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Venerdi, 26 aprile 2024 - San Marcellino ( Letture di oggi)

Lettera agli Ebrei 11


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Celebra magnificamente la fede, riportando le azioni de' Padri dal principio del mondo sino a Davidde, e ai Profeti: e generalmente dimostra, quanto grandi cose abbiano fatte, e patite mediante la fede: e con tutto ciò non hanno ancor ricevuta la piena lor ricompensa.

1Or ella è la fede il fondamento delle cose da sperarsi, dimostrazione delle cose, che non si veggono.2Imperocché per questa furono celebrati i maggiori.3Per mezzo della fede intendiamo, come furono formati i secoli per la parola di Dio, talmente che dell'invisibile fosse fatto il visibile.4Per la fede offerse a Dio ostia migliore Abele, che Caino, per la quale fu lodato come giusto, approvati da Dio i doni di lui, e per essa parla tuttora dopo la morte.5Per la fede Enoch fu trasportato, perché non vedesse la morte, e non fa trovato, perché traslatollo Iddio: imperocché prima della traslazione fu lodato come accetto a Dio.6Or senza la fede è impossibile di piacere a Dio. Imperocché chi a Dio si accosta, fa di mestieri, che creda che egli è, e rimunera que', che lo cercano.7Per la fede Noè avvertito da Dio di cose, che ancor non si vedevano, con pio timore andò preparando l'arca per salvare la sua famiglia, per la qual (arca) condannò il mondo: e diventò erede della giustizia, che vien dalla fede.8Per la fede quegli, che è chiamato Abrahamo, ubbidì per andare al luogo, che doveva ricevere in eredità: e parti, senza saper dove andasse.9Per la fede stette pellegrino nella terra promessa, come non sua, abitando sotto le tende con Isacco, e Giacobbe coeredi della stessa promessa.10Imperocché aspettava quella città ben fondata: della quale (è) architetto Dio, e fondatore.11Per la fede ancora la stessa Sara sterile ottenne virtù di concepire anche a dispetto dell'età: perché credette fedele colui, che le aveva fatta la promessa.12Per la qual cosa eziandio da un solo (e questo già morto) nacque una moltitudine, come le stelle del cielo, e come l'arena innumerabile, che è sulla spiaggia del mare.13Nella fede morirono tutti questi, senza aver conseguito le promesse, ma da lungi mirandole, e salutandole, e confessando di essere ospiti, e pellegrini sopra la terra.14Imperocché quelli, che cosi parlano, dimostrano, che cercan la patria.15E se avesser conservato memoria di quella, ond' erano usciti, avevan certamente il tempo di ritornarvi:16Ma ad una migliore anelano, cioè alla celeste. Per questo non ha Dio rossore di chiamarsi loro Dio: conciossiachè preparata aveva per essi la città.17Per la fede Abramo messo a ciimento offerse Isacco, e offeriva l'unigenito egli, che aveva ricevute le promesse;18Egli, a cui era stato detto: in Isacco sarà la tua discendenza:19Pensando (Abramo) che potente è Dio anche per risuscitare uno da morte: donde ancor lo riebbe come una figura.20Per la fede Isacco diede a Giacobbe, e ad Esau la benedizione (riguardante) le cose future.21Per la fede Giacobbe, in morendo, benedisse ciascuno de' figliuoli di Giuseppe: e adorò la sommità del bastone di lui.22Per la fede Giuseppe, morendo, rammentò l'uscita de' figliuoli d'Israele (dall'Egitto), e dispose delle sue ossa.23Per la fede Mosè, nato che fu, per tre mesi fu tenuto nascosto da' suoi genitori, perché avevan veduto, che era un bel bambino, e non ebber paura dell'editto del Re.24Per la fede Mosè fatto grande negò di essere figliuolo della figlia di Faraone,25Eleggendo piuttosto di essere afflitto insieme col popol di Dio, che godere per un tempo nel peccato,26Maggior tesoro giudicando l'obbrobrio di Cristo, che le ricchezze dell'Egitto: imperocché mirava alla ricompensa.27Per la fede lasciò l'Egitto, senza aver paura dello sdegno del re; imperocché si fortificò col quasi veder lui, che è invisibile.28Per la fede celebrò la pasqua, e fece l'aspersione del sangue: affinché l'ucciso re de' primogeniti non toccasse gli Israeliti.29Per la fede passarono pel mare rosso, come per terra asciutta: al che provatisi gli Egiziani, furono ingoiati.30Per la fede caddero le mura di Gerico, fattone il giro per sette giorni.31Per la fede Rahab meretrice non perì con gl' increduli, avendo amorevolmente accolti gli esploratori.32E che dirò io ancora? imperocché mancherammi il tempo a raccontare di Gedeone, di Barac, di Sansone, di Jefte, di Davidde, di Samuele, e de' profeti:33I quali per la fede debellarono i regni, operarono la giustizia, conseguirono le promesse, turarono le gole a' leoni,34Estinsero la violenza dei fuoco, schivarono il taglio della spada, guarirono dalle malattie, diventarono forti in guerra, misero in fuga eserciti stranieri:35Riebber le donne i loro morti risuscitati. Altri poi furono stirati, non accettando la liberazione, per ottenere una risurrezione migliore.36Altri poi provarono e gli scherni, e le battiture, e di più le catene, e le prigioni:37Furono lapidati, furon segati, furon tentati, perirono sotto la spada, andaron raminghi, coperti di pelli di pecora, e di capra, mendichi, angustiati, afflitti:38Coloro, de' quali il mondo non era degno: errando pe' deserti, e per le montagne, e nelle spelonche, e caverne della terra.39E tutti questi lodati colla testimonianza renduta alla loro fede, non conseguirono la promissione,40Avendo disposto Dio qualche cosa di meglio per noi, affinchè non fossero perfezionati senza di noi.

