Scrutatio

Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Seconda lettera ai Corinzi 2


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Dice, che non è andato da' Corinti per non recar loro tristezza maggiore, e gli esorta a ricevere nella loro grazia l'incestuosa, e insieme parla della sua predicazione accompagnata da fatiche grandi, e da gran frutto, quantunque l'odore della sua medesima predicazione fosse per alcuni stato odore di morte.

1Ho determinato meco stesso di non venir di nuovo da voi per attristarvi.2Imperocché se io vi contristo: e chi è che rallegri me, fuori di chi è stato da me contristato?3E questo stesso ve lo ho scritta, affinchè venendo io, non riceva tristezza sopra tristezza da quegli, da' quali doveva io avere allegrezza: fidandomi di tutti voi, che abbiate tutti per vostro il mio gaudio.4Imperocché in grande afflizione, e ansietà di cuore vi scrissi con molte lagrime: non per contristarvi: ma affinchè conosceste la carità, che io lo abbondantissima verso di voi.5Che se alcuno fu cagion di tristezza, non recò a me se non parte di tristezza: affinchè io non faccia aggravio a tutti voi.6Basta per questo tale questa riprensione fatta da molti:7Onde per lo contrario voi usiate indulgenza, e lo consoliate, affinchè per disgrazia non sia da eccessiva tristezza assorto questo tale.8Vi scongiuro perciò a ratificare la carità verso di lui.9Imperocché con questo fine ancora ho scritto, per conoscervi alla prova, se siate in tutto ubbidienti.10Or con chi avete usato voi indulgenza, la uso anch'io: imperocché io pure dove ho usato indulgenza (se alcuna ne ho usata) per amor vostro li ho usata a nome di Cristo,11Affinchè non siamo soverchiati da satana: conciossiachè non ci sono ignote le cabale di lui.12Or essendo io giunto a Troade pel vangelo di Cristo, ed essendomi stata aperta la porta dal Signore,13Non ebbi requie nel mio spirito per non aver trovato il mio fratello Tito, ma salutati quegli, partii per la Macedonia.14Grazie però a Dio, il quale ci fa sempre trionfanti in Cristo Gesù, e rende manifesto l'odore della cognizione di lui in ogni luogo per mezzo nostro:15Dappoiché il buon odore di Cristo siam noi a Dio, e per que', che si salvano, e per que', che periscono:16Per gli uni odor di morte per loro morte; per gli altri odore di vita per loro vita. E per tali cose chi è che sia tanto idoneo?17Imperocché non siamo come moltissimi, che falsificano la parola di Dio, ma con sincerità, come da parte di Dio parliamo dinanzi a Dio in Cristo.

Note:

2,1:Ho determinato.... . di non venir di nuovo ec. Dissi, che per riguardo vostro non sono venuto da voi, imperocchè se fossi venuto, non poteva arrecarvi se non tristezza il mio arrivo, mentre tante eran le cose degne di riprensione tra voi. Or essendo da voi venuto con mie lettere una volta a rattristarvi, mi era risoluto di non voler tornar la seconda volta in persona, ma di aspettare la vostra emendazione.

2,2:Se io vi contristo: e chi è, che rallegri me, ec. Venendo io a contristarvi, da qual parte poteva io sperare consolazione, ed allegrezza, mentre questa non posso averla, se non da voi, miei figliuoli, i quali contristati da me, non potevate essere al cuor mio se non oggetto di tristezza, e di dolore? Sentimento degno della tene rissima carità dell'Apostolo.

2,3:E questo stesso ve lo ho scritto, affinchè venendo io, ec. Vi ho spiegato le cagioni, per le quali credei di non dover venire ancora da voi, affinchè le tolghiate assoluta mente di mezzo, onde succeder non debba che nella mia venuta nuovi, e raddoppiati motivi di tristezza, e di affanno io trovi in voi, da' quali ho ragion di aspettarmi allegrezza, e consolazione; dapoichè di tutti voi ardisco di promettermi, che vostre facciate le mie allegrezze, come vostro avete fatto il mio dolore, e la mia tristezza.

2,4:In grande afflizione, e ansietà di cuore vi scrissi ec. Dimostra l'estrema afflizione recata al suo cuore dai disordini della Chiesa di Corinto, i quali lo avevano costretto a scrivere con tanta severità non per affliggergli, ma per far loro conoscere l'ampiezza della sua carità col vivo acerbo dolore, che dimostrava de' loro mali.

