Scrutatio

Lunedi, 29 aprile 2024 - Santa Caterina da Siena ( Letture di oggi)

Secondo libro dei Maccabei 4


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BIBBIA CEI 2008BIBBIA RICCIOTTI
1 Il suddetto Simone, che si era fatto delatore dei beni e della patria, diffamava Onia, come se avesse percosso Eliodoro e fosse stato l’organizzatore dei disordini;1 - Quel medesimo Simone che aveva tradito la patria e svelata l’esistenza del tesoro, sparlava di Onia, quasi avesse egli istigato Eliodoro, e fosse stato causa di quei mali
2 osava definire nemico della cosa pubblica il benefattore della città, il protettore dei cittadini, il difensore delle leggi.2 e così osava chiamar insidiatore del regno quegli che era la provvidenza della sua città, il difensore della sua nazione, lo zelatore della legge di Dio.
3 L’odio era giunto a tal punto che si compirono omicidi da parte di uno dei gregari di Simone;3 Ora, poiché le Inimicizie crescevano a tal segno che da alcuni satelliti di Simone furon anche commessi omicidi,
4 allora Onia, vedendo l’aggravarsi della rivalità e che Apollònio, figlio di Menesteo, governatore della Celesiria e della Fenicia, aizzava la perfidia di Simone,4 considerando Onia il pericolo della discordia, e come Apollonio, in qualità di prefetto della Celesiria e della Fenicia, insanamente fomentava la malizia di Simone, ricorse al re,
5 si recò dal re, non per fare la parte di accusatore dei suoi concittadini, ma per provvedere al bene comune del popolo e di ciascuno in particolare.5 non come accusatore dei concittadini ma in vista del comune vantaggio di tutta la nazione.
6 Vedeva infatti che, senza un provvedimento del re, era impossibile ristabilire la pace nella vita pubblica e che Simone non avrebbe messo freno alla sua pazzia.
6 Vedeva infatti che senza un intervento del re, era impossibile rimetter le cose in pace, e ritrarre Simone dalla sua empietà.
7 Ma, essendo passato all’altra vita Seleuco e avendo preso le redini del governo Antioco, chiamato anche Epìfane, Giasone, fratello di Onia, volle procurarsi con la corruzione il sommo sacerdozio7 Ma essendo morto [il re] Seleuco, ed avendo assunto il regno Antioco detto il Nobile, Giasone fratello d * Onia ambiva il sommo sacerdozio.
8 e, in un incontro con il re, gli promise trecentosessanta talenti d’argento e altri ottanta talenti riscossi con un’altra entrata.8 Presentatosi al re, gli promise treccntosessanta talenti di argento, e su altri cespiti altri ottanta;
9 Oltre a questi prometteva di versargli altri centocinquanta talenti, se gli fosse stato concesso di erigere di sua autorità un ginnasio e un’efebìa e di costituire una corporazione di Antiocheni a Gerusalemme.9 inoltre, gliene prometteva altri centocinquanta, se gli dava facoltà di erigersi un ginnasio ed una efebia, e di conferire la cittadinanza antiochena a quei di Gerusalemme.
10 Avendo il re acconsentito, egli, ottenuto il potere, fece subito assumere ai suoi connazionali uno stile di vita greco,10 Avendo ciò ottenuto dal re, e conseguito il principato, subito si mise a tirar i suoi connazionali ai costumi de’gentili.
11 annullando i favori concessi dai re ai Giudei per opera di Giovanni, padre di quell’Eupòlemo che compì l’ambasciata presso i Romani per negoziare il patto di amicizia e di alleanza; quindi, abolite le istituzioni legittime, instaurò usanze perverse.11 Messe da parte le concessioni che i re avevan fatto a titolo di benevolenza a’ Giudei, per mezzo di Giovanni, padre di quell’ Eupolemo che fu mandato ambasciatore ai Romani per far con loro società ed alleanza, calpestando i legittimi diritti de’cittadini, introduceva usanze perverse.
12 Intraprese con zelo a costruire un ginnasio, proprio ai piedi dell’acropoli, e indusse i giovani più distinti a portare il pètaso.12 Ardi infatti di istituire un ginnasio sotto la stessa cittadella, e di mettere nei lupanari i giovinetti migliori.