Note:

11,1:Or ella è la fede ec. Avendo esortato nel capitolo precedente gli Ebrei alla pazienza, ed avendo incidente mente fatta menzione della fede necessaria per conservare la stessa pazienza, passa in questo capitolo a tessere uno stupendo elogio della stessa fede, rammemorandone molti illustri esempi: esempi tanto più efficaci, ed atti a muover coloro, a' quali scriveva, quanto che tutti presi dalla storia del loro popolo, e dai fatti di persone state mai sempre in grandissima venerazione presso di loro. Dice adunque in primo luogo, che la fede è il fondamento, ovvero la sostanza delle cose sperate, perchè queste cose ci sono presentate, e in certo modo ci sono date dalla fede come presenti, perchè di esse la fede così certi e sicuri ci rende, come se attualmente le possedessimo, e quasi le tenessimo con mano. Le cose, che sono solamente in isperanza, pare in certo modo che siano senza sostanza; la fede dà ad esse sostanza, e fondamento; la risurrezione non è ancor seguita, ma la fede fa sì, che la stessa risurrezione già quasi esiste nel nostro pensiero. Cosi il Grisostomo. In secondo luogo, la stessa fede è una dimostrazione di quelle cose, le quali non si veggono, perchè non sono soggette a' sensi, e delle verità conosciute da noi mediante la rivelazione divina, la quale le stesse cose rende a noi evidenti, come se co' propri nostri occhi potessimo giudicarne. Tanta è la certezza, e chiarezza della fede riguardo alla testimonianza, che Dio stesso ci rende di quel che crediamo.

11,2:Per questa furon celebrati i maggiori. Per la fede furono lodati, e onorati nelle Scritture come giusti, e accetti a Dio i nostri antichi padri.

11,3:Per mezzo della fede intendiamo, come furono formati i secoli ec. Dimostra, come la fede l'intelletto con vince delle cose, che non veggiamo. A questo fine l'esempio porta di una cosa passata, ma dallo stesso esempio concludesi, che le future cose eziandio, le quali sono state da Dio promesse, con egual fermezza creder si debbono. Per la rivelazione fatta da Dio a Adamo, ad Abramo, e agli altri patriarchi, rivelazione descritta poi da Mosè, intendiamo noi, che crediamo, in qual modo fossero create tutte le cose; intendiamo, come ad una parola di Dio senz'altra macchina, o istrumento, senza materia preesistente furono tratte dal nulla tutte quelle cose, le quali hanno per misura della lor durazione il correr de' secoli; onde tutto quello che ora è visibile, fu formato, senza che alcuna cosa di visibile vi fosse per l'avanti. D'invisibili, che erano le cose non esistenti, furon fatte visibili, allorchè dal nulla Dio le produsse. Teof. Tocca con ragione l'Apostolo questo punto essenzialissimo di nostra fede, sopra del quale tanto andaron lungi dal vero i filosofi. La creazione delle cose dal nulla è una verità troppo superiore alla corta capacità dello spirito umano; e dall'altro canto questa verità è quella che ci dà in primo luogo un'idea degna della grandezza di Dio, ed è quella, che a tutti ripara gli incovenienti, e gli assurdi de' bizzarri sistemi de' filosofi; ma questa verità si importante, e nella quale come in prezioso germe sono racchiuse molte utilissime cognizioni per noi, la dobbiamo alla fede: onde a gran ragione dice il martire s. Giustino: Egli (Iddio ) ha dimostrato se stesso, e si è dimostrato per mezzo della fede, la quale sola di vedere Dio è capace.

11,4:Per la fede offerse a Dio ostia migliore Abele, ec. Abele come pio, e fedele offerse miglior sagrifizio, che Caino, il quale ingrato, e di cattivo cuore offerse delle cose peggiori; Abele fu lodato come giusto, e furono accetti a Dio i doni di lui, come offerti con vera fede. Ambedue queste cose le deduce l'Apostolo da quelle parole della Genesi v. 4.: Dio si rivolse ad Abele, e ai doni di lui; dalle quali generalmente inferiscono i Padri, e gl'Interpreti, che Dio con qualche segno esteriore dimostrò, come ed Abele, e la oblazione di Abele gli era gradita. Del sangue di Abele sparso dall'empio fratricida sta scritto, che a Dio gridava dalla terra; e perciò l'Apostolo dice, che Abele parlò anche dopo la morte. Il Grisostomo però ha seguitato un'altra sposizione, dapoichè il testo grecò può significare (come egli dice) che la fede di Abele è anche in oggi celebrata, e ammirata, e benedetta da tutti; argomento, che anche dopo la morte egli vive dinanzi a Dio.

