo da Dio col mandare il suo proprio Figliuolo a patire e morire per lui, la risurrezione del Salvatore, e quella di tutti gli uomini per ricevere in un'altra vita o eterna mercede, o eterna pena; tutte queste erano grandi novità per un popolo, in cui le tracce della religion naturale erano cancellate affatto, e distrutte.

17,21:A niun' altra cosa badavano, ec. Questa leggerezza è rimproverata agli Ateniesi anche dai loro stessi antichi oratori, e filosofi. In una città piena di grandi ingegni, di filosofi, di stranieri, che vi andavano per imparare la eloquenza, e le scienze, aggiunto lo spirito di libertà, non mancava nè chi continuamente inventasse cose nuove, nè chi le ascoltasse.

17,22:Io vi veggo in tutte le cose quasi ec. Vuole l'Apostolo, per aprirsi la strada a insinuare più facilmente la sua dottrina, saper grado agli Ateniesi della loro sollecitudine riguardo alla religione, onde in questo amassero di ecceder piuttosto, che di mancare. Questo piccolo esordio è pieno di grazia, e di destrezza inimitabile, ed è degno di quell'Apostolo, che sapeva farsi tutto a tutti per guadagnar tutti a Cristo.

17,23:Considerando i vostri simulacri. Il Greco porta: Considerando le cose, che sono tra voi sacre; lo che abbraccia e templi, e altari, e statue, e monumenti, e tutto quello che la religione consagra all'onore della divinità.
Al Dio ignoto. Affine di non lasciare per ignoranza alcuno degli dei senza culto, aveano consagrato l'altare con questa iscrizione. Così Laerzio racconta, che in occasione di pestilenza non sapendo più a quale dio ricorrere, furono consigliati a offerir sacrifizio a quel Dio, che era di ragione, vale a dire a quello cui si apparteneva di sedare la peste.
Quello adunque, cui voi adorate ec. Il Dio vero, il Dio degli Ebrei non aveva alcun nome, che noto fosse ai Gentili, i quali nemmen sapevano chi fosse quel Dio, che avea creato il cielo e la terra.

17,24:Essendo egli il Signore del cielo ... non abita in templi manofatti. Non è legato ad alcun luogo determi nato, nè circoscritto dal recinto di un tempio. Dio creatore di questa ampia mole, che da noi chiamasi mondo, non può essere contenuto da essa, altrimenti sarebbe minore dell'opera, che egli ha fatta. È adunque infinito, e incomprensibile.

17,25:Ed ei non è servito per le mani degli uomini, ec. Non ha bisogno che, come fanno i servi ai loro padroni, si affatichino a prestare a lui servigio alcuno le mani degli uomini. Non ha bisogno del nostro culto egli, che di nulla abbisogna; ma questo culto è necessario per noi, ed è di nostro dovere, e nulla possiamo offerirgli, che non sia suo, mentre non solo le esteriori cose tutte da lui riceviamo, ma fino lo stesso vital respiro abbiamo da lui.

17,26:E fece da un solo la progenie ec. Diede un solo uomo per capo, origine, e principio di tutte le diverse generazioni degli uomini per unirgli insieme co' legami di sì stretta consanguinità, e per rendere vie più ammirabile la sua sapienza, e il suo infinito potere nella varietà infinita degli aspetti, delle voci, e delle inclinazioni di tante creature derivate da un solo.
Fissati avendo i determinati tempi, e i confini della loro abitazione. Stabilito avendo, e assegnato i tempi, dentro de' quali dovesse ciascheduna nazione dentro certi confini abitare, e possedere una data parte della terra; stabilita la durazione de' regni, e la loro estensione, e le trasmigrazioni de' popoli secondo gli arcani consigli della sua Provvidenza.
Nelle prime parole di questo versetto volle illuminare gli Ateniesi, richiamandogli al generale principio, da cui tutti gli uomini traggono la loro origine, e per la stretta fratellanza, che v' ha tra essi, manifesta rendere la vanità dello stesso popolo di Atene, il quale per differenziarsi da tutti gli altri, ed essere creduto il più antico di tutti, stoltamente vantavasi di essere stato da quella stessa sua terra prodotto. Nella seconda parte poi combatte gli Epicurei, i quali gli avvenimenti tutti, che si vedono sopra la terra, attribuivano al caso.

