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Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Lettera agli Ebrei 6


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A chi vuol trattare de' primi principi della fede, dappoiché coloro, i quali dopo ricevuti il battesimo cadono di nuovo in peccati, non possono essere ribattezzati, ma debbono temere piuttosto l'eterna maledizione: consola gli Ebrei, egli ammonisce, che imitando la pazienza di Abramo, si rendan partecipi delle promesse fatte a lui da Dio, e giurate.

1Per la qual cosa intermettendo di discorrere de' rudimenti di Cristo, avanziamoci a quel, che havvi di più perfetto, senza gettare di bel nuovo il fondamento della conversione dalle opere di morte, e della fede in Dio,2Della dottrina de' battesimi, della imposizione ancor delle mani, e della risurrezione de' morti, e dell'eterno giudizio.3E questo lo faremo, se pure Dio lo permetterà.4Imperocché è impossibile, che coloro, i quali sono stati una volta illuminati, hanno anche gustato il dono celeste, e sono stati fatti partecipi dello Spirito santo,5Hanno gustato egualmente la buona parola di Dio, e le virtù del futuro secolo,6E sono (poi) precipitati; si rinnovellino un'altra volta a penitenza, crocifiggendo nuovamente in loro stessi il figliuolo di Dio, e all'ignominia esponendolo.7Imperocché la terra, che beve la pioggia, che frequentemente le cade in grembo, ed utili erbe genera a chi la coltiva, riceve benedizione da Dio:8Ma se delle spine produce, è de' triboli, ella è riprovata, e prossima a maledizione: il fine di cui si è di essere abbruciata.9Ci promettiamo però migliori cose di voi, o dilettissimi, e più confacenti alla (vostra) salute: sebbene parliam cosi.10Imperocché non è Dio ingiusto, onde si dimentichi dell'opera vostra, e della carità, che dimostrata avete pel nome di lui, nell'aver servito ai santi, e nel servirgli.11Ma desideriamo, che ognuno di voi la stessa sollecitudine dimostri, affin di rendere compiuta la speranza sino alla fine,12Affinchè non diventiate pigri, ma imitatori di coloro, i quali mediante la fede, e la pazienza sono eredi delle promesse.13Imperocché Dio facendo promessa ad Abramo, perché nissuno aveva più grande, per cui giurare, giurò per se medesimo.14Dicendo: certo, che io ti benedirà grandemente, e ti moltiplicherò grandemente.15E cosi quegli sopportando con longanimità, ottenne il compimento della promessa.16Conciossiaché gli uomini giurano per chi è maggiore di loro: e di qualunque controversia è fine per essi il giuramento di confermazione.17Per la qual cosa volendo Dio abbondare nel far conoscere agli eredi della promessa l'immutabilità del suo consiglio, vi pose di mezzo il giuramento:18Affinchè per mezzo di due cose immutabili, nelle quali non è possibile, che Dio mentisca, una consolazione fortissima abbiamo noi, i quali abbiamo presa la corsa per afferrare la speranza proposta:19La quale tenghiamo come ancora sicura, e stabile dell'anima, e la quale penetra sino alle parti, che sono dopo il velo:20Dove precursore per noi entrò Gesù, fatto secondo l'ordine di Melchisedech pontefice in eterno.

Note:

6,1-2:Per la qual cosa intermettendo di discorrere dei udimenti ec. Ha ripreso nel capo precedente la negligenza degli Ebrei, e la loro disapplicazione, affine di stimolargli a studiare, e penetrare gli stessi misteri, conforme adesso dimostra, dicendo loro, che posti per alcun poco da parte i primi rudimenti della fede, e della dottrina cristiana, i lor pensieri sollevino a cose più grandi, e come uomini adulti, lasciato il latte, di nutrirsi procurino di quel solido cibo, che egli anderà loro apprestando; imperocchè (segue egli a dire) io non credo, che faccia di mestieri, che si gettino nuovamente da noi i fondamenti della vostra credenza. Questi fondamenti, ovvero elementi della religione cristiana si riducono a questi sei principalissimi capi notati con bellissimo ordine dall'Apostolo; primo la conversione dalle opere di morte. Questa con gran ragione si mette come il primo articolo del catechismo cristiano, perchè, come dice s. Agostino, nissun può dar principio a nuova vita, se della vecchia vita non pentesi, lib. L. Hom. ult., e da questa comincia lo stesso Vangelo: fate penitenza, Matt. v. 17, e da questa cominciò lo stesso precursore del Vangelo, Matt. III. 6.7.8., ed ella è solennemente raccomandata a coloro, i quali al battesimo si dispongono, Atti II. 38., ed altrove. Opere di morte sono, come è notissimo, i peccati, dai quali si allontana, ed i quali fortemente detesta, e quant' è in sè, gli distrugge colla penitenza colui, che aspira a vivere di nuova vita in Cristo Gesti. Il secondo articolo è la fede in Dio; imperocchè il primo passo per giungere a Dio si è credere in lui; e credere in Dio vuol dir creder nel Padre, nel Figliuolo, e nello Spirito santo; quindi la solenne tradizione del simbolo, e la solenne recitazione, che di esso faceasi da' catecumeni, intorno alla quale sono da vedersi i bellissimi ragionamenti di s. Agost fatti a' medesimi catecumeni. Nella fede comprende ancora l'Apostolo la professione di vivere secondo la fede. Il terzo articolo è la dottrina intorno al battesimo, la virtù, la necessità, la significazione di questo sagramento, per cui l'uomo è rigenerato, e ricevuto in figliuolo di adozione, morendo misticamente con Cristo, e risuscitando con lui a nuova vita, e divina. Ma un solo essendo il battesimo della Chiesa cristiana, come una sola è la fede (Eph. VI. ), donde viene, che l'Apostolo dica in plurale la dottrina dei battesimi? Si potrebbe dire, che il plurale può esser posto in vece del singolare; ma molto migliore mi sembra la risposta, che dà s. Tommaso, vale a dire che ha voluto l'Apostolo alludere alle tre maniere di battesimo, di acqua, di desiderio, di sangue, distinzione, la quale dovea pur insegnarsi particolarmente in que' tempi a' catecumeni per loro consolazione, atteso il pericolo, che correvano, di esser sorpresi dalla persecuzione prima di aver ricevuto il battesimo di acqua, da cui i due altri dipendono. Ecum., e Teofil. dicono, che l'Apostolo dicei battesimi in plurale per adattarsi al linguaggio degli Ebrei, i quali avvezzi alle frequenti abluzioni, le quali chiamavansi battesimi, come ancor rozzi nella fede s'immaginavano che anche il cristiano battesimo fosse da reiterarsi ogni volta, che tornasse l'uomo cristiano a peccare,della qual cosa accaderà presto di far parola. Il quarto articolo è l'imposizione delle mani, o sia il sagramento della cresima, nel quale si conferisce lo Spirito santo, e infondesi all'uomo forza, e virtù per confessar senza timore il nome di Cristo. Il quinto è la risurrezione dei morti, argomento infinitamente importante, come si è veduto altrove in queste lettere, argomento necessarissimo a trattarsi per istruzione degli Ebrei, trai quali eranvi intere sette, che negavano questa risurrezione. Il sesto finalmente il giudizio eterno, vale a dire il giudizio finale, che di tutti gli uomini si farà da Cristo nell'ultimo giorno, giudizio irrevocabile, ed eterno, come dice l'Apostolo, perchè la buona o rea sentenza, che toccherà a ciascheduno, averà suo effetto per tutta l'eternità. Di tutte queste cose (dice l'Apostolo) non fa di mestieri, che si ritorni a parlare dopo le pubbliche solenni istruzioni, che ne avete ricevuto, prima di essere ammessi nella Chiesa di Cristo.

6,3:E questo lo faremo, se pure ec. Dimostra, come ciò, che egli si propone di fare, è cosa molto difficile, e per la quale al divino aiuto convien ricorrere. Ci avanzeremo a trattare delle cose più sublimi e perfette, se Dio lo per metterà, vale a dire, come nota s. Agostino, se Dio ci concederà la grazia necessaria per farlo.