11,5:Per la fede Enoch fu trasportato, ec. Per la sua gran fede Enoch meritò di essere tolto al mondo senza patire la morte. Per la fede, dico, perchè di lui fu scritto (Gen. v. 22. 24), che egli camminò con Dio, vale a dire, ubbidì a Dio, stette unito con Dio; lo che non può aversi senza la fede, come si dice nel versetto seguente. Di questo santo abbiamo nell'Apocalisse che egli dea ritornare insieme con Elia prima della fine del mondo. Intorno a questa traslazione vedi Gen. v. 24.

11,6:Senza la fede è impossibile di piacere a Dio. Stabilisce la necessità della fede, e i due principali punti da credersi, vale a dire, l'esistenza di Dio, e i premi, che egli dà a color, che lo cercano, e per conseguenza le pene, colle quali è punito da lui il disprezzo delle sue leggi. L'Apostolo non ha rammentato questi due articoli di fede, perchè siano i soli necessari per la salute; imperocchè la fede della Trinità, e della incarnazione del Verbo è egualmente indispensabile; egli ha parlato di questi due soli, perchè bastavano al suo intento, di provare cioè, che la traslazione di Enoch fu effetto della sua fede, per la quale piacque, e fu accetto a Dio questo santo; imperocchè non avrebbe egli potuto camminare con Dio, come dice la Scrittura, se non avesse avuta la fede, per la quale sola può l'uomo accostarsi a Dio, credendo, che egli è, e che a' suoi servi rende la desiderata mercede.

11,7:Per la fede Noè avvertito da Dio ec. Fu effetto della fede di Noè il credere a quello, che Dio gli rivelò intorno a cose, le quali potevano allora sembrare incredibili. Dio gli fa sapere cento venti anni prima che egli coprirà coll'acque tutta la terra ripiena di colpe, e di scelleraggini. Noè pieno di santo timore prepara secondo l'ordine di Dio l'arca, la quale servir dovea di rifugio alla sua famiglia. Cosi col proprio suo fatto, con la fabbrica dell'arca fe' palese la sua gran fede a condannazione di tutto il rimanente degli uomini, i quali, benchè o vedessero, o potessero agevolmente sapere quel, ch'egli faceva, e per qual fine lo facesse, si rimasero nondimeno nella loro incredulità, dimentichi e di Dio, e di loro stessi. Così con seguì Noè quella giustizia, che vien dalla fede, e per la fede fu egli giustificato non meno, che Abramo.

11,8:Per la fede quegli, che è chiamato Abrahamo, ubbidì ec. I patriarchi noverati di sopra appartengono al gentilesimo non meno, che alla Sinagoga. Fa adesso passaggio a quelli, da' quali ebbe sua origine il popolo Ebreo. Di questi il primo è Abramo illustre e per la sua gran virtù, e per lo speciale amore, onde fu distinto da Dio. Con molta grazia perciò l'Apostolo s' introduce a parlare di sì grand'uomo, così descrivendolo: Quegli, che è chiamato Abrahamo; con le quali parole dimostra la predilezione di Dio, che lo nomina Padre di molte genti, Gen. XVII. 5. A questo patriarca disse il Signore, che si partisse dalla sua patria (da un paese sommamente fertile, e abbondante di ogni cosa, da un paese, in cui egli era molto potente) e lasciata la sua parentela, e la casa di suo padre, si portasse ad abitare in un paese, di cui voleva dargli il dominio. Abramo ubbidi, e si partì, senza sapere dove andasse, perchè sebbene ordinogli Dio di andar nella terra di Canaan, non sapeva però Abramo, se quivi dovesse egli restare. Vedi Gen. XII. I. Atti VII. 3.

11,9:Per la fede stette pellegrino ec. In quella terra a lui replicatamente promessa abitò egli non come cittadino, o come padrone, ma come ospite e pellegrino; non fabbricovvi città o casa, ma visse sotto le tende or in questa, or in quella parte, senza aver dominio neppur d'un palmo di terreno, eccetto quel poco, che non in virtù della promessa ma collo sborso del suo denaro comprò pel sepolcro di Sara, e la stessa cosa successe ad Isacco, e a Giacobbe eredi anch'essi delle stesse promesse. Dubitò forse per questa gran dilazione Abramo? Dubitarono Isacco, o Giacobbe dell'adempimento delle promesse di Dio?

11,10:Aspettava quella città ben fondata: ec. Abramo (e il simile dicasi d'Isacco, e di Giacobbe) ben sapeva, di qual terra fosse figura la Cananea. A quella terra rivolse sempre le sue mire, e i suoi desideri, quindi non si considerò giammai come cittadino di questo mondo, e neppure come padrone di quel paese medesimo, che Dio gli aveva promesso; ma si considerò come cittadino di quella patria beata, di quella città sopra fondamenti eterni, ed immobili fabbricata, della quale Dio stesso è l'architetto, il fondatore, il padrone. Pieno il cuore della speranza di vedere un dì, e porre il piè in questa patria, si contentava di abitare frattanto sotto le tende, di non aver ferma stanza in un luogo, in cui non bramava di star lungamente.

