Scrutatio

Venerdi, 19 aprile 2024 - San Leone IX Papa ( Letture di oggi)

Sapienza 15


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Ringraziamento a Dio per aver preservato il popol suo dalla idolatria, che avea corrotte tutte le genti. Stoltezza degli idolatri, e invettive contro di essi.

1Ma tu Dio nostro, tu se' benigno, e verace, e paziente, e tutto governi con misericordia:2Imperocché se noi peccheremo, siamo tuoi, noi che conosciamo la tua grandezza, e se non peccheremo, sappiamo che tu tieni conto di noi:3Perocché il conoscer te è la perfezione della giustizia, e il conoscere la giustizia, e potenza tua, è radice di immortalità.4Conciossiachè non ha indotti noi in errore la invenzione maligna degli uomini, né il vano artifizio di un'ombreggiata pittura, od una immagine co' vari colori rappresentata,5Di cui la vista sveglia la cupidità dello stolto, che ama la avvenenza di un morto ritratto senz'anima.6Quelli, che amano il male, sono degni di avere speranza in cose tali, e quelli pur, che lo fanno, e que', che le amano, e quelli, che le onorano.7Similmente un vasaio maneggiando la molle creta con molta fatica ne forma per nostro uso de' vasi di ogni sorte, e' della medesima pasta ne fa de' vasi per usi onesti, e similmente de' vasi per usi contrari: e dell'uso, a cui debban servire que' vasi ne è arbitro il vasaio;8E con vana fatica della stessa pasta né forma un Dio, egli, che poco prima fu di terra creato, e di qui a poco ritorna donde fu tratto, allorché gli sarà ridomandata quell'anima, di cui è debitore.9Ma egli non pensa alla fatica, che soffre, né alla brevità di sua vita, ma fa a picca cogli orefici, e argentieri, ed imita anche i bronzisti, e pone la sua gloria nel formare cose inutili,10Perché il suo cuore è cenere, e la speranza di lui è men pregevole della terra, e la vita di lui è più vile del fango:11Mentre egli non conosce colui, che lo ha formato, e gli ispirò quell'anima, mediante la quale egli opera, e soffo in lui lo spirito di vita.12Costoro anzi han creduto, che sia un giucco la nostra vita, e che tutta la nostra occupazione abbia da essere pel guadagno, e che convenga cercar di far roba anche col malfare:13Perocché ben sa, che più di tutti egli pecca colui, che di fragil materia forma de' vasi, e de' simolacri.14Ma son tutti stolti, e sgraziati, e superbi più che anima nata i nemici del popol tuo, i quali lo dominano,15Perché eglino credono dei tutti gli idoli delle genti, i quali non hanno l'uso degli occhi per vedere, né delle narici per respirare, né degli orecchi per udire, né delle dita delle mani per toccare, e i piedi stessi hanno incapaci di muoversi:16Perocché un uomo li fece, e formolli uno, a cui fu dato in prestito lo spirito: e nissun uomo potrà mai fare un Dio simile a se;17Ed essendo egli mortale colle inique sue mani forma un morto; onde egli è da più di quelli, che adora, perchè egli benché mortale ha ottenuto la vita, ma quelli non mai.18Ma essi rendono culto ai più odiosi i animali, i quali paragonati coll'altre bestie prive di sentimento son di queste peggiori.19Né alcuno può nell'aspetto istesso di quegli animali osservare alcun bene, come quelli, che han perduta l'approvazione, e la benedizione di Dio.

Note:

15,1:È verace. Si nel tuo essere, che non è finto o immaginario come quello degli dei del Gentilesimo; e sì nn cora nelle tue parole e nelle tue promesse e minacce.

15,2:Se noi peccheremo, siamo tuoi, noi ec. Gl'idolatri spergiurano e peccano, perchè veramente non han timore de' muti ed insensati dei loro; ma noi se pecchiamo siamo tuoi, opera delle tue mani, chiusi sotto la tua potenza, soggetti a te, che puoi e perdonare i nostri peccati e punirli, conoscendo noi la grandezza del tuo potere, a cui nissun può sottrarsi; e se non pecchiamo sappiano che tu tieni conto di noi, e saremo vieppiù cari a te, e ci riguarderai come buoni figliuoli, e ci ricolmerai dei tuoi favori e nel tempo e nella eternità.

15,3:Il conoscer te ec. il conoscer te, o sia il crederti con fede viva, operante per la carità, questo è perfetta giustizia, questo forma il vero giusto. Vedi Rom. I. 17., III.28., v. I., Gal. II. 16. È il conoscer la giustizia e potenza tua ec. Il sapere, che tu sei giusto e onnipotente, ispirandoci un santo timore, ci tien, lontani dal peccato e ci stimola al ben operare, che è il principio d'immorta lità e di felicità e di gloria eterna per noi.

