Scrutatio

Venerdi, 26 aprile 2024 - San Marcellino ( Letture di oggi)

Lettera ai Romani 7


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1O forse ignorate, fratelli – parlo a gente che conosce la legge – che la legge ha potere sull’uomo solo per il tempo in cui egli vive?2La donna sposata, infatti, per legge è legata al marito finché egli vive; ma se il marito muore, è liberata dalla legge che la lega al marito.3Ella sarà dunque considerata adultera se passa a un altro uomo mentre il marito vive; ma se il marito muore ella è libera dalla legge, tanto che non è più adultera se passa a un altro uomo.4Alla stessa maniera, fratelli miei, anche voi, mediante il corpo di Cristo, siete stati messi a morte quanto alla Legge per appartenere a un altro, cioè a colui che fu risuscitato dai morti, affinché noi portiamo frutti per Dio.5Quando infatti eravamo nella debolezza della carne, le passioni peccaminose, stimolate dalla Legge, si scatenavano nelle nostre membra al fine di portare frutti per la morte.6Ora invece, morti a ciò che ci teneva prigionieri, siamo stati liberati dalla Legge per servire secondo lo Spirito, che è nuovo, e non secondo la lettera, che è antiquata.
7Che diremo dunque? Che la Legge è peccato? No, certamente! Però io non ho conosciuto il peccato se non mediante la Legge. Infatti non avrei conosciuto la concupiscenza, se la Legge non avesse detto: Non desiderare.8Ma, presa l’occasione, il peccato scatenò in me, mediante il comandamento, ogni sorta di desideri. Senza la Legge infatti il peccato è morto.9E un tempo io vivevo senza la Legge ma, sopraggiunto il precetto, il peccato ha ripreso vita10e io sono morto. Il comandamento, che doveva servire per la vita, è divenuto per me motivo di morte.11Il peccato infatti, presa l’occasione, mediante il comandamento mi ha sedotto e per mezzo di esso mi ha dato la morte.12Così la Legge è santa, e santo, giusto e buono è il comandamento.13Ciò che è bene allora è diventato morte per me? No davvero! Ma il peccato, per rivelarsi peccato, mi ha dato la morte servendosi di ciò che è bene, perché il peccato risultasse oltre misura peccaminoso per mezzo del comandamento.
14Sappiamo infatti che la Legge è spirituale, mentre io sono carnale, venduto come schiavo del peccato.15Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto.16Ora, se faccio quello che non voglio, riconosco che la Legge è buona;17quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me.18Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo;19infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.20Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me.21Dunque io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me.22Infatti nel mio intimo acconsento alla legge di Dio,23ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra.24Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte?25Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io dunque, con la mia ragione, servo la legge di Dio, con la mia carne invece la legge del peccato.

Note:

Rm 7:Paolo affronta qui un tema da tempo nel suo pensiero (Rm 3,20; Rm 4,15; Rm 5,20; Rm 6,14): la liberazione del cristiano dalla legge; questo lo induce a esporre il ruolo della legge nel piano di Dio (cf. Rm 7,7+).

Rm 7,1:per il tempo in cui egli vive: la liberazione del cristiano, che Paolo esprime altrove con il tema biblico della «redenzione» (Rm 3,24+) o con il tema greco dell'«affrancamento» degli schiavi (Rm 6,15+), spesso appare anche in lui come una liberazione mediante la morte. Infatti la morte libera dalla vita antica e dalle sue schiavitù (Rm 6,7; Rm 7,1-3). Unito mediante la fede (Rm 1,16+) e il battesimo (Rm 6,4+) al Cristo morto e risorto (Rm 8,11+), il cristiano è morto al peccato (Rm 6,2; Rm 6,11 ; cf. 1Pt 4,1), alla legge (Rm 7,6; Gal 2,19+), agli elementi del mondo (Col 2,20), per vivere sotto il sistema nuovo della grazia e dello Spirito (Rm 8,5-13). Come l'affrancato appartiene al nuovo padrone (Rm 6,15+), così il cristiano risorto nel Cristo non vive più per se stesso, ma per il Cristo e per Dio (Rm 6,11; Rm 6,13; Rm 14,7s; 2Cor 5,15; Gal 2,20).

Rm 7,4:mediante il corpo di Cristo; il cristiano è morto alla legge e al peccato mediante «il corpo del Cristo» morto e risorto (cf. Rm 7,1+).

