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Venerdi, 26 aprile 2024 - San Marcellino ( Letture di oggi)

Lettera ai Romani 6


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Siamo battezzati in Cristo, affinchè morti al peccato, camminiamo nella novità della vita; come Cristo morto una volta, e sepolto, a nuova vita risuscitò per non più morire. Non dobbiam perciò ubbidire al peccato, o alle concupiscenze, ma sciolti dalla legge, e liberati per grazia di Cristo dal peccato, e fatti servi della giustizia, impieghiamo in ossequio della giustizia, per ottenere la vita, e le nostre membra, le quali prima avevamo impiegate per l'immondezza con meritare la morte.

1Che diremo noi adunque? Rimarremo noi nel peccato, affinchè sia abbondante la grazia?2Dio ce ne guardi. Imperocché se noi siamo morti al peccato, come viveremo tuttora in esso?3Non sapete voi forse, che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, nella morte di lui siamo stati battezzati?4Imperocché siamo stati insieme con lui sepolti pel Battesimo per morire: affinchè siccome Cristo risuscitò da morte per gloria del Padre, così noi nuova vita viviamo.5Imperocché se noi siamo stati innestati alla raffigurazione della sua morte, lo saremo eziandio alla risurrezione.6Sapendo noi, come il nostro uomo vecchio è stato concrocifisso, affinchè sia distrutto il corpo del peccato, onde noi non serviamo più al peccato.7Imperocché colui, che è morto, è stato giustificato dal peccato.8Che se siamo morti con Cristo, crediamo, che vireremo ancora con lui:9Sapendo noi, che Cristo risuscitato da morte non muore più, la morte più nol dominerà.10Imperocché quanto all'essere lui morto, morì per lo peccato una volta: quanto poi al vivere, ei vive per Dio.11Nella stessa guisa anche voi fate conto, che siete morti al peccato, e vivi per Dio in Gesù Cristo Signor Nostro.12Non regni adunque il peccato nel corpo vostro mortale, onde serviate alle sue concupiscenze.13E non imprestate le vostre membra quai strumenti di iniquità al peccato: ma offerite a Dio voi stessi, come viventi dopo essere stati morti, e le vostre membra a Dio come strumenti di giustizia.14Imperocché il peccato non vi dominerà: atteso che non siete sotto la legge, ma sotto la grazia.15E che adunque? Peccheremo noi, perché non siamo sotto la legge, ma sotto la grazia? Dio ce ne guardi.16Non sapete voi, che a chiunque vi diate per ubbidire qual servi, di lui siete servi, cui ubbidite, sia del peccato per morte, o sia della ubbidienza per la giustizia?17Grazie però a Dio, che foste servi del peccato, ma avete ubbidito di cuore seconde quella forma di dottrina, dalla quale siete stati formati.18E liberarti dal peccato, siete divenuti servi della giustizia.19Parlo da uomo a riguardo della debolezza della vostra carne: imperocché siccome deste le vostre membra a servire alla immondezza, e alla iniquità per la iniquità, così date adesso le vostre membra a servire alla giustizia per la santificazione.20Imperocché quando eravate servi del peccato, eravate francati dalla giustizia.21E qual frutto adunque aveste allora da quelle cose, nelle quali avete adesso vergogna? Conciossiachè il fine di essi è la morte.22Adesso poi liberati dal peccato,e fatti servi di Dio, avete per vostro frutto la santificazione; per fine poi la vita eterna.23Imperocché la paga dei peccatosi è la morte. Grazia di Dio (è) la vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore.

Note:

6,1:Che direm noi adunque? Rimarremo noi nel peccato...? ec. Ritorna adesso l'Apostolo alla questione propo sta nel capo III. 8., e dice: vi sarà egli forse chi dall'avere noi detto, che dove abbondò il delitto, soprabbondò la grazia, venga ad inferirne, che sia da amarsi lo stato del peccato, e sia da farsi il male con la certezza di sì gran bene? Quasi noi detto avessimo, che il peccato fu la vera cagione della sovrabbondanza, e non come veramente diciamo, l'occasione, per cui la grazia, e la benignità del Salvatore nostro Dio mirabilmente rifulse.

