Scrutatio

Lunedi, 6 maggio 2024 - San Pietro Nolasco ( Letture di oggi)

Qoelet 2


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BIBBIA MARTININOVA VULGATA
1 Io dissi in cuor mio: Anderò a provarla copia delle delizie, e a godere dei beni. E riconobbi, che questo pure è vanità.1 Dixi ego in corde meo: “ Veni, tentabo te gaudio: fruere bo nis ”; etecce hoc quoque vanitas.
2 Il riso lo condannai di pazzia: e al gaudio dissi: Come vanamente ti inganni!2 De risu dixi: “ Insania ”
et de gaudio: “ Quid prodest? ”.
3 Risolvei in cuor mio di divezzar la mia carne dal vino per rivolgere l'animo alla sapienza, e per fuggir la stoltezza; sino a tanto che io avessi veduto quel, che sia utile pe' figliuoli degli uomini, e quel, che sia necessario di fare sotto del sole nei giorni contati della sua vita.3 Tractavi in corde meo detinere in vino carnem meam, cum cor meum duceretur insapientia, et amplecti stultitiam, donec viderem quid esset utile filiishominum, ut faciant sub sole paucis diebus vitae suae.
4 Or io feci opere grandi, fabbricai delle case, e piantai delle vigne.4 Magnificavi opera mea:aedificavi mihi domos et plantavi vineas,
5 Piantai orti, e giardini, e vi messi ogni specie di piante.5 feci hortos et pomaria et consevi eaarboribus cuncti generis fructuum
6 E formai delle peschiere di acque per annaffiare la selva de' giovani arboscelli.6 et exstruxi mihi piscinas aquarum, utirrigarem silvam lignorum germinantium.
7 Ebbi in mio dominio dei servi, e delle serve con molta famiglia, ed armenti, e greggi di pecore numerosi, sorpassando tutti quelli, che furono avanti a me in Gerusalemme:7 Possedi servos et ancillas et habuimultam familiam, habui armenta quoque et magnos ovium greges ultra omnes, quifuerunt ante me in Ierusalem.
8 Ammassai argento, ed oro, e quel,che aveano di più prezioso i regi, e le provincie: e mi scelsi de' cantori, e delle cantatrici, e le delizie de' figliuoli degli uomini, delle coppe, e de' vasi per mescere i vini.8 Coacervavi mihi etiam argentum et aurum etsubstantias regum ac provinciarum, feci mihi cantores et cantatrices et deliciasfiliorum hominum, scyphos et urceos in ministerio ad vina fundenda
9 E superai nelle ricchezze tutti quei che furono prima di me in Gerusalemme; e la sapienza ancora fu sempre meco.9 et crevi,supergressus sum omnes, qui ante me fuerunt in Ierusalem; sapientia quoque meaperseveravit mecum.
10 E non negai agli occhi miei nulla di tutto quel, ch'ei desiderarono, e non vietai al mio cuore, il godere di ogni piacere, e il deliziarsi in tutte queste cose preparate da me, e questa credetti la mia porzione, il godere di mie fatiche:10 Et omnia, quae desideraverunt oculi mei, non negavi eisnec prohibui cor meum ab omni voluptate, et oblectatum est ex omnibus laboribus,et hanc ratus sum partem meam ab omnibus aerumnis meis.
11 Ma volgendomi poi a tutte le opere fatte dalle mie mani, e alle fatiche, nelle quali io avea sudato inutilmente, in ogni cosa io vidi vanità, e afflizione di cuore, e che niente dura sotto il sole.11 Cumque meconvertissem ad universa opera, quae fecerant manus meae, et ad labores, inquibus sudaveram, et ecce in omnibus vanitas et afflictio spiritus, et nihillucri esse sub sole.
12 Passai a contemplar la saggezza, e gli errori, e la stoltezza. Che è egli l'uomo (dissi io) che seguir possa il re suo Creatore?12 Verti me ad contemplandam sapientiam et insipientiam et stultitiam: “ Quidfaciet, inquam, homo, qui veniet post regem? Id quod antea fecerunt ”.
13 E riconobbi, come tanto va avanti la sapienza alla stoltezza, quanto la luce è distante dalle tenebre.13 Etvidi quod tantum praecederet sapientia stultitiam, quantum lux praecedittenebras.
