Scrutatio

Venerdi, 26 aprile 2024 - San Marcellino ( Letture di oggi)

Atti degli Apostoli 25


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Pesto non condiscende a' Giudei, i quali con frode chiedevano, che Paolo fosse condotto a Gerusalemme; ma ascolta in Cesarea gli accusatori, e la risposta di Paolo, il quale interrogato, se volesse essere giudicato in Gerusalemme, appella a Cesare. Festo dà notizia della causa di Paolo ad Agrippa, il quale brama di udirlo, e il dì seguente per ordine di Festo egli e condotto dinanzi ad Agrippa, e a Berenice.

1Festo adunque entrato nella provincia, tre giorni dopo andò da Cesarea a Gerusalemme.2E comparvero dinanzi a lui i principi de' sacerdoti, e i più ragguardevoli Giudei contro Paolo: e lo pregavano,3Chiedendogli grazia contro di lui, che comandasse di farlo condurre in Gerusalemme, tendendogli insidie per ammazzarlo nel viaggio.4Ma Pesto rispose, che Paolo era custodito in Cesarea: e che egli stesso partirebbe in breve.5Quegli adunque (disse egli) di voi, che possono farlo, vengano insieme, e se alcun delitto è in quest' uomo, lo accusino.6Ed essendo restato tra di loro non più di otto, o dieci giorni andò a Cesarea, e il dì seguente sedendo a tribunale, ordinò, che fosse condotto Paolo.7Ed essendo egli stato condotto, lo circondarono que' Giudei, che eran venuti da Gerusalemme, portando molte, e gravi accuse contro di Paolo, le quali non potevano provare.8Defendendosi Paolo con dire: non ho niente peccato né contro la legge de' Giudei, né contro il tempio, né contro Cesare.9Ma Festo volendo far cosa grata ai Giudei, rispose a Paolo, e disse: vuoi tu venire a Gerusalemme, e quivi esser sopra queste cose giudicato dinanzi a me?10Ma Paolo disse: sto dinanzi al tribunale di Cesare, ivi fa di mestieri, ch'io sia giudicato. A' Giudei non ho fatto torto, come tu sai benissimo.11Imperocché sebo fatto torto, o se ho fatta cosa degna di morte, nun ricuso di morire: che se non è nulla di tutto quello, onde questi mi accusano, nissuno può ad essi donarmi. Appello a Cesare.12Allora Festo avendone discorso in consiglio, rispose: Hai appellato a Cesare? A Cesare andrai.13E passati alcuni giorni, il re Agrippa, e Berenice si portaron a Cesarea per salutare Festo.14Ed essendovisi trettenuti per vari giorni, Festo parlò di Paolo al re, dicendo: Havvi un cert'uomo lasciato in catene da Felice,15Per cagion del quale, essendo io a Gerusalemme, venner a trovarmi i principi de' sacerdoti, e i seniori de' Giudei, chiedendo, ch'ci fosse condannato.16A' quali io risposi: Non esser costume de' Romani di condannare alcun uomo prima, che l'accusato abbia presenti gli accusatori, e gli sia dato luogo di difesa per purgarsi dalle accuse.17Eglino adunque essendo immediatamente concorsi qua il dì vegnente, sedendo a tribunale ordinai, che fosse condotto quell'uomo.18Di cui presentatisi gli accusatori non gli opponevano delitto alcuno di quelli, che io sospettava:19Ma aveano alcune dispute contro di lui intorno alla loro superstizione, e intorno a un certo Gesù morto, che Paolo diceva esser vivo.20E stando io irresoluto sopra tal questione io diceva, se avesse voluto andare a Gerusalemme, ed ivi eser giudicato sopra queste cose.21Ma avendo Paolo interposto appello, affine di essere riserbato al giudizio di Augusto, ordinai, che fosse custodito sino a tanto, che io lo mandi a Cesare.22E Agrippa disse a Festo: Ancor io bramerei di sentire quest' uomo. E quegli: Domane, disse, lo sentirai.23E il di seguente essendo andati Agrippa, e Berenice con molta magnificenza, ed entrati nell'uditorio co' tribuni, e colle persone principali della città, fu per ordine di Festo condotto Paolo.24E Festo disse: Agrippa re, e voi tutti, che siete qui insieme con noi, voi vedete quest' uomo, contro del quale tutta la moltitudine de' Giudei ha fatto ricorso a me in Gerusalemme, gridando, che non conviene, ch'ei viva più.25Io però ho riconosciuto, che non ha fatto nulla, che meriti morte. Ma avendo egli stesso appellato ad Augusto, ho determinato di mandarglielo.26Intorno ai quale nulla ho di certo da scrivere al Signore. Per la qual cosa l'ho fatto venire dinanzi a voi, e principalmente dinanzi a te, o re Agrippa, affinché disaminatolo io abbia qualche cosa da scrivere.27Imperocché contro ogni ragione mi sembra mandare un uomo legato, senza accennare i motivi.

Note:

25,3:Tendendogli insidie per ammazzarlo nel viaggio. La Giudea era in que' tempi piena di assassini, di modo che non sarebbe stato difficile agli Ebrei di condurre a fine le loro trame. Festo probabilmente ne fu informato, e non diede orecchie alla domanda de' Giudei.

