Scrutatio

Martedi, 23 aprile 2024 - San Giorgio ( Letture di oggi)

Siracide 10


font

Delle doti di un buon principe. Quale il re, tale è il popolo. Scordarsi dell'ingiurie, fuggir in superbia, la ingiustizia, l'avarizia. Elogio del timor di Dio. Non si disprezzi il giusto, perche povero, né si onori il peccatore, perché ricco.

1Il saggio re renderà la giustizia alsuo popolo, e il principato dell'uomo sensato sarà stabile.2Quale è il giudice del popolo, tali i suoi ministri; e qual è il governatore della città, tali sono i suoi abitanti.3Un re imprudente rovinerà il suo popolo: la prudenza de' grandi popolerà le cittadi.4Il dominio della terra è nella mano di Dio, ed egli lo darà a suo tempo a chi la governi utilmente.5La felicità dell'uomo è nelle mani di Dio, ed egli alla persona del dottor della legge fa parte della sua gloria.6Non aver memoria di alcuna delle ingiurie ricevute dal prossimo: e non far cosa veruna per nuocere altrui.7E odiata da Dio, e dagli uomini la superbia, ed è avuta in esecrazione tutta l'iniquità delle genti.8Il regno è trasportato da' una ad altra nazione a causa delle ingiustizie,e delle violenze, e degli oltraggi, e delle fraudi di molte maniere.9Nulla v'ha di più scellerato dell'avaro. Come mai la terra, e la cenere si leva in superbia.10Nulla v'ha di più iniquo, che colui, che ama il denaro; perocché questi mette in vendita anche l'anima sua; perocché egli ancor vivo si cava le proprie sue viscere.11Ogni potentato di corta vita. La lunga malattìa stanca il medico;12E fa breve la malattia il medico col troncarla; cosi anche il re, oggi è, e domani morrà.13Or l'uomo alla sua morte avrà per suo retaggio de' sergenti, e delle bestie, e de' vermi.14La prima superbia dell'uomo è di apostatare da Dio:15Mentre il cuor di lui si allontana da colui, che lò creò; onde il primo di tutti i peccati ell'è la superbia: e chi è governato da lei, sarà ricolmo di abbominazioni, ed ella alla fine lo manderà in rovina.16Per questo il Signore caricò di ignominie la razza dei malvagi, e li distrasse fino all'esterminio.17Dio gettò a terra i troni de' principi superbi, e in luogo di essi fece sedere i mansueti.18Dio fe' seccar le radici delle superbe nazioni: e piantò quelli, che tra le genti medesime erano abbietti.19Il Signore distrusse le terre delle nazioni, e rovinolle dai fondamenti;20Alcune di esse egli le desolò, e né sperse gli abitanti, e fece sparire dal mondo la loro memoria.21Dio annichilò la memoria de' superbi, e conservò la memoria degli umili di spirito.22Non è ingenita agli uomini la superbia, né l'iracondia ai figliuoli delle donne.23Quella stirpe di uomini, che teme Dio, sarà onorata; e disonorata sarà quella stirpe, che trasgredisce i comandamenti del Signore.24Trai fratelli quegli, che governa è in onore; cosi dinanzi al Signore sarà di quelli, che lo temono.25La gloria de' ricchi, e degli uomini in dignità, e de' poveri è il timor del Signore.26Guardati dal disprezzare il giusto, perché povero: guardati dal far grande stima del peccatore, perché ricco.27I grandi, i magistrati, i potenti sono onorati; ma nissuno è da più dì quello, che teme Dio.28Al servo sapiente serviranno uomini liberi, e l'uom prudente, e disciplinato non mormorerà quando sia ripreso; ma l'imprudente non otterrà gli onori.29Non vantar tua grandezza quando hai da fare il fatto tuo, e non istare a vedere nel tempo di necessità;30Perocché è più stimabile colui, che lavora, e abbonda dì tutto, che il glorioso, il quale manca di pane.31Figliuolo custodisci colla mansuetudine l'anima tua, e onorala, secondo che ella merita.32Chi giustificherà colui, che pecca contro l'anima sua? e chi onorerà colui, che disonora l'anima propria?33Il povero arrida alla gloria per mezzo de' buoni costumi, e del timore di Dio; ed havvi chi è rispettato a motivo di sue ricchezze.34Ma colui, che è glorioso nella povertà, quanto più il sarebbe colle ricchezze? Ma colui, che fonda sua gloria: nelle ricchezze ha da temere là povertà.

