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Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Seconda lettera ai Corinzi 11


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Paolo temendo per i Corinti a cagione de' falsi Apostoli, che pervertivano la sua predicazione, dice, che non aveva ricevuto da' Corinti soccorso alcuno; indi per dimostrare, com'egli merita più fede, che quegli, rammemora quello, che aveva fatto, e quel, che aveva patito predicando Cristo, e le sue fatiche, e sollecitudini.

1Dio volesse, che sopportaste per un pocolino la mia stoltezza, ma pur sopportatemi:2Imperocché io son geloso di voi per izelo di Dio. Dappoiché vi ho sposati per presentarvi, qual pura vergine, a un solo uomo, a Cristo.3Ma io temo, che, siccome il serpente con la sua scaltrezza sedusse Eva, così non siano corrotti i vostri sensi, e decadano dalla semplicità, che è in Cristo.4Imperocché se chi viene, predica un altro Cristo non predicato da noi; o te un altro Spirito ricevete, cui non avete ricevuto; o altro vangelo, che non avete abbracciato: a ragione lo sopportereste.5Io però mi penso di nulla aver fatto di meno de' grandi Apostoli.6Imperocché quantunque rozzo nel parlare, nol son però nella scienza: ma siamo interamente conosciuti da voi.7Peccai forse, quando umiliai me stesso per esaltare voi? Quando vi annunziai il vangelo di Dio gratuitamente?8Spogliai altre Chiese, tirandone lo stipendio per servire a voi.9E stando presso di voi, ed essendo in bisogno, non fui di aggravio a nissuno: imperocché a quello, che mi mancava, supplirono i fratelli venuti dalla Macedonia: e onninamente non vi ho recato aggravio, nè vel recherò.10La verità di Cristo è in me, come non mi sarà chiusa la bocca su questo vanto ne' paesi dell'Acaia.11E per qual motivo? Perché non vi amo? Sasselo Dio.12Ma quello, che io fo, lo farò tuttora, per troncar l'occasione a quegli, i quali un'occasione desiderano di essere (della qual cosa si gloriano) trovati simili a noi.13Imperocché questi tali falsi Apostoli sono operai finti, che si trasfigurano in Apostoli di Cristo.14Né ciò è da ammirarsi: mentre anche satana si trasforma in angelo della luce:15Non è adunque gran cosa, che anche i ministri di lui si trasfigurino in ministri della giustizia: la fine de' quali sarà conforme alle opere loro.16Vel dico di nuovo (nissuno mi creda stolto, che se no, prendetemi anche per istolto, affinchè mi glorii anch'io un tantino)17Quello, che dico, non lo dico secondo Dio, ma come per istoltezza, in questa materia di vantamento.18Dappoiché molti si gloriano secondo la carne: io pare mi glorierò.19Conciossiachè volentieri tollerate voi gli stolti, essendo voi saggi.20Imperocché sopportate chi vi pone in ischiavitù, chi vi divora, chi vi roba, chi fa il grande, chi vi percuote nella faccia.21Dico ciò quanto al disonore, quasi noi siamo stati da poco per questo lato. Ma per qualsivoglia cosa, che alcuno prenda ardimento (parlo da stolto) lo prendo ancor io:22Sono Ebrei, ancor io: sono Israeliti, ancor io: discendenti d'Abramo, ancor io:23Son ministri di Cristo, (parlo di stolto) più io: da più ne' travagli, da più nelle prigionie, oltre modo nelle battiture, frequentemente in mezzo alle morti.24Da' Giudei cinque volte ricevei quaranta colpi, meno uno.25Tre volte fui battuto con le verghe, una volta fui lapidato, tre volte naufragai, una notte, e un giorno stetti nel profondo mare,26Spesso in viaggi, tra' pericoli delle fiumane, pericoli degli assassini, pericoli da' miei nazionali, pericoli da'gentili, pericoli nelle città, pericoli nella solitudine, pericoli nel mare, pericoli da' falsi fratelli:27Nella fatica, e nella miseria, nelle molte vigilie, nella fame, e nella sete, nei molti digiuni, nel freddo, e nella nudità:28Oltre a quello, che viene di fuora, le quotidiane cure, che mi vengono sopra, la sollecitudine di tutte le Chiese.29Chi è infermo, che non sia io infermo? Chi è scandalizzato, che io non arda?30Se fa di mestieri di gloriarsi, di quelle cose mi glorierò, che riguarda la mia debolezza.31Iddio, Padre del Signor nostro Gesù Cristo, che è benedetto ne' secoli, sa, che io non mentisco.32In Damasco colui, che governava la nazione a nome del Re Areta, aveva poste guardie intorno alla città di Damasco per catturarmi:33E per una finestra fui calato in una sporta dalla muraglia, e cosi gli fuggii di mano.

