Scrutatio

Domenica, 28 aprile 2024 - San Luigi Maria Grignion da Montfort ( Letture di oggi)

Secondo libro dei Maccabei 4


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BIBBIA CEI 2008BIBBIA TINTORI
1 Il suddetto Simone, che si era fatto delatore dei beni e della patria, diffamava Onia, come se avesse percosso Eliodoro e fosse stato l’organizzatore dei disordini;1 Or il sopradetto Simone, delatore del tesoro e della patria, parlava male di Onia, come se egli avesse istigato Eliodoro a tali cose, e fosse lui l'autore dei mali:
2 osava definire nemico della cosa pubblica il benefattore della città, il protettore dei cittadini, il difensore delle leggi.2 Il provveditore della città, il difensore della sua nazione, lo zelatore della legge di Dio, ardiva dirlo insidioso nemico dello stato.
3 L’odio era giunto a tal punto che si compirono omicidi da parte di uno dei gregari di Simone;3 Siccome le inimicizie erano giunte a tal segno che da alcuni degli amici di Simone eran commessi degli omicidi,
4 allora Onia, vedendo l’aggravarsi della rivalità e che Apollònio, figlio di Menesteo, governatore della Celesiria e della Fenicia, aizzava la perfidia di Simone,4 Onia, considerando i pericoli della discordia e l'insensato agire d'Apollonio, il quale, come governatore della Celesiria e della Fenicia favoriva la malizia di Simone, andò a trovare il re,
5 si recò dal re, non per fare la parte di accusatore dei suoi concittadini, ma per provvedere al bene comune del popolo e di ciascuno in particolare.5 non per accusare i suoi concittadini, ma per la comune utilità di tutto il popolo, a cui pensava,
6 Vedeva infatti che, senza un provvedimento del re, era impossibile ristabilire la pace nella vita pubblica e che Simone non avrebbe messo freno alla sua pazzia.
6 e perchè vedeva bene che senza l'intervento del re era impossibile pacificare le cose e far cessare Simone dalle sue follie.
7 Ma, essendo passato all’altra vita Seleuco e avendo preso le redini del governo Antioco, chiamato anche Epìfane, Giasone, fratello di Onia, volle procurarsi con la corruzione il sommo sacerdozio7 Morto Seleuco e succeduto a lui Antioco, soprannominato Ispirane, Giasone, fratello d'Onia, tramando d'usurpare il pontificato,
8 e, in un incontro con il re, gli promise trecentosessanta talenti d’argento e altri ottanta talenti riscossi con un’altra entrata.8 andò a trovare il re e gli promise trecentosessanta talenti, e, dei redditi, altri ottanta talenti,
9 Oltre a questi prometteva di versargli altri centocinquanta talenti, se gli fosse stato concesso di erigere di sua autorità un ginnasio e un’efebìa e di costituire una corporazione di Antiocheni a Gerusalemme.9 e di più altri centocinquanta talenti per il permesso di fondar un ginnasio e un'efebia e dare a quelli di Gerusalemme la cittadinanza d'Antiochia.
10 Avendo il re acconsentito, egli, ottenuto il potere, fece subito assumere ai suoi connazionali uno stile di vita greco,10 Avutone dal re il permesso, ed ottenuto il principato, cominciò subito a far passare i suoi connazionali ai costumi dei pagani.
11 annullando i favori concessi dai re ai Giudei per opera di Giovanni, padre di quell’Eupòlemo che compì l’ambasciata presso i Romani per negoziare il patto di amicizia e di alleanza; quindi, abolite le istituzioni legittime, instaurò usanze perverse.11 Tolte le franchigie che l'umanità dei re (grazie ai buoni uffici di Giovanni, padre di quell'Eupolemo che fu mandato a Roma come ambasciatore per fare alleanza e amicizia) aveva concesse, egli distrusse i diritti dei cittadini, e stabilì leggi perverse.
12 Intraprese con zelo a costruire un ginnasio, proprio ai piedi dell’acropoli, e indusse i giovani più distinti a portare il pètaso.12 Egli ardì fondare, sotto la stessa fortezza, un ginnasio, e di mettere nei lupanari il fior della gioventù.
