Scrutatio

Martedi, 23 aprile 2024 - San Giorgio ( Letture di oggi)

Seconda lettera ai Corinzi 10


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Comincia a spiegare la sua potestà, e le fatiche tollerate per Cristo per reprimere i falsi Apostoli, i quali cercando di avvilirlo, impedivano il frutto della sua predicazione.

1Ora io stesso Paolo vi scongiuro per la mansuetudine, e modestia di Cristo, io, che in faccia sono umile tra di voi, assente poi sono ardito con voi.2Vi supplico adunque, che non abbia io presente ad agire arditamente con quella franchezza, per la quale sono creduto ardito, contro certuni, i quali fan concetto di noi quasi camminiamo secondo la carne.3Imperocché camminando noi nella carne, non militiamo secondo la carne.4Imperocché le armi della nostra milizia non sono carnali, ma potenti in Dio a distruggere le fortificazioni, distruggendo noi le macchinazioni,5E qualunque altura, che si innalza contro la scienza di Dio, e in servaggio conducendo ogni intelletto all'ubbidienza di Cristo,6E avendo in mano onde prender vendetta di ogni disubbidienza, quando sarà perfezionata la vostra ubbidienza.7Badate all'apparenza. Se taluno dentro di se confida di essere di Cristo, pensi vicendevolmente dentro di se, che com'egli è di Cristo, cosi anche noi.8Imperocché quand' anche mi gloriassi un poco più della potestà nostra, la quale il Signore ci ha dato per vostra edificazione, e non per distruzione, non ne arrossirei.9Ma affinchè io non sia creduta quasi sbalordirvi con le lettere:10Imperocché le lettere (dicono essi) elle sono gravi, e robuste: ma la presenza del corpo è meschina, e il discorso non val nulla:11Pensi chi dice cosi, che quali siamo a parole per lettera in assenza, tali ancor (siamo) a' fatti in presenza.12Imperocché non abbiamo ardire di metterci in mazzo, o di paragonarci con certuni, i quali da loro stessi si celebrano: ma noi misuriamo noi stessi con noi medesimi, e con noi stessi ci paragoniamo.13Noi però non ci glorieremo formisura, ma giusta la maniera di misura che Dio ci ha dato in sorte, misura da arrivare sino a voi.14Imperocché non, quasi non fossimo arrivati sino a voi, ci siamo stesi oltre i limiti: imperocché sino a voi pure siamo arrivati col vangelo di Cristo:15Non gloriandoci formisura sopra le altrui fatiche: ma sperando, che crescendo la vostra fede, saremo tra di voi ingranditi nella nostra misura ampiamente,16Porteremo il vangelo anche ne' luoghi, che sono di là da voi, non ci glorieremo di ciò, che è coltivato dentro la misura assegnata ad altri.17Per altro chi si gloria, nel Signore si glorj.18Imperocché non è provato chi se stesso commenda: ma quegli, cui Iddio commenda.

Note:

10,1-2:Ora io stesso Paolo vi scongiuro ec. Erano tuttora in Corinto alcuni, sebben in piccol numero, che cerca vano di screditare, quanto mai potevano, l'Apostolo. Sostiene egli adunque la propria causa contro le loro calunnie in questo, e ne' seguenti capitoli, ne' quali egli parla in numero singolare, perchè non la comune dignità dei ministri del Vangelo, ma il suo apostolato difende, e la sua persona presa di mira in modo particolare da quei falsi Apostoli, i quali erano Giudei, e appassionati difensori delle cerimonie legali. Abbiamo già altrove osservato come dalla sua nazione principalmente ebbe moltissimo da soffrire il nostro Apostolo; da quelli, che rimanevano nella incredulità, le aperte, e furiose persecuzioni; da molti di quelli che si convertivano, le occulte detrazioni, le insidie, i raggiri. Oltre gli altri motivi di odio (dei quali ne troverà sempre il demonio per aizzare gli eretici contro la Chiesa ) non sapevano patir costoro, che Paolo ebreo, com'essi, sì liberamente predicasse, non esser necessaria la osservanza della legge di Mosè.
Comincia adunque l'Apostolo dal dimostrare ai Corinti, che sebben si trova forzato a trattare con qualche asprezza gli avversari suoi e del Vangelo, contuttociò il suo cuore è sempre inclinato alla dolcezza; imperocchè gli scongiura per la mansuetudine, e modestia (o sia bontà ) di Cristo a farsi, che egli, il quale (a detta de' suoi emoli) in faccia ad essi era umile, e dimesso, in assenza poi con alterezza, ed impero scriveva, non abbia ad esser costretto a usare di quell'imperiosità, che venivagli attribuita, contro coloro, i quali di lui parlavano, e di lui facevan concetto, come di uomo, che nella predicazione del Vangelo co' principi della umana politica si regolasse o con gli umani rispetti, o sopra deboli umani aiuti si confidasse.
Sapeva ben Paolo anche da vicino far valere la autorità dell'apostolato, e perciò senza trattenersi a rispondere alle maligne millanterie de' suoi avversari, desidera, che i Corinti tutta adoperino la loro industria nell'attutir la baldanza di coloro, e nel ridurgli a cangiar la loro condotta, affinchè giunto che egli sia a Corinto, non debba far a quelli sentire il peso della autorità, e far loro conoscere, se egli fosse uomo da arrestarsi per qualche umano affetto, o per timore di alcuno nell'adempimento de' doveri del suo ministero.

