Scrutatio

Mercoledi, 24 aprile 2024 - San Fedele da Sigmaringen ( Letture di oggi)

Lettera ai Romani 16


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Fa menzione l'Apostolo di alcuni tra' Romani, i quali per lo speciale loro merito vuol, che siano nominatamente salutati; da altri esorta a guardarsi: di altri porge i saluti a' Romani.

1Vi raccomando la nostra sorella Febe, che serve la Chiesa di Chencre:2Affinchè la accogliate nel Signore, come si conviene ai Santi: e la assistiate in qualunque cosa avrà bisogno di voi: imperocché ella pure ha assistito molti, e anche me stesso.3Salutate Prisca, e Aquila miei cooperatori in Gesù Cristo:4I quali hanno esposto le loro teste per mia salvezza: ai quali non solo io rendo grazie, ma anche tutte le Chiese de' Gentili.5E anche la Chiesa della loro casa. Salutate Epeneto mio diletto, frutto primaticcio dell'Asia in Cristo.6Salutate Maria, la quale molto ha faticato tra di voi.7Salutate Andronico, e Giunia miei parenti, stati meco in prigione: i quali sono illustri tra gli Apostoli, e prima di me furono in Cristo.8Salutate Ampliato a me carissimo nel Signore.9Salutate Urbano nostro cooperatore in Cristo Gesù, e Stachi mio diletto,10Salutate Apelle, che ha dato saggio di se in Cristo.11Salutate la casa di Aristobulo. Salutate Erodione mio parente. Salutate quelli della casa di Narcisso, che sono nel Signore.12Salutate Trifena, e Trifosa, le quali faticano nel Signore. Salutate la diletta Perside, la quale ha faticato molto nel Signore.13Salutate Rufo eletto nel Signore, e la madre di lui, e mia.14Salutate Asincrito, Flegonte, Erma, Patroba, Erme, e i fratelli, che sono con essi.15Salutate Filologo, e Giulia, Nereo, e la sua sorella, e Olimpiade, e tutti i Santi, che sono con essi.16Salutatevi scambievolmente col bacio santo. Vi salutano tutte le Chiese di Cristo.17Io poi vi prego, o fratelli, che abbiate gli occhi addosso a quelli, che pongono dissensioni, e inciampi contro la dottrina, che voi avete apparata; e ritiratevi da loro.18Imperocché questi tali non servono a Cristo Signor nostro, ma al proprio lor ventre: e con le melate parole, e con l'adulazione seducono i cuori da' semplici.19Imperocché la vostra ubbidienza è divolgata per ogni dove. Mi rallegro adunque per riguardo a voi. Ma bramo che voi siate sapienti nel bene, semplici quanto al male.20Il Dio poi della pace stritoli Satana sotto de' vostri piedi tostamente. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo con voi.21Vi saluta Timoteo mio cooperatore, e Lucio, e Giasone, e Sosipatro miei parenti.22Vi saluto nel Signore io Terzo, che ho scritta la lettera.23Vi saluta Cajo, mio albergatore, e tutta quanta la Chiesa. Vi saluta Erasto tesoriere della città, e il fratello Quarto.24La grazia del Signor nostro Gesù Cristo con tutti voi. Cosi sia.25A lui poi, che è potente per rendervi costanti nel mio Vangelo, e nella predicazione di Gesù Cristo secondo la rivelazione del mistero, che fu taciuta pe' secoli eterni,26E ora è stato svelato, e notificato a tutte le genti per mezzo delle scritture de' profeti giusta l'ordinazione dell'eterno Iddio, affinchè si ubbidisse alla fede.27A Dio solo: Sapiente onore, e gloria per Gesù Cristo ne' secoli de' secoli. Così sia.