17,27:Perchè cercassero Dio, se a sorte tasteggiando ec. Tutte queste cose fece Dio, affinchè gli uomini lo cercassero, cioè a dire procurassero di conoscerlo almeno in quel modo (dice l'Apostolo), che può conoscersi un tale essere dall'umano intelletto nell'oscurità, in cui egli è involto, andando tentone, e passo passo per via delle creature fino a toccar quasi piuttosto con mano il Creatore, che a vederlo, arrivando cioè per tal mezzo a non intendere quale egli sia, ma ad accertarsi, che egli è. Esprime con molta grazia l'Apostolo gli sforzi della umana sapienza nella ricerca di Dio, e l'uso a cui dee rivol gersi la scienza della natura.

17,28:Imperocchè in lui viviamo, e ci muoviamo, e siamo... Imperocchè di lui eziandio siamo progenie. Questi versi di Arato poeta della Cilicia contengono verità conosciute da' filosofi pagani col lume naturale. S. Paolo applica al vero Dio quello che Arato diceva di Giove, ma i Gentili per Giove intendevano il Dio sommo, e massimo di tutti. La stretta alleanza dell'uomo con Dio è fondata nella similitudine, che ha coll'essere divino l'anima umana, creata ad immagine del suo Fattore.

17,29:Essendo adunque noi progenie di Dio, non dobbiamo stimare, ec. L'anima, secondo la quale noi siamo progenie divina, non può effigiata rappresentarsi nè in oro, nè in argento, nè in marmo; molto meno i simulacri, che di tali materie formati sono per mano e arte umana, atti sono a rappresentare un essere purissimo, semplicissimo, e immateriale, quale è Dio. Tali materie sono di pregio molto inferiore all'artefice, che le pone in opera; e come non sono elleno infinitamente più sproporzionate alla immensa grandezza del Creatore di tutte le cose? Il ragionamento dell'Apostolo tende a correggere la bassa idea, che di Dio si formavano i Pagani, e a distruggere il funesto vaneggiamento, per cui il nome di lui davano a pezzi di oro, di argento, di pietra, di legno, ne' quali il comune del popolo ravvisava, e credeva ristretta la divinità.

17,30:Ma sopra i tempi di una tale ignoranza avendo Dio chiusi gli occhi, ec. Dio dopo avere lungamente dissimulata una tal cecità, lasciando le nazioni tutte immerse nel culto di quelli, che non sono dei, con disprezzo del Creatore, finalmente con occhio di compassione mirandole, alla penitenza le invita, e alla salute.

17,31:Conciossiachè ha fissato un giorno, ec. L'invito, che Dio fa a tutti gli uomini di ridursi a penitenza, è avvalorato dalla minaccia del giudizio estremo, che egli nel giorno stabilito da lui farà per mezzo di Gesù Cristo, cui è stata data la podestà di fare questo giudizio; della qual cosa ha voluto Dio dare manifesta prova col risu scitare lo stesso Cristo. La risurrezione di Cristo è portata dall'Apostolo in prova dell'assoluta potestà datagli da Dio di giudicar tutti gli uomini, perchè infatti la risurrezione medesima serve a dimostrare la verità del Vangelo, e della dottrina del Salvatore, dalla quale abbiamo imparato, come egli fu costituito giudice di tutti gli uomini, Jo. v. 25.

17,32:Alcuni ne fecer beffe, ec. Gli Epicurei dicevano essere impossibile la risurrezione de' morti, gli Stoici per lo contrario la credevano possibile.

17,34:Dionigi Areopagita. Dionigi senatore dell'Areo pago. Egli fu poi fatto vescovo di Corinto dallo stesso s. Paolo; e non è da dubitare, che la conversione di un uomo di tanta dignità contribuisse moltissimo alla propagazione del Vangelo nell'Attica. Si ha fondamento di credere, che egli finì la vita col martirio, ma alcuni scrittori de' tempi più bassi lo hanno senza ragione confuso con s. Dionigi martire di Parigi sotto Decio, mentre il primo probabilmente morì sotto Domiziano.