Scrutatio

Venerdi, 19 aprile 2024 - San Leone IX Papa ( Letture di oggi)

Qoelet 7


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Vana curiosità: brevità della vita: del non essere troppo giusto, nè troppo saggio: non far caso dei discorsi degli uomini: della donna pericolosa.

1Che bisogno ha egli l'uomo di andar cercando quel che è sopra di lui, mentre egli non sa quel che sia per essergli utile nella sua vita pei giorni tutti di suo pellegrinaggio, e per quel tempo, che passa come ombra? E chi potrà far sapere a lui quel, che dopo di lui sia per avvenir sotto del sole?2Val più il buon nome che i balsami più pregiati, e il di della morte (val più) che il di della nascita.3È meglio andare nella casa dove si fa duolo, che nella casa dove si fa banchetto; perocché in quella si rammemora il fine di tutti gli uomini, e il vivo pensa a quello che deve essere.4Lo sdegno è preferibile al riso; perocché colla severità del volto si corregge l'animo di chi ha peccato.5Il cuore de' saggi sta dove' è tristezza, e il cuore degli stolti dov'è allegria.6E meglio l'essere ripreso dai saggi, che ingannato dall'adulazione degli stolti:7Perocché il riso dello stolto è come lo stridere delle spine, che bruciano sotto il pajuolo: e in questo pure è vanità.8La calunnia conturba l'uomo saggio, e abbatte la fortezza del cuore di lui.9La fine dell'orazione è migliore, che il principio. L'uomo paziente è migliore dell'arrogante.10Guardati dall'essere corrivo allo sdegno, perché l'ira posa in seno dello stolto.11Non dire: Chi sa il perché i tempi passati furon migliori, che quelli d'adesso? Imperocché una tale interrogazione è stolta.12La sapienza colle ricchezze è più utile, e giova quel più a quelli, che vivono.13Perocché siccome protegge la sapienza, così protegge il denaro; ma il sapere, e la sapienza han questo di più, che danno la vita a chi le possiede.14Considera le opere di Dio, e come nessuno può correggere chi è riggettato da lui.15Godi del bene nel giorno buono, e armati pel giorno cattivo; perocché questo come quello gli ha fatti Dio,onde non trovi l'uomo da querelarsi con giustizia contro di lui.16Vidi ancor questo cose ne' vani miei giorni. Il giusto perisce nella sua giustizia; e il malvagio vive lungamente nella sua malizia.17Guardati dal voler essere troppo giusto; e non voler essere più saggio, che non bisogna, affin di non diventar stupido.18Guardati dalla molta empietà, e dalla stoltezza, perché tu non abbi a morire prima del tuo tempo.19Egli è ben fatto, che tu porga aiuto al giusto: ma non ritirar la tua mano neppure da quello; perocché chi teme Dio, non trascura cosa veruna.20La sapienza fa il saggio più forte, che dieci principi della città.21Non vi è certamente sulla terra uomo giusto, il quale faccia il bene, e non pecchi.22Ma tu, non badare minutamente a tutte le parole, che si dicono, affinchè non ti avvenga di sentire il tuo servo dir male di te:23Perocché è noto alla tua coscienza, che tu pure sovente hai detto male degli altri.24Tutto io tentai per amore della sapienza: dissi: io farò acquisto della sapienza, ed ella andò lontano da me25Anche più, che non era. Ed oh profonda profondità! Chi ne toccherà il fondo.26Mi volsi a considerare coll'animo mio tutte le cose per apparare, e conoscere, e cercare la sapienza, e la ragione; e per ravvisare l'empietà dello stolto, e l'errore degli imprudenti:27E riconobbi come amara più della morte ell' è la donna, la quale è un laccio di cacciatore, e il suo cuore è una rete, e le sue mani sono catene. Colui, che è caro a Dio, fuggirà da lei, ma il peccatore vi sarà preso.28Ecco quel, ch'io trovai (disse l'Ecclesiaste) in paragonando una cosa coll'altra, affin di trovare la ragione,29Cui cerca tuttora l'anima mia, e non l'ho trovata. Tra mille trovai un uomo. Tra tutte quante le donne nessuna io ne trovai.30Questo solo trovai, che Dio fece diritto l'uomo; ma questi si involse in immense questioni. Chi è che si rassomigli al saggio! E chi è che comprenda lo scioglimento della questione.