Note:

16,1:Vi raccomando la nostra sorella Febe. Per le mani di questa pia donna credesi, che l'Apostolo inviasse a' Romani questa sua lettera. Dice sorella nostra, cioè vostra, e mia sorella, vale a dire in Gesù Cristo.
Che serve la Chiesa di Chencre. Chencre, ovvero, Chencrea era uno de' porti di Corinto. Vedi gli Atti XXIII. 18. Alla Chiesa, che era in Chencre, serviva questa pia donna in qualità di diaconessa giusta il sentimento di Origene, e del Grisostomo. Queste diaconesse furono per molti secoli nella Chiesa, e il loro uffizio è stato conservato in alcune Chiese sino a' tempi nostri, come nella chiesa Pisana. Erano o vergini, o vedove di un sol marito, di età matura, e di specchiata bontà di vita, elette da' Vescovi, e ammesse al ministero mediante l'imposizione delle mani. Ciò però non vuol dire, che avessero parte al sacerdozio, o ad alcuna funzione del sacerdozio: imperocchè non altro era questa imposizione, se non una benedizione, con la quale le stesse diaconesse erano quasi consacrate al ministero e al servigio della Chiesa. Uffizio delle diaconesse era primieramente di assistere al battesimo delle donne, affinchè con tutto il decoro, e onestà si amministrasse questo sagramento in que' tempi, ne' quali e battezzavasi per immersione, e le persone, che si battezzavano, erano adulte,, e grandi. In secondo luogo, di istruire le catecumene de' primi ru dimenti della fede, non nella Chiesa, ma nelle case private. Terzo, visitare le ammalate, e le afflitte. Quarto, sovvenire a' bisogni de' cristiani posti in carcere per cagion della fede, uffizio, a cui meglio eran atte, che gli uomini, la misericordia nnturale verso il loro sesso facilitando ad esse la libertà di accostarsi alle prigioni senza dar ombra a' nemici della fede. Quinto, siccome in molti templi cristiani per una porta entravan le donne, per l'altra gli uomini, alla porta delle donne stavano le diaconesse. Dalle quali cose apparisce grandi essere stati i servigi, che alla Chiesa rendevano queste pie fem mine, delle quali, siccome anche in altri luoghi si parla da Paolo, ho voluto qui notare il loro essere e i loro ministeri.

16,2:Affinchè la accogliate nel Signore, come si conviene a' Santi. Ricevetela in quella guisa, che i Santi debbono ricevere i Santi, con piena, e schietta carità.
E la assistiate in qualunque cosa avrà bisogno di voi; imperocchè ec. Questa Febe, che era, come veggiamo, e pia, e nobile, e facoltosa, doveva avere in Roma dei negozi da spedire; e perciò l'Apostolo raccomanda a' Romani, che a lei prestino assistenza e aiuto nella stessa maniera, che ella soleva assistere a molti, e anche allo stesso Apostolo.

16,3-4: Salutate Prisca, e Aquila ec. Di questi si fa pur lodevole menzione negli Atti XVIII. 2.26. Imperocchè Prisca è lo stesso nome, che Priscilla, essendo Priscilla di minutivo di Prisca, come Claudilla di Claudia, Livilla di Livia, e simili. Vedi ancora 1. Cor. XVI. 19. L'elogio, che fa a questa illustre coppia l'Apostolo, di aver sotto posto quasi alla scure le loro teste per salvar lui, non sappiamo bene a quale occasione possa riferirsi, se non fosse o a quella del capo XVIII. degli Atti, ovvero all'altra del capo XIX.; imperocchè sembra certo, che in quelle due occasioni erano con Paolo i due coniugi. A ragione però, dice Paolo, che non solo egli professava ad essi molta riconoscenza per tanta lor generosità, ma tutte ancora le Chiese, alle quali tanto era a cuore la conserva zione del comune maestro.

16,5: E anche la Chiesa della lor casa. E i fedeli tutti, che si adunano nella loro casa per la frazione del pane, per udir la parola di Dio, e per la comune orazione. Imperocchè o non essendovi ancora pubblici templi, o non essendo questi capaci di tutta la moltitudine de' cristiani, dovevano questi radunarsi nelle case più comode.
Salutate Epeneto... frutto primaticcio ec. Nella prima ai Corinti I. 16. si dice, che Stefana era frutto primaticcio dell'Acaia, cioè il primo, che abbracciata avesse la fede nell'Acaia; e ciò dimostra, come la lezione della nostra Volgata è la vera; imperocchè il Greco, che legge qui Achaia in cambio di Asia, non può stare con il detto luogo dell'epistola a' Corinti, e molti manoscritti Greci leggono come la Volgata.