13 Ciò significava raggiungere il colmo dell’ellenizzazione e passare completamente alla moda straniera, per l’eccessiva corruzione di Giasone, empio e non sommo sacerdote.13 Questo non era già il principio ma una conseguenza ed un accrescimento del modo di vivere gentilesco e straniero, dovuto alla nefanda ed inaudita scelleratezza dell’empio falso sacerdote Giasone.
14 Perciò i sacerdoti non erano più premurosi del servizio all’altare, ma, disprezzando il tempio e trascurando i sacrifici, si affrettavano a partecipare agli spettacoli contrari alla legge nella palestra, appena dato il segnale del lancio del disco.14 Talmente che i sacerdoti non attendevano agli uffici, correvano a prender parte a’ giuochi della palestra, alle sue illecite attrattive, ed agli esercizi del disco;
15 Così, tenendo in poco conto l’onore ricevuto in eredità dai loro padri, stimavano nobilissime le glorie elleniche.15 e reputando per nulla quel che i loro padri avevano onorato, stimavano migliori le glorie dei Greci.
16 Ma appunto per questo li sorprese una grave situazione ed ebbero quali avversari e punitori proprio coloro le cui istituzioni seguivano con zelo e ai quali cercavano di rassomigliare in tutto.16 Per amor delle quali facevano tra di loro pericolose gare, volendo emulare le istituzioni e farsi in tutto simili a quelli ch’erano stati i loro nemici e distruttori.
17 Non resta impunito il comportarsi empiamente contro le leggi divine, come dimostrerà chiaramente il successivo periodo storico.
17 Agire invero da empii contro le leggi divine, non si fa impunemente, ed il tempo avvenire lo dimostrerà.
18 Celebrandosi a Tiro i giochi quinquennali con l’intervento del re,18 Celebrandosi dunque in Tiro i giuochi quinquennali alla presenza del re,
19 lo scellerato Giasone inviò come rappresentanti alcuni Antiocheni di Gerusalemme, i quali portavano con sé trecento dracme d’argento per il sacrificio a Ercole; ma coloro che le portavano ritennero non conveniente usarle per il sacrificio, bensì impiegarle per altra spesa.19 l’empio Giasone mandò da Gerusalemme uomini iniqui, a portarvi trecento dramme d’argento, per sacrifizi ad Ercole; quelli però che le avevano portate, chiesero che non andassero spese nei sacrifizi, non stando ciò bene, ma fossero destinate ad altro uso.
20 Così il denaro destinato al sacrificio a Ercole da parte del mandante, servì, per iniziativa dei latori, alla costruzione delle triremi.
20 Erano veramente state offerte per il sacrifizio di Ercole, da chi le avevano mandate; ma per riguardo ai latori furon impiegate nella costruzione di navi triremi.
21 Antioco, avendo mandato Apollònio, figlio di Menesteo, in Egitto per l’intronizzazione del re Filomètore, venne a sapere che costui era diventato contrario al suo governo e quindi si preoccupò della sua sicurezza. Perciò si recò a Giaffa, poi mosse alla volta di Gerusalemme.21 Antioco poi, avendo Inviato in Egitto Apollonio figlio di Mnesteo a causa della prima proclamazione come re del re Tolomeo Filometore, accortosi d’esser ormai considerato estraneo agli affari di quel regno, per provveder al proprio vantaggio se ne parti, e venne in Joppe, e quindi in Gerusalemme.
22 Fu accolto magnificamente da Giasone e dalla città e fu ricevuto con un corteo di fiaccole e acclamazioni. Così riprese la marcia militare verso la Fenicia.
22 Accolto magnificamente da Giasone e dai cittadini, entrò al lume delle fiaccole e tra canti di lode. Di li poi volse l’esercito nella Fenicia.
23 Tre anni dopo, Giasone mandò Menelao, fratello del già menzionato Simone, a portare al re del denaro e a presentargli un memoriale su alcuni affari importanti.23 Tre anni dopo, Giasone mandò Menelao, fratello del sopra nominato Simone, al re, a portargli danari e riceverne risposta su affari importanti.
24 Ma quello, fattosi presentare al re e avendolo ossequiato con un portamento da persona autorevole, si accaparrò il sommo sacerdozio, superando l’offerta di Giasone di trecento talenti d’argento.24 Ma quegli, ingraziositosi il re con l’esaltare la sua potenza, ed offrendo trecento talenti d’argento più che Giasone, ritorse su se medesimo il sommo pontificato,
25 Munito delle disposizioni del re, si presentò al ritorno senza avere nulla con sé che fosse degno del sommo sacerdozio, ma soltanto le manie di un tiranno unite alla ferocia di una belva.25 e ricevutane dal re l'investitura tornò, nulla avendo di degno del sacerdozio, e portando anzi in sè le disposizioni di un crudele tiranno, e l’ira d’una bestia selvaggia.