Note:

7,1:Che bisogno ha egli l'uomo di andar cercando quel che è sopra di lui? ec. Continua a biasimare la vana curiosità. L'uomo, che nulla può sapere, o intendere di molte cose utilissime e facili, per quanto sembra, come quelle, che sono intorno a' piedi di lui, come mai ardisce d'investigare quelle, che sono infinitamente superiori alla sua capacità, per esempio gli occulti giudizi di Dio? Sa egli forse quest'uomo quello che sia veramente utile e buono per lui nel corto numero dei giorni, in cui si fornirà il suo pellegrinaggio sopra la terra, in questo tempo, che fugge e passa com'ombra? No certamente, l'uomo nol sa, e spessissimo avvien di fatto, che le cose, ond'egli credeva di avere gloria e utilità, recarono a lui danno ed infamia. Sa egli ancora l'uomo quello, che morto lui avverrà in questo mondo riguardo a' suoi figliuoli e agli eredi, e riguardo a tutte quelle cose, che egli ha a cuore? Tutto questo dipende da tanti accidenti,è soggetto a tante mutazioni, che non è possibile all'uomo di prevederne cosa veruna. Restringiti adunque, o uomo, a pensare a quello che solo è veramente ne cessario per te, a ben ordinare la tua vita per l'eternità, conciossiachè tu se' quaggiù pellegrino, e non hai qui ferma città, nè stanza, ma alla patria t'incammini, e tu non hai tempo da gettare in cure superflue e anche dannevoli, mentre sì breve è il tuo tempo, ed è sì instabile e fugace la vita tua.

7,2:Val più il buon nome, che i balsami ec. Questa sentenza lega colla precedente, come conclusione di essa: Considera, o uomo, che brevi sono i tuoi giorni, e che presto disciolta la carne tu finirai di essere fatti una riputazione di maggior durata, talmente, che come l'unguento diletta col suo odore, così della tua ricordanza la posterità si diletti. Così s. Girolamo. Si parla di quel buon nome, che si acquista mediante la vera virtù, di quel buon nome, di cui parlava l'Apostolo quando diceva: Noi siamo il buon odore di Cristo, onde si paragona, e si preferisce a' balsami più pregiati. Perocchè siccome i balsami ricreano e ristorano il corpo, così il buon nome consola l'anima, e le dà vigore a sempre meglio operare, e ad allettare e trarre i prossimi alla imitazione della stessa virtù. E il dì della morte (val più), che il dì della nascita. Parlasi principalmente riguardo a' giusti, pe' quali è un guadagno la morte, come diceva l'Apostolo; perocchè eglino nella morte hanno riposo dai loro travagli, e sono tolti ai pericoli e alle tentazioni del secolo, ne'quali pericoli e tentazioni ed affanni entra l'uomo il giorno, in cui nasce. In un certo senso la proposizion si verifica anche rispetto a' cattivi, perchè la morte viene a rompere il filo della loro mala vita, e de' peccati, co' quali si sarebbon tirata addosso una peggior dannazione.

7,3:Che nella casa dove si fa banchetto; perocchè ec. Il dì della nascita di un figliuolo si facevano conviti solenni. E perciò assai meglio l'andare dove si piange un morto, che dove si fa festa per un uomo, che è venuto alla luce, perchè ne'funerali l'uomo fa riflessione a quello che egli è, ed è come costretto a pensare a quel che sarà anche di lui. Ognun vede, che questa è una conseguenza di quel che fu detto di sopra.

