Scrutatio

Martedi, 7 maggio 2024 - Santa Flavia ( Letture di oggi)

Qoelet 2


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BIBBIA MARTINIBIBBIA TINTORI
1 Io dissi in cuor mio: Anderò a provarla copia delle delizie, e a godere dei beni. E riconobbi, che questo pure è vanità.1 Io dissi in cuor mio: « Vo' andare a tuffarmi nelle delizie, a godere i piaceri ». Ma riconobbi che anche questo è vanità.
2 Il riso lo condannai di pazzia: e al gaudio dissi: Come vanamente ti inganni!2 E il riso mi sembrò una pazzia, e dissi alla gioia: « Perchè perdi il tempo a ingannarmi ? »
3 Risolvei in cuor mio di divezzar la mia carne dal vino per rivolgere l'animo alla sapienza, e per fuggir la stoltezza; sino a tanto che io avessi veduto quel, che sia utile pe' figliuoli degli uomini, e quel, che sia necessario di fare sotto del sole nei giorni contati della sua vita.3 Risolvei allora in cuor mio di divezzare la mia carne dal vino, e di rivolger l'animo alla sapienza, per fuggir la stoltezza, finché non venissi a capire qual fosse il meglio per gli uomini, e che debban fare sotto il sole nei pochi giorni della loro vita.
4 Or io feci opere grandi, fabbricai delle case, e piantai delle vigne.4 Io feci grandi cose: mi fabbricai palazzi, piantai vigne,
5 Piantai orti, e giardini, e vi messi ogni specie di piante.5 feci orti e giardini, ove misi ogni specie di piante;
6 E formai delle peschiere di acque per annaffiare la selva de' giovani arboscelli.6 mi costruii delle vasche per annaffiare i vivai delle mie piante;
7 Ebbi in mio dominio dei servi, e delle serve con molta famiglia, ed armenti, e greggi di pecore numerosi, sorpassando tutti quelli, che furono avanti a me in Gerusalemme:7 comprai servi e serve, ed ebbi molta famiglia, e armenti e numerosi greggi di pecore, sorpassando tutti quelli che furono avanti di me in Gerusalemme.
8 Ammassai argento, ed oro, e quel,che aveano di più prezioso i regi, e le provincie: e mi scelsi de' cantori, e delle cantatrici, e le delizie de' figliuoli degli uomini, delle coppe, e de' vasi per mescere i vini.8 Ammassai argento ed oro, e i tesori dei re e delle provincie; mi procurai cantanti e cantatrici, e le delizie dei figli degli uomini, e coppe e vasi per mescervi il vino.
9 E superai nelle ricchezze tutti quei che furono prima di me in Gerusalemme; e la sapienza ancora fu sempre meco.9 E superai nelle ricchezze tutti quelli che furono avanti di me in Gerusalemme, conservando però anche la mia sapienza.
10 E non negai agli occhi miei nulla di tutto quel, ch'ei desiderarono, e non vietai al mio cuore, il godere di ogni piacere, e il deliziarsi in tutte queste cose preparate da me, e questa credetti la mia porzione, il godere di mie fatiche:10 Ai miei occhi non rifiutai nulla di quanto desideravano, nè vietai al mio cuore di godere ogni sorta di voluttà, e di deliziarsi nelle cose che io avevo preparate, credendo che questa fosse la mia sorte, di poter godere delle mie fatiche.
11 Ma volgendomi poi a tutte le opere fatte dalle mie mani, e alle fatiche, nelle quali io avea sudato inutilmente, in ogni cosa io vidi vanità, e afflizione di cuore, e che niente dura sotto il sole.11 Ma riflettendo a tutte lo cose fatte dalle mie mani e alle fatiche nelle quali avevo inutilmente sudato, vidi in ogni cosa vanità ed afflizione di spirito, e che niente dura sotto il sole.
12 Passai a contemplar la saggezza, e gli errori, e la stoltezza. Che è egli l'uomo (dissi io) che seguir possa il re suo Creatore?12 Passai poi a contemplare la sapienza, gli errori, la stoltezza « e che è l'uomo — dissi — da poter seguire il re suo creatore? ».
13 E riconobbi, come tanto va avanti la sapienza alla stoltezza, quanto la luce è distante dalle tenebre.13 E vidi che la sapienza è tanto superiore alla stoltezza quanto la luce alle tenebre.
