Scrutatio

Mercoledi, 24 aprile 2024 - San Fedele da Sigmaringen ( Letture di oggi)

Lettera agli Ebrei 13


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Esortazione alle virtù. Ordina di guardarti dalle dottrine straniere: rammenta l'altare, e le ostie del vecchio, e del nuovo testamento; gli ammonisce, che siano ubbidienti a loro prelati; chiede, che preghino per lui, facendo egli lo stesso per essi: e aggiunge i vicendevoli saluti.

1Si conservi tra di voi la fraterna carità.2E non vi dimenticate dell'ospitalità, dappoiché per questa alcuni dieder, senza saperlo, ospizio agli Angeli.3Ricordatevi de' carcerati, come carcerati voi insieme; e degli afflitti, coma essendo voi pure nel corpo.4Onorato (sia) in tutto il matrimonio, e il talamo senza macchia, imperocché i fornicatori, e gli adulteri giudicheragli Iddio.5Siano i costumi alieni dall'avarizia, contentatevi del presente: imperocché egli ha detto: non ti lascerò, e non ti abbandonerò:6Onde con fidanza diciamo: il Signore (è) mio aiuto: non temerò quel, che uomo a me faccia.7Abbiate memoria de' vostri prelati, i quali a voi annunziarono la parola di Dio: de' quali mirando il fine della vita, imitatene la fede.8Gesù Cristo ieri, e oggi: ed egli (è) anche ne' secoli.9Non vi lasciate aggirare da varie dottrine, e straniere. Imperocché buonissima cosa ella è il confortar il cuor mediante la grazia, non mediante que' cibi, i quali nulla giovarono a coloro, che ne praticarono l'osservanza.10Abbiamo un altare, a cui non hanno gius di partecipare coloro, che servono al tabernacolo.11Imperocché di quegli animali, il sangue de' quali è portato dal pontefice nel santo de' santi per lo peccato, i corpi sono brugiati fuora degli alloggiamenti.12Per la qual cosa anche Gesù, per santificare il popolo col suo sangue, patì fuori della porta.13Andiamo adunque a lui fuora degli alloggiamenti, portando le sue ignominie.14Imperocché non abbiano qui ferma città, ma andiam cercando la futura.15Per lui adunque oneriamo mai sempre a Dio ostia di laude, cioè, il frutto delle labbra, le quali confessino il di lui nome.16E non vogliate dimenticarvi della beneficenza, e della comunione di carità: imperocché con tali vittime si guadagna Iddio.17Siate ubbidienti a' vostri prelati, e siate ad essi soggetti (imperocché vegliano essi, come dovendo render conto delle anime vostre), affinchè ciò facciano con gaudio, e non sospirando: perché questo non è utile a voi.18Pregate per noi: imperocché abbiamo fidanza di avere buona coscienza, bramando di diportarci bene in tutte le cose.19E tanto più vi prego, che ciò facciate, affinchè io sia più presto restituito a voi:20E il Dio della pace, il quale ritornò da morte pel sangue del testamento eterno colui, che è il gran pastore delle pecorelle, Gesù Cristo Signor nostro,21Vi renda atti a tutto il bene, affinchè la volontà di lui facciate: facendo egli in voi ciò, che a lui sia accetto per Gesù Cristo: a cui è gloria ne' secoli de' secoli. Così sia.22Pregovi poi, o fratelli, che prendiate in buona parte la parola di esortazione. Imperocché vi ho scritto brevissimamente.23Sappiate, che il nostro fratello Timoteo è stato liberato: insieme col quale (se verrà presto) io vi vedrò.24Salutate lutti i vostri prelati, tutti i santi. Vi salutano i fratelli dell'Italia.25La grazia con tutti voi. Cosi sia.

Note:

13,1:Si conservi tra di voi la fraterna carità. Spiegato il principale argomento di questa lettera, passa ai precetti particolari, cominciando dalla carità, come madre, e regina di tutte le altre virtù. Vedi Rom. XIV. 10. ec. 1. Cor. V. 12. ec.