7,4:Lo sdegno è preferibile al riso; ec. Una certa severità, che apparisce sulla faccia di chi presiede, sta meglio, ed è più utile, che la connivenza e una eccessiva bonarietà. Vedi in qual maniera l'Apostolo dimostra il frutto, che egli avea ricavato dalle forti e minacciose riprensioni fatte a' Corinti per aver quelli sofferto un pubblico scandalo, II. Cor. VII.

7,5:Il cuore de' saggi sta dove è tristezza, ec. Viene questa sentenza dalle precedenti. Il saggio, che sceglie quello, che è il meglio per lo spirito, frequenta ed ama la casa dove si piange, perchè è scuola di sapienza; lo stolto ama la casa di allegria, che è scuola di dissoluzione e di stoltezza.

7,7:Il riso dello stolto è come lo stridere delle spine, ec. Le spine, che bruciano sul fuoco, stridono, e fan del rumore; ma si consumano con poco o nissuno effetto: così il riso, cioè le lodi false, e le approvazioni dello stolto sono voci insignificanti e vane, e di nissun pro, e noiose alle persone prudenti, e sono vera e pretta vanità.

7,8:La calunnia conturba l'uom saggio, ec. Notò s. Girolamo, che queste parole s'intendono del saggio, o sia del giusto non ancora perfetto, ma che cammina verso la perfezione; conciossiachè il perfetto la calunnia sopporta con cuore costante. Egli è però verissimo, che la calunnia è attissima ad abbattere la fortezza e la virtù più grande, e che generalmente il giusto calunniato è sempre in gran pericolo di perdersi di animo, o almeno di raffreddarsi nell'amore del bene, onde Davidde dicea al Signore: Liberami dalle calunnie degli uomini, affin chè osservi io li tuoi comandamenti, Psal. CXVIII. 134. Geremia, profeta santissimo, veggendosi calunniato come amico de' Caldei, e traditor della patria, perchè predice va le sciagure, che sovrastavano alla ostinata Gerusalemme, se ne lagna altamente in molti luoghi della sua profezia. Vedi cap. X. II. cap. XX. 8. ec.

7,9:La fine dell'orazione è migliore, che il principio. Secondo la nostra Volgata il senso di questo luogo è chiarissimo, insegnandosi la perseveranza nella orazione, in cui suole Dio alla fine consolare l'anima con buoni affetti, e colla viva speranza di ottenere ciò, ch'ella domanda. E quello che della orazione dicesi, s'intende detto di qualunque altra buona opera grata a Dio, di cui il buon esito dipende dalla costante perseveranza; onde verrà a riunirsi col senso della Volgata anche l'Ebreo, il quale si traduce: il fine di un negozio è migliore del principio. Le pene, le afflizioni e le contraddizioni, che l'uomo incontra nel cominciamento della buona opera, sono compensate da Dio colla felicità del buon esito. Coloro (dice Davidde) che seminano con lacrime, mieteranno con esultazione, Psal. CXXV.5. L'uomo paziente è migliore dell'arrogante. Combina con quello che si è detto della prima parte del versetto. L'uomo paziente, cioè perseverante nell'orazione, perseverante nell'intrapresa opera buona, è molto migliore di colui, che si lascia vincere dalla sua furiosa impazienza, dice s. Girolamo. Dà all'impaziente il titolo di arrogante, perchè veramente la impazienza viene da grande amor proprio e superbia, per cui l'uomo pretende di essere subito esaudito da Dio in quello che chiede, e di non avere contraddizioni in quello che intraprende; onde abbandonando egli di leggieri e l'orazione e il bene incominciato, dimostra, ch'egli manca della vera carità, la quale (come dice Paolo) è paziente.