6,2:Se noi siamo morti ec. Una tale empietà, dice l'Apostolo, non entrerà in mente di alcun fedele. Imperocchè nostra dottrina si è, che i Cristiani sono morti al peccato; se noi adunque al peccato siam morti, sarà egli possibile, che vogliam vivere nel peccato? Come egli è fuora d'ogni ordine naturale, che un corpo privo di anima e di vita, sentimento abbia, o inclinazione per cosa alcuna del mondo; così è fuori di ogni ordine, che l'uomo Cristiano al peccato ritorni, a cui rinunziò, a cui morì nel Battesimo.

6,3-4:Non sapete voi forse, ec. Dimostra, che i fedeli sono morti al peccato. E chi è tra voi, che non sappia, che tutti noi, che siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati a somiglianza della morte del medesimo Cristo, della morte di cui fu una rappresentazione il nostro Battesimo? Ed è da notarsi, che allude qui al Battesimo (come si dava in que' tempi) per immersione; e la trina immersione, che facevasi del catecumeno, adombrava non solo il mistero della SS. Trinità, ma ancora i tre giorni della sepoltura di Cristo, come osserva s. Agostino, e dietro a lui s. Tommaso. E veramente nel Battesimo de' fedeli vien significato insieme, e adempito ciò, che nella morte di Cristo era figurato, cioè a dire la morte dell'uomo vecchio. È ancora da osservarsi con s.Tommaso, che quantunque l'ordine naturale sia, che l'uomo prima muore, e di poi si seppellisce, nulla dimeno la cosa va diversamente nel Battesimo; vale a dire, che la sepoltura (o sia la trina immersione, in cui è adombrata la sepoltura) cagiona, e opera la morte del peccato, e ciò pel motivo, che i sagramenti della nuova legge quello operano, che significano; onde la se poltura, che si fa nel battesimo, significando la morte del peccato nell'uom battezzato, la stessa morte ella opera; e questo è ciò, che ha voluto spiegar l'Apostolo con dire: siamo stati insieme con lui sepolti per morire; il che intendesi del morire al peccato.
Affinchè siccome Cristo risuscitò ec. Ecco dalle premesse verità la conclusione evidente e necessaria, che è, non dover noi più vivere al peccato, ma camminare una nuova vita. Il battezzato, che esce dalle acque salutari del Battesimo ci pone davanti agli occhi un'immagine della risurrezione del Salvatore il quale ritornò alla vita per gloria del Padre, conforme egli stesso della sua risurrezione parlando avea detto, Joan. XVII. I. Padre... glorifica il tuo Figliuolo affinchè il tuo Figliuolo ti glorifichi: imperocchè l'esaltazione del Figliuolo, e la gloria di lui risuscitato e regnante, onora, e glorifica il Padre, per cui egli vive risuscitato, infra, vers. 10. Nella stessa guisa adunque il Cristiano, il quale animato da nuovo spirito esce dal lavacro di rigenerazione, non dee più vivere, se non per la gloria di Dio,facendo opere degne della nuova vita ricevuta nel Battesimo.

6,5:Imperocchè se noi siamo stati innestati ec. Il Cristiano, il quale nel suo Battesimo porta la similitudine di Cristo morto, dee portare eziandio la somiglianza di Cristo risuscitato. Conciossiachè pel Battesimo siamo innestati a Gesù Cristo, e diveniamo membri del mistico corpo, di cui egli è capo, e tralci di quella vite, cui egli stesso ha voluto rassomigliarsi nel Vangelo. Or la condizione de' membri di un corpo, e de' rami di una pianta, si è, che morendo il corpo, o la pianta, i membri e i rami pur muoiono; vivendo il corpo, o la pianta, vivono i membri, e i rami. La comunione adunque, che noi abbiamo con Cristo, e la parte, che a noi tocca de' suoi misteri esige necessariamente, che come a somiglianza di lui muoiamo nel Battesimo, così a somiglianza di lui nello stesso Battesimo alla vita risuscitiamo della innocenza, e della santità; onde (come parla altrove lo stesso Apostolo) si avveri in noi, che con lui siamo morti, e con lui pur viviamo, 2. Tim. 2. II.

