Scrutatio

Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Lettera ai Romani 9


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1Dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo:2ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua.3Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne.4Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse;5a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.
6Tuttavia la parola di Dio non è venuta meno. Infatti non tutti i discendenti d’Israele sono Israele,7né per il fatto di essere discendenza di Abramo sono tutti suoi figli, ma: In Isacco ti sarà data una discendenza;8cioè: non i figli della carne sono figli di Dio, ma i figli della promessa sono considerati come discendenza.9Questa infatti è la parola della promessa: Io verrò in questo tempo e Sara avrà un figlio.10E non è tutto: anche Rebecca ebbe figli da un solo uomo, Isacco nostro padre;11quando essi non erano ancora nati e nulla avevano fatto di bene o di male – perché rimanesse fermo il disegno divino fondato sull’elezione, non in base alle opere, ma alla volontà di colui che chiama –,12le fu dichiarato: Il maggiore sarà sottomesso al minore,13come sta scritto:
Ho amato Giacobbe
e ho odiato Esaù.
14Che diremo dunque? C’è forse ingiustizia da parte di Dio? No, certamente!15Egli infatti dice a Mosè:
Avrò misericordia per chi vorrò averla,
e farò grazia a chi vorrò farla.
16Quindi non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell’uomo, ma da Dio che ha misericordia.17Dice infatti la Scrittura al faraone: Ti ho fatto sorgere per manifestare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato in tutta la terra.18Dio quindi ha misericordia verso chi vuole e rende ostinato chi vuole.19Mi potrai però dire: «Ma allora perché ancora rimprovera? Chi infatti può resistere al suo volere?».20O uomo, chi sei tu, per contestare Dio? Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò: «Perché mi hai fatto così?».21Forse il vasaio non è padrone dell’argilla, per fare con la medesima pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare?22Anche Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande magnanimità gente meritevole di collera, pronta per la perdizione.23E questo, per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso gente meritevole di misericordia, da lui predisposta alla gloria,24cioè verso di noi, che egli ha chiamato non solo tra i Giudei ma anche tra i pagani.25Esattamente come dice Osea:
Chiamerò mio popolo quello che non era mio popolo
e mia amata quella che non era l’amata.
26E avverrà che, nel luogo stesso dove fu detto loro:
«Voi non siete mio popolo»,
là saranno chiamati figli del Dio vivente.
27E quanto a Israele, Isaia esclama:
Se anche il numero dei figli d’Israele
fosse come la sabbia del mare,
solo il resto sarà salvato;
28perché con pienezza e rapidità
il Signore compirà la sua parola sulla terra.
29E come predisse Isaia:
Se il Signore degli eserciti
non ci avesse lasciato una discendenza,
saremmo divenuti come Sòdoma
e resi simili a Gomorra.
30Che diremo dunque? Che i pagani, i quali non cercavano la giustizia, hanno raggiunto la giustizia, la giustizia però che deriva dalla fede;31mentre Israele, il quale cercava una Legge che gli desse la giustizia, non raggiunse lo scopo della Legge.32E perché mai? Perché agiva non mediante la fede, ma mediante le opere. Hanno urtato contro la pietra d’inciampo,33come sta scritto:
Ecco, io pongo in Sion una pietra d’inciampo
e un sasso che fa cadere;
ma chi crede in lui non sarà deluso.

Note:

Rm 9:L'affermazione della giustificazione mediante la fede conduceva Paolo a rievocare la giustizia di Abramo (c 4). Ugualmente l'affermazione della salvezza data con lo Spirito dall'amore di Dio l'obbliga a trattare il caso di Israele (cc 911), infedele benché abbia ricevuto le promesse della salvezza. Non si tratta dunque in questi capitoli il problema della predestinazione degli individui alla gloria o anche alla fede, ma quello del ruolo storico di Israele; soltanto a questo si riferivano le affermazioni dell'AT.