7,10:L'ira posa in seno dello stolto. L'uomo saggio se è soggetto anche egli a'movimenti repentini dell'ira, non permette però, che l'ira si posi nel suo seno, nè che il sole tramonti sopra il suo sdegno, come insegna l'Apostolo; presso lo stolto l'ira riposa come in suo proprio albergo: egli la nudrisce, e con ogni sorta di pretesti la difende come ragionevole e giusta.

7,11:Chi sa il perchè i tempi passati ec. Biasima quelli che sono talmente intenti a' mali presenti, che innalzano e celebrano di continuo i tempi, che precedettero; vizio ordinario della vecchiezza: biasima ancora molti altri, i quali sogliono dire, che avrebber fatto mirabilia, se a vessero avuto la sorte di vivere in tempi migliori; proposizioni stolte sono queste (dice s. Girolamo), peroc chè non da' tempi, ma dal libero arbitrio dell'uomo, e da'costumi di ciascheduno dipende l'esser buono, o cattivo, e in ogni tempo il mondo ebbe de' cattivi, ed è pregio della vera virtù il resistere al torrente del mal costume, e il non seguire l'esempio de' molti, ma de' buoni.

7,12-13:La sapienza colle ricchezze è più utile, ec. Le ricchezze stan bene nelle mani de' saggi, che sanno farne buon uso, e per questo la sapienza colle ricchezze è più utile a' prossimi, che la sapienza sola senza le ricchezze. E non si parla qui riguardo alla vita spirituale del saggio, perocchè riguardo a questa la sapienza congiunta colla volontaria povertà è più pregevole, che la sapienza colle ricchezze; onde disse Cristo: Se vuoi esser perfetto, va, vendi quello che hai, e dallo a' poveri. Dimostra dipoi Salomone la verità di sua sentenza dicendo, che il denaro anch'esso protegge, vale a dire, libera da molti incomodi e contraddizioni il saggio, che è ricco, e non solo lui, ma anche altri, che sotto l'ombra di lui si ri fugiano: così le ricchezze, che sono occasion d'inciampo pe' cattivi, a' buoni servono di aiuto ad esercitare le virtù. Nota finalmente il pregio singolare della sapienza, che ella è veramente quella, che dà all'uomo la vita della grazia, e la vita della gloria. Vedi Prov. III. 18. Una stessa cosa è qui significata colle due voci, sapere e sapienza.

7,14:Considera le opere di Dio, ec. Rifletti con timore e tremore a quello, che fa Dio, allorchè egli abbandona un uomo alla perversità e durezza del suo cuore; considera come un tal uomo da nissuno può essere corretto, e ricondotto dalla via del vizio nella via della virtù e della salute: perocchè, come dice s. Agostino: La correzione è salutevole quando il celeste medico rimira il peccatore, talmente che nel tempo della stessa correzione opera Dio in lui con occulta inspirazione anche il volere. De corrept., Et grat. cap. 5. E. s. Greg. M. Moral. XI. 5.: È muta ogni bocca parlante se al di dentro non fa sentir la sua voce colui, che ispira le parole, che si ascoltano.

7,15:Godi del bene nel giorno buono, e armati ec. Godi moderatamente del bene, che Dio ti dà nel giorno felice, nel giorno di prosperità, ma di questo bene fa' uso per armare il tuo cuore pel giorno contrario dell'avversità, per prepararti a portare l'afflizione con virtù e costanza. Conciossiachè Dio è quegli che di giorni cattivi, come di giorni lieti tesse con infinita sapienza la vita dell'uomo, onde non resti all'uomo ragione alcuna di lamentarsi di Dio, e anzi debba egli dire con Giobbe: Se i beni abbiam ricevuti dalla mano del Signore; perchè non sopporteremo noi i mali o Cap. 11. II.