13 Ciò significava raggiungere il colmo dell’ellenizzazione e passare completamente alla moda straniera, per l’eccessiva corruzione di Giasone, empio e non sommo sacerdote.13 Così cominciato, tanto s'avanzò e progredì il modo di vivere alla pagana e alla straniera, in seguito all'infame e inaudita malvagità dell'empio e non sacerdote Giasone,
14 Perciò i sacerdoti non erano più premurosi del servizio all’altare, ma, disprezzando il tempio e trascurando i sacrifici, si affrettavano a partecipare agli spettacoli contrari alla legge nella palestra, appena dato il segnale del lancio del disco.14 che i sacerdoti non eran più intenti al ministero dell'altare, e, disprezzato il tempio, e negletti i sacrifizi, correvano a prender parte alla palestra, ai premi indegni e agli esercizi del disco.
15 Così, tenendo in poco conto l’onore ricevuto in eredità dai loro padri, stimavano nobilissime le glorie elleniche.15 Non facendo alcun caso degli onori della patria, stimavano le migliori glorie quelle greche.
16 Ma appunto per questo li sorprese una grave situazione ed ebbero quali avversari e punitori proprio coloro le cui istituzioni seguivano con zelo e ai quali cercavano di rassomigliare in tutto.16 A causa di esse s'abbandonavano a pericolose contese, e zelavano le usanze di quelli e desideravano essere in tutto simili a quelli che erano stati loro nemici e distruttori.
17 Non resta impunito il comportarsi empiamente contro le leggi divine, come dimostrerà chiaramente il successivo periodo storico.
17 Non si violano mai impunemente le leggi divine. Ma ciò lo dimostrerà il tempo che segue.
18 Celebrandosi a Tiro i giochi quinquennali con l’intervento del re,18 Mentre si celebravano a Tiro i giuochi quinquennali, ai quali era presente il re,
19 lo scellerato Giasone inviò come rappresentanti alcuni Antiocheni di Gerusalemme, i quali portavano con sé trecento dracme d’argento per il sacrificio a Ercole; ma coloro che le portavano ritennero non conveniente usarle per il sacrificio, bensì impiegarle per altra spesa.19 il criminale Giasone mandò a Gerusalemme degli uomini perversi, a portare trecento di dramme d'argento pel sacrifizio di Ercole; ma quelli che le portarono chiesero che non fossero spese nei sacrifizi, che non era conveniente, ma fossero impiegate in altri usi.
20 Così il denaro destinato al sacrificio a Ercole da parte del mandante, servì, per iniziativa dei latori, alla costruzione delle triremi.
20 Così erano state offerte pel sacrifizio di Ercole da chi l'aveva mandate, ma per opera di quelli che le portarono furono impiegate nella costruzione di triremi.
21 Antioco, avendo mandato Apollònio, figlio di Menesteo, in Egitto per l’intronizzazione del re Filomètore, venne a sapere che costui era diventato contrario al suo governo e quindi si preoccupò della sua sicurezza. Perciò si recò a Giaffa, poi mosse alla volta di Gerusalemme.21 Quando Antioco, dopo aver mandato in Egitto Apollonio, figlio di Mnesteo, a trattare con i grandi del re Tolomeo Filometore, s'accorse d'essere escluso dagli affari del regno, e pensando al suo interesse, partì per Ioppe e venne a Gerusalemme,
22 Fu accolto magnificamente da Giasone e dalla città e fu ricevuto con un corteo di fiaccole e acclamazioni. Così riprese la marcia militare verso la Fenicia.
22 fu accolto con magnificenza da Giasone e dalla città, ove entrò in mezzo a fiaccole accese e canti di lode: indi tornò coll'esercito nella Fenicia.
23 Tre anni dopo, Giasone mandò Menelao, fratello del già menzionato Simone, a portare al re del denaro e a presentargli un memoriale su alcuni affari importanti.23 Tre anni dopo, Giasone mandò Menelao, fratello del sopra detto Simone, a portar dei danari al re, e a riceverne gli ordini su affari d'importanza.
24 Ma quello, fattosi presentare al re e avendolo ossequiato con un portamento da persona autorevole, si accaparrò il sommo sacerdozio, superando l’offerta di Giasone di trecento talenti d’argento.24 Ma Menelao, acquistatosi il favore del re coi magnificare lo splendore della sua potenza, fece venire nelle sue mani il sommo sacerdozio, dando trecento talenti d'argento più di Giasone,
25 Munito delle disposizioni del re, si presentò al ritorno senza avere nulla con sé che fosse degno del sommo sacerdozio, ma soltanto le manie di un tiranno unite alla ferocia di una belva.25 e ricevuti gli ordini del re, se ne tornò. Egli, nulla avendo degno del sacerdozio, aveva il cuore d'un crudele tiranno e la rabbia d'una fiera selvaggia.