Rm 7,5:nella carne: 1. In senso primario la «carne» designa la materia corporea (1Cor 15,39 ; cf. Lc 24,39; Ap 17,16; Ap 19,18) che si oppone allo spirito (Rm 1,9+); il corpo oggetto di sensazione (Col 2,1; Col 2,5) e, in particolare, di unione sessuale (1Cor 6,16; 1Cor 7,28; Ef 5,29; Ef 5,31 ; cf. Mt 19,5p; Gv 1,13 ; Giuda 7), da cui risultano la parentela e l'eredità (Rm 4,1; Rm 9,3; Rm 9,5; Rm 11,14 ; cf. Eb 12,9). La «carne» serve anche, secondo l'uso biblico di basar, a sottolineare ciò che vi è di debolezza peritura nella condizione umana (Rm 6,19; 2Cor 7,5; 2Cor 12,7; Gal 4,13s ; cf. Mt 26,41p) e a designare l'uomo nella sua piccolezza davanti a Dio (Rm 3,20 e Gal 2,16; 1Cor 1,29 ; cf. Mt 24,22p; Lc 3,6; Gv 17,2; At 2,17; 1Pt 1,24). Di qui, per opporre l'ordine della natura a quello della grazia, l'uso delle espressioni: «secondo la carne» (1Cor 1,26; 2Cor 1,17; Ef 6,5; Col 3,22 ; cf. Fm 1,16; Gv 8,15), «la carne e il sangue» (1Cor 15,50; Gal 1,16; Ef 6,12; Eb 2,14 ; cf. Mt 16,17) e «carnale» (Rm 15,27; 1Cor 3,1; 1Cor 3,3; 1Cor 9,11; 2Cor 1,12; 2Cor 10,4). - 2. Poiché lo Spirito è il dono specifico dell'èra escatologica, la «carne» viene a caratterizzare l'èra antica in opposizione alla nuova (Rm 9,8; Gal 3,3; Gal 6,12s; Fil 3,3s; Ef 2,11 ; cf. Eb 9,10; Eb 9,13; Gv 3,6; Gv 6,63); ugualmente «secondo la carne» (1Cor 10,18; 2Cor 11,18; Gal 4,23; Gal 4,29 ; cf. Rm 1,3s; 2Cor 5,16) e «carnale» (Eb 7,16 ; ma cf. 1Cor 10,3s). 3. Paolo insiste particolarmente sulla «carne» come sede delle passioni e del peccato (Rm 7,5; Rm 7,14; Rm 7,18; Rm 7,25; Rm 13,14; 2Cor 7,1; Gal 5,13; Gal 5,19; Ef 2,3; Col 2,13; Col 2,18; Col 2,23 ; cf. 1Pt 2,11; 2Pt 2,10; 2Pt 2,18; 1Gv 2,16 ; Giuda 8.23), votata alla corruzione (1Cor 15,50; Gal 6,8 ; cf. Gc 5,3; At 2,26; At 2,31) e alla morte (Rm 8,6; Rm 8,13; 1Cor 5,5; 2Cor 4,11 ; cf. 1Pt 4,6), al punto da personificarla come una forza del male, nemica di Dio (Rm 8,7s) e ostile allo Spirito (Rm 8,4-9; Rm 8,12s; Gal 5,16s). Il Cristo ha infranto questa forza assumendo la «carne di peccato» (Rm 8,3 ; cf. 1Tm 3,16; Gv 1,14; 1Gv 4,2; 2Gv 1,7) e uccidendola sulla croce (Rm 8,3; Ef 2,14-16; Col 1,22 ; cf. Eb 5,7s; Eb 10,20; 1Pt 3,18; 1Pt 4,1). Uniti a lui (cf. Gv 6,51s), i cristiani non sono più «nella carne» (Rm 7,5; Rm 8,9), che hanno crocifissa (Gal 5,24 ; cf . 1Pt 4,1) e di cui si sono spogliati mediante il battesimo (Col 2,11); o, più esattamente, se sono ancora «nella carne» finché rimangono in questo mondo antico (Fil 1,22; Fil 1,24 ; cf. 1Pt 4,2), essi non le sono più asserviti (2Cor 10,3), ma la dominano con la loro unione al Cristo (Gal 2,20; Col 1,24).