7,16:Ne' vani miei giorni. Ne' giorni di questa mia frale vita e caduca.
Il giusto perisce nelta sua giustizia, ec. Il giusto, che essendo innocente è degno di vivere lunga vita, muore assai presto: ovvero il giusto degno di vivere perisce, ed è messo a morte, perchè è giusto: e pel contrario l'empio con tutta la sua malvagità vive lungamente: ovvero, per la stessa sua malvagità vive lungamente, perchè regna, ed ha tutti i comodi e gli agi per vivere. Tutto questo dee farci conoscere e la vanità della vita presente, e la verità de' beni e de' mali futuri: Occulta è la pazienza di Dio (dice s. Girolamo), il quale permette, che i santi sieno tribolati adesso, ed abbiano afflizioni nella vita loro, e non visita i peccatori, come meriterebbero le loro iniquità, riserbandoli come vittime, affinchè egli possa e rendere a quelli gli eterni beni, e punir questi co' mali eterni.

7,17:Guardati dal voler essere troppo giusto. L'esser troppo giusto vuol dire dare in eccesso in alcuna virtù, la quale per questo stesso che dà in eccesso non è più virtù. Or ciò avviene in molte maniere; primo, quando l'uomo virtuoso è eccessivamente rigoroso nell'esigere da' prossimi l'adempimento de' loro doveri, senza alcun riflesso alla umana debolezza; così s. Girolamo; e per l'opposto è troppo giusto, chi per una eccessiva bonarietà dissimula ogni cosa, e non corregge, nè reprime chi pecca. In secondo luogo, se la virtù è indiscreta e si carica fuor misura di opere esteriori, o di penitenze, come notò s. Bernardo; terzo, se per eccessiva delicatezza di coscienza l'anima non ha mai pace, perchè o crede di non aver mai fatto abbastanza, o teme dove non è da temere. Vedi lo stesso s. Bernardo serm. 4. Psal. 90. Finalmente s. Agostino ed altri applicano questa sentenza a quelli, che si pavoneggiano di lor virtù, e gli altri rimirano con disprezzo; onde non son veramente giusti, ma superbi. Vedi Aug. in Jo. tract. 95.
E non voler essere più saggio, ec. Questa sentenza è ripetuta quasi interamente dall'Apostolo, Rom. XII. 3. Non cercare di sapere delle cose di Dio più di quello che conviene, non pretendere d'investigare i misteri della Providenza, i quali Dio volle tenere occulti, e superano la capacità dell'uomo: perocchè col voler saper troppo arriverai a non saper nulla, e in cambio di divenire più saggio, diventerai stolto in pena della tua presunzio ne e superbia. Si suoi dire: un piccolo superbo e un piccolo stolto, un gran superbo e un grande stolto. Vedi s. Girolamo.

7,18:Prima del tuo tempo. Vale a dire, affinchè tu non muoia in tempo, in cui non se' preparato alla morte, quand'anche tu morissi in età decrepita; perocchè si danno de' fanciulli anche di cento anni, de' quali parlò Isaia LXV.20.: ovvero, affinchè tu non muoia prima di quel tempo, al quale avresti potuto giungere, se Dio per la moltitudine delle tue colpe non avesse troncato il filo di tua vita.

7,19:Ma non ritirar la tua mano neppur da quello. Vale a dire dal peccatore, di cui ha parlato di sopra. Fa'del bene, aiuta, conforta, istruisci non solo l'uomo giusto, ma anche chi non è tale, imitando il Padre celeste, che fa levarsi il suo sole sopra i buoni e sopra i cattivi, e manda la pioggia a pro de' giusti e de' peccatori, Matth. V. 45.; perocchè chi teme Dio non trascura veruna occasione di ben fare.

7,20:La sapienza fa il saggio più forte, che dieci principi della città. La sapienza rende il saggio così forte e potente, che può egli solo fare più di bene alla sua patria colla sua sapienza, di quel che possano ad essa farne dieci grandi colle loro ricchezze e colla loro potenza.

7,21:Il quale faccia il bene, e non pecchi. Perocchè in molte cose tutti inciampiamo, Jacob III. 2. Vedi anche I. Jo. I. 8.