13,2:E non vi dimenticate dell'ospitalità, dapoichè ec. La povertà degli Ebrei, i quali disse di sopra, che erano stati spogliati delle loro sostanze, non vuole l'Apostolo, che li ritenga dal continuare ciascuno secondo il proprio potere l'ospitalità; e per animarli vieppiù a quest'opera di misericordia, rammenta loro quello, che successe ad Abramo, ed a Lot, i quali, senza saperlo, ebbero la sorte di dare albergo a degli Angeli. Vedi Gen. XVIII. XIX. La frase greca tradotta letteralmente nella Volgata è cagione dell'oscurità di questo luogo. Ho tradotto non solo, come evidentemente esige il greco, ma di più come leggeva s. Agostino quaest. in Gen. 33. 34. 4 I., de civ. lib. XVI. 29. ec.

13,3:Ricordatevi de' carcerati, ec. Abbiate compassione di coloro, che sono nelle prigioni per la causa di Cristo, e sovveniteli, come se imprigionati foste voi stessi; e di coloro, che sono afflitti in qualunque modo, e tribolati, come essendo voi pure in un corpo mortale, soggetto ai mali, e ai disastri, tutti della vita presente.

13,4:Onorato (sia) in tutto il matrimonio, ec. Il matrimonio sia onorato secondo le regole della modestia, dell'onestà, della castità, e della mutua fedeltà coniugale, osservando in esso il fine, per cui fu da Dio istituito; onde senza macchia di colpa conservisi la unione de' due sessi non solamente approvata, ma santificata da Cristo nella nuova legge. Forse ancora ebbe qui in vista l'Apostolo molti eretici, i quali fin da que' tempi condannarono il matrimonio; contro de' quali egli stabilisce, che buono, ed onorato è dinanzi a Dio lo stato matrimoniale. Vedi il Grisostomo.

13,5:Siano i costumi alieni dall'avarizia, ec. Abbiamo tre bei precetti in questo versetto; il primo, di fuggir l'avarizia, la quale siccome consiste nell'attaccamento del cuore ai beni terreni, così può stare anche colla povertà; il secondo, di contentarsi di quello che ci vien dato dalla providenza divina, senza consumarsi in desiderii vani, e nocivi per un avvenire più conforme alle brame dell'amor proprio; terzo, la confidenza nella divina bontà e nelle promesse fatte a' Cristiani da Dio, e ripetute nel Vangelo. Vedi Matt. V. 33.

13,6:Il Signore (è) mio aiuto: non temerò ec. Molto opportunamente desidera, che gli Ebrei con le parole di Davidde si confortino nelle contraddizioni, che pativano dagli infedeli, dai quali erano anche talora spogliati dei loro averi. Vedi cap. X. 34.

13,7:Abbiate memoria de' vostri prelati, ec. Intende gli Apostoli, e gli uomini apostolici, da' quali gli Ebrei, ai quali parla, erano stati istruiti nella fede di Gesù Cristo e governati dopo la loro spirituale rigenerazione. Eglino erano già morti almeno una parte, ma vivevano gli esempi di santità da essi lasciati, i quali erano effetto della loro fede, la qual fede avevano sigillata col proprio san gue. Questi illustri maestri, e padri in Cristo raccomanda agli Ebrei d'imitare. In vece di dire: de' quali mirando il fin della vita, il greco si può tradurre: de' quali considerando la maniera di vivere; e queste parole potranno intendersi degli Apostoli, e de' pastori della Chiesa tuttora vivi, come le ha intese il Grisostomo, ma la nostra Volgata non dà luogo a questa sposizione.