16,6:Salutate Maria, la quale molto ec. La fede, e la carità di questa donna era giunta fino alle orecchie di Paolo; ed egli tenendo per fatto a sè tutto quel che era fatto per Cristo, pel Vangelo, e pei Santi, la saluta onorevolmente, benchè mai veduta non l'avesse.

16,7: Andronico, e Giunia miei parenti, stati meco in prigione. È da creder, che fosser marito e moglie An dronico, e Giunia, e non poco onore faceva ad essi la parentela, che avean con l'Apostolo; ma molto più la società, che ebber con lui ne' patimenti. Non si sa, in quale occasione avessero la sorte di essere incarcerati con lui, dappoichè Paolo più volte fu messo in prigione, vers. 2 Cor. VI. 5. S. Clemente dice, che ciò gli avvenne set te volte, epist. ad Corinthios.
Sono illustri tra gli Apostoli, e prima di me ec. Due altri titoli di onore per questi due parenti di Paolo: 1., che avevano abbracciata la fede prima di lui; 2. che non contenti di credere si affaticavano per trarre altri a Cristo; onde il loro nome era celebre tra gli Apostoli, vale a dire tra gli operai del Vangelo.

16,8:Ampliato, a me carissimo nel Signore. Carissimo non per alcun titolo, o onore mondano, ma per amore del Signore, a cui solo egli serve.

16,9:Urbano... cooperatore in Cristo. Il quale, come me, si impiega in quel che riguarda il servigio di Cristo.

16,10:Apelle, che ha dato saggio di sè in Cristo. Chiunque si fosse questo Apelle, egli si era distinto per la sua fede, per cui probabilmente aveva patito; onde aveva dato a conoscere, come ben pura, e sincera fosse in lui la rarità di Cristo.

16,11:Salutate quelli della casa di Narcisso. Si crede, che questo Narcisso fosse un liberto dell'Imperador Claudio, che è famoso nella storia Romana, della famiglia di cui non pochi avessero abbracciato il Vangelo.

16,12:Trifena, e Trifosa, le quali faticano ec. Queste due donne potevano essere due diaconesse; e lo spirito di carità, onde erano animate, può averle portate a servire alla conversione de' prossimi anche oltre i confini prescritti al loro sesso, come di Priscilla si vede negli Atti. E lo stesso si dica di Perside distinta da Paolo col titolo di diletta.

16,13:Rufo eletto nel Signore, e la madre di lui, e mia. Potrebbe Rufo essere uno de' due figliuoli di Simone Cireneo. Vedi Marc. XV. 2. La madre di Rufo chiama l'Apostolo madre anche sua pel rispetto, che, portava alla virtù di lei, e per l'amore, che ella aveva per esso.

16,14:Asincrito, Flegonte, Erma, ec. Erma alcuni credono, che possa essere l'autore di un libro , che è venuto sino a noi intitolato il Pastore. Degli altri nominati e in questo, e nel seguente versetto nulla sappiamo. Ma riflettasi un po' e si ammiri, sino a qual segno fosse in formato il nostro Apostolo delle cose della Chiesa di Roma, e qual distinta notizia egli avesse di tante persone, che mai non aveva vedute.

16,16:Salutatevi scambievolmente col bacio santo. Col bacio della carità usato tra' Cristiani al fine della comune orazione, il qual bacio chiamavasi ancora pace, perchè davasi in segno di pace, e di dilezione. Ed era tenuta per gran mancamento l'omissione di questo bacio di santo affetto, nel qual contenevasi il voto, per così dir, della pace, e della unità: onde Tertulliano de orat.: Qual orazione è intera, se è dal bacio santo divisa? Che sagrifizio è quello, da cui senza il bacio della pace uno si parte?