7,22:Non badare minutamente a tutte le parole, ec. Se tu vorrai con troppa curiosità stare a sentire quello che altri dicano di te, ti avverrà di sentire lo stesso tuo servo, che ti biasima, e parla male di te, la qual cosa ti darà turbamento e dolore.

7,23:Tu pure sovente hai detto male degli altri. Onde non è meraviglia, se Dio permette, che tu, il quale dici degli altri quel che ti pare, e quel che ti viene alla bocca, si punito con trovare chi parli male di te: Con quella misura, colla quale avrete misurato, sarà rimisurato a voi, Matth. VII. 2.

7,24-25:Ed ella andò lontano da me..., più, che non era. Quanto più mi studiai di divenir sapiente, tanto più mi accorsi, ch'io era ancor lontano dalla perfetta sapienza . Ella è cosa meravigliosa a considerare come la vera sapienza non solo è rimotissima da ogni presunzione, ma ispira all'uomo saggio un'intima persuasione di essere in capace di possederla; onde osservò s. Gregorio, che dicesi: La sapienza andò lontana da me, perchè ella apparisce più alta a chi più a lei si avvicina, Moral. XXXII, I.

7,26:E la ragione. Vale a dire la cagione, lo imperchè (come diciam noi) di ciascuna cosa; ovvero la maniera, onde l'uomo possa vivere saggiamente: questa seconda sposizione è forse migliore.

7,27:E riconobbi come amara più ec. Nella considerazione di tutte le vanità del mondo nissuna ne trovai più vana, più fallace, più amara della donna che alletta, e tira nelle sue reti gli uomini: massimo errore e stoltezza massima, che va avanti a tutte, e tiene il primato della empietà, della stoltezza, della cecità, ed è principio di ogni sorta di mali. Così s. Girolamo. Si paragoni questo luogo con quello de' Proverbi, capo VII.

7,29:Tra mille trovai un uomo. Vale a dire, in un gran numero di uomini, trovai pochi uomini saggi, e perfetti. Si pone qui il numero fisso pel numero indefinito. Delle donne poi nissuna ne trovai saggia e perfetta. Con questo vuol dimostrar Salomone, che è difficilissimo di trovare uomini, che sieno veri saggi, e che è impossibile di trovar una donna, la di cui familiarità non metta in pericolo la virtù più robusta.

7,30:Dio fece diritto l'uomo. Donde vien mai tanto disordine, che appena trovisi qualche uomo saggio, e che la donna sia ancor più debole, e sia all'uomo d'inciampo? Nissuno ardisca di rifonderne in Dio la cagione: perocchè io riconobbi, e vidi, che Dio fe'l'uomo diritto, lo creò nella giustizia, e nella innocenza; capace di conoscere il bene, capace di adempiere col divino aiuto le obbligazioni sue verso il suo Creatore; ma l'uomo si degradò, si perdè per la sua eccessiva curiosità, perchè s'involse in immense questioni. Con queste parole è accennata la disobbedienza di Adamo, e il principio di questa disobbedienza, come spiegò il Caldeo: Dio creò il primo Adamo ornato di fortezza, e di giustizia. Ma il serpente ed Eva lo ingannarono, affinchè del frutto di quell'albero si cibasse, mangiato il quale divenisser sapienti, e avesser la scienza del bene, e del male: onde ne venne, che a se stessi e a' loro posteri diedero occasione di morte, e questo sol frutto ottennero con quelle loro quistioni, che a tutti gli abitatori della terra recaron morte. Vedi la Genesi cap. III.
Chi è che si rassomigli al saggio? ec. Chi è tanto saggio, e intelligente, che sappia comprendere, e penetrare la verità delle cose, che si sono dette, e come sciolgasi la gran questione riguardante il presente stato dell'uomo, la sua inclinazione al male, la sua cecità e miseria?