25,4:Rispose, che Paolo era custodito in Cesarea. Vale a dire, che stava bene dove era, nè era neces sario di farlo venire, perchè anche colà potevano andare gli accusatori, e farsi il giudizio.

25,8:Non ho niente peccato nè contro la legge de' Giudei, nè contro il tempio, nè contro Cesare. Non ho peccato contro la legge, avendola sempre osservata; non contro del tempio, in cui non sono entrato, se non dopo essermi purificato, e non vi ho introdotto, com' essi dicono, alcuno straniero; non contro Cesare, perchè non ho fatto, nè macchinato sedizione di sorta alcuna.

25,9:Ma Festo volendo ... disse: Vuoi tu venire a Gerusalemme, ec. Festo non aveva più la costanza, della quale avea dato saggio in Gerusalemme: comincia a pro pendere per i Giudei, ma per non parere ingiusto contro un cittadino Romano, non comanda, ma in certo modo lo prega a contentarsi di cangiare il luogo del giudizio senza mutare la giurisdizione, poichè dice: e quivi essere sopra queste cose giudicato dinanzi a me. Ma Paolo avea motivo di temere, che Festo dopo il primo passo non facesse il secondo di darlo nelle mani de' Giudei.

25,10:Ma Paolo disse: Sto dinanzi al tribunale di Cesare, ec. Paolo temeva Gerusalemme, il viaggio, e lo stesso giudice, il quale vedeva già parziale pe' suoi nemici: quindi risolutamente dice, che ha determinato di stare al tribunale di Cesare, venendo a dirgli, che il mandarlo a Gerusalemme, era quasi lo stesso, che sottrarlo alla giurisdizione di Cesare per metterlo nelle mani de' Giudei, i quali non avrebber lasciato luogo a Festo di terminare il suogiudizio, perchè lo avrebber violentemente privato di vita.

25,11:Se non è nulla di tutto quello onde questi mi accusano, nissuno può ad essi donarmi. Farli padroni della mia vita; con le quali parole tacitamente riconviene il preside.
Appello a Cesare. Questo appello era giusto, e secondo le leggi Romane, perchè Festo dava segno di esser disposto ad abbandonare un cittadino Romano, conosciuto da lui innocente, in potere degli Ebrei. I Padri riflettono, che non il desiderio della vita, ma l'amore, e il bene della Chiesa lo ispirò ad appellare a Roma, dove tanto egli doveva operare per la gloria di Cristo, come il Signore gli aveva manifestato in quella visione, cap. XVIII, II.

25,12:Avendone discorso in consiglio, ec. Con i suoi assessori.

25,13:Il re Agrippa, e Berenice ec. Agrippa II. figliuolo di Agrippa I. re di Giuda. Egli fu da principio re di Calcide, e poi della Traconitide, della Gaulonitide, e di altri paesi. Berenice era sorella di Agrippa, la quale ebbe per primo marito Erode suo zio, e di poi Polemone re della Cilicia, col quale ben presto fece divorzio. Ella ero screditatissima in materia di costumi.

25,18:Non gli opponevano delitto alcuno di quelli, che io sospettava. Festo considerato il calore, col quale gli Ebrei avevan parlato a lui contro Paolo, considerato, che Felice lo aveva lasciato in prigione, dove stava già da più di due anni, aveva ragione di credere, che non sarebbero mancati agli accusatori dei gravi, e capitali delitti da opporgli, e de' quali provarlo reo.

25,19:Dispute contro di lui intorno alla loro superstizione ec. Questo Gentile parla empiamente della sola vera religione, ma così parlavano i Romani della religione degli Ebrei, la quale non con altro nome, che di superstizione Giudaica viene rammemorata dagli scrittori Latini. Ma quello, che e più da ammirare, si è, che Festo parli in tal guisa in faccia a Agrippa e Berenice, che pur erano Giudei.

25,20:E stando io irresoluto ec. Si poteva rispondere a questo giudice, che non avendo, come egli stesso com fessa, gli accusatori provato alcun delitto commesso da Paolo, l'obbligo suo era di assolverlo a tenor delle leggi. Ma egli cerca di nascondere la sua colpa, e dice, che non essendo egli niente al fatto delle dispute vertenti tra Paolo, e i Giudei in materia di religione, era stato in certo di quello, che avesse a fare; e vuol dire, se dovesse metterlo nelle mani de' Giudei, i quali sopra tali cose lo giudicassero.

25,23:Entrati nell'uditorio. Appresso i Giureconsulti Romani uditorio significa il luogo, dove seggono i giudici.

25,26:Da scrivere al Signore. A Nerone. Il titolo di signore cominciò a darsi agli Imperadori di Roma da questi tempi in poi, avendolo accettato Nerone, benchè lo avessero rifiutato non solamente Augusto, ma anche Tiberio con pubblici editti.
Per la qual cosa lo ho fatto venire dinanzi a voi, e principalmente dinanzi a te, o re Agrippa. Vale a dire, che Agrippa, come informato delle leggi, e delle controversie vertenti tra' Giudei (imperocchè del giudaismo, e del cristianesimo ne facevano i Romani una sola religione) avrebbe potuto contribuire a metterlo al fatto delle ragioni, che potevano avere i Giudei di chieder con tanta ostinazione la morte di Paolo; sicchè mandandolo egli a Cesare, potesse ancora rendergli conto de' motivi, pe' quali era stato imprigionato.