11,11:Per la fede ancora la stessa Sara ec. Sara da principio dubitò della promessa dell'Angelo, che le prediceva la fecondità, benchè ella fosse e sterile, e di età avanzata, ma di poi fermamente credette alla promessa. E si noti, che non solo la fede di Sara, ma quella ancora di Abramo viene qui commendata, il quale alla stessa promessa prestò piena fede. Vedi Rom. IV. 18.

11,12:Da un solo (e questo già morto) nacque una moltitudine, ec. Per questa fede de' due consorti si vide de rivata da un sol uomo (e questo pieno di età, e di vecchiezza ) una progenie immensa, un popolo grande, e numeroso, come le arene del mare. Il paragone di questo popolo colle stelle del cielo può significarne la celebrita, e la gloria piuttosto, che il numero, come le arene del mare la propagazione infinita significano del medesimo popolo.

11,13:Nella fede morirono tutti questi, senza ec. Abramo, Isacco, Giacobbe nella fede vissero, e nella fede morirono, e senza aver mai veduto adempite le cose promesse non vacillarono mai nella fede. Siccome queste promesse in un senso piu' nobile (e degno della fede di Abramo, d'Isacco, e di Giacobbe ) riguardavano il Cristo, che dalla stirpe di essi doveva nascere; così a questi principalmente dee riferirsi quello, che aggiunge l'Apostolo, che da lungi mirarono, e con eccesso di giubilo salutarono l'oggetto grande delle promesse divine, e dei loro desideri, il Cristo, da cui tanto bene, e tanta gloria derivar dovea e in essi, e nella loro pesterità; e fanno eco queste parole a quelle di Gesù Cristo in s. Gio. VIII. Abramo vostro padre sospirò di vedere questo mio giorno; lo vide, e ne gioì. Quindi ne avvenne, che questi santi in tutto il tempo della lor vita si riconobbero, e si confessarono ospiti, e pellegrini nel mondo, dove nè stanza, nè abitazione fissa cercavano, il loro cuore avendo nel cielo. Vedi Gen. XXIII. 4., XXVI, I. 2.3., XLVII. 9. Lo spirito di quei patriarchi passò ne' loro figliuoli, in quegli almeno, che furon degni di questo nome; onde ai principii della loro fede alludendo, già in pieno possesso della terra di promissione, e del trono medesimo, diceva Davidde: ospite io sono, e pellegrino dinanzi a te, come tutti i miei padri, Ps. XXXVIII.

11,14-16:Quelli, che cosi parlano, dimostrano, che cercan la patria, ec. Fa vedere, che questa confessione procedeva dalla loro fede, ed aveva un senso tutto spirituale. Si confessano pellegrini; confessano adunque di esser fuori della lor patria, e che a questa aspirano di ritornare. Ma di qual patria vogliono intendersi le loro parole? Forse di quella, d'onde uscirono Abramo, e Sara, di Ur nella Caldea? Se di tal patria fossero stati bramosi, ebbero tempo di ritornarvi, nè la distanza era grande. In dugento anni di tempo, quanti ne corsero tralla partenza di Abramo dalla Caldea, e la morte di Giacobbe, potevano bene essersi ripatriati. Ma la verità si è, che un'altra patria bramarono molto migliore, cioè a dir, la patria celeste. Qual meraviglia però, se pel merito di tanta fede piacquero a Dio talmente, che non ebbe egli difficoltà di prendere il nome di loro Dio, se anzi di questo nome si fece gloria dicendo: Io sono il Dio d'Abramo, il Dio d'Isacco, il Dio di Giacobbe, Exod. III. 6. Eglino adunque alla patria celeste anelavano, e Dio dichiarò, che in questa gli aveva già ricevuti come cittadini; anzi ad essi principalmente, come a' cittadini primari, e più distinti aveva preparata quella citta, che non è como sciuta se non per la fede, nè aspettata se non dalla fede.

11,17-18:Per la fede Abramo messo a cimento ec. Si rammemora l'insigne monumento della fede d'Abramo: Dio tenta Abramo per dare a tutta la sua chiesa illustre esempio, e memorando della ubbidienza, che a lui è dovuta. Gli ordina d'immolare Isacco, Isacco figliuolo unigenito; e questo ordine glielo intima dopo, che a lui avea fatte le celebri promesse, le quali nella discendenza d'Isacco doveano adempirsi, avendogli detto il medesimo Dio, che in Isacco avrebbe egli avuto quella posterità, la quale sarebbe stata erede delle promesse. Isacco è detto unigenito, perchè solo nato di donna libera, e molto più, perchè nato in virtù della promessa; ed egli solo era erede di essa, e i soli figliuoli di lui doveano contarsi come figliuoli di Abramo. Vedi Rom. IX. 7.