2,5: Che se alcuno fu cagion di tristezza, ec. Parla qui certamente dell'incestuoso, primaria cagione della tristezza di Paolo. La tristezza, e il dolore di un male sì grande, qual si era il delitto, in cui quest'uomo era caduto, questa tristezza, dice l'Apostolo, non fu tutta mia: non farò io a tutti voi quest'aggravio; imperocchè voi pure, o molti almeno di voi ne provaste afflizione e dolore.

2,6-8:Basta per questo tale questa riprensione fatta da molli. Basti, che questo tale abbia sofferto la pubblica correzione fattagli da tutta la Chiesa, da cui è stato separato, e dato nelle mani di satana; non se gli accresca l'umiliazione, e la pena. Alcuni vogliono, che con queste parole, aggiunto anche quello, che dicesi ne' due seguenti versetti, intenda l'Apostolo, che l'incestuoso sia omai restituito nella comunione della Chiesa; altri, che la indulgenza da lui raccomandata riguardi solo la liberazione da' mali corporali, co' quali era egli tormentato dal demonio in virtù della sentenza di Paolo, e della Chiesa (Vedi I. Cor. v.); come se l'Apostolo esortasse i Corinti a dimostrare la loro carità verso di questo reo con pregare il Signore a liberarlo da que' mali. A considerare attentamente tutte le parole di Paolo sembra quasi evidente, che, quantunque non molto lunga fosse stata la penitenza del detto incestuoso (imperocchè non lungo fu l'intervallo tra la prima, e questa seconda lettera ) nulladimeno la compunzione, e il fervore del penitente avesser determinato l'Apostolo a chiedere agli stessi Corinti che gli perdonassero, e lo assolvessero, e nella lor comunione lo ritornassero; imperocchè tralle altre cose non veggo, in qual'altra maniera possa spiegarsi quello, che egli dice del ratificare, vale a dire del comprovare col fatto la carità, che avevano verso di quel peccatore, se ciò non intendesi del riceverlo nuovamente nel grembo della Chiesa. Dove è da notare che la voce greca la quale è stata da noi tradotta con quella di ratificare propriamente significa autenticare, ovvero decre tare solennemente, e con autorità; e dicevasi di quelle cose, le quali per pubblici suffragi si decretavano nelle adunanze della repubblica. Oltre di ciò, e qual'altra cosa significar può il condonare o sia usare indulgenza, se non perdonare, e ricever in grazia,e riconciliare il penitente? Questo poco basti per conferma di un'opinione a mio credere assai certa, e della quale avrei parlato anche me no, se non vedessi, che qualche antico scrittore, ed anche qualche moderno ha abbracciato altra sentenza non per altra ragione, cred'io, se non perchè sembrava loro, che alla severità dell'antica disciplina non fosse confor me il rimettere così presto nella comunione della Chiesa un uomo caduto in sì enorme delitto. Ma tutti coloro, che sono alcun poco versati nello studio delle antiche regole della Chiesa, sanno, che, qualunque fosse il rigore della penitenza ordinata pe' vari peccati, fu sempre in mano de' pastori di accorciare il tempo della medesima penitenza secondo le maggiori prove di conversione, e di sincero ravvedimento, e secondo le varie circostanze della persona, e del tempo: onde sappiamo da s.Cipriano, che soleva abbreviarsi la penitenza, ed accelerarsi la riconciliazione de' peccatori al primo segno di imminente persecuzione, perchè, come dice lo stesso Padre, non era conveniente di lasciar alcuno de' fedeli esposto alla battaglia senza la necessaria difesa, vale a dire senza la comunione del corpo, e del sangue di Cristo. Vedilo epistola LIV; concilio Niceno can. XII., Ancirano can. v., Calcedonense XVI. Ma si rifletta con Teodoreto, qual fosse la forza della divina eloquenza di Paolo, e l'ammirabile cangiamento prodotto dalla sua precedente lettera negli animi dei Corinti. Questo cangiamento fu tale, che, dove prima egli avea avuto occasione di lamentarsi, che niuna pena si fossero presa della orribil caduta di un loro fratello, egli è ora costretto a cercare di consolargli, e a moderare il loro zelo, e ad esortargli con molta sollecitudine a perdonare al reo, e a restituirlo alla pace, e alla comunione della Chiesa.

