Scrutatio

Venerdi, 29 marzo 2024 - Santi Simplicio e Costantino ( Letture di oggi)

Vangelo secondo Giovanni 5


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Gesù alla piscina avendo risanato un infermo di trentotto anni, gli ordina in giorno di sabato di portar via il suo letticciuolo. A' Giudei, che lo calunniano, risponde, che fa tutte le cose insieme col Padre, e rende la vita a' morti, ed e stato costituito giudice de' vivi, e de' morti: e a lui rendon testimonianza e Giovanni, e le opere, che egli fa, e il Padre, e fin lo stesso Mosè.

1Dopo questo essendo la festa de' Giudei, Gesù se n'andò a Gerusalemme.2E havvi in Gerusalemme la piscina probatica,che in lingua Ebrea si chiama Betsaida, la quale ha cinque porticati.3Ne' quali giaceva gran turba di malati, di ciechi, di zoppi, di paralitici, i quali aspettavano il movimento dell'acqua.4Imperocché l'Angelo del Signore in un certo tempo scendeva nella piscina, e l'acqua era agitata. E chiunque fosse stato il primo a scendere nella piscina dopo il movimento dell'acqua, restava sano, qualunque fosse la malattia, dalla quale era detenuto.5Ed eravi un uomo il quale avea passati trentotto anni nella sua infermità.6E Gesù mirato avendo costui, che se ne stava a giacere, e conoscendo, che era di età avanzata, gli disse: Vuoi tu essere risanato?7Risposegli l'infermo: Signore, io non ho uomo, che mi getti nella piscina, quando l'acqua è agitata: il perché quando io mi vi accosto, un altro vi scende prima di me.8Dissegli Gesù: Alzati, prendi il tuo letticciuolo, e cammina.9E in quell'istante colui diventò sano, prese il suo letticciuolo, e camminava. Or quel di era sabato.10Dicevan perciò i Giudei all'uomo risanato: E sabato, non è a te lecito di portare il tuo letticciuolo.11Ed egli rispose loro: Colui, che mi ha risanato, mi ha detto: Prendi il tuo letticciuolo, e cammina.12Domandarongli adunque chi fosse quell'uomo, che gli avea detto: Prendi il tuo letticciuolo, e cammina?13Ma l'uomo risanato non sapeva, chi quegli fosse; perché Gesù si era scansato dalla turba, che era in quel luogo.14Dopo di ciò trovollo Gesù nel tempio, e gli disse: Ecco che se' risanato: non peccar più, perché non ti avvenga qualche cosa di peggio.15Quegli andò a dar nuova a' Giudei, come Gesù era quello, che l'avea risanato.16Per questo i Giudei perseguitavan Gesù, perché tali cose faceva in giorno di sabato.17Ma Gesù rispondeva loro: Il Padre mio opera sino a quest' oggi, e io opero.18Per questo sempre più i Giudei cercavano di ucciderlo: mentre non solo rompeva il sabato, ma di più diceva, che Dio era il Padre suo, facendosi eguale a Dio. Rispose adunque Gesù, e disse loro:19In verità, in verità vi dico: Non può il Figliuolo far da se cosa alcuna, se non l'ha veduta fare dal Padre: imperocché quello, che questi fa, lo fa parimente il Figliuolo.20Imperciocché il Padre ama il Figliuolo, e a lui manifesta tutto quello, che egli fa: e farà a lui vedere opere maggiori di queste, onde voi ne restiate stupefatti.21Conciossiachè siccome il Padre risuscita i morti, e rende ad essi la vita: così il Figliuolo rende la vita a quelli, che vuole.22Imperocché il Padre non giudica alcuno: ma ha rimesso interamente nel Figliuolo il far giudizio,23Affinchè tutti onorino il Figliuolo, come onorano il Padre: chi non onora il Figliuolo, non onora il Padre, che lo ha mandato.24In verità, in verità vi dico, che chi ascolta la mia parola, e crede in lui, che mi ha mandato, ha la vita eterna, e non incorre nel giudizio, ma è passato da morte a vita.25In verità, in verità vi dico, che verrà il tempo, anzi è adesso, quando i morti udiranno la voce del Figliuolo di Dio: e quei, che l'avranno udita, viveranno.26Imperocché siccome il Padre ha in se stesso la vita: così ha dato al Figliuolo l'avere in se stesso la vita:27E gli ha dato podestà di far giudizio in quanto è Figliuolo dell'uomo.28Non vi stupite di questo, perché verrà tempo, in cui tutti quelli, che sono ne' sepolcri, udiranno la voce del Figliuolo di Dio:29E usciranno fuora quelli, che avranno fatto opere buone, risorgendo per vivere: quegli poi, che avran fatto opere male, risorgendo per essere condannati.30Non posso io fare da me cosa alcuna. Giudico secondo quel, che mi vien detto: e il mio giudizio è retto: perché non cerco il voler mio, ma il volere del Padre, che mi ha mandato.31Se io rendo testimonianza a me stesso, la testimonianza mia non è idonea.32Evvi un altro, che rende a ne testimonianza: e so, che è idonea la testimonianza, che egli a me rende.33Voi avete mandato a interrogare Giovanni: ed egli ha reso testimonianza al vero.34Io però non ricevo testimonianza, da un uomo: ma queste cose dicovi per vostra salute.35Quegli era lampana ardente, e luminosa. E voi avete voluto per pochi momenti godere della sua luce.36Io però ho una testimonianza maggiore di quella di Giovanni. Imperocché le opere, che mi ha dato il Padre da adempire, queste opere stesse, le quali io fo, testificano a favor mio, che il Padre mi ha mandato:37E il Padre, che mi ha mandato, egli stesso ha resa testimonianza a favor mio: e voi ne avete udita giammai la sua voce, né veduto il suo volto.38E non avete abitante in voi la sua parola: perché non credete a chi egli ha mandato.39Voi andate investigando le Scritture, perché credete di avere in esse la vita eterna: e queste sono quelle, che parlano a favor mio:40E non volete venir a me per aver vita.41Io non accetto la gloria, che viene dagli uomini.42Ma vi ho conosciuto, che non avete in voi amore di Dio.43Io son venuto nel nome del Padre mio, e non mi ricevete: se un altro verrà di propria autorità, lo riceverete.44Com'è possibile, che crediate voi, che andate mendicando gloria gli uni dagli altri, e non cercate quella gloria, che da Dio solo procede?45Non vi pensate, che sia per accusarvi io presso del Padre: havvi già chi vi accusa, quel Mosé, in cui voi vi confidate.46Imperocché se credeste a Mosè, a me ancora credeste: conciossiaché di me egli ha scritto.47Che se non credete a quel, che egli ha scritto, come crederete voi alle mie parole?