Note:

11,1:Dio volesse, che sopportaste per un pocolino ec. Costretto l'Apostolo per confondere l'arroganza de' suoi emoli a porre in vista le prove del suo apostolato, sapendo benissimo (come avea detto alla fine del capo precedente), che niuno generalmente parlando, dee lodarsi da se stesso, prega i Corinti, che vogliano soffrire il suo racconto, ch'egli qualifica come un tratto di stoltezza, ben chè in ciò fosse egli abbastanza giustificato, e per la necessità di giusta difesa, e pel fine, che si proponeva.

11,2:Io son geloso di voi per izelo di Dio ec. In quello, che io dirò, non ho per fine il mio proprio vantaggio, o la mia gloria, ma il bene vostro; Io vi amo con amore geloso a causa di Dio; imperocchè io sono stato il mediatore dello spirituale sposalizio vostro con un sol uomo, che è Cristo, al di cui talamo io desidero di presentarvi qual vergine pura, e senza macchia, vale a dire, ornati di fede incorrotta, e di perfetta carità. Per me siete stati sposati, e per mezzo mio avete ricevuto i donativi dello sposo. Come amico, e ministro dello sposo io veglio per ordine di lui alla vostra custodia, e del geloso amore di lui m'investo. Il titolo e la qualità di sposa di Cristo conviene principalmente alla Chiesa universale, alla quale propriamente appartengono le promesse dotali, ma anche ogni fedele della stessa qualità entra a parte.

11,3:Ma io temo, che, siccome il serpente ec. Temo, che quello che fu per Eva il serpente, nol siano per voi i falsi apostoli, i quali deviare vi facciano dalla semplice, e pura fede, che avete in Cristo, sia colle invenzioni e novità della umana sapienza, sia mescolando col Vangelo la legge.

11,4:Se chi viene, predica un altro Cristo non predicato da noi; ec. Per quelle parole, chi viene, non è necessario d'intendere alcuna persona in particolare, ma accenna così l'Apostolo tutti i falsi maestri, che si erano intrusi nella Chiesa di Corinto. Or per intelligenza di questo versetto è da dire, che nè i Corinti avrebbero tollerato chi si fosse presentato per annunziare ad essi un nuovo Vangelo, un altro Spirito, un altro Cristo, e gli stessi falsi apostoli non erano tanto stolti da pretendere d'in sinuarsi per questa strada. Dice adunque l'Apostolo: voi non potreste, nè ardireste scusarvi dell'aver dato retta a tali maestri pel motivo, che siano eglino venuti a predicarvi un altro Cristo, di cui non vi avessimo noi fatta parola, o per procurarvi altri doni, e migliori dello Spirito, che quegli comunicativi da noi, o finalmente per insegnarvi una dottrina più pura e celeste, che la nostra. Per qual motivo adunque gli avete voi ammessi a predicare, e a regnare tra voi?

11,5:Nulla aver fatto di meno de' grandi Apostoli. Il Grisostomo, ed altri credono, che per questi grandi Apostoli vadano intesi Pietro, Giacomo, e Giovanni riguardati con particolare predilezione da Cristo, e i quali Paolo chiama colonne della Chiesa, Gal. II. 9. E forse parla egli così per confondere i falsi apostoli, i quali falsamente vantavansi di aver avuto per maestri que' santissimi uomini tanto celebri per tutto il mondo; onde dice l'Apostolo, che e nella predicazione, e nelle parti tutte del ministero non crede di cedere (non che a quei falsi dottori ) nemmeno ai più grandi, e rinomati Apostoli del Signore.

11,6:Quantunque rozzo nel parlare, nol son però nella scienza: ec. Questa rozzezza del parlare vuol intendersi, come altrove abbiamo notato, della negligenza dello stile, e del trascurar che faceva Paolo i vezzi, e le grazie della rettorica. Concede egli adunque a' suoi avversari l'inutile gloria di parlare con pulizia, e nettezza di stile, e con maggior pompa, ed armonia di espressioni: tutto ciò non era necessario per un Apostolo. Ma quanto alla scienza delle cose divine, quanto alla piena cognizione della legge, e de' misteri delle Scritture, a gran ragione si dà per dotto, e scienziato: e gli stessi Corinti ne chiama in testimonio, come quegli, che già da molto tempo lo conoscevan perfettamente.