26 Così Giasone, che aveva tradito il proprio fratello, fu tradito a sua volta da un altro e fu costretto a fuggire nel paese dell’Ammanìtide.26 Giasone pertanto, che aveva soppiantato il proprio fratello, tradito ora egli stesso e fuggiasco, fu cacciato nel paese degli Ammoniti.
27 Menelao si impadronì del potere, ma non s’interessò più del denaro promesso al re,27 Menelao poi ebbe si il principato; ma di dare al re le somme promesse non fece nulla, quando le richiese Sostrato prefetto della cittadella,
28 sebbene gliene avesse fatto richiesta Sòstrato, comandante dell’acropoli; questi infatti aveva l’incarico della riscossione dei tributi. Per questo motivo tutti e due furono convocati dal re.28 al quale spettava l’esazione delle tasse. Perciò furon ambedue citati davanti al re.
29 Menelao lasciò come sostituto nel sommo sacerdozio Lisìmaco, suo fratello; Sòstrato lasciò Cratete, capo dei Ciprioti.
29 Menelao fu rimosso dal sacerdozio, succedendogli Lisimaco suo fratello. Sostrato poi fu mandato prefetto a Cipro.
30 Mentre così stavano le cose, le città di Tarso e di Mallo si ribellarono, perché erano state date in dono ad Antiòchide, concubina del re.30 Mentre queste cose accadevano, avvenne che i cittadini di Tarso e di Mallo si ribellarono, perchè erano stati assegnati in dote ad Antiochide concubina del re.
31 Il re partì in fretta per riportare all’ordine la situazione, lasciando come luogotenente Andrònico, uno dei suoi dignitari.31 Venne dunque in fretta il re a sedarli, lasciando a sostituirlo Andronico, uno del suoi compagni.
32 Menelao allora, pensando di aver trovato l’occasione buona, sottrasse alcuni oggetti d’oro del tempio e ne fece omaggio ad Andrònico; altri poi riuscì a venderli a Tiro e nelle città vicine.32 Menelao allora, giudicando esser venuto per lui il momento opportuno, sottratti dal tempio alcuni arredi d’oro, li dette ad Andronico, ad altri ne vendè in Tiro ed in città vicine.
33 Ma Onia lo biasimò, dopo essersi accertato della cosa ed essersi rifugiato in una località inviolabile a Dafne, situata presso Antiòchia.33 Il che avendo con tutta certezza risaputo Onta, ne lo rimproverava, stando però In luogo sicuro a Dafne presso Antiochia.
34 Per questo Menelao, incontratosi in segreto con Andrònico, lo sollecitò a sopprimere Onia. Quello, recatosi da Onia e ottenutane con inganno la fiducia, dandogli la destra con giuramento lo persuase, sebbene non avesse allontanato ogni sospetto, a uscire dall’asilo e subito lo uccise senza alcun rispetto per la giustizia.34 Menelao dunque ricorse ad Andronico, e gli chiese che mettesse a morte Onia. E quegli venuto ad Onia, e datesi con giuramento le destre, sebbene gli fosse sospetto, lo persuase ad uscire dal luogo d’asilo, e subito l’uccise senza riguardo alla giustizia.
35 Per questo fatto non solo i Giudei, ma anche molti di altre nazioni restarono indignati e afflitti per l’empia uccisione di quell’uomo.35 Della qual cosa s’indignarono non solo i Giudei, ma anche le altre genti, e non potevan sopportare l'ingiusta uccisione d’un tant’uomo.
36 Quando il re tornò dalle località della Cilicia, si presentarono a lui i Giudei della città, insieme con i Greci che condividevano l’esecrazione per l’uccisione arbitraria di Onia.36 Perciò, tornato il re dai luoghi dalla Cilicia, gli si presentarono insieme In Antiochia e Giudei e Greci, protestando contro l’iniqua uccisione d'Onia.
37 Antioco fu profondamente rattristato e, preso da compassione, pianse per la saggezza e la grande prudenza del defunto.37 Contristato dunque nell’animo Antioco a causa d'Onia e mosso a compassione, pianse su lui ricordando la saviezza e modestia del defunto;
38 Poi, acceso di sdegno, tolse subito la porpora ad Andrònico, ne stracciò le vesti e lo condusse attraverso tutta la città proprio fino al luogo dove egli aveva sacrilegamente ucciso Onia e lì stesso eliminò dal mondo quell’assassino. Così il Signore gli rese il meritato castigo.