Note:

5,1:Essendo la festa de' Giudei. Vuolsi cio intendere della pasqua, principale festa degli Ebrei. Tale è il senti mento di s. Ireneo, del Grisostomo, e di s. Cirillo.

5,2:Havvi in Gerusalemme la piscina probatica. Secondo questa lezione della nostra Volgata, la qual lezione è seguitata da molti antichi Padri, il nome di probatica sarebbe stato dato a questa piscina per essere vicino alla porta detta probatica, o sia pecuaria; perchè per essa porta (situata presso al tempio) si introducevano le pe core, e gli altri animali da sacrificarsi.

5,4:L'Angelo del Signore in un certo tempo ec. Tertulliano lib. de Baptismo dice, che questo miracolo succedeva ogni anno una volta. Riguardo poi al tempo dell'anno, in cui succedesse, non abbiamo onde poterlo congetturare; sembra anzi, che incerto fosse il momento, in cui operavasi tal miracolo. La maggior parte de' Padri hanno in questa piscina riconosciuto una figura del santo battesimo, e hanno osservato, che tra tutte le piscine di Gerusalemme elesse Dio questa, nella quale entravano le acque della fontana di Siloam, o sia Gihon, la qual fontana era stata da Dio medesimo caratterizzata per una figura del regno di Davidde, e di Cristo; onde meraviglia non sia, se all'apparire di questo divino re fosse data a quell'acque virtù di sanare i morbi. Imperocchè è opinione assai comune, che questo prodigio non cominciasse, se non circa il tempo della nascita di Gesù Cristo, quando a beneficio, e salute della casa di Israele scaturir doveva quella celebre fontana descritta da Zaccaria, cap. XIII. I. Così la virtù comunicata mirabilmente a quelle acque adombrava la virtù, e gli effetti del vero, e vivo fonte di salute, qual è il sangue del Salvatore, in cui purgati siamo, e sanati dalle spirituali piaghe, e mondati dalle opere di morte per servire a Dio vivente.