13,8:Gesù Cristo ieri, e oggi: egli (è) anche ne' secoli. Gesù Cristo è eterno; in lui hanno creduto i giusti di tutti i secoli passati; in lui i vostri Apostoli; in lui credete voi, e tutti i fedeli, che vivono adesso; e in lui crederanno tutti i secoli avvenire fino alla fine del mondo. Egli è eterno, immutabile: egli è il solo Cristo, dopo di cui non è da aspettarne alcun altro.S. Ambrogio (de fide V. 10.) dice, che l'Apostolo pieno di Spirito Santo ha voluto qui anticipatamente distruggere l'empia dottrina di Ario, il quale stortamente interpretando quelle parole del salmo CIX: oggi io ti ho generato, avea preteso d'inferirne: se oggi, adunque non ieri. A questa bestemmia si va incontro con queste parole: Gesù Cristo ieri, e oggi, egli è anche ne' secoli, nelle quali è evidentemente stabilita l'eternità del verbo divino. Come adunque Cristo è eterno, ed immutabile, così immutabile debbe esser la fede de' suoi figliuoli. Questa sposizione lega ottimamente colle seguenti parole: non vi lasciate aggirare da varie, e straniere dottrine. Altri credono, che il senso di questo luogo sia: non vi lasciate gabbare da coloro, che si promettono un altro Cristo, un altro Messia. Un solo è stato, e sarà eternamente il vostro Cristo. Vedi il Grisostomo.

13,9:Buonissima cosa elta è il confortar il cuore mediante la grazia, non ec. Ha raccomandato agli Ebrei di non lasciarsi aggirare da dottrine diverse, e aliene dalla do mestica scuola degli Apostoli, e della Chiesa. Porta un esempio particolare di dottrina aliena dalla vera fede, e questa si è l'eresia di coloro, i quali volevano aggiunge re al Vangelo di Cristo l'osservanza delle cerimonie legali, e della distinzione de' cibi. Dice egli adunque, che ottima cosa si è di cercare il sostentamento del cuore, o sla dell'uomo interiore nella grazia, e non nella scrupolosa distinzione de' cibi legali, i quali di niun giovamento furono a coloro, i quali per tutto il tempo della loro vita in tali cose posero i loro studi, e la loro speranza. E intende gli Ebrei di tutti i secoli precedenti, i quali non poteron giammai per le osservanze legali giungere alla salute. Col nome di grazia intende o la fede di Cristo, come spiegano i Greci Interpreti, ovvero la grazia giustificante secondo s. Tommaso. Nella fede, e nella grazia di Gesù Cristo si trova (dice l'Apostolo) un bene stabile, e grande per l'anima, non nelle osservanze legali, perchè dalla legge non vien la giustizia. Vedi l'epistola a' Romani.

13,10-12:Abbiamo un altare, a cui non hanno gius di partecipare ec. Abbiamo noi pure un altare, un sagrifizio, una vittima, alla quale non possono partecipare i sacerdoti dell'antico testamento, e per conseguenza molto meno il popolo, per cui tali sacerdoti offeriscono. Accenna l'Apostolo il mistero del corpo, e sangue di Cristo, mistero noto ai soli fedeli, nel quale l'anima cristiana è nudrita, fortificata, impinguata per la partecipazione del corpo, e del sangue di Cristo. A questo mistero, che è lo stesso sagrifizio della croce rinnovato su' nostri altari non possono aver parte coloro, che all'ombre servono della legge, ed ecco in qual modo ciò dimostra l'Apostolo. Il celebre solenne sagrifizio di espiazione era una fi gura del sagritizio di Cristo, come si è già osservato (cap. X.). In questo sagrifizio ucciso l'agnello, ed il capro, e portatone il sangue per mano del pontefice nel santo de' santi, i corpi di questi animali bruciavansi fuori degli alloggiamenti, e del campo degli Ebrei, mentre erano nel deserto, Levit. XVI. 3. 15. 27., e fuori della città di Gerusalemme, dopo che in essa fu fabbricato il tempio, come insegnano i dottori Ebrei. Non mangiavano adunque delle carni di quegli animali nè i Leviti, nè i sacerdoti, nè lo stesso pontefice, perchè pel peccato non solo del popolo, ma anche de' sacerdoti si offeriva quel sagritizio, e l'abbruciamento degli stessi animali fatto non sull'altare degli olocausti, ma fuori degli alloggiamenti, presagiva un gran mistero, il qual mistero fu adempiuto, allora quando Gesù nostro sagrifizio, e nostra vittima d'espiazione, per santificar col suo sangue il suo nuovo popolo, fuori della porta di Gerusalemme soffri la morte, e fu consumato col fuoco della passione. Così fece egli conoscere, come al suo sagrifizio d'espiazione non poteano aver parte se non coloro, i quali abbandonate le figure, e le ombre dell'antica legge, lasciati gli alloggiamenti d'Israello carnale, nella nuova alleanza si riunissero, della quale egli è mediatore, e pontefice.