14 Il saggio ha occhi in testa: lo stolto cammina al buio: ma io appresi,che e l'uno, e l'altro vanno egualmente alla morte.14 Il saggio ha occhi in testa, lo stolto cammina al buio, ma riconobbi che tutt'e due aspetta la medesima morte.
15 Onde io dissi in cuor mio: Se e lo stolto, ed io egualmente morremo, che giova a me l'aver fatto maggior studio della sapienza? E dopo averla discorsa coll'animo mio, conobbi, che questo stesso è vanità:15 Allora io dissi in cuor mio: « Se la medesima morte attende lo stolto e me, a che prò mi sono affannato tanto per la sapienza? E dopo aver parlato col mio spirito riconobbi che anche questo è vanità.
16 Perocché non sarà eterna la memoria del saggio, come neppure dello stolto; e i tempi avvenire seppelliran nell'oblio tutte a un modo le cose: muore il dotto appunto, come l'indotto.16 Infatti tanto del saggio che dello stolto non durerà per sempre la memoria, e l'avvenire ugualmente coprirà d'oblio tutte le cose; il dotto e l'ignorante muoiono allo stesso modo.
17 E perciò mi venne a noja la vita o in veggendo come i mali tutti si trovano sotto del sole, e che tutto è vanità, ed è afflizione di spirito.17 E presi in uggia la vita, vedendo che sotto il sole ci son tutti i mali, e che tutto è vanità e afflizione di spirito.
18 Detestai di poi tutta la mia sollecitudine, onde con tanto studio mi affannai sotto del sole, mentr'io son per avere un erede dopo di me,18 E allora tornai a detestare ogni mio lavoro intorno al quale mi ero con tanta sollecitudine affaticato, dovendo avere un erede dopo di me.
19 Il quale io non so se sia per essere sapiente, o stolto, e il quale possederà le mie fatiche, che a me costarono sudori, ed affanni. Or v'ha egli cosa vana più di questa?19 E non so se sarà sapiente o stolto; eppure possederà le mie fatiche che a me costarono tanti sudori ed affanni. Ci può essere cosa più vana?
20 Per la qual cosa io mi presi riposo, e il cuor mio rìnunziò a travagliarsi mai più sotto del sole.20 Per questo mi diedi al riposo, e il mio cuore rinunzio ad altri affanni sotto il sole.
21 Conciossiachè dopo che uno ha faticato con saggezza, e prudenza, e sollecitudine, gli acquisti suoi lascia ad un infingardo: e questo è certamente vanità, e male grande.21 Infatti, dopo che uno ha faticato con sapienza, prudenza e sollecitudine, lascia i suoi acquisti ad un infingardo. Ed anche questo senza dubbio è vanità e male grande.
22 Imperocché qual vantaggio trarrà l'uomo di tutte le sue fatiche, e delle afflizioni di spirito, ond'egli si è straziato sotto del sole?22 Qual vantaggio trarrà dunque l'uomo da tutte le sue fatiche, dall'afflizione di spirito con cui si è straziato sotto il sole?
23 Di dolori, e di amarezze sono pieni tutti i suoi giorni, e neppure la notte ha posa il suo spirito: e questo non è egli vanità?23 Tutti i suoi giorni son pieni di dolori e dispiaceri, neanche la notte ha riposo il suo spirito. E questo non è vanità?
24 Non è egli meglio mangiare, e bere, e far del bene all'anima propria colle proprie fatiche? E questo è pur dalla mano di Dio.24 Non è forse meglio mangiare e bere e mostrare all'anima propria il frutto delle proprie fatiche? Ma anche questo vien dalla mano di Dio.
25 Chi consumerà, e accumulerà delizie, come ho fatto io?25 Chi potrà mai mangiare e nuotar nelle delizie come ho fatto io?
26 All'uomo, che è retto dinanzi a lui, ha data Dio la sapienza, e la scienza, e la letizia; ma al peccatore ha date le afflizioni, e la inutile cura di accumulare, e ammassare de' beni per lasciarli a chi Dio vorrà: e questo pure è vanità, e inutile angoscia di animo.26 All'uomo che è retto dinanzi a lui Dio ha data la sapienza, la scienza, la gioia; al peccatore invece ha data l'afflizione, l'affanno di accumulare, perchè accresca e accumuli e poi lasci a colui che piace a Dio. Ma anche questo è vanità e inutile affanno dello spirito.