5,5:Avea passati trentotto anni. Una sì lunga, e ostinata malattia si dà a conoscere per incurabile a ogni umano rimedio.

5,6:Conoscendo, che era di età avanzata. Questa mi sembra la più vera interpretazione di quelle parole: quia multum tempus haberet; ed è questa interpretazione appoggiata alle più antiche versioni, l'Araba, e la Siriaca. Due circostanze pertanto ha voluto notare il santo Evangelista: primo, la lunghezza, della malattia; secondo, l'età avanzata del malato, per la quale snervate le forze naturali si rendeva impossibile la guarigione. Vuoi tu essere risanato? Il paralitico non istava in quel luogo se non per riacquistare, quandochè fosse, la sanità. La domanda adunque fattagli da Cristo ha per fine: primo, di risvegliare nel malato il sentimento della propria debolezza, e miseria, e il desiderio della salute; secondo, di muoverlo a speranza; terzo, di renderlo più attento al miracolo, e all'autore del miracolo. E siccome la guarigion corporale è della spirituale una immagine, vuolsi dall'interrogazione di Cristo comprendere, come la volontà dee concorrere nella giustificazione del peccatore, dicendo s. Agostino: colui, che senza di te ti creò, non ti giustifica senza di te; ti creò, senza che tu lo sapessi, non ti giustifica, se tu nol vuoi (serm. 15. de verb. Apost.). È però dono di Dio lo stesso volere secondo l'Apostolo, non meno che il fare.

5,7:Non ho uomo, ec. Non risponde direttamente all'interrogazione di Cristo, ma risponde con maggior enfasi, che se avesse detto io voglio. Questa è anzi la sola cosa, ch'io bramo (vale a dire il paralitico ); ma non v' ha uomo, che muovasi di me a pietà, e mi dia di mano per procurarmi la sanità, e io non sono in istato di potermi comperare l'aiuto altrui; così tacitamente chiede a Gesù, che lo aiuti.

5,8:Alzati, prendi ec. Un tal comando fatto non tanto a un uomo impotente per se medesimo, e incapace di muoversi, quanto alla natura stessa, dimostra evidentemente in Gesù Cristo una potestà più che umana, non da altre leggi ristretta, che dal divino suo beneplacito. Ordina, che diventi non solamente sano, ma robusto, e vigoroso a segno di riportare a casa quello stesso letto, sul quale da tanti anni giaceva immobile. E questo secondo comando fu fatto al paralitico sì per evidente riprova del miracolo, e sì ancora per provare la sua obbedienza, e questo tanto più, perchè si trattava di fare, per obbedire a Gesù, una cosa, la quale avrebbe dato negli occhi a' Giudei per la circostanza del giorno di sabato, nel qual giorno non credevano lecito di portare qualsisia ben chè minimo peso.

5,11:Colui, che mi ha risanato, ec. Quest'uomo risponde con una precisione, e con una forza capace di confon dere gli invidiosi. Colui, che ha avuto virtù, e potere di risanarmi, mi ha egli stesso dato l'ordine di fare quello, ch'io fo: se una virtù, e un potere, quale è quello, ch'egli ha in me dimostrato, non può essere se non da Dio, ho io da temere, che il comando da lui a me fatto possa essere contro Dio, e contro la legge? E non debbo io piuttosto credere, che meglio, che da voi, sia intesa da lui la legge del sabato, e che a questa legge non sia contrario il portarsi da me quel letto, dal quale egli mi ha tratto, come un segno autentico del benefizio grande da lui compartitomi?