Note:

10,1:Il saggio re renderà la giustizia. Letteralmente: il saggio giudice: ma s'intende il principe, che è denominato in quella guisa dalla prima principalissima e gravissima obbligazione del principato. Sarà stabile. Vedi Prov. XXIX. 14.

10,2:Quale è il giudice ec. La saviezza del principe e la sua virtù si trasfonde per così dire in quei che lo servono, e influisce grandemente sopra i costumi del popolo.

10,3:Un re imprudente rovinerà il suo popolo. Ne abbiamo esempi parlanti nella storia de' re del popolo Ebreo.

10,4:Il dominio della terra, ec. Dio è il vero padrone della terra, come di tutto universo, e da Dio debbono riconoscere i regi la loro potestà: e dono di lui sono i buoni e saggi pastori, ch'egli concede ai popoli per sua misericordia in un tempo, come in altri tempi per punire i peccati degli stessi popoli toglie loro i buoni principi, e li soggetta a duri tiranni. Vedi Job, XXXIV. 30. Osea XIII. 10.

10,5:Ed egli alla persona del dottor della legge fa parte della sua gloria. La felicità anche temporale viene da Dio, ed egli al sapiente fa parte di sua gloria, comunicandogli la sua sapienza, per cui si rende idoneo a istruire e governare gli uomini. il dottor della legge, o sia lo scriba, è qui posto a significare un uomo saggio, il quale mediante lo studio della legge divina ha ottenuto da Dio tanta prudenza e tal maturità di consiglio, che può essere quasi l'oracolo del popolo.

10,6:Non aver memoria di alcuna delle ingiurie ec. Ripete la legge intimata già da Dio, Levit. XIX. 18. S. Agostino rammenta l'elogio dato da Cicerone a Cesare: Tu di nissuna cosa non ti dimentichi fuori che delle ingiurie, ed osserva che se questo elogio fu dato a quell'imperatore con verità, dovea Cicerone conoscere, che Cesare tal era, qual egli il rappresentava; se fu dato per adulazione, l'oratore veniva con questo stesso a dimostrare, come è cosa principesca lo scordarsi delle ingiurie. Ep. 138. ad Marcell.

10,7:E odiata da Dio e dagli uomini la superbia. Lo spirito di vendetta ha sua radice nello spirito di superbia: per questo parla della superbia dopo aver parlato della vendetta. La superbia rende odioso l'uomo a Dio e agli altri uomini, e Dio in particolare si arma contro la superbia, che è il principio donde nascono le vendet te, le ingiustizie, lo strapazzo dei prossimi ec.
Tutta l'iniquità delle genti. L'iniquità degli uomini.

10,8:Il regno è trasportato da una ad altra nazione ec. Platone stesso avea detto che la giustizia è sorgente di felicità, l'ingiustizia è madre d'infelicità. La storia de' secoli e delle nazioni dimostra la verità di questa sentenza del Savio.

10,9:Nulla v'ha di più scellerato dell'avaro. Il Greco propriamente significa, che nissuno è senza legge più dell'avaro, il quale per arricchire le viola tutte, onde disse l'Apostolo: radice di ogni male è la cupidità, I. Tim. VI.; e un poeta Pagano disse: A che non isforza il cuor dei mortali la sacrilega fame dell'oro?
Come mai la terra e la cenere si leva in superbia? Il Savio non può capire come possa darsi nell'uomo tanta cecità, che non essendo egli se non terra e cenere secondo il corpo, e dovendo ben presto in terra risolversi ed in cenere, ardisca di violare tutte le leggi, di non rispettare nè Dio nè gli uomini per soddisfare la cupidità e l'avarizia. il vers. 10 illustra questa sposizione.

10,10:Ancor vivo si cava le proprie sue viscere. Espressione sommamente forte, e altrettanto vera. L'uomo per l'avarizia cessa di esser uomo, depone, anzi rigetta quel senso di umanità che è naturale all'uomo; si cava le proprie viscere per non avere più alcun istinto di compassione verso i suoi simili. Egli ha venduta l'anima per avere dell'oro; e si priva anche di quella misericordia, di cui sono capaci le bestie istesse. Egli non è più uomo, non è neppur bestia, ma mostro crudele e infame della terra. A tal segno può degradar l'uomo questa insana passione. Vedi il Grisostomo Hom.81. in Matth., dove avendo parlato del tradimento di Giuda, che ebbe origine dall'avarizia, rappresenta con forza grande la maniera ter ribile, onde questo vizio è sorgente di ogni male e pubblico e privato.