11,19:Pensando (Abramo) che potente è Dio ec. Abramo offerse il suo unigenito, e quanto alla disposizione del cuore consumò il sagrifizio, seco stesso pensando, che ben poteva Dio risuscitare quel figliuolo da morte. E infatti quasi dalle braccia della morte Dio gliel rendette come una figura di Cristo immolato, e risuscitato da morte. Abramo non potea conciliare la fede alle promesse divine se non colla fede della risurrezione; ma di questa risurrezione non erasi al mondo veduto esempio. Quanto grande adunque dovette essere in Abramo la fede! Teofil. ed Ecum. hanno data un'altra sposizione a quelle parole: lo riebbe come una figura: e dicono aver voluto significare l'Apostolo, che il fatto di Abramo era un esempio di quello, che un giorno volea fare l'eterno Padre, dando il suo Unigenito alla morte per noi.

11,20:Per la fede Isacco diede a Giacobbe e ad Esaù la benedizione ec. Isacco oppresso dagli anni in un paese straniero, affidato nelle divine promesse diede a Giacobbe, e ad Esau suoi figliuoli la benedizione, nella quale dimostrò quello, che dovea avvenire non solo ad essi, ma anche a' loro posteri. Giacobbe fratello minore è preferito al primogenito; imperocchè Isacco ratificò (Gen. XXVII. 37. ) la benedizione carpita con astuzia da Giacobbe. A Giacobbe è data dal padre l'eredità della terra di Canaan, benchè nè questi, nè Abramo non ne avessero avuto alcuna parte in loro dominio. In questa benedizio ne ancora si nascondeva la sorte de' due popoli ebreo, e gentile, come si è veduto Rom. IX.

11,21:Giacobbe, in morendo, benedisse ciascuno de' figliuoli di Giuseppe. Giacobbe illuminato da Dio, contro l'ordine naturale, e contro la volontà del padre Giuseppe diede in questa benedizione la preferenza ad Efraim sopra Manasse, che era il primogenito, profetizzando la superiore potenza della tribù di Efraim, e il regno, che ella ebbe delle dieci tribù nella persona di Geroboamo. E adorò la sommità del bastone di lui. Gl' interpreti Greci generalmente espongono, come la Volgata, questo luogo della Genesi secondo la versione dei LXX. Giacobbe pieno di fede adorò, cioè, rende onore, e riverenza allo scettro, o baston di comando di Giuseppe, ravvisando in lui non tanto l'autorità reale, che doveva un di risedere nella tribù di Efraim, quanto la sovrana potestà di Cristo e nel cielo, e sopra la terra; del qual Cristo fu una insigne figura lo stesso Giuseppe per la sua innocenza, per l'odio portatogli da' cattivi fratelli, per la vendita, che questi ne fecero ec.

11,22:Giuseppe, morendo, rammemorò ec. Predisse la schiavitù, in cui sarebbe caduto il popolo Ebreo, predisse la sua liberazione, e diede ordine, che le sue ossa fossero riportate nella terra promessa; argomento, che non solo credeva indubitatamente la liberazione d'Israele, e l'ingresso degli Ebrei nella terra di Canaan, ma avea presente eziandio la futura risurrezione, e la traslazione de' resuscitati nella terra de' vivi figurata nella Cananea.

11,23:Per la fede Mosè, ec. Fu effetto della fede de' genitori di Mosè, Amram, e Giocalbed, il nasconderlo, come fecero, per tre mesi nella propria casa senza tenere l'editto di Faraone, il quale aveva ordinato, che fossero uccisi i figliuoli maschi, che nascessero agli Ebrei. La fede fu il motivo principale, per cui si esposero a manifesto pericolo di morte; ma si aggiunge, che la singolare bellezza, che Dio avea dato a quel pargoletto fece pensare a' genitori, che a qualche cosa di grande volesse Dio de stinarlo. Giuseppe racconta, che era giin stato loro rivelato, che di essi sarebbe nato il liberatore del popolo, Antiq. II. 5. La maravigliosa bellezza del bambino Mosè persuase loro, che questi fosse il figliuolo promesso. Ma come può dirsi, che non temettero, se poi lo esposero? Chi legge attentamente la storia (Exod. 1.) conosce, che lo esposero per salvarlo, vedendo, che nissun mezzo restava loro per tenerlo nascosto più lungamente. Così non per loro stessi temerono, ma pel figliuolo, il quale, prese le migliori precauzioni, che in tali circostanze potevano, rimisero nelle mani della provvidenza divina. Vedi il Grisostomo.