6,4-6:Imperocchè è impossibile, che coloro, i quali sono stati una volta illuminati, ec. Presso i più antichi Padri e Teologi greci il battesimo è chiamato illuminazione, il battezzare dicesi illuminare, i giorni solenni dell'amministrazione del battesimo sono detti giorni dei lumi, ovvero della illuminazione, Bingamo Orig. lib. XI. cap. 1. Gli illuminati adunque sono i battezzati, i quali (come dice s. Epifanio Paedag. I. 6.) sono fatti per mezzo del battesimo partecipi di quella luce celeste, per cui Dio si conosce, e si vede; onde le Catechesi fatte agli illuminati tralle opere di s. Cirillo di Gerusalemme. Or continuando il suo ragionamento l'Apostolo, dice: noi non ritorneremo a parlar di bel nuovo di quelle cose, le quali nelle istruzioni preparatorie al battesimo s' insegnano a' catecumeni, come se un'altra volta dovessino prepararvi al battesimo, od un nuovo battesimo vi fosse da potersi ricevere nella Chiesa di Dio dopo il primo, quando è certissimo, che un solo è il battesimo. Posto ciò, coloro, i quali sono stati illuminati una volta, e nella loro il luminazione hanno gustato del dono del cielo, vale a dire della grazia vivificante, e sono divenuti partecipi dei doni dello Spirito santo, hanno assaporata la parola di Dio sì dolce al cuore dell'uomo rigenerato per le promesse di Dio, delle quali sono dichiarati eredi pella stessa parola; hanno assaporato eziandio per mezzo della speranza, e dell'amore, le prerogative e i beni della vita avvenire; coloro, io dico, che a tale altezza di grado furon da Dio innalzati, se mai per loro sciagura vengano a cadere in peccato, per cui della grazia nel battesimo ricevuta facciano perdita, impossibile cosa ella è, che siano con un secondo battesimo rinnovati nella penitenza, dalla quale la rinnovazione incomincia. Tale è il senso di questo luogo secondo la comune sposizione de' Padri Grisostomo, Agostino, Girolamo, Ambrogio, ed altri; e vuole l'Apostolo con questa gravissima; dottrina scolpire ne' cuori cristiani, la somma importanza di conservare, e custodire gelosa mente la grazia ricevuta nel santo battesimo, dapoichè perduta che sia, non può colla stessa facilità ricuperarsi, con cui si ottenne; ma fa di mestieri ricorrere a quella, che i Padri, ed il Concilio di Trento chiamano seconda tavola dopo il naufragio,vale a dire, al sagramento di penitenza. Ma diverso è il frutto di questo sagramento da quello, che nel battesimo si riceve, dice il santo Concilio: Pel battesimo noi ci rivestiamo di Gesù Cristo, e in lui diventiamo creatura tutta nuova, ottenendo una piena, ed intera remissione di tutti i nostri peccati, ma a questa novità, ed integrità giungere non possiamo pel sagramento di penitenza senza grandi gemiti nostri, e fatiche, cosi la divina giustizia esigendo; onde giustamente venga da' SS. Padri chiamata la penitenza un faticoso battesimo. Tra i moderni Interpreti alcuni intendono qui non il battesimo, ma la penitenza, e spiegano la parola impossibile, per difficile; ma non abbiamo motivo di allontanarci dal comun sentimento de' Padri, i quali prendono questa parola nel più stretto significato, e la intendono, come si è detto, della reiterazione del battesimo: onde osservas. Agostino, che non dice l'Apostolo impossibile la penitenza a coloro, i quali sono caduti dopo il battesimo, ma che impossibile ella è quella rinnovazione, la quale è effetto del battesimo, e per cui tutta rimettesi e la colpa, e la pena, perchè il battesimo non può conferirsi più d'una volta, nè (come delle lustrazioni legali avveniva) a piacimento del peccator si repete.
S. Epifanio racconta, che Marcione caduto in pubblico ed enorme delitto ricorse ad un nuovo battesimo, dicendo esser lecito di battezzarsi fino a tre volte, talmente che se uno dopo il primo battesimo avesse peccato, convertitosi si ribattezzasse, e lo stesso facesse, se altri delitti avesse commesso dopo il secondo battesimo.Quest'empia dottrina fu tenuta da' seguaci dello stesso Marcione, i soli tra gli eretici de' primi tempi, che insegnassero la reiterazione del battesimo. Vedi s. Epifanio haer. 42. n. 3.
Crocifiggendo nuovamente ec. Nell'epistola a' Romani cap. VI. si legge: tutti noi, che in Cristo siamo stati battezzati, netla morte di lui siamo stati battezzati; imperocchè il battesimo figura la morte di Cristo, da cui tutta riceve la sua virtù; or come Cristo è morto pe' nostri peccati una sol volta, I. Pet. ui, così un solo è il battesimo, e coloro i quali ricevuto il battesimo al peccato ritornano, ed in una nuova lavanda di salute stoltamente pongono le loro speranze, pretendono, che Cristo si dia nuovamente alla morte, alla croce, all'ignominia per essi, ed in cuor loro nuovamente lo crocifiggono, ed insultano alla croce, ed alla passione di lui, per virtù della quale furono lavati da quelle colpe, colle quali a mac chiarsi ritornano.