10,11-12:Ogni potentato è di corta vita. La lunga malattia ec. Pel nome di potentato s'intende una potestà violenta e tirannica, la quale non è di durata, perchè Dio non può soffrire, che la società sia troppo lungamente tormentata ed afflitta di tal malattia; ed egli come buon medico con rimedi anche violenti l'abbrevia e la toglie, togliendo dal mondo il tiranno, onde ne avviene che quegli, che oggi regna, domani sarà tra' morti.

10,13:Avrà per suo retaggio de' serpenti, ec. È cosa ordinaria, che nei sepolcri vadano a rintanarsi, particolarmente nel verno, i serpenti ed altri animali. Come se dicesse il Savio: ecco dove va a finire la temuta potenza e grandezza de' superbi tiranni. 14,

10,14-15:La prima superbia dell'uomo è di apostatare ec. La voce Greca, che è tradotta qui nella Volgata colla voce initium (come pure cap. I. 16.) significa egualmente principio e principato; onde ho tradotto in maniera da lasciar luogo ai due sensi differenti. In primo luogo adunque direbbe il Savio: nel regno della superbia tiene il primo posto l'apostasia da Dio, il non voler esser soggetto a Dio, il rigettare il suo giogo e allontanarsi da lui; donde s' inferisce, che il primo e il massimo di tutti i peccati ella è la superbia, da cui viene, che l'uomo si tolga alla soggezione e dipendenza, che deve a Dio, per darsi al demonio e al peccato: questa sposizione è assai semplice e piana. In secondo luogo può significare, che l'origine della superbia, il principio, il primo passo (per così dire) della superbia, egli fu il ritirarsi da Dio, l'apostatare da Dio; così peccò Adamo di superbia, perchè si sottrasse all'obbedienza dovuta a Dio suo Creatore; onde ne avvenne, che il primo di tutti i peccati dell'uomo fu la superbia, la quale fu tanto funesta al primo uomo e a tutti i suoi discendenti, e da questa tutti i peccati degli uomini ebbero la prima origine, ed ella è atta di sua natura a condurre l'uomo ad ogni specie di peccati. La superbia adunque (in questa seconda interpretazione) si dice principio, ovvero il primo di tutti i peccati, sia perchè il primo peccato commesso sopra la terra fu peccato di superbia, sia perchè non havvi peccato, in cui non precipiti l'uomo per la superbia; o finalmente perchè, come dice s. Prospero, nissun peccato si dà, che sia senza superbia, non altro essendo il peccato, se non un disprezzo di Dio. De vit. contempl. III. 3.
Sarà ricolmo di abbominazioni. Sarà pieno d'iniquità, d'ingiustizie e di scelleraggini chi si lascerà dominare dalla superbia.

10,16:Caricò d'ignominie la razza dei malvagi, ec. Allude ai gastighi tremendi, co' quali furon da Dio puniti i famosi superbi giganti, che furono annegati nelle acque del diluvio; i cittadini di Sodoma e di Gomorra, i Faraoni, i Nabuchodonosor ec.

10,18:E piantò quelli, che tra le genti ec. Dio sterminò i Chananei, e nelle loro terre piantò gli Israeliti, che erano il più dispregiato popolo, che fosse allora nel mondo; era riputato come la feccia de' popoli, e trattato perciò, con ignominia e barbarie dagli Egiziani. Ma quando gl'Israeliti stessi per la loro superbia si rendettero degni di essere rigettati da Dio, sostituì egli a quel popolo ingrato i Gentili disprezzati sommamente dall'Ebreo arrogante, i quali però con umiltà e con fede si soggettarono a Cristo.

10,19:Distrusse le terre delle nazioni, ec. Così avvenne non solo della Pentapoli, ma anche delle terre di Ninive, di Babilonia, di Tiro e della stessa infelice Gerusalemme.