6,6:Sapendo noi, come il nostro uomo vecchio ec. Il vecchio uomo è l'uomo peccatore, o sia lo stato del peccato, che si oppone all'uomo nuovo rinato alla giustizia per mezzo del santo Battesimo. Quest'uomo vecchio è stato confitto sulla medesima croce, sulla quale (a questo fine appunto di distruggere il peccato) Cristo spirò.
Ma qui, e ne' precedenti versetti è da notarsi attentamente, in qual maniera l'Apostolo faccia comuni ai fedeli i misteri del Salvatore. Gesù Cristo (dice mirabilmente s. Leone, illustrando questa nobilissima dottrina del nostro Apostolo), che aveva la stessa natura di tutti noi, scevra di colpa, la causa di tutti trattava, serm. VIII. de pass. Noi adunque ha egli rappresentato ne' suoi misteri, e in nostro nome gli ha adempiuti, e a noi comunicandone il frutto e il merito, ci ha in ciò obbligati a ricopiarli, a portarn e in noi l'impronta, e l'immagine, e a continuargli in certa guisa, e a rappresentare lui stesso con questa imitazione de' suoi misteri, come egli ha rappresentato noi, allorchè gli adempiva ne' giorni della sua vita mortale. Per questo secondo la dottrina dell'Apostolo dicesi, che noi siamo stati crocifissi insieme con lui, con lui siamo morti, con lui sepolti, e con lui finalmente risuscitati. Tra i figliuoli degli uomini (segue a dir s. Leone ) solo fu il Signor nostro, in cui tutti furono crocifissi, tutti morirono, tutti furono sepolti, tutti ancora furono risuscitati, serm. XII. de pass. Le conseguenze di questa dottrina, e la stretta obbligazione, che ha l'uomo fedele di ricopiare, e rappresentare nella propria vita gli stessi misteri, sono con grand'energia spiegate da s. Paolo sì in questa, e si nelle altre sue lettere. E noi lo vedrem ritoccar sovente questi grandi principi della vita, e della perfezione cristiana.
Affinchè sia distrutto il corpo del peccato, ec. La massa delle male opere, e de' peccati tutti degli uomini è chiamata qui il corpo del peccato; la qual massa è considerata dall'Apostolo, come un corpo composto di molte membra, che sono la superbia, l'avarizia, la libidine, ec. Con la crocifissione adunque del nostro uomo vecchio fatta sulla stessa croce del Salvatore, questi due grandi effetti si ottennero, primo, che abolita fosse, e distrutta la massa di tutti i precedenti peccati; secondo, che l'uomo cristiano non serva più al peccato, che è quanto dire, mediante l'aiuto divino non obbedisca o mai più alla concupiscenza.

6,7:Imperocchè colui, che è morto, ec. Colui, che è morto mediante il Battesimo, è assoluto dal peccato, e con ciò trasportato nello stato di giustizia. Questa interpretazione, che è di S. Basilio, e di s. Tommaso, mi sembra la vera; e con questa riflessione sempre più si conferma la dottrina del versetto precedente: per la croce di Cristo muore l'uomo al peccato; ne viene adunque, che egli sia giustificato, e finalmente distrutto sia il corpo del peccato, nè più si serva al peccato.