6,7-8:Imperocchè la terra, che beve la pioggia, ec. Con questa bella similitudine ci pone davanti agli occhi quello, che succede nell'anima, che è fedele alla grazia del battesimo, ed agli aiuti, che riceve continuamente da Dio, e quello, che succede nell'anima infedele. La prima è benedetta con una benedizione, che accresce in lei senza fine la virtù, e la fecondità per le buone opere; la seconda per la sua ingratitudine è degna di essere riprovata, ed è vicina all'eterna maledizione.

6,9:Ci promettiamo però migliori cose ec. Raddolcisce con queste parole quello, che di duro, o di aspro avea detto di sopra, ed insieme fa loro conoscere, da qual fine sia stato mosso a parlare con tanta severità, vale a dire, dall'amore, che ad essi porta, e dalla sollecita cura, che egli ha della loro salvezza.

6,10:Non è Dio ingiusto, onde si dimentichi ec. Rende ragione della buona speranza, che aveva riguardo ad essi; e sopra queste parole vuolsi osservare, che, se dicesi, che Dio fa giustizia, rimunerando le opere buone, non intendesi perciò che le opere nostre tali siano di loro natura, che ad esse sia dovuta in rigor di giustizia da Dio la ricompensa; ma è giusto che Dio le rimuneri, perchè egli ha promesso la ricompensa, e come verace, e fede le nelle sue promesse, giustamente premia la fede, e la carità de' suoi servi; la qual cosa mentre egli fa, non tanto i nostri meriti, quanto i suoi propri doni corona. A coloro, che bene operano fino al fine, e in Dio sperano, dee proporsi la vita eterna, e come una grazia misericordiosamente promessa a' figliuoli di Dio per Gesù Cristo, e come una mercede, la quale per la promessa del medesimo Dio dee fedelmente rendersi alle buone opere è a' meriti loro, dice il santo Concilio di Trento sess. VI. cap. 16. Prende adunque l'Apostolo motivo di bene sperare del fine de' suoi Ebrei dalla carità, che questi avevano praticata, e praticavan tuttora inverso di altri cristiani, ai quali legavagli il nome del comune Salvatore Gesù Cristo. Vedi cap. x. 33.

6,11:Desideriamo, che ognun di voi la stessa sollecitudine dimostri, ec. Quantunque io speri di voi ogni bene, con tuttociò io non posso rattenermi dall'aggiungere stimoli alla vostra virtù, e dall'esortarvi alla perseveranza nel be ne sino alla fine, onde più perfetta, e piena divenga la vostra, e mia speranza, e, per così dire, più certa. Così il greco.

6,12:Imitatori di coloro, i quali mediante la fede, ec. Imitatori de' patriarchi, i quali colla fede, per cui si tenner costanti nella verità, e con la pazienza, per cui tutte le avversità superarono della vita presente, della promessa eredità sono arrivati al possesso. Ai patriarchi fece Dio promesse di due maniere, vale a dire, parte celesti, parte temporali; le une, e le altre ebbero il loro effetto; la posterità di Abramo, d'Isacco ec. ebbe in dominio la terra di Canaan, ed eglino ebbero la loro porzione in quella terra de' viventi, di cui era figura la terra di Canaan.

6,13-14:Dio facendo promessa ad Abramo, perchè nissuno aveva più grande, ec. Porta a questi Ebrei discendenti di Abramo l'esempio del medesimo Abramo, accennando, come ad essi spettavano le promesse fatte a quel patriarca, e per la stessa ragione con tanto studio dimostra la fermezza delle promesse fatte da Dio a quel patriarca, ponendo così sotto de' loro occhi il miglior fondamento delle loro speranze, la bontà e misericordia di Dio verso di Abramo, e verso la vera spirituale discendenza di lui, la qual discendenza erano quegli per la fede abbracciata. Con questo grande esempio gli consola, e gli anima alla pazienza. Dio per dimostrare l'immutabilità della sua parola non si contentò di fare ad Abramo una semplice, e nuda promessa, ma la sua stessa parola con fermar volle con giuramento; e siccome nissuno può far giuramento se non per un altro di sè maggiore, e Dio non ha alcuno sopra di sè, quindi per se stesso egli giurò di benedire quel patriarca, e di moltiplicare la sua discendenza. Vedi Gen. XXII. 16. 17. I participi uniti a' loro verbi nell'Ebreo ne accrescono il significato: per questo dove nell'originale, e nella nostra Volgata dice: Benedicendoti, ti benedirò, e moltiplicandoti, ti moltiplicherò, si è tradotto: ti benedirò grandemente ec.