10,22:Non è ingenita agli uomini ec. Ovvero: Non fu creata cogli uomini ec. Nè la superbia nè l'ira non ven gono dalla condizione dell'uomo, non sono proprie della natura dell'uomo quale Dio la creò da principio, ma sono vizio della stessa natura corrotta per lo peccato. Mette l'ira dopo la superbia, perchè da questa quella ha origine. Altri danno anche questo senso: Non istà bene, non conviene la superbia all'uomo, ma piuttosto alle fiere irragionevoli e tanto più potenti dell'uomo; non conviene l'ira nè la superbia a un uomo nato di donna, vale a dire figliuolo di madre debole, fragile, impotente, da cui redar dovrebbe la umiltà e la mansuetudine.

10,23:Quella stirpe di uomini, che teme Dio, sarà onorata; ec. I superbi credono di farsi grandi e onorati e gloriosi colla loro superbia; ma grandemente la sbagliano, perocchè il vero onore dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini saggista nel temere Dio e nell'osservare i suoi comandamenti, e non nell'arroganza e nel fasto. Dio umilia e confonde anche in questa vita i superbi, ed esalta quei che lo temono.

10,24:Così dinanzi al Signore sarà di quelli, che lo temono. Come in una famiglia il primogenito, che governa tutta la casa, è onorato dai fratelli, così nella maggior famiglia degli uomini è distinto e onorato dinanzi a Dio chi lo teme. Son noti i diritti della primogenitura parti colarmente nel popolo di Dio, e se ne è altrove parlato; questi diritti gli ha presso Dio chi lo teme e lo serve con affetto di buon figliuolo, onde è distinto da lui colle maggiori dimostrazioni di stima e di affetto.

10,28:Al servo sapiente serviranno uomini liberi, ec. Vedi Prov. XXVII. 2. La sapienza è tanto pregevole, che per essa uno schiavo giunge ad aver soggetti a sè uomini liberi, e questi, benchè si conoscano superiori di condizione allo schiavo, se sono prudenti e ben istruiti, non mormorano quando dallo schiavo stesso son corretti. Ma simile onore non otterrà l'uomo stolto, il quale in qualunque condizione si trovi sarà disprezzato.

10,29-30:Non vantar tua grandezza ec. Riprende quelli, i quali per vano puntiglio di onore, pervano rispetto alla pretesa lor nobiltà e al loro decoro, si ritirano dal fare quello, che per necessità debbono pur fare, se non vogliono perire; per esempio, dal lavorare colle proprie mani per guadagnarsi il loro pane, dal ricorrere a qual che inferiore, che può assistergli in qualche loro affare ec. Perocchè certamente è preferibile il povero, che la vora ed ha tutto quello che gli bisogna, al superbo in fingardo che va a spasso e non ha pane da mangiare. Vedi Prov. XII. 9.

10,31:Custodisci colla mansuetudine l'anima tua, ec. Conserva la mansuetudine e l'umiltà, che è madre della mansuetudine, e con essa serberai inviolata e salva l'anima tua, perchè su di questa mansuetudine posa la pace, la tranquillità ed anche la santità dell'anima; così serbando costantemente la mansuetudine, procurerai all'anima tua un gran bene, e l'onore e la gloria, che a lei più conviene. Altri in altre maniere espongono questo versetto: mi è paruta questa la più vera, com'è la più semplice, e lega ottimamente con quello che segue.

10,32:Chi giustificherà colui che pecca ec. Se colla superbia, coll'ira, colla impazienza tu pecchi contro l'anima propria, chi potrà scusarti o difenderti? E se tu, coll'abbandonarti all'impeto delle passioni, disonori l'anima tua, chi potrà giudicarti degno di onore? Custodisci adunque l'anima tua colla umiltà e colla mansuetudine, e terrai a freno le passioni, e fuggirai i vizi, che disono rano e avviliscono l'uomo.

10,33-34:Il povero arriva alla gloria ec. Nel tempo d'adesso il povero si acquista solida gloria dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini colla sua virtù e col timore santo di Dio; il ricco è onorato dagli uomini per le sue ricchezze; ma Dio può dare al povero anche le ricchezze, e allora egli crescerà in gloria per lo stesso buon uso, che farà dei beni temporali; ma quegli, che non è onorato se non perchè è ricco, può perdere le ricchezze, e allora re sterà privo di ogni onore anche mondano. Quanto adunque è vana la gloria, che può venire dai beni temporali, in paragone di quella, che nasce dalla virtù. Vedi Tob. IV. 23.