Scrutatio

Venerdi, 19 aprile 2024 - San Leone IX Papa ( Letture di oggi)

Sapienza 2


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Lo scopo degli empj, che non hanno speranza detta vita futura, si è di godere i piaceri di questa vita: per questo odiano il giusto, che mira ad un altro fine, e lo perseguitano a morte, come per invidia del diavolo l'uomo fatto immortale divenne mortale.

1Imperocchè negli storti loro pensamenti vanno dicendo: Corto, e tedioso è il tempo di nostra vita, e non v'è riparo per l'uomo dopo il suo fine, e non v'ha chi sappiasi esser tornato dall'inferno:2Perocché noi siam nati dal nulla, e poscia saremo come se non fossimo stati giammai, perché il fiato delle nostre narici è un fumo: e la loquela è una scintilla veniente dal movimento del nostro cuore:3Spenta la quale il corpo nostro sarà cenere, e lo spirito si dissiperà come un aere leggero, e la nostra vita passerà come la traccia di una nuvola, e si scioglierà come nebbia battuta dai raggi del sole, e dal calore di esso disciolta:4E il nome nostro sarà dimenticato col tempo, e nissuno avrà memoria delle opere nostre.5Perocché il nostro tempo è un'ombra, che passa, e finiti che siamo non si torna da capo, si mette il sigillo, e nissuno non torna indietro.6Su via adunque godiam de' beni presenti, e delle creature facciamo uso frettolosamente, giovani come siamo;7Empiamoci di prezioso vino, e di unguenti, e non si lasci fuggire il fiore della stagione.8Coroniamoci di rose prima che appassiscano, non siavi prato, per cui non passeggi la nostra cupidità.9Nissuno sia di noi, che non partecipi de' nostri sollazzi; lascinsi in ogni luogo i segnali di nostra galloria; perocché questa è la nostra porzione, e la (nostra) sorte.10Si opprima il giusto, che è povero, e non si abbia pietà della vedova, e non si abbia rispetto alla antica canizie dei vecchi.11E il (nostro) potere sia nostra legge di giustizia; imperocché quello, che è senza forze si vede, che non è buono, a nulla.12Noi adunque mettiamo in mezzo il giusto, perché egli non è buono per noi, ed è contrario alle opere nostre, rinfaccia a noi i peccati contro la legge, e propala in nostro danno i mancamenti del nostro modo di vivere.13Si vanta di aver la scienza di Dio, e si da il nome di figliuolo di Dio.14Egli è diventato il censore dei nostri pensieri.15E penosa cosa per noi anche il vederlo, perché la vita di lui non è come quella degli altri, e diverse son le sue vie.16Siamo stati riputati da lui come gente da nulla, ed egli schiva le nostre costumanze come immondezze, e preferisce la fine de' giusti, e ai gloria di aver per padre Iddio.17Vedasi adunque se le sue parole siano veraci, e proviamo quel, ch'abbia da essere di lui, e vedremo dov'egli anderà a finire.18Perocché se egli o vero figliuolo di Dio, questi il difenderà, e lo salverà dalle mani degli avversarj.19Proviamolo colle contumelie, e co' tormenti per vedere la sua rassegnazione, e conoscere qual sia la sua pazienza.20Condanniamolo a morte sommamente obbrobriosa; perocché vi sarà chi avrà cura di lui giusta le sue parole.21Così hanno pensato, e son caduti in errore; perocché la loro malizia gli ha accecati.22E non intesero i misteri di Dio, e non isperarono ricompensa della giustizia, e non fecero stima dell'onore serbato alle anime sante.23Imperocché Dio creò l'uomo per la incorruzione, e lo fece a sua immagine, e somiglianza.24Ma per l'invidia del diavolo entrò nel mondo la morte.25E lui imitano quelli, che a lui appartengono.

Note:

2,1:Negli storti loro pensamenti vanno dicendo: ec. Continua l'argomento del capo precedente, e fa vedere il perchè gli empi sieno degni di morte, mentre rigettati i premi e i gastighi della vita futura, si aprono larga strada alla distruzione di ogni pietà e religione, ed anche all'Ateismo.
E non v'è riparo per l'uomo dopo il suo fine. Tale dee essere il senso della nostra Volgata, perocchè nel Greco leggesi: non è medicina nella fine dell'uomo, non v ha rimedio che guarisca il male della morte: perocchè non vogliono dir costoro, che dopo la morte non siavi mercede o consolazione, mentre ciò è più che certo presso di loro, che negano la vita futura, come vedremo, e i loro pensieri non portano oltre l'angusta sfera de' sensi. E non v'ha chi sappiasi esser tornato dall'inferno. E non sappiamo, che alcuno dopo esser morto, e dopo essere stato messo nel sepolcro, sia tornato a vivere nuova vita, nella quale abbia potuto consolarsi dei giorni cattivi, che ebbe nella vita precedente, e abbia potuto godere i piaceri, che non godè nella precedente sua vita.

