Scrutatio

Mercoledi, 24 aprile 2024 - San Fedele da Sigmaringen ( Letture di oggi)

Qoelet 5


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Portare con ritenutezza delle cose di Dio: adempiere i voti: adorare la Provvidenza, che permette l'oppressione degli innocenti. L'avaro è insaziabile; dell'uso frugale delle ricchezze.

1Non parlare temerariamente, e il tuo cuore non corra a furia a far parola di Dio; perocché Dio è nel cielo, e tu sulla terra: per questo siano ristretti i tuoi discorsi.2Alle molte cure van dietro i sogni, e nel molto discorrere, si trova stoltezza.3Se hai fatto a Dio qualche voto, non ritardarne l'adempimento; imperocché dispiace a lui la stolta, e la infedele promessa, ma tu eseguisci quello che hai promesso con voto:4E meglio il non far voti, che mancare dopo fatto il voto a quello che s'è promesso.5Non impiegare la tua parola a far peccare la tua carne, e non dire dinanzi all'Angelo: provvidenza non è, affinchè non avvenga, che Dio sdegnato del tuo parlare, tutte distrugga le opere delle tue mani.6Dove son molti sogni, vi sono moltissime vanità, e chiacchiere inutili: ma tu abbi il timor di Dio.7Se vedrai oppressi i miserabili, e corrotti i giudizj, e violata la giustizia nel paese, non turbarti per questo; perché colui, che sta in posto sublime ha un altro, che gli soprasta: e questi, pure hanno altri, che sono al di sopra di essi,8E di più havvi il re, che comanda atutta la terra, che a lui è soggetta.9L'avaro non si sazierà mai di far denaro, e chi ama le ricchezze non ne caverà nessun frutto. Anche questa adunque è vanità.10Dove sono molte ricchezze, vi sono anche molti a mangiarne. E che altro ne viene al possessore se non di vedere co' suoi occhi molte ricchezze?11Dolce è il sonno al bracciante, o poco, o molto, ch'ei mangi: ma la ripienezza non lascia dormire il ricco.12Havvi anche un'altra dolorosissima miseria, ch'io vidi sotto del sole: le ricchezze accumulate per ruina del loro padrone.13Perocché elle vanno in fumo con afflizione terribile. Egli ha messo al mondo un figliuolo, che sarà in somma miseria.14Egli che nudo usci dal sen della madre, nudo se n'anderà, e nulla porterà seco di sue fatiche.15Miseria al certo compassionevole. Qual egli venne, tal partirà. Che giova adunque a lui l'essersi affaticato a raccorre del vento?16Per tutti i giorni di sua vita egli mangiò il suo pane al buio tra molte sollecitudini, nella meschinità, e malinconia.17Io pertanto ho creduto esser ben fatto, che uno mangi, e beva, e goda il frutto delle fatiche, ch'ei sopporta sotto del sole per tutti i giorni di sua vita assegnatigli da Dio: e questo è tutto quello, che gli tocca.18E quando Dio di ad un uomo ricchezze, e beni, e gli da facoltà di mangiarne, e di goderne la sua porzione, e di trar questo frutto di sue fatiche, questo è dono di Dio.19Perocché egli non molto si accorgerà dei giorni di sua vita, perché Dio gli tiene il cuore contento.

Note:

5,1:Non parlare temerariamente, e il tuo cuore non corra a furia a far parola di Dio; ec. Nella traduzione di questo luogo ho seguito s. Girolamo, il quale lo spone in tal guisa: Ordina Salomone, che nel parlare, o nel pensare di Dio non ci avanziamo oltre il nostro potere, ma riconosciamo la debolezza nostra perocchè quanto è lontano il cielo dalla terra, tanto sono al disotto della natura di lui i nostri pensieri. Quindi s. Agostino diceva: abbiate sempre presente la debolezza del vostro cuore, e qualunque cosa vi venga in mente di pensare riguardo a Dio, dite: Egli già non è questo: perocchè se fosse questo non mi sarebbe venuto in mente giammai.

5,2:Alle molte cure van dietro i sogni, ec. Rende ragione di quello che avea detto nel versetto precedente: non parlar molto di Dio; perocchè siccome dalla moltitudine de' pensieri, che un uomo ha per la testa, ne viene, che egli in dormendo abbia molti sogni, perchè le sollecitudini diverse producono somiglianti vani fantasmi nel tempo del sonno, così nel molto discorrere, particolarmente delle cose di Dio, si trova stoltezza, cioè errore, temerità e peccato.

5,3-4:Dispiace a lui la stolta e la infedele promessa; ec. Stolta è la promessa fatta a Dio inconsideratamente o di cosa cattiva, o di cosa men buona, o frivola: infedele è la promessa, la quale o per dimenticanza, ovvero per cambiamento di volontà non si adempie. Del rimanente questa sentenza è conforme a quello che leggesi Deut. XXIII. 21. Il voto è consiglio, ma l'adempimento del voto è di necessità e di strettissima obbligazione.