13,13:Andiamo adunque a lui ec. Dalla precedente alle goria prende argomento di una bellissima esortazione. Usciamo adunque dal campo, abbandoniamo le inutili cerimonie della Sinagoga, andiamo a Cristo, partecipiamo eziandio all'ignominia della croce di lui, non ci vergogniamo di essere per amor di lui scomunicati, e perseguitati dai nostri stessi fratelli, pe' qualiè uno scandalo la passione del Salvatore. Cristo patì, fu crocifisso per noi, e morì fuori della porta come reo, e peccatore, ma disprezzò l'ignominia di una tal morte in considerazione dei beni grandi, che egli con la stessa morte recava agli uomini. Vedi. Levit. XXIV. 14. Num. XV. 35. Deuter. XXII. 5.

13,14:Non abbiam qui ferma città, ec. Non dispiaccia a noi di essere per la fede scacciati dalla terrena Gerusalemme: la ferma, e stabile patria nostra non è quaggiù. Nostra patria è la celeste Gerusalemme, verso la quale camminiamo a gran passi. Se questa patria è l'oggetto de' nostri desideri, e delle nostre speranze, non molto ci affliggeranno i mali della vita presente, pe' quali passar dobbiamo per arrivarvi.

13,15:Per lui offeriamo ec. Per Gesù Cristo nostro pontefice, e mediatore, senza del quale nissuna offerta nostra potrebbe piacere a Dio; per lui offeriamo un peren e spirituale sagrifizio di laude, la qual laude perpetua in cambio delle primizie de' frutti della terra a Dio si offerisca come frutto delle labbra fedeli, che al nome dello stesso Dio rendono gloria. Vedi Osea XV. 3. Ps. XLIX. 23.

13,16:Non vogliate dimenticarvi della beneficenza ec. Raccomanda e la beneficenza, la quale consiste nel fare al prossimo tutto quello, che possiamo di bene, e in ispecie la liberalità verso i bisognosi, co' quali comune si faccia quello, che Dio ci ha dato; imperocchè non per noi soli ce lo ha egli dato, ma per farne parte a chi si trova in necessità, Rom. XII. 13. Il sagrifizio di laude, la beneficenza, e la carità verso i prossimi sono ostie, che piacciono a Dio molto più, che tutti i sagrifizi degli animali, che nell'antica legge offerivansi.