26 Così Giasone, che aveva tradito il proprio fratello, fu tradito a sua volta da un altro e fu costretto a fuggire nel paese dell’Ammanìtide.26 Così Giasone, che aveva ingannato il suo fratello, fu pure ingannato e cacciato in esilio nel paese degli Ammoniti.
27 Menelao si impadronì del potere, ma non s’interessò più del denaro promesso al re,27 Or Menelao ottenne il principato, ma nulla faceva riguardo al danaro promesso al re, non ostante che Sostrato, governatore della cittadella, l'esigesse,
28 sebbene gliene avesse fatto richiesta Sòstrato, comandante dell’acropoli; questi infatti aveva l’incarico della riscossione dei tributi. Per questo motivo tutti e due furono convocati dal re.28 avendo l'incarico d'esigere i tributi. Per la qual cosa tutt'e due furono chiamati davanti ai re:
29 Menelao lasciò come sostituto nel sommo sacerdozio Lisìmaco, suo fratello; Sòstrato lasciò Cratete, capo dei Ciprioti.
29 Menelao fu doposto dal pontificato, nel quale ebbe per successore Lisimaco suo fratello, e Sostrato fu mandato al governo di Cipro.
30 Mentre così stavano le cose, le città di Tarso e di Mallo si ribellarono, perché erano state date in dono ad Antiòchide, concubina del re.30 Mentre succedevano queste cose, accadde che quei di Tarso e quelli di Mallo si rivoltarono, perchè erano stati dati come dono ad Antiochide, concubina del re.
31 Il re partì in fretta per riportare all’ordine la situazione, lasciando come luogotenente Andrònico, uno dei suoi dignitari.31 Il re, partito in fretta per sedarli, lasciò a far le sue veci Andronico, uno dei grandi della sua corte.
32 Menelao allora, pensando di aver trovato l’occasione buona, sottrasse alcuni oggetti d’oro del tempio e ne fece omaggio ad Andrònico; altri poi riuscì a venderli a Tiro e nelle città vicine.32 Allora Menelao, pensando d'avere scelto il tempo opportuno, rubò alcuni vasi d'oro al tempio, e ne fece un dono ad Andronico, dopo averne venduti degli altri in Tiro e nelle città vicine.
33 Ma Onia lo biasimò, dopo essersi accertato della cosa ed essersi rifugiato in una località inviolabile a Dafne, situata presso Antiòchia.33 Saputa con certezza la cosa, Onia lo rimproverò, mettendosi però in luogo sicuro ad Antiochia presso Dafne.
34 Per questo Menelao, incontratosi in segreto con Andrònico, lo sollecitò a sopprimere Onia. Quello, recatosi da Onia e ottenutane con inganno la fiducia, dandogli la destra con giuramento lo persuase, sebbene non avesse allontanato ogni sospetto, a uscire dall’asilo e subito lo uccise senza alcun rispetto per la giustizia.34 Per questo, Menelao, andato a trovare Andronico, lo pregò ad uccidere Onia. E (Andronico) andato a trovare Onia, dandogli la destra con giuramento, sebbene gli lasciasse dei sospetti, lo persuase a uscir dall'asilo, e subito, senza alcun riguardo alla giustizia, lo uccise.
35 Per questo fatto non solo i Giudei, ma anche molti di altre nazioni restarono indignati e afflitti per l’empia uccisione di quell’uomo.35 Per questo fatto, non soltanto i Giudei, ma anche le altre nazioni restarono indignate, e mal sopportarono l'ingiusta morte di sì grand'uomo.
36 Quando il re tornò dalle località della Cilicia, si presentarono a lui i Giudei della città, insieme con i Greci che condividevano l’esecrazione per l’uccisione arbitraria di Onia.36 Così quando il re tornò dalla Cilicia, i Giudei d'Antiochia insieme ai Greci andarono a lamentarsi dell'iniqua morte d'Onia.
37 Antioco fu profondamente rattristato e, preso da compassione, pianse per la saggezza e la grande prudenza del defunto.37 Antioco ne ebbe l'animo contristato, e mosso a pietà dal caso d'Onia, versò delle lacrime, ricordando la sobrietà e la modestia del defunto;
38 Poi, acceso di sdegno, tolse subito la porpora ad Andrònico, ne stracciò le vesti e lo condusse attraverso tutta la città proprio fino al luogo dove egli aveva sacrilegamente ucciso Onia e lì stesso eliminò dal mondo quell’assassino. Così il Signore gli rese il meritato castigo.