6,8:Che se siamo morti con Cristo, crediamo, ec. Il secondo effetto rammentato da noi di sopra in questa guisa comprovasi: colui, che muore spiritualmente con Cristo morto, risuscita ancora con Cristo risuscitato; ma Cristo risuscitò per non morire mai più: dunque chi è morto al peccato, in tal modo vive con Cristo risuscitato, che non ritornerà più a morire per lo peccato. Noi speriamo, anzi tenghiamo per fermo, dice l'Apostolo, che persevereremo nella nuova vita ricevuta nella nostra rigenerazione, e viveremo con Cristo, e uniti a lui, vita di grazia, e di giustizia, in questo secolo, e vita di gloria nel secolo avvenire.

6,9:La morte più nol dominerà. Egli non è più soggetto alla giurisdizione della morte, in tal luogo egli si trova, dove non ha potere la morte, e donde anzi egli ha potestà assoluta sopra la morte, Apoe. 1. 14.

6,10:Morì... una volta. Morì una sola volta, con una sola oblazione soddisfacendo pe' peccati di tutti gli uomini da Adamo fino all'ultimo uomo che nascerà alla fine del mondo. Vive per Dio. Vive per virtù di Dio; e perciò vita divina, e immortale è quella, ch'egli ha acquistato.

6,11:Nella stessa guisa anche voi ec. Cristo mori alla vita terrena, e mortale, e non ritorna più a morire, ma vive una vita immortale, e divina; nella stessa forma anche voi, conformandovi a Cristo, diportatevi come morti al peccato e alla concupiscenza, cui non ritorniate giammai ad ubbidire, e come vivi a gloria di Dio per Gesù Cristo Signor nostro, per lui, dico, per grazia del quale e siamo morti al peccato, e a Dio viviamo. Queste parole:
Vivi per Dio in Gesù Cristo, ec. possono intendersi anche in questo modo: vivi a gloria di Dio in Gesù Cristo, a cui siamo incorporati; onde per la morte di lui morti siamo al peccato, e per la risurrezione di lui viviamo a Dio.

6,12:Non regni adunque il peccato ec. Anche qui col nome di peccato si intende la concupiscenza chiamata peccato, perchè e dal peccato ci è venuta, e al peccato ci inclina. Ed è da osservarsi, quanto propriamente, della concupiscenza parlando, dica l'Apostolo non regni. Imperocchè non poteva dire non sia la concupiscenza, ec., perchè fino a tanto che il corpo nostro sarà vivo, e mortale, non può non essere in noi il fomite del peccato, o sia la concupiscenza; ma dice non regni, perchè essendo noi stati mediante il Battesimo liberati dal regno del peccato, con ogni studio procurar dobbiamo, che il peccato non riprenda l'antico dominio, che aveva sopra di noi.
Onde serviate alle sue concupiscenze. Regna nell'uomo il peccato in due modi: primo col consentire, che fa l'animo ai pravi affetti interiormente; secondo con eseguire all'esterno con l'opera le suggestioni della concupiscenza. Del primo parla l'Apostolo in queste parole, con le quali vieta all'uomo Cristiano di servire, o soggettarsi ai desideri del peccato. Del secondo parla nel versetto seguente.

6,13:E non imprestate le vostrè membra ec. Guardatevi dall'imprestare le vostre membra alla concupiscenza come istrumenti per commettere l'iniquità; imperocchè adoperando a suggestione della concupiscenza, per esempio, la lingua per dir male del prossimo, le mani per maltrattarlo, o gli occhi per mirare ciò, che non debbe desiderarsi; si impiegano questi membri, come mezzi per far trionfare la concupiscenza, la quale dipoi pella consuetudine più forte e imperiosa diventa.
Ma offerite a Dio voi stessi, ec. Ma per lo contrario in vece di darvi a questo implacabil nemico vostro, offeritevi a Dio come uomini tratti dalla morte della colpa alla vita della grazia; onde i vostri pensieri e gli affetti vostri degni siano della nuova vita, alla quale siete stati misericordiosamente risuscitati, vivendo non pervoi stessi, ma per colui, che morì per dare tal vita a voi: e le stesse vostre membra a Dio siano offerte, e consagrate come strumenti ad esercitare le opere della giustizia; onde e le interiori potenze dell'anima, e i sensi tutti corporali dell'uomo rigenerato, alla virtù, alla giustizia, e al servigio di Dio sien consagrati.