11,7:Peccai forse, quando umiliai me stesso ec. I falsi apostoli lo screditavano, perchè predicando in Corinto, si era egli condotto con tanta umiltà e modestia, che potendo ricevere da quella Chiesa il proprio sostentamento, lavorava delle proprie mani per guadagnarselo. Quei nuovi dottori pieni di sapienza carnale riguardavano ciò, come un contrassegno di animo vile. Dice pertanto l'Apostolo: è egli adunque un peccato ad un predicatore del Vangelo l'essere povero, l'umiliarsi, il rinunziare a quello, che potrebbe esigersi di ragione? E quando ciò fosse un peccato, sarebb'egli tale per voi, o Corinti mentre la mia umiliazione tendeva a rendere voi stessi grandi dinanzi a Dio, ispirandovi col mio esempio l'amore edella povertà, della umiltà, e del disprezzo delle terrene ricchezze?

11,8:Spogliai altre Chiese, tirandone lo stipendio ec. È cosa inaudita, che un soldato tiri lo stipendio da un principe, mentre serve ad un altro. Io mentre a voi predicava, impoveri altre Chiese, dalle quali ricevei il necessario alla vita. Queste Chiese erano quelle della Macedonia, come egli dice nel versetto seguente, e tralle altre quella di Filippi. Vedi Filip. IV. 15.
In vece di dire, per servire a voi, il greco potrebbe tradursi: per fornire a' vostri bisogni: vale a dire alle necessità de' poveri della Chiesa di Corinto: così verremmo ad intendere, come Paolo lavorando delle proprie mani per vivere, ricorresse alla carità delle altre Chiese, e le smungesse in certo modo per assistere i poveri di Corinto, i bisogni de' quali considerava come suoi propri, nulla volendo ricevere dai ricchi di questa Chiesa.

11,10:La verità di Cristo è in me, come ec. Promette con una maniera di giuramento di volere serbare intatta la gloria di aver predicato gratuitamente il Vangelo non solo in Corinto, ma anche in tutta l'Acaia.

11,12:Per troncar l'occasione a quelli, i quali un'occasione desiderano ec. I falsi Apostoli esigono da voi il loro sostentamento, anzi molto più (vers. 20.); non darò io occasione, o pretesto a costoro (che un tal pretesto pur bramerebbono) di gloriarsi, che siano in questo simili a noi.

11,13:Questi tali falsi apostoli. Gli chiama falsi apostoli con gran ragione, perchè non erano stati mandati nè da Cristo, nè dai veri Apostoli; e operai finti, perchè fin gendo di avere zelo per lo Vangelo, al proprio interesse badavano, non a quel del Signore, e desolavano la vigna, nella quale erano entrati senza missione.

11,14-15:Anche satana si trasforma in angelo della luce. Il demonio stesso, l'angelo delle tenebre, della malizia, e della iniquità per ingannare gli uomini si tra veste talora in angelo della luce, ministro della verità, e della giustizia di Dio. Che miracolo adunque, che uomini maliziosi, e perversi ministri del diavolo si trave stano talora in apostoli, e zelo fingano della gloria di Dio, e del bene delle anime, mentre al proprio ventre sol servono? Ma avranno costoro fine condegna alle loro opere; conciossiachè se ingannano gli uomini, non ingannano Dio.

11,16-18:Nissuno mi creda stolto, che se no, prendetemi anche per istolto, ec. Nissuno (vi prego) creda, che io sia diventato stolto, perchè mi lodo; ma se non ot tengo da voi, che stolto, e imprudente non mi crediate, sia, come si vuole, fa pur di mestieri, che alcun poco mi glorii anche io: sebbene io riconosco, che ciò non è secondo il Signore, nè conforme alla modestia, e alla uniltà cristiana, anzi è vera stoltezza; ma siccome molti (vale a dire tutti i vostri falsi maestri) si vantano di certe esteriori, e carnali prerogative, così fa d'uopo, che io pur mi glori non per imitare la lor vanità, ma per sostenere, e difendere la verità, e l'autorità del mio apostolato.