11,24-26:Per la fede Mosè fatto grande negò ec. La sola fede potè indurre Mosè pervenuto all'età di quarant'anni a non tener conto dell'onore fattogli dalla figliuola di Faraone, che lo aveva adottato e allevato (come diceGiuseppe Ebreo) di consenso del re, per essergli successore nel trono. Gran miracolo della fede! Mosè rinunzia alle delizie della corte, alle grandezze, ed al trono, e si elegge piuttosto di vivere nell'abbiezione, e ne' travagli insieme co' suoi fratelli, che godere pel breve tempo di questa vita delle consolazioni mondane accompagnate dalla colpa, nella quale sarebbe incorso, se immerso ne' piaceri, e nel lusso mirate avesse senza sentimento, e dolore le miserie del suo popolo, nè si fosse preso pensiero della sua liberazione. Vedi gli Atti cap. VII. Così dimostrò egli evidentemente, che con la speranza della futura eterna mercede preferir sapeva a tutti i tesori dell'Egitto l'inestimabil tesoro, che sa ritrovare la fede negli obbrobri, e ne patimenti di Cristo. Gli Ebrei erano sommamente odiosi, ed in abominio presso degli Egiziani; di questa ignominia elesse di essere a parte Mosè, quando lasciata la corte di Faraone andò ad unirsi co' suoi fratelli, dai quali ancora moltissimo ebbe egli da patire; e questa è chiamata dall'Apostolo ignominia, ed obbrobrio di Cristo, perchè Mosè come tipo e figura di Cristo rappresentava i patimenti, e gli obbrobri, de' quali doveva essere satollato dalla nazione Ebrea il Figliuolo di Dio per liberare gli uomini dalla servitù del peccato, come Mosè per liberare gli stessi Ebrei dall'Egitto. Mosè adunque rappresentando Gesù Cristo, ed armato della fede in Cristo (la quale ebbe egli non meno, che i precedenti patriarchi) volentieri abbracciò e ignominie, e travagli simili a quelli, che Cristo pati. Nè a caso l'Apostolo si valse di tale espressione, ma per consolare coll'esempio del loro grande legislatore gli Ebrei esposti ogni di agli obbrobri, ed ai patimenti pel nome del medesimo Salvatore. Vedi il Grisostomo.

11,27:Per la fede lasciò l'Egitto, ec. Alcuni Interpreti sono di sentimento, che si parli in questo luogo della prima partenza di Mosè dall'Egitto, che fu, quando ucciso avendo l'Eizinno, che batteva un Ebreo, andato il fatto fino alle orecchie di Faraone, Mosè si fuggì nel paese di Mnlian, che è in faccia all'Egitto di là dal mar rosso. Io non negherò, che anche a questa istoria possano in qualche modo adattarsi le parole di Paolo; elleno però combinano molto meglio colla seconda partenza di Mosè, quando insieme con tutto il popolo lasciò l'Egitto. Nella prima occasione Mosè, ed ebbe paura, e fuggi, come abbiamo dall'Esodo; laddove in questa nè fuggi, nè temette, come dice l'Apostolo, ma con grand'animo, e con gran fede si fece guida di una immensa turba di uomini imbelli, sapendo benissimo, e quanto fosse mutabile, ed incostante l'animo del re, e quanto odio a vesse contro la sua propria persona, e quanto male sentisse non solo il re, ma anche tutto l'Egitto, che se n'andasser gli Ebrei, de' quali si servivano, come di schiavi; e il consenso dato forzatamente dal re non poteva render tranquillo Mosè, che ben conosceva tutta la perfidia. La sola fede adunque fu quella, che resse e sostenne questo gran condottiere in tale e tanto cimento: onde colla fidanza nelle divine promesse, disprezzati i pericoli, si pose all'esecuzione dell'impresa ingiuntagli dal Signore; e questo autore, e ordinatore di essa, e la volontà di lui tenne egli sempre a sè davanti, l'invisibile mi rando come se lo vedesse; e con la vista dell'invisibile superò il timore di tutto quello, che poteva tentare contro di lui un uomo visibile, e mortale, benchè potente.

11,28:Celebrò la pasqua, e fece l'aspersione ec. A' dieci del mese di Nisan cinque giorni prima della partenza, Mosè fece per ordin di Dio, che in ogni casa ebrea fosse preparato un agnello, o un capretto, il quale doveva immolarsi la notte stessa, in cui succedette la morte dei primogeniti uccisi dall'Angelo sterminatore, nella qual notte seguì la partenza degli Ebrei. Questa immolazione servir dovea di preparazione al viaggio; ma è da notare, che il re non aveva ancora data la permissione di partire. Chi non ammirerà adunque la fede viva, e grande di Mosè, il quale in tutto questo fatto si riconosce cosi persuaso, e indubitatamente certo di quello, che Dio gli avevn promesso, che niuna cosa lascia da parte di quelle, che dovevan precedere il suo viaggio, e fa preparare gli agnelli, e fa, che nel tempo determinato sian tutti immolati; e finalmente, che facciasi l'aspersione del sangue alle porte delle case, affinchè l'uccisore de' primogeniti per rispetto a quel sangue non offendesse gl'Israeliti? Ma non si fermava qui certamente la fede di Mosè. La Sapienza incarnata ci ha già fatto sapere (Jo. V. 46. ), che del Cristo ha parlato Mosè in tutta quella mirabile istoria, che questi della sua propria missione ci ha lasciata. Non v'ha adunque alcun luogo di dubitnre, che Mosè conobbe benissimo per la sua fede e quel, che significasse la pasqua, ch'ei celebrò, e quel, che fosse l'agnello che immolarsi dovette per la liberazione del popolo, e quale, e di quanta efficacia fosse quel sangue, che salvò le case degli Israeliti dalla spada dell'Angelo.

11,29:Per la fede passarono ec. Alla fede non solo di Mosè, ma anche degli Israeliti attribuisce il miracoloso passaggio del mar rosso.

11,30:Per la fede caddero le mura ec. Per virtù della fede dello stesso popolo, e principalmente di Giosuè, e de' sacerdoti.