15,4:Non ha indotti noi in errore la invenzione maligna ec. Rende grazie a Dio, il quale mediante la cognizione della vera religione (di cui pose qui sopra i principii) ha tenuto lungi dal popol suo la idolatria, che regnava presso tutte le altre nazioni. Non ha indotti noi in errore la invenzione maligna degli uomini, che si crearono degli dei bugiardi per lor dannazione; nè il vano artificio della pittura, la quale per mezzo di ombre e di colori rappresenta i corpi, nè la elegante rappresentazione e immagine di questi dei espressa colla varietà dei colori. Dove dice: l'antificio di una ombreggiata pittura, viene indicato il primo cominciamento e l'origine di quest'arte; perocchè dice Plinio, che a Sicione o a Corinto si cominciò a dipinger segnando con linee l'ombra dell'uomo formata nella muraglia: si aggiunse dipoi il colorito prima uniforme, dipoi variato. Vedi Plin. libro XXXV. 3. 4.

15,5:Di cui la vista sveglia la cupidità ec. Indica, che la bellezza di tali pitture contribuì grandemente alla propagazione del culto idolatrico. Di quel che potessero ad accendere le passioni certi capi di opera de' maestri di quest'arte se ne leggono stranissimi esempi in Plinio lib. XXXVI. 9., e in Arnobio Cont. Gent. lib. VI.

15,7-8:Similmente un vasaio ec. Rappresenta vivamente la stranissima cecità degl'idolatri. Eccoti un vasaio, che fa della stessa creta vasi ad usi propri e decenti, verbi grazia, da ornare una credenza o da servire per la tavola, e ne fa anche de' vasi ad usi vili e spregevoli, e della medesima pasta, di cui fa un vaso destinato ai sordidi bisogni del corpo, ne forma un Giove, un Apollo, una deilà. E notate, che il creatore (per così dire) di questa deità è un uomo mortale fatto anch'egli di terra, che tornerà presto nella terra stessa, da cui fu tratto, allorchè Dio gli ridomanderà quell'anima, che a lui diede come in deposito, Vedi Luc. XII. 20.

15,9:Ma egli non pensa ec. Ma questo vasaio, che fa i suoi idoli di terracotta, non bada alla fatica, non bada al suo essere di uomo mortale, ma lavora per farsi glorioso superando, se può,gli orefici, gli argentieri e bronzisti, che fanno li stessi ideli.

15,10:Il suo cuore è cenere, ec. Costui ha un cuore simile al fango, con cui fa li suoi dei, ha un cuor di cenere, e le sue speranze son polvere e cenere.

15,12-13:Han creduto, che sia un giuoco ec. Han creduto, che a nulla di serio debba esser indiritta la vita dell'uomo, che non si tratti in questo mondo di altro, che di sollazzarsi e darsi bel tempo, e perciò sia da cercare unicamente di guadagnare, di farsi ricco anche col mal fare: nulla importando se bene o male si viva, perchè (com' ei pensano) tutto finisce quaggiù, e il futuro è un niente. Pprocchè se qualche pensiero avesse della vita futura, ben rifletterebbe il vasaio, che egli pecca formando i suoi idoli più che tutti quei che gli adorano, perchè egli ben sa come il suo idolo altro non è, che un composto fatto da lui di quella stessa materia, della quale formò de' vasi d'ignominia: chi può adunque scusarlo quando egli alle altrui adorazioni espone cosa sì vile?

15,14-15:I nemici del popol tuo, i quali lo dominano. I nemici d'Israele, che cercan di opprimerlo, sono superbi e stolti e infelici più di qualunque uomo nato, perchè eglino adorano tutti i falsi dei delle nazioni (dei, che nulla sono e nulla possono), e di più perseguitano il popolo, che te adora, solo, unico vero Dio.

15,16:Fu dato in prestito lo spirito. L'anima, che egli a Dio dee rendere un giorno, come fu detto di sopra.

15,17:Egli è da più di quelli che adora. Onde dice s. A gostino, che se l'artefice, che diede all'idolo la sua figura, avesse potuto dargli un po'di sentimento, l'idolo stesso adorerebbe l'artefice. Serm. 55. De Verb. D.

15,18:Rendono culto ai più odiosi animali. I serpenti, i lupi, i lioni, i coccodrilli, i gatti, i topi ec., bestie peggiori degli altri irragionevoli animali, che son più docili e di miglior naturale, e più utili all'uomo.

15,19:Nè alcuno può nell'aspetto istesso ec. Vale a dire, sono orribili anche a vedersi. Parla dei serpenti adorati particolarmente dagli Egiziani; onde soggiunge, che questi dei degli Egiziani sono animali, che hanno perduta l'approvazione e la benedizione data da Dio alle sue creature (vedi Gen. 1. 31.); perocchè il serpente, perchè avea sedotta la prima donna fu maledetto da Dio, Gen. III. 14. Possono però queste parole: han perduta l'approvazione e la benedizione di Dio, estendersi a tutti gli animali adorati come dei, i quali per questo stesso motivo di essere divenuti obbietto di un culto sacrilego ed empio, meritaron di perdere l'approvazione e benedizione del Signore.