6,15:Sopportando con longanimità, ec. Abramo senza perder mai la speranza sopportò di veder differito l'adempimento delle divine promesse. Egli non ebbe il figliuolo della promessa se non nell'ultima vecchiezza. Vide prima di morire quel figliuolo, sopra di cui posava tutta la speranza della promessa dilatazione della sua stirpe, e questo stesso figliuolo s'accinse egli stesso a svenarlo per ordine di Dio, senza perder la fede alla divina parola; egli non fu padrone di un palmo di terreno nella Cananea, sperò nondimeno, e fermamente sperò, che la sua stirpe ne avrebbe avuto il possesso, e sperò per se stesso in luogo di quella il possesso di una migliore eredità, della quale sarebbero stati a parte i suoi veri figliuoli, gl'imitatori del suo spirito, della sua pazienza, della sua fede. Egli ha veduto l'adempimento pieno e perfetto di sue speranze, e principalmente egli ha veduto il Cristo (Joan. VIII. 56.) ed ha veduto benedette in questo suo seme tutte le genti e moltiplicato all'infinito il numero de' suoi figliuoli. Vedi Gal. II.6.

6,16-18:Gli uomini giurano per chi è maggiore di loro: ec. Dio per dimostrar la fermezza, e la immutabilità di sua promessa volle confermarla con quello, che negli umani contratti ha forza sì grande. Questo è il giuramento fatto nel nome di lui, cui tutte le cose sono presenti, ed il quale è potente per punir la perfidia, e lo spergiuro. Il giuramento è il legittimo, e massimo mezzo per troncare le liti, e presso tutte le nazioni si tiene per certo tutto quello, che è convalidato con la religione del giu ramento. Di questo mezzo non aveva bisogno Dio per esser creduto, ma per una condiscendenza degna di sua bontà volle egli soprabbondare nel far vedere agli eredi delle promesse (tra' quali voi siete ) la immutabilità dell'eterno decreto concernente il regno e il sacerdozio di Cristo; quindi la promessa medesima ratificò col suo giuramento. La premura, che Dio ebbe d'imprimere, e tener viva ne' veri figliuoli di Abramo la speranza de' beni promessi, fece sì, che egli alla capacita, o piuttosto alla infermità loro adattandosi, alla promessa aggiungesse anche il giuramento, affinchè sopra queste due cose (promessa e giuramento) per loro natura immutabili, e delle quali se possono talora abusare gli uomini, non è possibile però, che Dio abusi giammai, il quale è verità, una consolazione fortissima fosse stabilita per noi, i quali, abbandonato l'amore del secolo, abbiam presa la corsa per arrivare al possesso de' beni proposti alla nostra speranza.

6,19:La quale tenghiamo come ancora ec. Questa speranza è in primo luogo quell'ancora ferma, e sicura, che l'animo nostro sostenta, e immobili lo rende trai flutti, e tralle tempeste di questa vita; ed ella stessa è, che penetra, o sia a noi serve di guida per penetrare sin dentro al santuario, che è dopo il velo. Come l'ancora, a cui s'attiene una nave, non galleggia sull'acque, ma penetra addentro nel fondo del mare; così la nostra speranza non si ferma al vestibolo, o sia al senso esteriore delle promesse, ma fino al sancta sanctorum, cioe fino al cielo s'inoltra, e fino a Dio stesso, come obbietto del senso spirituale delle promesse medesime, e nel cielo stesso ci trasporta, dove già noi conversiamo per la stessa speranza. Parlando agli Ebrei si serve di una alle goria presa dal tempio, conforme meglio vedrassi in ap presso.

6,20:Dove precursore per noi entrò Gesù, ec. Con una nuova ragione fa vedere la fermezza delle promesse a noi fatte, e la saldezza di nostra speranza. Noi c'inoltriamo adirittura arditamente fino nel cielo, perchè cola ci ha precorsi il nostro capo, il nostro liberatore, e del cielo è stata messa in possesso la natura nostra in Cristo, ed egli vi è entrato per noi, per prepararci il nostro luogo, e di là a se chiama (Joan. XIV. 3.), ed ivi fa instancabilmente per noi l'ufficio di nostro intercessore, come fatto sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchise dech. Notisi, come vuol significare l'Apostolo, che Gesù prima che entrasse nel cielo, fu fatto e dichiarato pontefice, e come tale offerse per noi un sagrifizio di eterna virtù, col quale prepizio rendette a noi l'eterno suo Padre, come meglio spiegherà nel capo seguente.