6,14:Imperocchè il peccato non vi dominerà: atteso che ec. Mi opporrete forse, dice l'Apostolo, la forza della concupiscenza, la quale al buon volere contrasta; ma io vi dico, che la concupiscenza non avrà impero sopra di voi, perchè voi siete non più servi, ma liberi, non più sotto la legge di Mosè, ma sotto la grazia di Gesù Cristo; non siete sotto la servitù della legge, la quale con grandi minacce vi stringa all'osservanza de' suoi precetti senza darvi forze per osservarli; ma siete sotto il regno di grazia, e mediante questa grazia si vince il peccato, e si adempie la legge: ecco sopra queste parole la spiegazione di s. Agostino de grat. et lib. arbitrio cap. XII.Il peccato non vi dominerà; imperocchè non siete sotto la legge, ma sotto la grazia; non perchè cattiva sia la legge, ma perchè sotto di lei sono coloro, i quali ella fa rei, dando loro de' comandamenti, ma non aiutandoli; conciossiachè la grazia è quella, che dà l'aiuto, affinchè ognuno sia osservatore della legge, quando senza di lei sarebbe solo uditore della legge.
In questo, e in altri luoghi parla l'Apostolo della legge, come opponendola alla grazia, in quanto la considera come separata dalla fede, e dalla grazia del Salvatore. I giusti del vecchio testamento, benchè fosser sotto la legge, perchè tenuti a osservarla quanto ad ambedue le specie di comandamenti, e ceremoniali, e morali, appartenevano nondimeno al regno della grazia per la fede, e per la speranza, che avevano nel Messia.

6,15:E che adunque? Peccheremo noi...? ec. Ma perchè noi non siam più sotto la legge, ma sotto la grazia, vi sara egli chi voglia quindi inferire, che possiam dunque peccare, violando i precetti morali, e facendo ciò, che dalla legge vien proibito? Lungi da noi una tal maniera di pensare; imperocchè, come dice altrove l'Apostolo, voi, fratelli miei, siete stati chiamati alla libertà, a condizione però, che la libertà non serva alla licenza della carne, Galat. v. 13.

6,16: Non sapete voi, che a chiunque vi diate per ubbidire ec. Non vi è forse noto, come chiunque voi imprendiate a ubbidire, di colui diventate servi, a' voleri del quale vi soggettate? E ciò si avvera mai sempre, sia che ubbidir vogliate alla concupiscenza, la quale a morte conduce, sia che ubbidiate alla fede, per mezzo di cui conseguite la giustizia. La voce ubbidienza significa in questo luogo la fede, ovvero la osservanza de' divini comandamenti. E questa ubbidienza si oppone al peccato, il quale, come dice s. Ambrogio, è una disubbidienza ai comandi del cielo.

6,17-18:Ma avete ubbidito di cuore ec. E liberati dal peccato, ec. Conferma semprepiu la sua conclusione, cioè a dire non dover noi con ubbidir al peccato ritornar nuovamente alla servitù dello stesso peccato. Imperocchè in primo luogo insigne grazia, e benefizio divino fu la nostra liberazione da quella misera, e vergognosa servitù; e perciò quanto strana ingratitudine sarebbe la nostra, se volontariamente ritornassimo alla antica catena? In secondo luogo siamo stati ridotti in libertà non per esser assoluti padroni di noi medesimi, ma per divenire a nostra gloria e vantaggio servi della giustizia: e qual obbrobrioso cambio sarebbe, di servi della giustizia farsi servi della iniquità? L'una, e l'altra ragione pone l'Apostolo sotto gli occhi de' Romani, aggiugnendo insieme per consolargli, e rianimargli al bene, questo breve nolbilis simo elogio, che, sebbene erano stati una volta servi del peccato, si erano però soggettati di cuore, viene a dire con piena fede, e sincera a' principi di quella dottrina celeste, che era stata loro insegnata, e da cui nuova forma, e nuovo aspetto avean preso i loro costumi, e la loro vita.