5,12:Chi fosse quell'uomo che gli aveva detto: ec. Noti si il carattere dell'invidia. Potevano dimandargli chi fosse, che l'avesse risanato; lo che era degno di ricerca, ma era insieme argomento di lode per Gesù Cristo: imperocchè io non credo, che possa dubitarsi, che i riprensori del paralitico o sapessero già, che da Cristo era stato operato quel miracolo, o almeno se lo immaginassero, informati com'erano di tanti altri suoi prodigi, sebbene fingono di ignorarlo. A quella parte pertanto si volgono, nella quale credono avere motivi di detrazione, e di biasimo; quindi con disprezzo dimandano, chi fosse quell'uomo, che ciò gli avea comandato, contrapponendo quest'uomo violator della legge, com'essi pensavano, a Dio autor della legge.

5,13:Si era scansato ec. Fatto il miracolo si era Gesù sottratto dagli occhi della moltitudine, mostrando, quanto fosse lontano dal cercare l'applauso degli uomini.

5,14:Travolto Gesù nel tempio. A rendere certamente a Dio grazie della ricuperata salute.

5,15:Quegli andò a dar nuova a' Giudei, ec. Fece noto a' principali Giudei e fors'anche allo stesso Sinedrio il suo liberatore, divulgando per impulso di gratitudine il miracolo, e celebrandone l'autore. Per questo non dice loro; colui, che mi ha ordinato di prendere il mio letticciuolo, è Gesù; ma colui, che mi ha risanalo; opponendo la semplicità della fede alla malignità dell'invidia Giudaica.

5,17:Ma Gesù rispondeva ec. Non alle parole, ma bensi a' temerari giudizi de' suoi emoli.
Il Padre mio opera fino a quest'oggi, ec. Perpetua mente, incessantemente opera, dal principio del mondo sin a quest'ora, anche nel sabato; mentre e le create cose governa, e conserva, e moltiplica, e a nuovi spiriti dà l'essere, e fa i miracoli; e io pure come lui, insieme con lui, e in tutte le operazioni della potenza sua infinita ho parte. Le opere mie pertanto, come fatte per divina virtù, e per divino volere, non sono soggette alla legge del sabato, legge fatta da Dio per gli uomini, non per se stesso. Cosi viene Gesù Cristo a dichiararsi di essere e il Messia, e Dio, di potestà eguale a quella del Padre. E in questo senso furon prese dagli Ebrei queste parole, come apparisce dal versetto che segue.

5,18:Diceva, che Dio era il Padre suo. Intendi padre suo non per grazia, nè per adozione, perchè in questo senso gli Ebrei generalmente chiamavano Dio loro padre; ma bensì per natura, e per generazione. Or questo pungeva i nemici di Cristo, perchè ben intendevano, che non avrebbe potuto dire di essere veramente Figliuolo di Dio, se non fosse stato della stessa natura del Padre, e per conseguenza Dio. La qual cosa non volendo essi credere, nè confessare, venivano a urtare nelle prove evidenti, e palpabili, colle quali era da lui dimostrata questa verità, voglio dire i miracoli senza numero, che egli operava.

5,19:Non può il Figliuolo far da sè cosa alcuna, se non la ha veduta fare dal Padre. Non può significa lo stesso, che è impossibile, come quando dice l'Apostolo: è impossibile a Dio il mentire: fare da sè, vale lo stesso, che eqli solo fare. Di queste parole, le quali per l'oscurità della frase Ebrea hanno dato luogo a varie interpretazioni, il senso è questo: il Figliuolo, cui noti sono tutti i consigli del Padre, e il quale dal Padre ha ricevuto con la natura la potestà, e la maniera di operare, non altro opera, che quello, che opera lo stesso Padre, e ciò, che conosce essere voluto dallo stesso Padre. Una arcana ragione per cui fu usata da Cristo questa maniera di parlare, può essere stata quella accennata da alcuni Padri, e Interpreti, che volle Cristo, dopo aver mostrato com'egli era intimamente congiunto per natura col Padre, adombrare la distinzione della sua persona dalla persona del pndre: dappoichè certamente colui che vede, da colui che è veduto, distinguesi..
Lo fa parimente il Figliuolo. Parimente, cioè a dire con una stessa virtù, e con una stessa operazione, in quanto alla divinità si appartiene.