10,3:Camminando noi nella carne, non militiamo ec. Quantunque noi siamo uomini simili agli altri quanto alle debolezze, e infermità della carne, non ci regoliamo però nella nostra milizia secondo gli affetti della carne. Il ministero nostro egli è la nostra milizia: questo ministero è divino, e le armi, onde si esercita, sono non carnali, ma divine.

10,4-5:Potenti in Dio a distruggere le fortificazioni, di struggendo noi le macchinazioni, e qualunque altura, ec. Le armi adunque di questo ministero non sono simili a quelle usate dagli uomini per condurre a fine i disegni, e le imprese di questo mondo; le nostre armi sono potenti per virtù di Dio a rovesciare, e buttare a terra tutte le opposizioni de' nemici di Cristo; con queste noi distruggiamo tutte le macchine, e tutti gli strattagemmi, e rigiri degli stessi nemici, e umiliamo la superba presunzione de' filosofi, e de' saggi del mondo, la quale osa innalzarsi contro la vera scienza di Dio, e ogni intelletto ben chè duro e ribelle, riduciamo a umile servitù, e ubbidienza alla fede.
Le armi degli Apostoli erano lo zelo, la pazienza, la fortezza, la purità, e santità della vita, e tutte le cristiane virtù; ed erano ancora la sapienza celeste, la profezia, i miracoli, e gli altri doni dello Spirito santo. A queste armi non potè lungamente resistere nè l'autorità de' grandi della terra, nè la sottigliezza, e il saper dei filosotì, nè tutta la potenza del secolo impegnata a sostenere la dominante empietà.

10,6:E avendo in mano onde prender vendetta... quando sarà perfezionata ec. Nè solamente siamo nelle armi nostre potenti a debellare gli infedeli, ma abbiamo ancora la podestà di far vendetta di chiunque disubbidisce alla Chiesa. Questa è quella verga, di cui ha parlato di sopra. Di questa verga fece uso lo stesso Paolo contro Elima mago, contro l'incestuoso, contro Imeneo, e Fileto, come Pietro contro Anania, e Saffira. Ma a questa verga dice l'Apostolo, che non porrà egli mano, se non allora quando i Corinti o tutti, o almeno la maggior parte, riconosciute le frodi, e l'ingiustizia de' falsi apostoli, si saranno separati da costoro, e pentiti di aver seguitato tali ciechi per guide, si ridurranno ad ubbidire perfetta mente alla Chiesa. Ottima regola di disciplina canonica, come osserva s. Agostino. Nei peccati della moltitudine non può osservarsi la severità delle regole ecclesiastiche e il dar di mano in tali casi alle censure della Chiesa espone la Chiesa stessa al pericolo di scisma, o di ribellione. I pastori sagri perciò si contentano allora di pregare, di esortare, di minacciare, e di alzare la voce a Dio per impetrare da lui il ravvedimento del popolo sedotto, o disubbidiente. Vedi Aug. contr. ep. Parmen. cap. 1. II.

10,7:Badate all'apparenza. Se taluno dentro di sè confida ec. Seguitate pure a non istimare gli uomini se non per quello, che apparisce al di fuori; fidatevi de' falsi apostoli, perchè con la brillante loro rettorica si insinuano presso di voi, e a voi si dipingono per altri uomini da quei che sono. Vi dirò per altro, che costoro che hanno tanto credito tra di voi, debbono pensare, e ripensare, che se hanno essi fidanza di credere, che sono di Gesù Cristo, e a lui appartengono, e da lui sono stati chiamati al ministero per tutte quelle ragioni, per le quali costoro possono attribuirsi un tal onore, per le medesime possiamo anche noi attribuircelo.