2,2:Siam nati dal nulla, ec. Il Greco dice: a caso, per effetto del caso; ma la Volgata stessa va al medesimo senso: il nostro principio fu il niente: non avemmo un autore di nostra esistenza; venimmo al mondo come i funghi repentinamente: il caso ci fece, il caso ci annichilerà.
Il fiato delle nostre narici è un fumo. La vita e l'anima nostra non è altro, che un fiato, un respiro, e questo fiato non è altro, che un fumo; questo fumo viene a mancare, e si sperge pell'aria: così se ne va l'anima nostra, e noi non siamo più nulla.
E la loquela è una scintilla veniente dal movimento del nostro cuore: ec. Vogliono dire, che la nostra vita è quel fuoco vivace, che sta nel cuore, il qual fuoco nel movimento del cuore stesso getta delle scintille, che sono le parole, e il discorso; finito il fuoco, finiscon le scintille, e restan le faville e le ceneri; così finito il calore del cuore, finisce la loquela e la vita; il corpo va in cenere, e lo spirito si discioglie come un aere leggero.

2,3:E la nostra vita passerà ec. Esprime la mobilità e vanità, e il niente della vita dell'uomo, delle quali cose si servono gli empi a sempre più persuadersi, che tutto l'uomo finisce quaggiù. Notò già Lattanzio, che i filosofi non furono giammai daccordo intorno all'essere dell'anima umana: perocchè altri dissero, ch'ell'era il sangue, altri il fuoco, altri il vento, altri altre cose, De Opif. Dei cap. 17.La qual cosa sempre più dimostra il bisogno in cui era l'uomo che Dio parlasse, e gli facesse cono scere l'esser suo, come gliel fece conoscere nella divina Storia della creazione.

2,5:Si mette il sigillo, ec. Si mette il sigillo al sepolcro, e nissuno dopo che vi è entrato ritorna alla vita. Così nell'Apocalisse XX. 3. si legge, che il diavolo è chiuso nell'abisso, il qual abisso è ancor sigillato, perch' ei non ne esca.

2,6:Su via adunque, godiam dei beni presenti, ec. Tale è la conclusione, che gli empi traggono dalla considerazione della brevità e delle miserie di questa vita. Quanto meglio l'Apostolo sopra gli stessi principi ragionando, esortava al distaccamento dal mondo e dalle sue vanità, per attendere a qualche cosa di solido e di permanente! I. Cor. VII. 29-31.

2,7:Il fiore della stagione. Il tempo più atto a divertirsi, a sollazzarsi, a golere.

2,8:Coroniamoci di rose ec. Non fu tragli Ebrei l'uso delle corone ne' conviti, se non quando, corrotti i costumi della nazione, molti di essi adottarono i costumi de' Gentili. Vedi Tertull. de corona mil. cap. 9. II. Machab. VI. 7.

2,10:Si opprima il giusto che è povero, ec. Osservò s. Agostino in psal. LII., che la voluttà (la quale sembra da principio si mite) è crudele, e piena di ferità contro di chi se le opponga.

2,11:Il (nostro) potere sia nostra legge di giustizia. È giusto tutto quello che noi avrem possanza di fare. Quello, che è senza forze, si vede che non è buono a nulla. I deboli non sono fatti se non per esser preda dei forti.

2,12:Noi adunque mettiamo in mezzo il giusto, ec. Dalle generali e usitate massime degli empi si passa alla descrizione di una particolare atrocissima scelleraggine, descrizione, che è una vera chiarissima profezia di quello, che fecero contro Cristo gli Scribi e i Farisei, onde Lattanzio ebbe a dire, che il Savio descrisse i sentimenti di coloro, e gli scellerati loro consigli, come se ad essi si, fosse trovato presente. Oltre l'autorità dei Padri della Chiesa, i quali in questo giusto circonvenuto ed oppresso ravvisarono il Messia, il solo paragone di quello, che dicesi in questo luogo, con quel che sta scritto nel Vangelo chiaramente dimostra, che di lui qui si parla: anzi i motivi dell'odio crudele, con cui gli Scribi e i Farisei perseguitarono il Cristo, più distintamente son qui esposti, che nello stesso Vangelo. Mettiamo in mezzo il giusto. Tendiamo insidia a quest'uomo, cui dal popolo e dato il nome di Giusto, perchè egli è insopportabile per noi; i suoi costumi, la sua dottrina, la sua vita troppo si oppone alla nostra maniera di vivere e di pensare, e non tanto colle parole, quanto co' fatti si oppone a noi e a'nostri costumi; ci rimprovera la inosservanza della legge, e riprende pubblicamente le interpretazioni, che nella nostra scuola si danno alla stessa legge, colle quali interpretazioni e colla tradizione dice, che noi corrompiamo e togliam di mezzo i comandamenti del Signore. Veggasi Matt. XXIII. 25., Joan. VII. 19., Luc. XI. 39. 45. ec.

2,13:Si vanta di aver la scienza di Dio. Vedi Joan. VII 16. 28., Matt. XII. 27., Joan. XXVII. 3., Joan. VIII. 26. Si dà il nome di figliuolo di Dio. Vedi Matt. XXVIII. 43, e questa era la massima delle accuse contro di Cristo, onde è ribattuta vers. 16., vers. 18.