5,5:A far peccare la tua carne. La voce carne è qui usata a significare la infermità e debolezza della carne. Non aprir temerariamente la bocca a promettere a Dio cose, le quali per la tua poca virtù difficilmente potrai adempire, onde esporresti la tua debolezza a peccare non adempiendo la promessa.
E non dire dinanzi all'Angelo: ec. Avvien poi, che colui che ha fatto qualche voto provando gran pena nell'osservarlo, e trovandosi molestato da tentazioni gagliarde contro la materia del voto, potrebbe forse esser anche tentato a dire, che poco, o nulla importi a Dio, che egli il voto rompa, o l'osservi: ma il Savio ci avverte, e dice: guardati dal dire dinanzi all'Angelo tuo custode: Providenza non è, Dio non cura le cose umane, non bada a quello, che fanno gli uomini, e per conseguenza neppur pensa al mio voto. Guarditi Dio da tale empietà, la quale provocherebbe lo sdegno di Dio contro di te, onde egli dissiperebbe tutte le opere delle tue mani, vale a dire (come spiega s. Girolamo) ti abbandonerebbe al tuo reprobo senso, talmente che tu precipitando in ogni specie di male accumuleresti materia di dannazione con tutte le opere delle tue mani. Questa sposizione è molto buona, e letterale, e lega con tutto quei che precede. S. Girolamo però ne dà anche un'altra, ed è tale: non impiegar la tua parola a dare occasione alla carne tua di peccare: cioè non dire: non son io, che pecco, ma la inferma natura corrotta dalla con cupiscenza mi violenta a peccare; perocchè parlando in tal guisa negheresti la providenza, e faresti Dio autore del peccato, come egli è autore della natura: or qualunque sia la fragilità della natura tu puoi sempre coll'aiuto della grazia resistere alle tentazioni, e liberamente pecchi qualunque volta tu pecchi.

5,6:Dove son molti sogni ec. Dalla religione passa al vizio opposto della superstizione de' sogni, a' quali bada vano molto non pochi degli Ebrei, e tuttora badano pur troppo non pochi Cristiani. Or Salomone ci avverte, che sogni e vanità sono la stessa cosa, e l'una bene sta coll'altra, e oltre a ciò immensi inutilissimi e vanissimi cicalecci nascono dalla vanità de' sogni: ecco tutto quello che tu caverai di frutto dal farne conto. Tu dunque temi Dio moderatore sapientissimo e amorosissimo di tutta la vita umana e di tutti gli avvenimenti. Vedi Eccl. XXXIV.

5,7-8:Se vedrai oppressi i miserabili, ec. In veggendo i disordini che sono nel mondo, e la poca giustizia, che talor quaggiù regna, non ti stupire, e non mormorare contro la Providenza; perocchè siccome in questo mondo uno è superiore ad un altro, e questo superiore giudica i suoi inferiori, così alla terra tutta presiede un Re e Giudice eterno, il quale, sebbene al presente si tace, riordinerà alla fine tutte le cose, libererà gli oppressi, e coronerà la loro pazienza, e condannerà gli oppressori.

5,9:L'avaro non si sazierà mai di far denaro, ec. È celebre il detto: cresce l'amor del denaro quanto più cresce il denaro.
Non ne caverà nissun frutto. Il frutto delle ricchezze sta nel dispergerle, e nell'impiegarle, e nel farne uso per le buone opere, non nel raccoglierle, e nel custodirle.

5,10:Dove sono molte ricchezze vi sono anche molti a mangiarne, ec. Chi ha de' grandi beni ha bisogno di molti e ministri e servi, e ha molta gente, che ne mangia, e sovente molta ancor, che ne ruba. Così la massima parte delle ricchezze non è pel padrone, a cui non può toccare se non il vitto e il vestito d'un uomo; il resto è per altri, e al più servirà a pascere gli occhi del padrone. Ot timamente s. Bernardo: l'uso delle ricchezze èper gli altri, ai ricchi rimane il nome e la noia. De convers. ad cler. cap. 12.

5,12-14:Le ricchezze accumulate per ruina del loro padrone. Grandissimo motivo di disprezzar le ricchezze, e di volgersi a impiegarle secondo i fini di Dio egli si è il vedere come molte volte queste ricchezze sono accumulate e conservate per servire di ruina al padrone, il quale è rubato da' ladri, e talor anche messo a morte. Quindi il figliuolo di questo ricco viverà in somma miseria; e il ricco stesso muore nella indigenza, e torna nudo nella terra come nudo era uscito dal sen della madre.
Vanno in fumo con afflizione terribile. S'intende del povero infelice padrone avaro, che le accumulò, e in esse riponeva la sua felicità.

5,16:Mangiò il suo pane al buio, ec. Visse nello squallore e nella sordidezza, ritirato dagli altri, fuggendo la luce della società.

5,17:È questo è tutto quello che gli tocca. Perocchè riguardo al corpo non può dalle ricchezze, che uno acquista colle proprie fatiche, trarsi altro frutto se non di farne uso con animo lieto frugalmente, e nel timore di Dio.

5,18:E gli dà facoltà di mangiarne. Levandogli dal cuore quell'affannosa cupidità di serbare, di ammassare, che è verissima e vituperosa avarizia.

5,19:Non molto si accorgerà ec. Col liberale e lieto uso delle ricchezze egli sentirà poco gl'incomodi, e le molestie della vita, e questa parrà a lui men lunga, e meno tediosa: conciossiachè la copia dei beni presenti, come dice s. Agostino, fu data da Dio, non come beatitudine, ma come consolazione e conforto de' servi suoi: e di questa consolazione si priva chi per custodirli, e accrescerli, del loro uso si priva.