13,17:Siate ubbidienti a' vostri prelati, ec. L'ubbidienza, e la soggezione a' prelati è comandata in questo luogo dall'Apostolo, e ne adduce due forti motivi; il primo è fondato nella giustizia, e nella riconoscenza. Essi vegliano di continuo come incaricati dell'obbligo di rendere conto a Dio delle anime vostre; onde se in qualche fallo venghiate voi a cadere per lor negligenza, ne sarà lor dato debito dinanzi a Dio. Hanno eglino adunque e fatica, e pericolo; e qual pericolo? Il massimo certamente di tutti i pericoli, qual si è quello che delle azioni, e della vita altrui render debba ragione un uomo, che non è sufficiente a renderla di se stesso, dice s. Tommaso. Vedi Hierem. XIII., 3. Reg. XX. Il secondo motivo della ublbidienza si è, affinchè e la fatica, e il peso del lor ministero portino i prelati con gaudio, e consolazione, e non con tristezza, e sospiri; imperocchè coloro, che con la disubbidienza affliggono il cuor de' prelati, fanno male a se stessi, in primo luogo perchè impediscono, che quelli non possano adempiere con tutta esattezza i loro doveri; onde in danno del gregge stesso ridonda l'afflizione data al pastore; in secondo luogo perchè de' pastori stessi farà vendetta il Signore. Vedi ps. CV. 16. 17., Isai. LXIII. 10. II.

13,18:Pregate per noi: imperocchè abbiamo fidanza ec. Si raccomanda alle orazioni degli Ebrei; ma sapendo, che questi erano stati prevenuti contro la sua persona, dice perciò con molta modestia, che è persuaso di avere buona, e retta coscienza, non altro bramando, che di dipor tarsi in guisa da non dare a chicchessia o con le parole, o coi fatti occasione di scandalo, e vuol dire, come spiega il Grisostomo, non son'io un apostata, un nemico della legge; nè per cattivo animo e maligno dico intorno alla legge di Mosè quello, che dispiace a' miei avversari; ma parlo secondo la verità, parlo secondo l'ordine di Dio, parlo per sola gloria di Dio, e per vostra salute.

13,19:E tanto più.... . affinchè io sia più presto restituito a voi. Questa lettera secondo la più probabil sentenza fu scritta dopo la liberazione di Paolo. Ma egli avea molto ancora da fare nell'Italia, e forse in altri luoghi prima di ritornare nella Giudea. Prega adunque gli Ebrei che colle loro orazioni gli impetrin da Dio (il quale diri ge i passi degli uomini, Proverb. XVI. 9.) la grazia di terminare con felicità, e prestezza quello, che restava gli da fare, perchè potesse andare a rivedergli.

13,20-21:E il Dio della pace, il quale ritornò da morte... colui, ec. Tutte le sillabe di questa bella preghie ra, che fa l'Apostolo pe' suoi Ebrei, sono degne di molta considerazione, e son di gran peso. Invoca il Dio della pace, e con ciò rammentando loro il beneficio della riconciliazione, e della pace col medesimo Dio ottenuta per mezzo del sangue di Cristo, viene insieme a raccomandar loro la pace, e la concordia tra loro, e l'unanimità di sentimenti, e di affetti. Dice, che questo Dio della pace risuscitò da morte Gesù Cristo Signor nostro; e vuol dire, che risuscitandolo lo rivesti di un'assoluta potestà nel cielo, e nella terra; onde può lo stesso Gesù Cristo e proteggere, e difendere i suoi, e guidargli a salute. Dice, che Gesù Cristo è il gran pastore della greggia, vale a dire del popolo suo, del popolo, il quale da lui prende nome, e da lui ha ricevuto il dono della fede, e lo Spirito santo nel sagramento del battesimo. Egli è il grande, il vero pastore, perchè a lui appartengono in proprio le pecorelle, e gli altri non sono se non suoi vicari, e sostituiti alla sua carità nella cura del gregge. Egli è il gran pastore, il quale le sue pecorelle nudrisce colla sua stessa carne, e la abbevera col suo sangue. Dice, che la sua risurrezione da morte, e in conseguenza la nostra risurrezione meritò Gesù Cristo collo sborso di quel sangue, col quale fu confermata, e sigillata la nuova alleanza, alleanza eterna, perchè altra non ne viene dopo di questa; alleanza eterna, perchè ha la promessa di una eredità, che non finisce giammai; alleanza eterna perchè il frutto di essa si stende a tutti i secoli, passati e futuri. E si osservi ancora, come tre diversi uffici di Cristo sono in queste parole accennati. Egli è Re; dapoichè è Signor nostro; egli è sacerdote; mentre col sangue da lui offerto fu confermato, e sigillato il nuovo testamento eterno; egli è profeta, perchè è pastore delle pecorelle; e in questi titoli, che ha Gesù Cristo riguardo a noi, sta il fondamento della nostra speranza per tutto quello, che chieggiamo, ed aspettiamo da Dio. Passa adunque dopo tali cose l'Apostolo all'oggetto della sua orazione, e a Dio domanda pe' suoi Ebrei, che atti gli renda ad ogni bene; il che vuol dire, faccia, che essi vogliano tutto il bene, perchè Iddio fa idoneo al bene un uomo, quando dà a lui la buona volontà; per la qual cosa dice: vi renda atti a tutto il bene, affinchè facciate la sua volontà, imperocchè questo è quello, che vuole Dio, che noi vogliamo; or la volontà di Dio è il bene nostro. E siccome Iddio solo può interiormente agire sopra la volontà dell'uomo, perciò soggiunge: facendo egli in voi quello, che a lui sia accetto; che vuol dire, faccia, che essi vogliano quello, che è grato a lui; essendochè egli dà e il volere ed il fare, Philip. II. E questo non lo abbiamo, nè lo speriamo se non per Gesù Cristo, perchè niuna cosa si ottien dal Padre se non pel Figliuolo, a cui gloria eterna. Amen, amen.
Qui finiva la lettera, e i tre seguenti versetti furono aggiunti di poi, come si vede fatto in altre lettere di Paolo.