Rm 9,3:anàtema: cioè oggetto di maledizione (cf. Gs 6,17+ e Lv 27,28+).

Rm 9,4:Essi sono Israeliti: gli autentici discendenti di Giacobbe-Israele (Gen 32,29). Da questo privilegio scaturiscono tutti gli altri: l'adozione filiale (Es 4,22 ; cf. Dt 7,6+); la gloria di Dio (Es 24,16+) che dimora in mezzo al popolo (Es 25,8+; Dt 4,7+ ; cf. Gv 1,14+); le alleanze con Abramo (Gen 15,1+; Gen 15,17+; Gen 17,1+), Giacobbe-Israele (Gen 32,29), Mosè (Es 24,7-8); il culto reso al solo vero Dio; la legge espressione della sua volontà; le promesse messianiche (2Sam 7,1+) e l'appartenenza alla stirpe di Cristo.

Rm 9,5:Dio benedetto nei secoli: il contesto e il movimento stesso della frase suppongono che la dossologia si rivolga al Cristo. Se è raro che Paolo dia a Gesù il titolo di «Dio» (cf. ancora Tt 2,13) e gli rivolga una dossologia (cf. Eb 13,21), è perché egli riserva ordinariamente questo titolo al Padre (cf. Rm 15,6 , ecc.) e considera le persone divine meno sul piano astratto della loro natura che sul piano concreto delle loro funzioni nell'opera della salvezza. Inoltre egli pensa sempre al Cristo storico nella sua realtà concreta di Dio fatto uomo (cf. Fil 2,5+; Col 1,15+). Per questo egli lo mostra subordinato al Padre (1Cor 3,23; 1Cor 11,3) sia nell'opera della creazione (1Cor 8,6) che della restaurazione escatologica (1Cor 15,27s ; cf. Rm 16,27 ; ecc.). Tuttavia il titolo di «Kyrios» ricevuto dal Cristo nella risurrezione (Fil 2,9-11 ; cf. Ef 1,20-22; Eb 1,3s) non è nient'altro che il titolo divino dato a Jahve nell'AT (Rm 10,9 e Rm 13; 1Cor 2,16). Per Paolo Gesù è essenzialmente il «Figlio di Dio» (Rm 1,3s; Rm 1,9; Rm 5,10; Rm 8,29; 1Cor 1,9; 1Cor 15,28; 2Cor 1,19; Gal 1,16; Gal 2,20; Gal 4,4; Gal 4,6; Ef 4,13; 1Ts 1,10 ; cf. Eb 4,14 ; ecc.), il suo «proprio Figlio» (Rm 8,3; Rm 8,32), il «Figlio del suo amore» (Col 1,13), che appartiene di diritto al mondo divino da dove è venuto (1Cor 15,47), inviato da Dio (Rm 8,3; Gal 4,4). Se egli ha preso il titolo di «Figlio di Dio» in modo nuovo con la resurrezione (Rm 1,4+ ; cf. Eb 1,5; Eb 5,5), non l'ha però ricevuto in quel momento, perché è preesistente, in un modo non solo scritturistico (1Cor 10,4) ma ontologico (Fil 2,6 ; cf. 2Cor 8,9). Egli è la sapienza (1Cor 1,24; 1Cor 1,30), l'immagine (2Cor 4,4), colui per mezzo del quale tutto è stato creato (Cor Rm 1,15-17 ; cf. Eb 1,3; 1Cor 8,6), per mezzo del quale tutto è ricreato (Rm 8,29 ; cf. Col 3,10; Col 1,18-20), perché ha riunito nella sua persona la pienezza della divinità e del mondo (Col 2,9+). In lui Dio ha concepito tutto il piano di salvezza (Ef 1,3s) ed egli ne rappresenta il fine come il Padre (confrontare Rm 11,36; 1Cor 8,6 con Col 1,16; Col 1,20). Se il Padre resuscita e giudica, anche lui resuscita (confrontare Rm 1,4+; Rm 8,11+ con Fil 3,21) e giudica (confrontare Rm 2,16 con 1Cor 4,5; Rm 14,10 con 2Cor 5,10). In una parola, è una delle tre persone associate nelle formule trinitarie (2Cor 13,13+).