38 poi, acceso di sdegno, comandò che Andronico spogliato della porpora fosse condotto in giro per tutta la città, e che nel luogo stesso ove il sacrilego aveva commesso sopra Onia quell'iniquità, fosse messo a morte, ricevendo cosi da Dio la meritata pena.
39 Intanto, poiché erano avvenuti molti furti sacrileghi in città da parte di Lisìmaco, d’accordo con Menelao, e se ne era sparsa la voce al di fuori, il popolo si ribellò a Lisìmaco, quando già molti oggetti d’oro erano stati portati via.39 Ora, essendo stati perpetrati da Lisimaco nel tempio molti sacrilegi ad istigazione di Menelao e sparsane la voce, il popolo insorse contro Lisimaco che aveva già trafugato molt’oro.
40 La folla era eccitata e piena di furore. Lisìmaco allora, armati circa tremila uomini, diede inizio ad atti di violenza, sotto la guida di un certo Aurano, già avanzato in età e non meno in stoltezza.40 Tumultuando la turba, ed essendo irritati gli animi, Lisimaco armò circa tremila uomini, con a capo un certo tiranno avanzato del pari in età e in malizia, e cominciò a far violenze.
41 Ma quelli, appena si accorsero dell’aggressione di Lisìmaco, alcuni afferrarono pietre, altri grossi bastoni, altri ancora raccolsero a manciate la polvere sul posto e si gettarono contro quelli di Lisìmaco.41 Ma quando gli altri videro il tentativo di Lisimaco, chi prese sassi e chi nodosi bastoni, e chi gettava contro Lisimaco della polvere.
42 A questo modo ne ferirono molti, ne abbatterono alcuni, costrinsero tutti alla fuga, misero a morte lo stesso saccheggiatore del tempio presso la camera del tesoro.
42 Così molti furon feriti, molti anche uccisi, e tutti gli altri messi in fuga; lui stesso, il sacrilego, fu ucciso presso l’erario.
43 Per questi fatti fu intentato un processo contro Menelao.43 Di tutte queste cose fu cominciato ad accusare Menelao.
44 Venuto il re a Tiro, i tre uomini mandati dal consiglio degli anziani esposero davanti a lui l’atto di accusa.44 E venuto il re in Tiro, a lui fu deferito l’affare da tre uomini spediti a ciò dagli anziani [di Gerusalemme].
45 Menelao, ormai sul punto di essere abbandonato, promise una buona quantità di denaro a Tolomeo, figlio di Dorimene, perché persuadesse il re.45 Menelao, vistosi a mal partito promise a Tolomeo di dargli molti danari se riuscisse a persuadere il re [in suo favore].
46 Tolomeo invitò il re sotto un portico, come per fargli prendere il fresco, e gli fece mutare parere.46 Tolomeo dunque, se ne andò dal re in un vestibolo come per prender aria, e lo rimosse dalla sua sentenza ;
47 Così il re prosciolse dalle accuse Menelao, causa di tutto il male, e contro quegli infelici che, se avessero discusso la causa anche presso gli Sciti sarebbero stati prosciolti come innocenti, decretò la pena di morte.47 ed il re assolvè da ogni delitto quel Menelao reo d’ogni iniquità, e quei [tre] miseri, i quali, anche se avessero perorato la loro causa innanzi agli Sciti, sarebbero stati giudicati innocenti, li condannò a morte.
48 Così senza dilazione subirono l’ingiusta pena coloro che avevano difeso la città, il popolo e le suppellettili sacre.48 Così senza indugio subirono l’ingiusta pena quelli che avevan difesa la causa della loro città e nazione, e de’ sacri arredi.
49 Gli stessi cittadini di Tiro, indignati per questo fatto, provvidero generosamente quanto occorreva per la loro sepoltura.49 Della qual cosa indignati gli stessi cittadini di Tiro, dettero loro una magnifica sepoltura.
50 Menelao invece, per la cupidigia dei potenti, rimase al potere, crescendo in malvagità e facendosi grande traditore dei concittadini.50 Menelao intanto, per l’avarizia di quelli ch'erano al potere, si manteneva In autorità, e cresceva in malizia a danno de' cittadini.