Rm 7,7:La legge è in sé buona e santa in quanto esprime la volontà di Dio (Rm 7,12-25; 1Tm 1,8); rappresenta una gloriosa prerogativa di Israele (Rm 9,4 , ma cf. Rm 2,14s). E tuttavia appare uno scacco: non solo i giudei sono peccatori come gli altri, nonostante la loro legge (Rm 2,21-27; Gal 6,13; Ef 2,3), ma anche vi attingono una fiducia nelle loro opere (Rm 2,17-20; Rm 3,27; Rm 4,2; Rm 4,4; Rm 9,31s; Fil 3,9; Ef 2,8) che li chiude alla grazia del Cristo (Gal 6,12; Fil 3,18 ; cf. At 15,1; At 18,13; At 21,21). In altri termini, la legge è incapace di conferire la giustizia (Gal 3,11; Gal 3,21s; Rm 3,20 ; cf. Eb 7,19). Con una dialettica che riceve dalla polemica uno svolgimento paradossale, Paolo spiega questo scacco apparente con la natura stessa della legge e il suo ruolo nella storia della salvezza. Luce che rischiara lo spirito senza dare la forza interiore, la legge (mosaica, ma anche ogni legge, addirittura il «precetto» dato ad Adamo, cf. vv 9-11) è impotente a far evitare il peccato: piuttosto lo favorisce. Senza esserne essa stessa la fonte, si fa suo strumento risvegliando la concupiscenza (Rm 7,7s); informando il nostro spirito essa aggrava la colpa facendone una «trasgressione» (Rm 4,15; Rm 5,13); infine vi rimedia solo con un castigo di ira (Rm 4,15) di maledizione (Gal 3,10), di condanna (2Cor 3,9) e di morte (2Cor 3,6s), al punto che può essere chiamata la «legge del peccato e della morte» (Rm 8,2 ; cf. 1Cor 15,56; Rm 7,13). Se Dio ha voluto tuttavia questo sistema imperfetto, ne ha fatto come un regime transitorio di pedagogo (Gal 3,24), per dare all'uomo la coscienza del suo peccato (Rm 3,19s; Rm 5,20; Gal 3,19) e condurlo ad attendere la sua giustizia unicamente dalla grazia di Dio (Gal 3,22; Rm 11,32). Transitorio, questo sistema deve scomparire per cedere il posto al compimento della promessa fatta anteriormente ad Abramo e alla sua discendenza (Gal 3,6-22; Rm 4). Il Cristo ha posto fine alla legge (Ef 2,15 ; cf. Rm 10,4), «portandola a compimento» (cf. Mt 3,15; Mt 5,17) in quanto ha di positivo (Rm 3,31; Rm 9,31), specialmente con la sua morte, espressione suprema del suo amore (Rm 5,8; Rm 8,35; Rm 8,39; Gal 2,20; Fil 2,5-8); in questo modo egli soddisfaceva anche le esigenze della legge riguardo ai peccatori con i quali ha voluto rendersi solidale (Gal 3,13+; Rm 8,3+; Col 2,14). Egli libera i figli dalla tutela del pedagogo (Gal 3,25s). Con lui essi sono morti alla legge (Gal 2,19; Rm 7,4-6 ; cf. Col 2,20) dalla quale li ha «riscattati» (Gal 3,13) per farne figli adottivi (Gal 4,5). Mediante lo Spirito della promessa il Cristo dà all'uomo nuovo (Ef 2,15+) la forza interiore di compiere il bene comandato dalla legge (Rm 8,4s). Questo sistema della grazia, che si sostituisce a quello della legge antica, può ancora essere chiamato una legge, ma è la «legge della fede» (Rm 3,27), la «legge del Cristo» (Gal 6,2), la «legge dello Spirito» (Rm 8,2) che si riduce tutta all'amore (Gal 5,14; Rm 13,8-10 ; cf. Gc 2,8; Gv 13,34), partecipazione all'amore del Padre e del Figlio (Gal 4,6; Rm 5,5+).

Rm 7,9:vivevo senza la legge: collocandosi nello sviluppo della storia della salvezza, Paolo parla qui della umanità prima del sistema della legge (cf. Rm 5,13).

Rm 7,13:E' invece il peccato: il peccato personificato (cf. Rm 5,12) sostituisce il serpente di Gen 3,1 e il diavolo di Sap 2,24 .