5,20:E a lui manifesta tutto ec. Lo chiamaa parte di tutto quello che fa; tutto con lui comunica il potere e l'operare. E però da notarsi, che Gesù Cristo parla in questo luogo come uomo: imperocchè dicendo, il Padre ama il Figliuolo, e a lui manifesta tutto ec., adducendo l'amore del Padre come causa, per la quale il Padre con lui comunichi le opere sue, non può intendersi ciò del verbo, al quale il Padre ha comunicato e tutta la sua essenza, e tutto il suo potere col generarlo; ma bensì a Cristo, in quanto uomo molte cose sono state concesse dal padre per l'amore, che a lui porta. S. Cesar., il Grisost., e altri.
E farà a lui vedere opere maggiori di queste. Farò con la potestà, e autorità datami dal Padre cose anche più grandi, che quelle, per cagion delle quali sono da voi accusato; e questo stesso dimostrerà evidentemente l'ingiustizia delle vostre accuse. Ovvero: il Padre farà, che il Figliuolo faccia vedere opere anche più grandi delle passate.

5,21:Rende la vita a quelli che vuole. Di potestà propria adunque il Figliuolo dà la vita, mentre la dà a chi vuole: ma questa potestà è talmente propria del Figliuolo, che è insieme la stessa, che quella del Padre; la quali verità viene indicata da quel modo di dire siccome il Padre risuscita. Del rimanente queste parole s'intendono particolarmente della vita, e della risurrezione spirituale.

5,22:Imperocchè il Padre non giudica alcuno: ec. Avea detto, che il Figliuolo la vita rende a quelli che vuole: lo che, come abbiam detto, principalmente intendesi della vita dell'anima; ne adduce pertanto la ragione, la quale si è, perchè il Padre ha rimesso nelle mani del Figliuolo il giudicar tutti gli uomini non solo nell'estremo giorno, ma anche nel tempo presente: onde altri lasci nelle tenebre, e nella morte del peccato, e della infedeltà; altri conduca alla vita illuminandogli, e convertendogli: imperocchè egli è stato costituito dal Padre giudice de' vivi, e de' morti, dice s. Pietro.

5,23:Affinchè tutti onorino il Figliuolo, come onorano il Padre. Eguale onore rendano al Figliuolo, e al Padre. Imperocchè a questo fine mandolo il Padre, perchè onorato fosse dagli uomini, sopra de' quali gli diè una potestà assoluta, e illimitata. E questo stesso dimostra, quanto intimamente, ed essenzialmente congiunto sia col Padre il Figliuolo, dappoichè sta scritto, che Dio non avrebbe mai dato l'onor suo a nissuno straniero.

5,24:Chi ascolta...e crede in lui, ec. Mostra adesso, chi sieno quelli a' quali il Figliuolo darà la vita; e avrebbe potuto egualmente dire chi crede in me, che sono stato mandato: ma per dar meno di occasione all'invidia, disse chi crede in lui, che mi ha mandato; dove credere non vuol solamente intendersi prestar credenza, ma credere in guisa, che si obbedisca agli insegnamenti, e ai precetti del Figliuolo. Dicesi ha la vita eterna, piuttosto che avrà, perdinotare la fermezza delle divine promesse.
Non incorre nel giudizio. Non è soggetto alla dannazione, perchè non è più servo della morte, ma erede della vita eterna, ed è già passato ad essere cittadino d'un'altra città, che è quella de' Santi. Non è da rigettarsi quello che vien notato da qualche interprete, che dicendo Cristo è passato, ec. faccia allusione alla pasqua giudaica, figura di questo miglior passaggio dalla morte alla vita: imperocchè ognun sa, che pasqua è lo stesso, che transito, o sia passaggio.

5,25:Verrà il tempo, anzi è adesso, quando i morti udiranno ec. Il resuscitare i morti fu dai profeti notato tra le opere del Messia; ma ciò principalmente doveva intendersi della risurrezione spirituale degli infedeli, e de' peccatori alla luce dell'Evangelio; e di questa risurrezione si parla in questo luogo secondo s. Agostino, e altri Padri. Questi morti, i quali con le orecchie non del corpo solo, ma anche del cuore avranno udita la voce del Figliuolo di Dio, goderanno una vita tutta nuova, e divina.