6,19:Parlo da uomo a riguardo ec. Dirò cosa non grave, nè superiore alla capacita, e alle forze di un uomo, in cui non è ancora perfettamente sanata l'infermità della carne, dacchè tale è il vostro stato. E quel, che io dico, si è, che in quella guisa, che impiegaste una volta il corpo vostro a servire all'immondezza, e alla iniquità per commettere ogni sorta di malvagità, nello stesso modo adesso posti nella libertà della grazia, le vostre membra sieno occupate a servire nell'esercizio delle buone opere alla giustizia per vostra santificazione; viene a dire, affinchè avanziate ogni dì nella santità propria del carattere de' figliuoli di Dio. Un tale insegnamento, dice l'Apostolo, ha assai dell'umano, e dell'imperfetto; conciossia chè ogni ragion vorrebbe, che molto più facesse l'uomo per amore della giustizia, di quel, che abbia fatto per amor del peccato.

6,20:Imperocchè quando eravate servi ec. Per servitù del peccato intendasi con s. Tommaso la inclinazione del libero arbitrio al male avvalorata dall'abito del peccato, servitù del peccato, da cui è tirato l'uomo ad acconsentire al peccato contro il chiaro lume della ragione. Dice adunque l'Apostolo: quando voi eravate servi del peccato, foste liberi dalla giustizia, non più ritenuti, nè governati dal freno della giustizia: ma qual sorta di libertà è mai questa? Correre senza lume, senza guida, senza ritegno per una strada sommamente lubrica, il cui termine è la perdizione, e la morte, si dirà questo un essere in libertà?

6,21:E qual frutto adunque ec. Riportaste voi frutto alcuno, di cui possiate vantarvi, da tali opere, delle quali tutto quello, che or vi rimane, si è la vergogna, e la confusione d'averle fatte?
Conciossiachè il fine di esse è la morte. Tutto quello, che dal peccato raccogliesi, è la morte non sol tempo rale, ma anche l'eterna, perchè, come disse di sopra: coloro che fanno tali cose, degni sono di morte.

6,22:Adesso poi liberati dal peccato, e fatti servi di Dio, ec. Tutto all'opposto va la bisogna adesso, dopo che voi rinati in Gesù Cristo, e mondati dal peccato, e liberati dalla tirannia delle concupiscenze, avete per frutto del vostro ben vivere il divenire ogni giorno più puri, e santi, e per fine la beatitudine eterna, la quale con le buone opere vi meritate.

6,23: Imperocchè la paga del peccato ec. Dopo avere nei due precedenti versetti esposto il fine de' cattivi, e il fine de' buoni, rende ragione della differenza di questi fini. Il fine adunque de' cattivi è la morte, perchè la paga di chi serve al peccato, e milita, per così dire, sotto le sue bandiere, altro non è, che la morte; dopo di ciò pare, che avrebbe l'Apostolo dovuto dir parimente:la paga della giustizia è la vita eterna: ma egli dice: grazia di Dio ec., viene a dire, per mezzo della sola grazia conseguisce l'uomo la vita eterna. Imperocchè avendo egli detto, vers. 22., che i buoni avranno la vita eterna, ha voluto dichiarare questa proposizione, affinchè niuno s'immaginasse, che le buone opere dell'uomo per propria loro natura, e secondo il principio del libero arbitrio, da cui procedono, meritar possano la vita eterna; mentre effetto è della grazia, che l'uomo operi il lbene, e che il bene da lui operato degno sia dell'eterna vita; e tutto questo abbiamo da Cristo, cui è unito il fedele mediante la fede, e la carita.