Scrutatio

Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Qoelet 6


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Seguita a parlare della infelice condizione dell'avaro, e dell'uso dei beni di fortuna.

1Havvi ancora un'altra miseria, ch'io vidi sotto del sole, ed anche usitata tra gli uomini:2Un uomo, a cui Dio ha date ricchezze, e beni, ed a cui nulla manca di tutto quello che ei può bramare in cuor suo; e Dio non gli da facoltà di mangiarne; ma il tutto sel divorerà un estraneo: questa è vanità, e miseria grande.3Se uno avrà generati cento figliuoli, e sarà vissuto molti anni, e fino all'età più avanzata, e l'anima di lui non avrà fatto uso dei beni, ch'egli possiede, ed ei resterà privo di sepoltura, riguardo a costui io decido, che val più di lui un aborto.4Perocché costui senz'alcun prò viene al mondo e se ne va nelle tenebre e il suo nome è sepolto nell'oblio.5Ei non ha veduto il sole, e non ha conosciuta la distanza del bene dal male:6Qnand'egli avesse vivuto due mila anni; s'ei non lui goduti i beni: tutte le cose non corron elle verso lo stesso luogo?7Tutte le fatiche dell'uomo son perla bocca: mal'anima di lui non si sazierà.8Che ha egli il saggio, di più dello stolto! E che ha il povero se non d'incamminarsi verso quel luogo, dove è la vita?9E meglio vedere quel che tu brami, che desiderare quello che tu non sai: ma questo pure è vanità, e presunzione di spirito.10Colui, che deve essere, fu già chiamato pel suo nome; e si sa, ch'egli è uomo, e non può in giudizio contendere contro chi ne può più di lui.11Questo è un moltipllcar le parole, nelle quali tralle disputazioni molta vanità si ritrova.

Note:

6,2:E Dio non gli dà facoltà di mangiarne, ec. Pare, che egli non sia padrone delle ricchezze che ha, pare che Dio non ne abbia dato a lui il dominio (così porta strettamente l'Ebreo); perocchè egli serve alle ricchezze, e non le ricchezze a lui: egli vive da mendico in mezzo alla sua opulenza per lasciar tutto ad un estraneo, che dissiperà il tutto: lo che è significato con quelle parole: il tutto sel divorerà un estraneo.

6,3:Cento figliuoli. Un numero grande di figliuoli, che era stimata una delle grandi felicità.
Ed ei resterà privo di sepoltura. Mette questa tralle miserie degli avari: perocchè molto conto si è fatto sempre della orrevole religiosa sepoltura, la quale era segno eziandio della benevolenza de' parenti ed eredi verso il defunto.
V'al più di lui un aborto. L'aborto (dice s. Girolamo) non ha veduto nè il bene, nè il male; ma questo avaro possessore di molti beni straziò crudelmente se stesso colle perpetue cure ed affanni, e si è tessuta la tela degli eterni supplizi.

6,4:Costui senza alcun pro viene al mondo. L'avaro, come l'aborto, è venuto al mondo inutilmente, perchè venendo l'uomo alla vita con questo fine, che, mediante il sostegno delle cose presenti, viva in modo da meritare i beni eterni, l'avaro e l'una cosa e l'altra perde miseramente e nel tempo presente e nel tempo avvenire.
Se ne va nelle tenebre. In quelle tenebre, delle quali si parla anche nel Vangelo, dove è pianto, e stridore di denti: ovvero, come altri spiegano, nelle tenebre di morte.
È il suo nome è sepolto ec. Nel mondo egli era detestato per la sua sordidezza: nell'altra vita non può sperare gloria, nè premio, onde egli non sarà in memoria, come saranno i giusti, conforme a quel che sta scritto Psal. CXI.

6,5:Ei non ha veduto il sole.Perchè visse nelle tenebre della tristezza, della malinconia, della solitudine, non si levò per lui il sole della intelligenza. E non ha conosciuto la distanza del bene dal male. L'avaro non vide altro che mali, e noie e afflizioni; più infelice di un aborto, il quale se non ebbe alcun bene, non ebbe nemmeno alcun male.