11,31:Per la fede Rahab meretrice ec. Dopo gli esempi dei loro padri presenta agli Ebrei un illustre esempio di fede nella persona di una donna straniera, e quel che è più, di una donna, che era stata precedentemente di vita cattiva, e nella quale in tal modo rifulse il potere della grazia, che diventò un modello di vera, e viva fede cristiana. Vedi Jac. II. 25. Ella espose la propria vita per salvare gli esploratori mandati a Gerico da Giosuè. Ella credette con tanta fermezza d'animo nel vero Dio adorato dagli Israeliti, ed il quale tanti prodigi aveva fatto per essi nei deserti dell'Arabia, che non dubitò niente, che sotto il loro dominio sarebbe passato tutto il paese di Canaan secondo le promesse fatte da Dio ai loro padri; della qual fede fu anche argomento il giuramento, che ella volle dagli esploratori medesimi di salvare la vita a lei, e a tutta la sua famiglia.

11,32:Mancherammi il tempo a raccontare di Gedeone, ec. Per amore di brevità, e perchè parlava con gente istruita nelle Scritture, rammenta in complesso un numero di altri gran personaggi, la fede de' quali si manifestò nelle opere grandi da essi fatte. Accenna le azioni loro, e di molti altri ne' versetti, che seguono.

11,33:Per la fede debellarono i regni. Giosuè, Barac, Gedeone, Jefte, Samuele, Davidde, sono celebri nella Scrittura per le imprese guerriere condotte a prospero fine molto più, che colla forza dell'armi, per la loro gran fede.
Operarono la giustizia. O s'intenda di quella giustizia che è una virtù generale, per cui si obbedisce alla divina legge, o si intenda di quella virtù speciale, per cui il suo rendesi a ciascheduno, e l'una, e l'altra convengono a un gran numero degli uomini grandi del vecchio testamento; e gli errori, e le colpe, nelle quali caddero alcuni, come Sansone, Jefte, Gedeone ec. non gli rendono indegni di questo elogio, dice s. Tommaso, perchè questo è fondato sopra le buone opere da essi fatte: ed è probabile, che questi pure nella loro fine furono santi, perchè, come osserva lo stesso santo dottore, sono nominati trai santi, e di più sembrano chiaramente posti tra' santi dall'Apostolo per quello, che leggesi Vers. 39. 40.
Conseguirono le promesse. Parla delle promesse particolari fatte da Dio a ciascheduno di essi, come Davidde arrivò al regno, Sansone fu il terrore de' Filistei, altri ottennero grandi vittorie secondo le promesse, che Dio avea lor fate.
Turarono le gole a' leoni. Così Sansone (Jud. XIV. 15.); così Davidde (1. Reg. XVII. 34. 35.); così Daniele (Dan. VII. 2. )

11,34:Estinsero la violenza del fuoco. I tre fanciulli gittati nell'ardente fornace, Dan. III. 49. ec.
Schivarono il taglio della spada. Elia scansò la spada di Jezabele, Davidde quella di Saul, Michea quella di Acabbo, Eliseo di Gioram ec.
Guarirono dalle malattie. Come Giob, ed Ezechia guariti miracolosamente ec. Il greco, ed anche la Volgata possono ammettere un altro senso, che è quello seguito dal Grisostomo, e da altri Interpreti Greci; ed è questo: diventarono forti di deboli, che erano, alludendo alla cattività di Babilonia, dopo la quale il popolo Ebreo prima sì abbattuto e prostrato ricominciò a crescere nuova mente in valore, ed in gloria; lo che lega benissimo con quello che segue: diventarono forti in guerra, misero in fuga eserciti stranieri. Altri però queste ultime parole le applicano ai Maccabei, de' quali il sovrumano valore fu animato da una grandissima fede, e da un ardentissimo zelo dell'onore di Dio, onde meritarono, che la mano di Dio, e la protezione celeste in singolar maniera fosse con essi nelle grandi guerre, che ebbero contro i re della Siria.

11,35:Riebber le donne i loro morti risuscitati. E la Sunamitide, e la vedova di Sarepta videro, e abbracciarono i loro già morti figliuoli, risuscitati per l'orazione di Eliseo, e di Elia. Questi miracoli, ne' quali contenevasi un presagio della futura universale risurrezione ad una vita immortale, sono attribuiti alla fede non solo de' profeti, ma a quella ancora delle due buone madri.
Altri poi furon stirati. Fin qui le opere prodigiose e grandi operate in virtù della fede: viene adesso alle cose grandi patite, e sofferte per amor della fede. Or egli descrive qui secondo s. Tommaso, e molti altri Interpreti, il tormento del cavalletto, sopra del quale erano stirati i rei fino a scommettersi le ossa. Il qual tormento (come agevolmente si riconosce, paragonando il testo greco di questo luogo col greco del lib. II. de' Maccabei. VI. 19.30) fu quello stesso, che soffrì il vecchio Eleazaro; e bisogna confessare, che le parole seguenti chiaramente alludono all'istoria di quel santo. Altri Interpreti però il greco testo dell'uno, e dell'altro luogo lo espongono di un'altra specie di supplizio molto usitato nell'Oriente, il qual supplizio consiste in distendere il paziente per terra sulla schiena, co' piedi in alto, e bastonarlo alle piante de' piedi anche fino a morte. Comunque sia, viene accennato qui il fatto da noi rammentato, e la pazienza mirabile di quel santissimo uomo, il quale vicino a rendere l'ultimo spirito, potè dire a Dio: Signore, che tutto conosci, tu sai, come potendo io liberarmi dalla morte, acerbi dolori soffro nel corpo; ma per l'anima volentieri queste cose patisco. 2. Macc. VI. 30. E tornava sommamente in acconcio all'intento dell'Apostolo, che è di accendere negli Ebrei la fede, il valersi di un esempio sì nobile, e non molto antico, nel qual esempio volle Dio far vedere, a quale altezza di animo, e di coraggio sollevar possa un uomo la fede, e la speranza di que' veri beni, che all'occhio carnale sono nascosti.