14 Il saggio ha occhi in testa: lo stolto cammina al buio: ma io appresi,che e l'uno, e l'altro vanno egualmente alla morte.14 “ Sapientis oculi in capite eius,
stultus in tenebris ambulat ”;
et didici quod unus utriusque
esset interitus.
15 Onde io dissi in cuor mio: Se e lo stolto, ed io egualmente morremo, che giova a me l'aver fatto maggior studio della sapienza? E dopo averla discorsa coll'animo mio, conobbi, che questo stesso è vanità:15 Et dixi in corde meo: “ Si unus et stulti et meus occasus erit, quid mihiprodest quod maiorem sapientiae dedi operam? ”. Locutusque cum mente mea,animadverti quod hoc quoque esset vanitas.
16 Perocché non sarà eterna la memoria del saggio, come neppure dello stolto; e i tempi avvenire seppelliran nell'oblio tutte a un modo le cose: muore il dotto appunto, come l'indotto.16 Non enim erit memoria sapientissimiliter ut stulti in perpetuum; siquidem futura tempora oblivione cunctapariter operient: moritur doctus similiter ut indoctus.
17 E perciò mi venne a noja la vita o in veggendo come i mali tutti si trovano sotto del sole, e che tutto è vanità, ed è afflizione di spirito.17 Et idcirco taeduit me vitae meae, quia malum mihi est, quod sub sole fit;cuncta enim vanitas et afflictio spiritus.
18 Detestai di poi tutta la mia sollecitudine, onde con tanto studio mi affannai sotto del sole, mentr'io son per avere un erede dopo di me,18 Rursus detestatus sum omnemlaborem meum, quo sub sole laboravi, quem relicturus sum homini, qui erit postme;
19 Il quale io non so se sia per essere sapiente, o stolto, e il quale possederà le mie fatiche, che a me costarono sudori, ed affanni. Or v'ha egli cosa vana più di questa?19 et quis scit utrum sapiens an stultus futurus sit? Et dominabitur inlaboribus meis, quibus desudavi et sollicitus fui sub sole. Hoc quoque vanitas.
20 Per la qual cosa io mi presi riposo, e il cuor mio rìnunziò a travagliarsi mai più sotto del sole.20 Verti me exasperans cor meum de omni labore, quo laboravi sub sole.
21 Conciossiachè dopo che uno ha faticato con saggezza, e prudenza, e sollecitudine, gli acquisti suoi lascia ad un infingardo: e questo è certamente vanità, e male grande.21 Namest qui laborat in sapientia et doctrina et sollicitudine, et homini, qui nonlaboraverit, dabit portionem suam; et hoc ergo vanitas et magnum malum.
22 Imperocché qual vantaggio trarrà l'uomo di tutte le sue fatiche, e delle afflizioni di spirito, ond'egli si è straziato sotto del sole?22 Quid enim proderit homini de universo labore suo et afflictione cordis, quasub sole laboravit?
23 Di dolori, e di amarezze sono pieni tutti i suoi giorni, e neppure la notte ha posa il suo spirito: e questo non è egli vanità?23 Cuncti dies eius dolores sunt, et aerumnae occupatioeius, nec per noctem cor eius requiescit; et hoc quoque vanitas est.
24 Non è egli meglio mangiare, e bere, e far del bene all'anima propria colle proprie fatiche? E questo è pur dalla mano di Dio.24 Nihilmelius est homini quam comedere et bibere et ostendere animae suae bona delaboribus suis. Et hoc vidi de manu Dei esse.
25 Chi consumerà, e accumulerà delizie, come ho fatto io?25 Quis enim comedet et deliciisaffluet sine eo?
26 All'uomo, che è retto dinanzi a lui, ha data Dio la sapienza, e la scienza, e la letizia; ma al peccatore ha date le afflizioni, e la inutile cura di accumulare, e ammassare de' beni per lasciarli a chi Dio vorrà: e questo pure è vanità, e inutile angoscia di animo.26 Quia homini bono in conspectu suo dedit sapientiam et scientiam et laetitiam;peccatori autem dedit afflictionem colligendi et congregandi, ut tradat ei, quiplacuit Deo; sed et hoc vanitas est et afflictio spiritus.