6,6:Quand'egli avesse vivuto due mila anni, ec. L'avaro quand'anche avesse vivuto due mila anni, cioè la più lunga vita, che immaginare si possa, non avendo egli de' suoi beni fatto l'uso che dovea, non è egli vero che (come tutte le altre cose) egli pure con tutte le sue ricchezze anderà a finir nella morte? E questa è sempre grandemente amara all'uomo, che la sua pace e la sua felicità ripone nelle ricchezze.

6,7:Tutte le fatiche dell'uomo son per la bocca: ec. Tutte le sollecitudini e le fatiche de' mortali hanno per fine di prepararsi il necessario per la bocca, cioè pe'corporali bisogni; ma l'avaro lungi dall'esser contento del necessario, ha un'immensa bramosia di accumulare, ed egli non potrà saziarla giammai. L'anima è qui posta pel desiderio dell'anima.

6,8:Che ha egli il saggio di più dello stolto? E che ha il povero? ec. In che cosa differisce dallo stolto avaro l'uomo saggio, l'uomo saggio e povero, il quale avendo il vitto e vestito si chiama contento? La differenza in questo consiste, che il saggio s'incammina verso quel luogo, dove egli ha il suo cuore e il suo tesoro, e dove è vera vita, perchè eterna e beata; il saggio non curandosi delle cose temporali, è intento alle eterne, e partendo da questa vita, va dove è la vita. Lascia Salomone, che s'intenda, come lo stolto avaro non va alla vera vita, ma dalla morte temporale passa all'eterna.

6,9:E meglio vedere quel che tu brami, ec. È più utile il tenere, e godere quello che tu puoi onestamente desiderare, vale a dire quello che è necessario alla propria sostentazione, che bramare quello che tu non sai, cioè non se' sicuro di ottenere, ovvero non sai se sia per essere un bene, od un male per te, se sia per renderti pago e contento, o per lasciarti nella stessa sete e avidità, e farti sempre infelice. E questo errore di tanti, i quali in cambio di viver contenti di quello che hanno, si consumano in vani desideri, che altra cosa è egli, se non vanità stolta, e presunzione? nell'Ebreo è qui la stessa voce, che di sopra è tradotta afflizione, ma assai bene è qui posta nella Volgata la parola presunzione, perchè si riconviene l'avaro che aspira a quello che ei non può ottenere, conciossiachè si promette ne' suoi futuri acquisti una felicità, ch'egli non avrà certamente.

6,10:Colui che deve essere, fu già chiamato pel suo nome; ec. Questo versetto, che è oscuro anzi che no, vie ne interpretato in diversissime maniere: mi attengo alla sposizione di un greco Interprete, la quale è anche portata da s. Girolamo. Parla adunque Salomone contro di quelli, che non contenti dello stato, in cui Dio li fe' nascere, mormorano contro la Providenza, che non diede loro le ricchezze, od altri vantaggi, di cui ricolmò tanti altri. Or dice il Savio: Qualunque uomo, che viene al mondo, o verrà, è conosciuto da Dio, il quale sa fino il nome, che ei porterà, e da Dio è collocato in quella con dizione, che piacque al suo Creatore; e siccome si sa, che quegli è un uomo debole, fragile, di cortissimo in tendimento, non può egli perciò disputare col suo Fattore, e quasi chiamarlo in giudizio, dicendo: perchè mi hai tu fatto così? conciossiachè egli ha da fare con uno, che di lui è più forte.

6,11:Questo è un moltiplicar le parole, ec. Così disputando stoltamente degli occulti giudizi di Dio, e delle di sposizioni di sua providenza, si gettano inutilmente le parole, e non altro si ottiene, che di perdere vanamente il tempo, che è dato da Dio per qualche cosa di meglio, il ragionamento, che segue nel principio del capo VII., combina con quello che si è detto.