13,22:Pregovi poi, o fratelli, che prendiate in buona parte la parola di esortazione, ec. Con la sua solita umiltà fa sue scuse l'Apostolo, di aver preso le parti di correttore, e ammonitore, e dice, che ha scritto con somma brevità; il che è verissimo, ove si consideri, che in questa mirabilissima lettera quasi tutti i misteri contengonsi del vecchio testamento.

13,23:Sappiate, che... Timoteo è stato liberato. Timoteo era stato in Roma nel tempo, che quivi era Paolo in prigione, come si vede dalle lettere a Filemone, a' Filippesi, a' Colossesi. Non sappiamo, se in Roma, od altrove fu egli messo in prigione, ma solamente, che egli ne era stato già liberato, ed era assente, quando scriveva Paolo agli Ebrei, ai quali dice, che, se egli fosse ritornato per tempo, lo avrebbe seco condotto nel viaggio che pensava di fare in Oriente. Sappiamo, che Paolo essendo effettivamente andato nell'Asia, lasciò Timoteo in Efeso al governo di quella Chiesa, I. Tim. I. 3. 4. Veggiamo qui che Timoteo era molto amato dagli Ebrei sì per la sua virtù, e per quello, che aveva fatto, o patito pel Vangelo, come ancora (dice il Grisostomo) perchè si era contentato di ricevere la circoncisione, conformandosi ad essi.

13,24: Salutate tutti i vostri prelati e tutti i santi. I Vescovi, e i sacerdoti, e ministri, e i popoli delle Chiese della Siria, e della Palestina, composte quasi interamente di Ebrei.
Vi salutano i fratelli dell'Italia. Gli Ebrei già convertiti a Cristo, i quali erano non solo in Roma, ma anche in altre parti dell'Italia, donde è probabile, che molti andassero a Roma per vedere l'Apostolo, e parlare con lui delle cose della fede. Questi Ebrei cristiani mantene vano corrispondenza con le Chiese di Gerusalemme e della Palestina.

13,25:La grazia con tutti voi. Cosi sia. Conclude col solito saluto, domandando per tutti la grazia, cioè il massimo de' beni, che aver possa l'uomo nella vita presente, e per cui egli arriva alla beatitudine della vita avvenire.