10,8:Imperocchè quand'anche mi gloriassi un poco più della potestà nostra... non ne arrossirei. Corregge in certa maniera quello, che aveva detto di sopra; ma si osservi, con quanta modestia, e con qual giro di parole venga a dire, che egli potrebbe gloriarsi di essere di Cristo non solamente come quegli altri, ma anche più di loro. Se volessi gloriarmi un poco più della potestà datami dal Signore, non avrei da arrossirne, perchè non sarei nè bugiardo nè arrogante. Questa potestà per altro mi è stata data non per perdere, ma per salvare, per aiutare gli uomini al conseguimento del loro fine, non per ritrarmeli. Lascia qui l'Apostolo, che i Corinti continuino il discorso, e misurando con questa regola la condotta de' falsi apostoli, veggano, se possano questi con ragione vantarsi della usurpata autorita, di cui si servivano non per salvare, ma per perdere, non per condurre gli uomini a Cristo, ma per alienarli da Cristo. Questa gran verità: che la podestà è stata data da Cristo per edificazione, non per di struzione, è stata, e sarà in ogni tempo la prima regola de' pastori di anime nell'esercizio della loro autorità.

10,9:Ma affinchè io non sia creduto ec. Ma io non dirò alcuna cosa intorno alla podestà datami da Cristo, perchè non voglio, che si dica, che io cerco di sbalordirvi con le mie lettere.

10,10:Imperocchè le lettere (dicono essi) elle sono gravi ec. Paragonavano i falsi apostoli la forza e la severità di Paolo nello scrivere alla ritenutezza, e modestia, e umiltà, con la quale lo avevano veduto diportarsi tra' Corinti. Costui, dicevan essi, che scrive con un tuono d'autorità da far tremar i più coraggiosi, tutt'altra cosa egli è da vicino; piccol corpo, e stringato, cattiva presenza, discorso triviale, e barbaro. Che Paolo fosse di piccola statura, e non molto vantaggiato delle doti del corpo, lo sappiamo da antichi scrittori; e che il suo parlare non fosse elegante, nè (come dice un greco Interprete ) asperso di Achea rugiada, lo confessa egli stesso in più luoghi delle sue lettere. Queste lettere però, nelle quali nissuna cura egli si è preso della eleganza dello stile, e della eloquenza delle parole, sono tutte piene de' più nobili tratti di quella grande, e sublime eloquenza, che sola conveniva a un Apostolo; e quanto allo stesso stile questa lettera, che abbiam per le mani, può bastar sola a far fede, che non erano ignoti a lui i fonti della eloquenza. Vedi Aug. de doctr. Christ. lib. IV. cap. 7.

10,11:Pensi chi dice cosi, che quali ec. Tenga per fermo chiunque così ragiona, che io son sempre simile a me stesso, e che e presente ed assente, quando lo richiede il ben della Chiesa, so infatti far uso dell'autorità, e se verita, che dimostro nelle mie lettere. Vuol dire l'Apostolo che porrà ad effetto le sue minacce con coloro, che non avranno fatto uso delle sue ammonizioni, e non si saranno emendati. Così egli fa intendere, che non a debolezza di cuore, nè a pusillanimità doveva ascriversi l'umile contegno da lui tenuto trai Corinti; imperocchè lo spirito del Signore faceagli conoscere, quando convenisse di procedere con dolcezza, e quando con severità.

10,12:Non abbiamo ardire di metterci in mazzo, o di paragonarci con certuni, i quali ec. Con questa ironia riprende la superbia, e l'arroganza de' falsi Apostoli. Ci guarderemo ben noi, dice egli, di far comparazione di noi con tali uomini; noi non aspiriamo all'elevazione dei loro ingegni, nè alla grandezza del loro merito; noi ci misuriamo con noi stessi, non ci facciamo maggiori di quello che siamo, non pensiamo di noi medesimi se non secondo la verità, e secondo quella quantità di doni e di grazia, che Dio ha posto in noi. Il greco è qui differente, ma la lezione della Volgata è appoggiata a molti mano scritti.