16,17:Vi prego ... che abbiate gli occhi addosso a quelli, che pongono ec. Ponete mente a tutto quello che van facendo certi spiriti inquieti, che non cercano, che di seminare piati, e discordie, affin di corrompere la dottrina, che voi avete appreso, pura, e sincera.
E ritiratevi da loro. Fuggiteli come peste; non conversate giammai con essi.

16,18:Non servono a Cristo ... ma al proprio lor ventre e con le melate parole, ec. Costoro son ben lontani dal far quel che fanno, per gloria di Cristo: imperocchè sotto pretesto del nome di Cristo, e del Vangelo, al proprio utile, e al vil guadagno sol pensano, e con le dolci parole, e con le false lodi tentano d'insinuarsi ne' cuori de' semplici per sedurgli, e trargli in rovina.

16,19:La vostra ubbidienza è divulgata per ogni dove. Mi rallegro adunque per riguardo a voi. È nota per tutto il mondo la docilità, con la quale avete abbracciato il Vangelo; e ciò porge a me motivo di grande allegrezza per il bene, che ne è a voi derivato. Così sa l'Apostolo con soavità, e prudenza mirabile raddolcire l'amaro dell'ammonizione, che vuol dare a' Romani, e della quale sapeva egli il bisogno.
Bramo, che voi siate sapienti nel bene, semplici quanto al male. Bramo, che in tutto quello, che è bene, niuna cognizione a voi manchi, niuna cautela per guardarvi da' seduttori, niuna prudenza; del male poi state affatto ignoranti; in una parola, dice l'Apostolo: vi desidero tanto prudenti, che non siate ingannati, e distol ti dal bene, tanto buoni, che non sappiate ingannar chicchessia.

16,20:Il Dio poi della pace stritoli Satana ec. L'autore della pace abbatta a' vostri piedi il Demonio, maestro, e capo delle dissensioni, e delle scisme, che ora insidia al vostro calcagno per mezzo de' suoi emissari, che non rifinano di accendere il fuoco della discordia tra voi. La grazia del Signor nostro Gesù Cristo con voi. Aiutivi a ottener questo e ogni altro bene la grazia del Salvatore, che non mai vi abbandoni. La stessa orazione per trasporto di affetto ripete nel versetto 24.

16,21:Vi saluta Timoteo ... Lucio, e Giasone, e Sosipatro miei parenti. A Timoteo sono scritte due lettere di Paolo e di lui anche si parla negli Atti XVI. Lucio per comun parere è s. Luca (declinando questo nome secondo l'uso Latino) scrittore del Vangelo, e degli Atti Apostolici. Giasone è celebre per l'ospizio, che dava a Paolo in Tessalonica. Atti XVII. 5. Sosipatro era di Berea. Atti XX. 4.

16,22:Vi saluto ..... io Terzo, ec. Terzo era il segretario, il quale a dettatura di Paolo scrisse questa lettera; quello, che segue, sembra, che lo scrivesse Paolo di Sua maInO.

16,25-27:A lui poi, che è potente ec. Questi ultimi tre versetti si ordinano in questa maniera: gloria per Gesù Cristo ne' secoli a Dio, che solo è sapiente, e ha virtù, e potere di rendervi costanti nel custodire il Vangelo, e quello, che vi ho predicato intorno a Gesù Cristo. Questa predicazione concerne la rivelazione di quel gran mistero di cui non è stato parlato se non oscuramente in tutte le età precedenti; e questo mistero è quello della vocazione de' Gentili, che è stato adesso manifestato, e renduto palese a tutto il mondo mediante la sposizione delle profezie, nelle quali era predetto, ed è stato manifestato per disposizione dell'eterno Iddio, perchè tutti ubbidissero alla fede. Quelle parole gloria per Gesù Cristo a Dio significano il desiderio di Paolo, che Dio sia glorificato da tutti gli uomini mediante la fede di Cristo, cui tutti si assoggettino. E ancora, come noi i nostri ringraziamenti a Dio offeriamo per Gesù Cristo, così per lui medesimo gli indirizziamo delle nostre lodi il tributo.