38 e, acceso di sdegno, ordinò die Andronico, spogliato della porpora, fosso menato attorno per tutta la città e che al sacrilego fosse tolta la vita nel medesimo luogo nel quale aveva commessa l'empietà contro Onia. Così il Signore gli diede il meritato castigo.
39 Intanto, poiché erano avvenuti molti furti sacrileghi in città da parte di Lisìmaco, d’accordo con Menelao, e se ne era sparsa la voce al di fuori, il popolo si ribellò a Lisìmaco, quando già molti oggetti d’oro erano stati portati via.39 Avendo poi Lisimaco fatti molti sacrilegi nel tempio ad istigazione di Menelao, divulgatasi la fama del molto oro portato via, si radunò il popolo contro Lisimaco,
40 La folla era eccitata e piena di furore. Lisìmaco allora, armati circa tremila uomini, diede inizio ad atti di violenza, sotto la guida di un certo Aurano, già avanzato in età e non meno in stoltezza.40 e siccome le turbo tumultuavano e gli animi eran pieni d'ira, Lisimaco, armati circa tre mila uomini, capitanati da un certo tiranno, avanzato nell'età come nella demenza, cominciò a far violenze.
41 Ma quelli, appena si accorsero dell’aggressione di Lisìmaco, alcuni afferrarono pietre, altri grossi bastoni, altri ancora raccolsero a manciate la polvere sul posto e si gettarono contro quelli di Lisìmaco.41 Ma, conosciuti i disegni di Lisimaco, chi si armò di sassi, chi di groassi bastoni, e alcuni gettarono ad dosso a Lisimaco la cenere,
42 A questo modo ne ferirono molti, ne abbatterono alcuni, costrinsero tutti alla fuga, misero a morte lo stesso saccheggiatore del tempio presso la camera del tesoro.
42 molti ne ferirono, alcuni ne uccisero, tutto il resto fu messo in fuga, e lo stesso sacrilego rimase ucciso presso l'erario.
43 Per questi fatti fu intentato un processo contro Menelao.43 Di tutte queste cose si cominciò ad agitar la causa contro Menelao, ù
44 Venuto il re a Tiro, i tre uomini mandati dal consiglio degli anziani esposero davanti a lui l’atto di accusa.44 e quando il re andò a Tiro, tre uomini mandati dagli anziani riferirono a lui l'affare.
45 Menelao, ormai sul punto di essere abbandonato, promise una buona quantità di denaro a Tolomeo, figlio di Dorimene, perché persuadesse il re.45 Menelao, ridotto a mal partito, promise grossa somma di danaro a Tolomeo, se gli rendeva favorevole il re.
46 Tolomeo invitò il re sotto un portico, come per fargli prendere il fresco, e gli fece mutare parere.46 Tolomeo andò a trovare il re mentre se ne stava sotto i portici a prendere il fresco, e gli fece cambiar sentenza.
47 Così il re prosciolse dalle accuse Menelao, causa di tutto il male, e contro quegli infelici che, se avessero discusso la causa anche presso gli Sciti sarebbero stati prosciolti come innocenti, decretò la pena di morte.47 Così egli assolse Menelao dai delitti, sebbene fosse reo di tutto il male, e gl'infelici che, anche se avessero esposta la loro causa agli Sciti, sarebbero stati dichiarati innocenti, li condannò a morte.
48 Così senza dilazione subirono l’ingiusta pena coloro che avevano difeso la città, il popolo e le suppellettili sacre.48 Furono dunque in fretta puniti ingiustamente quelli che avevan sostenuta la causa della città, del popolo e dei vasi sacri.
49 Gli stessi cittadini di Tiro, indignati per questo fatto, provvidero generosamente quanto occorreva per la loro sepoltura.49 Gli stessi Tiri ne furono indignati, e furono generosissimi per la loro sepoltura.
50 Menelao invece, per la cupidigia dei potenti, rimase al potere, crescendo in malvagità e facendosi grande traditore dei concittadini.50 Ma intanto Menelao, per l'avarizia dei potenti, conservò l'autorità, e crebbe nella malizia a danno dei cittadini.