2,9:Con questo fine ancora vi ho scritto, ec. Pregandovi, e sollecitandovi a ricevere nella comunion della Chiesa il reo penitente, io non ho in mira solamente il ben di lui, ma anche il vostro; ho in mira di far prova della vostra ubbidienza, e di vedere, se con la stessa prontezza, con la quale mi ubbidiste separandolo da voi, mi ubbidirete nell'ammetterlo alla riconciliazione.

2,10-11:Or con chi avete usato voi indulgenza, la uso an ch'io: imperocchè ec. Condonando voi all'incestuoso il suo fallo, gliel condono ancor io presente a voi col mio spirito, quando lo riunite a voi, ed alla Chiesa, come lo fui, quando dalla Chiesa lo separaste; imperocchè io pure qualunque volta, ho usato indulgenza verso alcun peccatore, la ho usata per amor vostro, vale a dire per vantaggio, e utilità della vostra Chiesa, e non di proprio arbitrio, ma secondo l'autorità commessami da Cristo. Così adunque fa d'uopo di temperare talvolta il rigore della legge con la benignità, e misericordia verso de' peccatori, purchè questa donata sia, e concessa al maggior bene della Chiesa, e secondo Cristo. Il voler togliere affatto l'uso di questa salutare indulgenza sarebbe per noi lo stesso, che esporci ad essere circonvenuti dal nimico, il quale siccome molti seduce coll'indurgli a peccare, così altri ancora seduce coll'indurgli ad essere di soverchio duri, e rigorosi contro de' peccatori. Noi non ignoriamo, di quante arti, e di quante macchine egli si serva per togliere gli uomini a Cristo.

2,12:Or essendo io giunto a Troade.... ed essendomi stata aperta ec. Vedi gli Atti cap. XX. 6.,2. Tim. IV. 16. La porta aperta all'Apostolo in Troade dal Signore significa le buone disposizioni trovate da lui negli animi di que' cittadini ad ascoltare la parola della salute, disposizioni, che erano effetto della virtù del Signore.

2,13:Non ebbi requie.... per non aver trovato il mio fratello Tito, ec. L'Apostolo lo aspettava con grande impazienza di ritorno da Corinto per intendere da lui, quale effetto prodotto avesse ne' Corinti la sua lettera, e non trovandolo in Troade, si avanzò nella Macedonia per avvicinarsi a lui, e vederlo più presto.

2,14:L'odore della cognizione di lui ec. La cognizione del Salvatore data da Dio agli uomini quasi odor soavissimo è diffusa da Dio per ogni parte mediante la nostra predicazione, affine di trar gli uomini a Cristo.

2,15-16:Il buon odore di Cristo siam noi a Dio ec. Per onore di Dio si sparge da noi in ogni luogo questo buon odore di Cristo sì con la predicazione della parola, è sì ancora coll'esempio della vita cristiana, che in noi risplende. E il buon odore di Cristo siam noi non solo per quelli che ascoltano, ed abbracciano la parola, e si salvano, ma per quelli ancora, che la parola rigettano, e nella incredulità si rimangono, e periscono. Così lo stesso soavissimo odore è per gli uni principio di vita, per gli altri è principio di morte, convertendo questi con la loro malizia e perversità in veleno il rimedio preparato da Dio per loro salute. E per tali cose chi è, che sia tanto idoneo? E chi è, che sia perfettamente atto a si gran ministero? Chi è, che sia degno di esser chiamato il buon odore di Cristo, sicchè a lui tragga gli uomini sì con la predicazione pura e incorrotta della parola di verità, e sì ancora con la fragranza di una vita santa, ornata di tutte le cristiane virtù?

2,17:Non siamo come moltissimi, che falsificano ec. Prende anche qui di mira i falsi dottori di Corinto, con l'esempio de' quali dimostra la difficoltà somma, che ha in se stesso il ministero Apostolico. È facile il parlare di Cristo, e ancor più facile il falsificare la parola di Cristo, o il farla servire alle proprie passioni, a' propri comodi, e a' propri interessi; difficilissimo (dice Paolo ) il parlare mai sempre la pura, e schietta parola di Dio, il parlarla come veri inviati di Dio agli uomini, il parlarla come nel cospetto di Dio medesimo, lui tenendo mai sempre dinanzi agli occhi testimone, e giudice delle opere nostre; e finalmente il parlare come in persona dello stesso Cristo, di cui facciamo le veci.