5,26:Siccome il Padre ha in se stesso la vita: cosi ha dato al Figliuolo ec. Siccome il Padre è di per se stesso il principio, e il fonte dell'essere, e della vita; così nella eterna generazione comunicando al Figliuolo la sua stessa essenza, fa, che egli sia egualmente principio, e fonte dell'essere, e della vita, onde e l'essere, e la vita comunichi a chi egli vuole.

5,27:E gli ha dato podestà di far giudizio in quanto ec. Abbiamo tradotto per maggior chiarezza questo luogo secondo l'interpretazione di s. Cirillo, del Grisostomo, di Teofilatto, e di altri. Ecco le parole di s. Cirillo: Rende ragione del motivo, per cui disse, essergli stata data dal Padre questa podestà, dicendo: perchè è Figliuolo dell'uomo; affinchè intendiamo, che come uomo, e come creatura, la quale niente ha da se stessa, tutto ha ricevuto dal Padre. La lezione greca può avere quest'altro senso; avere il Padre concesso al Figliuolo, che non solamente come Dio, ma anche come uomo faccia giudizio del mondo; la quale interpretazione non è disapprovata da s. Agostino. E questa è quella altezza di di gnità e di gloria, alla quale Gesù Cristo fu inalzato dal Padre in premio, come dice l'Apostolo, delle umiliazioni, alle quali si soggettò per ubbidire al Padre.

5,28:Non vi stupite di questo. Non vi rechi maraviglia quello, che io vi ho detto, sia del potere, che ho di dare la vita spirituale a tutte le nazioni mediante il Vangelo, sia del potere di far di tutte giudizio; imperocchè verrà tempo, ec.

5,30:Non posso io fare da me cosa alcuna, ec. Tutto quello che Gesù Cristo è costretto a dire per prova della sua missione, lo tempera sempre in modo, che tutto l'onore ridondi nel Padre. Non posso io dire, o fare cosa alcuna da me stesso con potestà, o volontà separata e divisa da quella del Padre; e ne porta l'esempio nella podestà di far giudizio, il qual giudizio dice, che lo fa secondo la volontà del Padre, e secondo le regole pre scrittegli dal Padre.

5,31-32:Se io rendo ec. Obbietta Cristo contro di se medesimo un proverbio degli Ebrei, i quali dicevano, che niun uomo è buon testimone in causa propria. Risponde però, che a suo favore rendeva testimonianza un altro, cioè il Padre, la testimonianza del quale non poteva non accettarsi, come legittima, e senza eccezione. So, dice Cristo, che una tale testimonianza sarà sempre tenuta per infallibile tra voi.

5,34:Non ricevo testimonianza ec. Non vi pongo sotto degli occhi la testimonianza renduta a me da Giovanni, perchè io mi abbia bisogno de' suffragi di alcun uomo, o desideri le approvazioni, e le lodi di alcun uomo; ma adattandomi alla vostra debolezza, vi rammento quello che Giovanni ha detto di me, nfllinchè voi, che ne aveste si gran concetto, credendo a lui, venghiate a credere in me, e arriviate a salute.

5,35:Quegli era lampana ardente, e luminosa. E voi avete voluto ec. Giovanni era come una di quelle lampane, delle quali si fa uso fino al nascer del sole, lampana ardente pell'amore della verita, luminosa per la santità della vita. Gli Ebrei si rallegrarono alla nuova luce di questa lampana, ammirando in Giovanni risorto lo spirito de' profeti, la efficacia della dottrina, e l'innocenza ammirabilie de' costumi. Ma l'allegrezza, e l'ammirazione della Sinagoga si raffreddo, quando udirono Giovanni riprenderli de' loro vizi, e smascherare la loro falsa giustizia, e finalmente render pubblica, e solenne testimonianza a Gesù, come a vero Figliuolo di Dio, e vero Cristo. Allora cominciarono a disprezzare, e a voler male a Giovanni.

5,36:Ho una testimonianza maggiore. Non vuol dire testimonianza più vera, ma più chiara, più manifesta, e pubblica. Questa testimonianza consiste nel fare tutto quello, che il Padre ha ordinato che facesse il suo Figliuolo fatto uomo. Tutto questo era già predetto, e scritto nei profeti. Una tale testimonianza, si evidente, si luminosa, e irrefragabile dice, che dimostrava infal libilmente, come egli era il Messia.