10,13:Non ci glorieremo formisura, ma giusta la manterà di misura, ec. Non ci vanteremo noi o di aver quello che non abbiamo, o di aver fatto quello che non abbiam fatto; ci restringeremo dentro quella misura assegnataci da Dio per nostra porzione sia riguardo alla quantita de' doni spirituali, sia riguardo alla am piezza del territorio destinatoci per la predicazione; e dentro questa misura, e dentro questo territorio siete voi, o Corinti, a' quali io ho portato la prima luce dell'evangelio. E con queste due cose l'Apostolo primieramente pone sotto degli occhi de' suoi avversari la grande estensione di paese, nella quale aveva egli propagato l'impero di Cristo, dalla Giudea fino a Corinto; in secondo luogo tocca la temerità degli stessi suoi avversari, i quali si erano intrusi a voler governare, e far da padroni in una Chiesa fondata da lui, dove per conseguenza nissuno avrebbe dovuto essere ammesso al ministero senza l'approvazione di lui, che ne era il primo pastore. Trai canoni antichissimi, che si chiamano Apostolici, abbiamo questa regola: che niun vescovo ardisca di esercitare il ministero fuori de' confini al medesimo assegnati: e l'uso degli stessi tempi apostolici portava, che il governo de' popoli convertiti appartenesse a coloro, che avevano a' me desimi annunziato la parola di Cristo.

10,14:Non, quasi non fossimo arrivati sino a voi, ci siamo stesi oltre ec. V'ha forse alcuno, che dir si possa, che noi ci arroghiam di soverchio, e che oltre i confini ci stendiamo stabiliti da Dio al nostro ministero, quando diciamo, che sino a voi siamo giunti con la nostra predicazione? Voi certamente sapete che noi siamo stati i primi ad arrivare tra voi col Vangelo di Cristo. Anzi bastava il sapere, che Paolo avesse predicato in Corinto, per inferirne, ch'egli era stato il primo, che vi avesse parlato del Vangelo, mentre suo costume si era di non predicare dove altri avesse già predicato. Vedi Rom. XV. 20,

10,15-16:Non gloriandoci formisura sopra le altrui fatiche. Non ci siamo noi attribuito il frutto, e la gloria delle fatiche degli altri, come fanno i nostri calunniatori, i quali non si espongono già a predicar Gesù Cristo, dove egli non è ancor conosciuto; ma vanno per le Chiese già erette a fare i Dottori, e gli Apostoli, e affin di regnare seminano la zizania, ed usano ogni arte per iscreditare nell'animo dei fedeli i primi loro maestri, ed Apostoli.
Sperando, che crescendo la vostra fede, saremo tra di voi ingranditi nella nostra misura amplamente, porteremo il Vangelo ec. Nè voi siete l'ultimo confine del nostro apostolato. Noi speriamo che cresciuta in voi la vostra fede, ci ingrandiremo noi pure, e si stenderà per volere di Dio la nostra misura, e il territorio del nostro ministero, e porteremo il Vangelo anche alle nazioni, che sono di là da voi, osservando sempre inviolata la nostra regola di non gloriarci delle fatiche altrui (come altri pur fanno) e di non porre la mano al lavoro, che altri abbia incominciato, secondo i confini, che sono stati da Dio assegnati a ciascheduno de' predicatori. In questa guisa anima i Corinti a rendersi santi e perfetti, affinchè l'odore della loro santità disponga gli animi degl'infedeli ad abbracciare il Vangelo per aver parte al bene, che in essi ammireranno.

10,17-18:Per altro chi si gloria, nel Signore si glorii, ec. Ma nè noi, nè uomo alcuno, se pur vuol gloriarsi, si glorii se non in Dio, a lui riportando tutto ciò, che può aver fatto di bene, e da lui confessando di aver ricevuto tutto quello, che ha; e a Dio pur lasci di giudicare dell'uso, ch'egli abbia fatto de' doni di Dio; dappoichè non è uomo provato chi da se stesso si loda, ma chi da Dio è lodato mediante le buone opere, che Dio fa per mezzo di lui, per le quali si riconosce, che Dio è quegli, che opera in esso, e lo muove, e governa nel ministero con fidatogli per salute delle anime; e vuol dire l'Apostolo: avvezzatevi a giudicar de' veri, o falsi Apostoli non dalle parole, nè da quello, che dicono di loro stessi, ma dagli effetti. Uomo provato, o come dice il greco, di buona lega, egli è colui, che è distinto da Dio per mezzo delle opere, dalle quali si riconosce il carattere di ministro di Gesù Cristo.