Rm 7,14:Si tratta qui dell'uomo sotto il dominio del peccato, prima della giustificazione, mentre nel c 8 si tratterà del cristiano giustificato, in possesso dello Spirito. Ma anche questi conosce, quaggiù, una divisione interiore (Gal 5,17s).

Rm 7,20:che abita in me: Paolo non pensa qui di negare la responsabilità personale dell'uomo per il male, come non l'ha negata per il bene in Gal 2,20 .

Rm 7,21:questa legge: una «legge» attestata dall'esperienza dell'uomo carnale.

Rm 7,22:alla legge di Dio: una variante porta: «legge della mente», come nel v 23. - nel mio intimo: BJ traduce: «dal punto di vista dell'uomo interiore». Questo «uomo interiore» designa la parte razionale dell'uomo, in opposizione all'«uomo esteriore» (2Cor 4,16(a)) che è il suo corpo passibile e mortale. Questo tema di origine greca è distinto dal tema dell'uomo «vecchio» e «nuovo» (Col 3,9-10+) che dipende dall'escatologia giudaica. Accade tuttavia che Paolo parli dell'uomo «interiore» nel senso cristiano di uomo «nuovo» (2Cor 4,16(b); Ef 3,16).

Rm 7,24:votato alla morte: alla lettera: «dal corpo di questa morte». - Il corpo, con le membra che lo compongono (Rm 12,4; 1Cor 12,12; 1Cor 12,14s), cioè l'uomo nella sua realtà sensibile (1Cor 5,3; 2Cor 10,10) e sessuale (Rm 4,19; 1Cor 6,16; 1Cor 7,4; Ef 5,28), interessa Paolo come terreno della vita morale e religiosa. Per l'AT, vedere Gen 2,21+; Sap 9,15+ . Sottomesso dalla tirannia della «carne» (Rm 7,5+) al peccato (Rm 1,24; Rm 6,12s; Rm 7,23; Rm 8,13; 1Cor 6,18) e alla morte (Rm 6,12; Rm 8,10), e divenuto così «corpo di carne» (Col 2,11 ; cf. Rm 1,22), «corpo di peccato» (Rm 6,6 ; cf. Sap 1,4; Sap 9,15+) e «corpo di morte» (Rm 7,24), esso non è però votato all'annientamento come vorrebbe il pensiero greco, ma al contrario, secondo la tradizione biblica (Ez 37,10+; 2Mac 7,9+), è chiamato alla vita (Rm 8,13; 2Cor 4,10) mediante la resurrezione (Rm 8,11+). Il principio di questo rinnovamento sarà lo Spirito (Rm 5,5+), che si sostituisce alla psyche (1Cor 15,44+) e trasforma il corpo del cristiano nell'immagine del corpo risorto del Cristo (Fil 3,21). Attendendo questa liberazione escatologica (Rm 8,23), il corpo del cristiano, liberato in linea di principio dalla «carne» mediante l'unione alla morte del Cristo (Rm 6,6; Rm 8,3s), è già fin d'ora abitato dallo Spirito santo (1Cor 6,19) che lo forma a una vita nuova di giustizia e di santità (Rm 6,13; Rm 6,19; Rm 12,1; 1Cor 7,34), capace di meritare (2Cor 5,10) e di glorificare Dio (1Cor 6,20; Fil 1,20).

Rm 7,25:la mente: il noûs, intendimento o pensiero dell'uomo, è una nozione greca chiaramente distinta dal pneuma nel senso di Spirito soprannaturale (Rm 5,5+) e anche dallo spirito nel senso biblico di parte superiore dell'uomo (Rm 1,9+). E' il principio dell'intelligenza (1Cor 14,14; 1Cor 14,15; 1Cor 14,19; Fil 4,7; 2Ts 2,2 ; cf. Lc 24,45; Ap 13,18; Ap 17,9) e del giudizio morale (Rm 14,5; 1Cor 1,10). Normalmente retto (Rm 7,23; Rm 7,25), si trova tuttavia pervertito (Rm 1,28; Ef 4,17; 1Tm 6,5; 2Tm 3,8; Tt 1,15) dalla «carne» (Col 2,18 ; cf. Rm 7,5+) e deve essere rinnovato (Rm 12,2) nello spirito e mediante lo Spirito (Ef 4,23s ; cf. Col 3,10). - la legge del peccato: questa frase sembra un'aggiunta (forse dello stesso Paolo) che si troverebbe meglio collocata prima del v 24.