5,37:E il Padre che mi ha mandato ... ha resa testimonianza, ec.Tutta la legge, e tutti i profeti, che di me par lano, sono l'autentica testimonianza, che rende per me il Padre mio. Si dice lo stesso più chiaramente nel seguente versetto 39. E voi nè avete udita giammai la sua voce, nè veduto il suo volto. Vale a dire: voi nol conoscete in alcun modo; imperocchè la conoscenza si acquistà e colla vista, e ancor coll'udito. Voi, che tanto vi gloriate di conoscere il vero Dio, voi infatti nol conoscete.

5,38:E non avete abitante in voi ec. Non date ricetto ne' vostri cuori alla parola di Dio, e non ubbidite a' suoi comandi, mentre non volete credere al Figliuolo mandato da lui a istruirvi, e salvarvi.

5,39:Credete d'avere in esse la vita eterna. Non li riprende, perchè credessero, che le Scritture divine fossero principio di vita, e di salute; ma perchè tali le credessero senza Cristo, obbietto di tutte le Scritture del vecchio testamento, fatte solo per condurre a lui tutti gli uomini, come al vero, e unico Salvatore di tutti.

5,41:Io non accetto la gloria, ec. In tutto quello, che io dico, e opero, io non cerco di acquistarmi onore, o rinomanza presso degli uomini.

5,42:Ma vi ho conosciuto, che non avete ec. Allorchè contendete meco, e ricusate di credere e alle mie parole, e a tante evidenti prove della mia missione, voi mostrate di farlo per solo zelo della gloria di Dio; ma io, che vi conosco intimamente, ben so, che le ripugnanze vostre non da amore di Dio derivano, na bensì dalle vostre passioni, dall'avarizia, dall'ambizione, ec. Congiungasi questo versetto col seguente 44.

5,43:Io son venuto nel nome ec. Eccouna dimostrazione di quello, che ha detto nel versetto precedente. Io son venuto con autorità veramente divina, e tutto quello che fo, lo fo con autorità del Padre, che mi ha mandato; e l'autorità, e la potenza divina spiccano nelle opere mie: tutto questo però non basta, perchè mi riceviate. Verrà un altro che di proprio capriccio si spaccerà per Messia; e benchè sprovveduto di prove della sua missione sarà da voi ricevuto, e acclamato per tale. Si chiama forse questo curar la gloria di Dio, e colla sola mira della gloria di Dio guidarsi nel giudicare di cosa sì grave ed essenziale? La predizione di Gesù Cristo s'adempì letteralmente. Il popolo Ebreo dopo il gran rifiuto di Gesù Cristo fu lo scherno di moltissimi seduttori, i quali lo precipitarono iun infiniti mali, come si ha dallo stesso Giuseppe Ebreo.

5,44:Che andate mendicando ec. Come potete mai credere alle mie parole voi, che cercate non l'approvazione di Dio, ma quella degli uomini; voi, che in tutto quello, che fate, avete in mira non altro, che di conservare la riputazione, e l'onore del secolo, non già di piacere a Dio, e fare la sua volontà?

5,47:Se non credete a quel che egli ha scritto, come crederete ec. Era senza dubbio maggiore infinitamente l'autorità di Cristo, che quella di Mosè; ma l'autorità di questo era più conosciuta, e tenuta per irrefragabile dagli Ebrei. Due pretesti toglie Gesù Cristo agli Ebrel nel fine di questo discorso, pe' quali mostravausi lontani dal credere a lui: questi erano, primo la gloria dl Dio, secondo l'autorità di Mosè. Quanto alla gloria di Dio ha dimostrato, che era vano un tal pretesto de' suoi avversari, perchè a contraddire a lui non mo veagli amore di Dio, ma passione, e amore della gloria mondana; conciossiachè la vera pietà gli avrebbe condotti a credere in lui. Quanto all'autorità di Mosè, ha dimostrato, che era lo stesso credere in lui, e credere a Mosè, il quale non d'altri, che di lui aveva e parlato, e scritto in tutta la legge.