11,36:Altri poi provarono e gli scherni, e le battiture, ec. Moltissimi Ebrei a' tempi di Antioco soffrirono tutte queste cose, ed altre peggiori. Eliseo fu esposto agli scherni de' fanciulli. Gli altri profeti poi or furon trattati da impostori, ora battuti, ora messi in prigione.

11,37:Furono lapidati. Così Naboth, così Zaccheria, 3. Reg. XX. 13., 2. Paral. XXIV. 21.
Furon segati. Secondo la tradizione degli Ebrei seguitata da molti Padri, come Tertulliano, s. Girolamo, s. Agostino, ed altri, nel supplizio della sega morì Isaia; e sappiamo, che questo supplizio era usato in molti luoghi dell'Oriente vicino alla Giudea. Vedi 2. Reg. XII.31, I. Paral. XX. 3. Amos. 1. 3.
Furon tentati. Tentati colle lusinghe, e colle promesse, tentati colle minacce, e co' rigori.
Perirono sotto la spada. Molti a' tempi di Manasse, molti a' tempi di Antioco.
Andaron raminghi, coperti di pelli di pecora, ec. Sbalzati qua, e là dal furore della persecuzione, andavan esuli dalla patria, coperti appena dalle ingiurie delle stagioni con poverissime vesti fatte di pelle o di pecora, o di capra, privi di ogni umano soccorso, portando seco per ogni parte la lor povertà, e il peso delle angustie, e delle afflizioni, dalle quali erano oppressi. Spettacolo grande agli occhi della fede. Uomini, che erano dinanzi a Dio tanto grandi, che ad un solo di essi (cgme spiega il Grisostomo) non era da paragonarsi in pregio e dignità tutto il resto del mondo, si veggono costretti ad andarsene errando pe' deserti, cercando tra gli alberghi delle fiere crudeli una spelonca, o una caverna, in cui riposarsi, ed ascondersi dal furore degli uomini. Molti di tali esempi abbiamo nelle Scritture, e particolarmente nel secondo libro de' Maccabei.

11,39-40:E tutti questi lodati colla testimonianza renduta ec. Or tutti questi santi celebrati da Dio colla onorevolissima testimonianza renduta alla loro fede nelle Scritture, non hanno ricevuto ancora la ricompensa promessa da Dio; vale a dire, la loro risurrezione, la quale non otterranno se non insieme con tutti i santi del nuovo testamento alla fine de' secoli, avendo disposto Iddio, che intiera e perfetta beatitudine non conseguisser que' santi prima di noi, i quali sopra le loro pedate camminiamo verso la stessa beatitudine; così il Grisostomo, s. Agostino tract. CXXIV. in Jo.,s. Tommaso, ed altri. E con questa bellissima riflessione anima grandemente la fede degli Ebrei a soffrire con pazienza la dilazione della sospirata mercede, ponendo loro davanti i santi tutti de' secoli precedenti, i quali benchè glorificati, quanto all'anima, dopo l'ascensione di Cristo, aspettano però ancora il compimento della loro felicità nella riunione dello Spirito col proprio corpo alla finale risurrezione, nella quale risurrezione non ci precederanno gli antichi santi, perchè nello stesso momento risusciteremo tutti insieme con essi. Desiderando i santi la risurrezione de' loro corpi, ebbero da Dio questa risposta: aspettate un po'di tempo, fino a tanto che compiuto sia il numero de' vostri fratelli (Apocal. VI. II.). Eglino hanno già ricevuto una stola per uno, ma non saranno vestiti di doppia stola, se non quando ne sarem vestiti anche noi, come de' patriarchi, e de' profeti dice l'Apostolo, che non senza di noi saranno perfezionati; imperocchè la prima stola ella è la beatitudine stessa, e la requie delle anime; la seconda stola è l'immortalità, e la gloria de' corpi. S. Bern. serm. 3. in fest. omn. sanct. E nel senso stesso il Grisostomo: Gli antichi santi han prevenuto noi ne' combattimenti, non preverranno noi nella corona. Dio non ha fatto a quegli ingiuria, ma onore a noi: imperocchè gli stessi santi volentieri ci aspettano, dapoichè se siamo tutti un sol corpo, il gaudio del corpo divien maggiore, se tutto insieme vien coronato, e non or questa, or quella parte.