Rm 9,6:non tutti... sono Israele: così gli ismaeliti e gli idumei discendenti di Esaù (Gen 36,1), nemici per antonomasia di Israele (Dt 23,8; Sal 137,7+).

Rm 9,17:Ti ho fatto sorgere: come l'AT, Paolo attribuisce anzitutto alla casualità divina (accentuando di più l'espressione: «Ti ho fatto sorgere») le azioni buone o cattive degli uomini (cf. Rm 1,24s).

Rm 9,19:al suo volere: se l'indocilità dell'uomo entra nel piano divino, come si può ancora rimproverargli di non compiere la volontà di Dio? Anche a un'obiezione analoga (Rm 3,7; Rm 6,1; Rm 6,15) Paolo ha risposto, con un rifiuto del problema. Dio è il padrone della sua opera. Tacciarlo d'ingiustizia non ha senso (cf. Mt 20,15).

Rm 9,22:pertanto: frase difficile, da interpretarsi in funzione del contesto. Paolo spiega come l'indurimento del faraone in passato e l'infedeltà di Israele oggi, visti nel piano divino, non si oppongano per nulla alla giustizia. Dio avrebbe potuto annientare il faraone, come potrebbe annientare il popolo giudaico; ma ne sopporta l'esistenza con longanimità: così (pur lasciando loro il tempo di pentirsi: Rm 2,4), egli «manifesta la sua ira» (mediante la stessa moltiplicazione dei peccati, cf. Rm 1-3 , che d'altronde prepara la conversione); «fa conoscere la sua potenza» trionfando degli ostacoli (cf. v 17), oggi dell'ostilità dei giudei al vangelo. In questo modo Dio esegue un disegno di misericordia nei confronti dei pagani (cf. Rm 11,11; Rm 11,12; Rm 11,15; Rm 11,30), alla cui conversione l'ingresso in massa dei giudei nella chiesa avrebbe potuto costituire un grave ostacolo. In ogni caso Paolo si rivolge ai pagani perché i giudei rifiutano di intendere il messaggio (At 13,5+). D'altronde si tratta di un'infedeltà temporanea e ordinata, come di rimbalzo, alla loro futura conversione (Rm 11,13-15; Rm 11,23; Rm 11,31).

Rm 9,23:e questo per far conoscere: una var. legge: «e fatto conoscere».

Rm 9,24:che potremmo dire?: queste parole sono aggiunte per dare senso al periodo. Nel testo greco la frase rimane in sospeso, ma sottende l'interrogativo: «come parlare in questo caso di ingiustizia di Dio?». Effettivamente tutto è ordinato, alla fine, alla salvezza degli uni e degli altri (cf. Rm 11,32).

Rm 9,26:figli del Dio vivente: la storia dello stesso Israele, chiamato da Dio nonostante le sue infedeltà, diventa il tipo della chiamata delle nazioni, che non ne hanno alcun diritto, al banchetto messianico.

Rm 9,27:Isaia esclama: i testi scelti annunziano nello stesso tempo l'infedeltà di Israele e il ritorno di un «resto» (cf. Is 4,3+), depositario delle promesse. Essi preparano cosi il c 11.

Rm 9,28:sopra la terra: volg. adatta la citazione al testo dei LXX, che Paolo abbrevia.

Rm 9,30:Che diremo dunque: questa conclusione introduce l'argomento del capitolo seguente: le cause dell'infedeltà di Israele viste non più in Dio, ma in Israele stesso.

Rm 9,31:non è giunto alla pratica della legge: cosa che può fare soltanto il cristiano (Rm 3,31; Rm 8,4; Rm 10,4 ; cf. Rm 7,7+; At 13,39) - legge: volg. ha: «la legge di giustizia».