2,14:Il censore de' nostri pensieri. Svela, e riprende, e diffama tutti i pensieri nostri. In molte occasioni Cristo fece vedere a questi empi, come egli leggeva ne' loro cuori i più nascosti loro disegni. Vedi Matt. IX. 4. Luc. VI. 7 ec. Ma è cosa degna di essere considerata con terrore e orrore, che quello stesso, onde gli Scribi e i Farisei doveano conoscere il divino essere di Cristo, e la verità della sua missione, serve alla loro passione di stimolo a più crudelmente e ostinatamente perseguitarlo.

2,15:È penosa cosa per noi anche il vederlo, ec. Così all'occhio malato è odiosa la luce, dice s. Agostino conf. VII. 6. Così Saulle non di buon occhio vedeva Davidde, 1 Reg. XVIII. 9. Dicono adunque costoro, che Cristo è divenuto per essi odioso a tal segno, che non possono più patir di vederlo, perchè la vita di lui non è come quella degli altri, e le sue vie, vale a dire le vie, che egli insegna agli uomini, sono dalle loro troppo diverse. Egli insegna di amare i nemici, chiama beati i poveri di spirito, beati quelli che piangono, beati quelli che soffron persecuzione per la giustizia ec. ec.

2,16:Come gente da nulla. Si burla di noi, delle nostre tradizioni, de' nostri insegnamenti, delle nostre lavande. Vedi Matt. XII. 39., Joan. VIII. 55. il Greco si potrebbe tradurre: Siamo stati riputati da lui come gente bastarda, non come veri figliuoli di Abramo, ma come bastardi. Vedi Joan. VIII. 39.
Schiva le nostre costumanze ec. Così Luc. XII. I. egli diceva: Guardatevi dal fermento de' Farisei, che è l'ipocrisia.
E preferisce la fine dei giusti. Dice che i giusti, i quali nel mondo hanno croce e patimenti sono nella loro fine beati. Condanna la nostra vita, e dice, che sciagurata e funesta sarà la nostra fine, e beata quella de' giusti. La storia del ricco Epulone e di Lazzaro metteva in vista tali verità. Vedi Luc. XVI.

2,17:Veggasi adunque se le sue parole sieno veraci, ec. Parlano così questi empi nello stesso senso, col quale di un altro giusto, figura del Cristo, dicevano gl'indegni fratelli: Su via ammazziamolo... ed allora apparirà, che giovino a lui i suoi sogni. Gen. XXXVII. 20.

2,19:Proviamolo colle contumelie e co' tormenti, ec. Proviamo se egli abbia alla prova la costanza e la fortezza per resistere sino alla fine: facciamo uso de' più forti mezzi, che adoperare si possono a vincere un uomo, i tormenti e gli obbrobri. Ed in fatti nissuna specie di dolori, nissuna specie di avvilimento e d'infamia fu risparmiata da costoro verso del Cristo.

2,20:A morte sommamente obbrobriosa. A morte di croce, e in mezzo a due ladri. La croce era supplicio infame presso i Romani, de' quali scrive Plutarco, che crocifiggevano ogni anno un cane, e così crocifisso il portavano con solennità quasi in processione, dimostrando di qual gastigo fossero degni que' cittadini, che non vegliassero al bene della patria: presso gli Ebrei era maledetto chi fosse confitto sulla croce.
Vi sarà chi avrà cura di lui ec. Iddio suo padre penserà a lui, lo mirerà, lo soccorrerà, come egli ha detto più volte. Così parlano per ironia e disprezzo.

2,21:La loro malizia gli ha accecati. Cecità volontària perchè nata da volontària malvagità: l'odio e l'invidia, che li portò ad infierire contro del loro Messia, non per mise, che aprissero gli occhi all'evidentissime prove, che in mezzo agli stessi patimenti diede Cristo di sua in superabil pazienza, di sua incredibil bonta, della verità di sua missione e della sua stessa divinità

2,22:E non intesero i misteri di Dio. Non intesero i segreti consigli di Dio, che volle liberare il mondo per mezzo dei patimenti di Cristo, e condurre alla salute gli eletti per la stessa via della croce.
E non isperarono ricompensa della giustizia. Non ebbero speranza alcuna de' premi preparati nella vita avve nire alla giustizia.

2,23:Creò l'uomo per la incorruzione, e lo fece a sua immagine ec. Perchè fosse incorruttibile, cioè immortale, anche quanto al corpo.

2,24:Per l'invidia del diavolo ec. Il demonio invidiò all'uomo la speranza di felicità, cui egli avea perduta pel suo peccato, e sedusse Eva, e indusse anche Adamo a peccare; e dal peccato venne la morte.

2,25:È lui imitano ec. Gl'invidiosi sono imitatori del diavolo: essi si perdono, e cercano la perdizione de' prossimi loro, come il diavolo si perdè e cerca di mandare in rovina gli uomini; così l'invidia è chiamata da' Padri peccato diabolico: e Cristo stesso agli ostinati suoi nemici diceva: Voi avete per padre il diavolo, e volete adempiere i desideri del padre vostro: egli fin da principio fu omicida. Joan. v. III. 44.