11,19:Volentieri tollerate voi gli stolti, ec. Io spero, che tollererete anche me voi,che con tanta bonarietà sapete soffrire da que' saggi, che siete, ogni maniera di stolti, e quelli ancora, che sono tali in vostro danno. V'ha qui una piccante ironia sopra la eccessiva indolenza de' Corinti verso di que' loro lupi affamati.

11,20:Sopportate chi vi pone in schiavitù. Si può ciò intendere o della servitù della legge, a cui questi falsi apostoli volevano assoggettare i Corinti, ovvero della im periosa dominazione, che i medesimi si erano usurpata in quella Chiesa: chi vi divora: chi divora le vostre sostanze: chi vi ruba: chi non contento di quello, che generosamente gli date, mille invenzioni ritrova per saccheggiare il vostro; chi fa il grande: chi arrogantemente s'innalza per deprimervi, e calpestarvi: chi vi percuote nella faccia, chi con ogni maniera di scherno, e d'improperio vi oltraggia.

11,21:Dico ciò quanto al disonore, quasi noi siamo stati da poco per questo lato. La Volgata è qui molto oscura, e il greco può essere quanto al secondo membro interpretato diversamente: ecco come lo spiega il Grisostomo quello, che io ho detto del sopportare, che voi fate chi vi percuote nella faccia, lo ho detto riguardo ai disonori, che vi fanno costoro, e alle ingiurie, delle quali vi caricano, non più facili a sopportarsi, che le percosse, e gli sfregi fatti nella faccia, onde ne avviene, che noi, i quali ci siamo diportati con modestia, ed umiltà, venghiamo a comparire al paragone quasi nomini da nulla, senza alcuna autorità, o senza petto da sostenerla. Ma per qualunque titolo ardiscano di vantarsi costoro, posso anche io per lo stesso vantarmi con verità, ben chè io riconosco e confesso, che il farlo è stoltezza.

11,23:Ministri di Cristo. Si vantano eglino (benchè falsa mente) di essere ministri di Cristo? Io pretendo di esserlo più di loro. E ciò egli dimostra evidentemente con quello che segue.

11,24:Da' Giudei cinque volte ricevei quaranta colpi, meno uno. Gli Ebrei sotto il dominio romano ebbero la potestà di punire fino alla frusta inclusivamente. Il numero de' colpi era limitato a quaranta nella legge, Deuter. XXV.3. L'uso degli Ebrei era di non passare i trentanove. Alcuni attribuiscono ciò a un sentimento di umanità; altri vogliono, che essendo la frusta fatta di tre corde, si contavano i trentanove colpi in tredici percosse, alle quali non poteva aggiugnersi la quartadecima, perchè sarebbero stati quarantadue colpi, cioè due più del prescritto della legge; altri finalmente con maggior fondamento dicono, che non si passava il numero trentanove per essere viep più certi di non oltrepassare il numero della legge.

11,25:Tre volte fui battuto con le verghe. Dai Gentili, che usavano tal maniera di gastigo secondo la Romana con suetudine. Una volta fui lapidato. Vedi Atti XIV. 18. 19.
Tre volte naufragai, una notte, e un giorno stetti ec. Questi tre naufragi sono certamente anteriori a quello descritto negli Atti, cap. XXVII. In uno di questi stette, com'egli dice, un dì, e una notte nel profondo mare, vale a dire, come spiega il Grisostomo, ed altri, tutto un dì e una notte passò sul mare balzato qua e là da' venti, costretto a nuotare, o tenendosi sopra qualche tavola della rotta nave.

11,26:Pericoli nella solitudine. Dove gli erano tese insidie da' suoi nemici. Pericoli da' falsi fratelli: da quelli, che si fingevano cristiani, e gli stavano attorno per trovare motivi di screditarlo, e perseguitarlo. Vedi l'ep. a' Galati II. 4.

11,28:Oltre a quello, che viene di fuora, ec. Vale a dire dalla parte de' nemici miei, e della Chiesa; oltre di questo io ho le cure continue per gli affari della medesima Chiesa. Dove noi seguendo le vestigia della Volgata abbiam detto: le quotidiane cure, che mi vengon sopra: il greco dice, la cospirazione giornaliera (delle cure, ed affanni) contro di me: la infinita mole degli affari, che gli si aggiungevano ogni dì per parte delle Chiese da lui fondate.

11,29:Chi è infermo, che non sia io ec. Chi è de' miei fratelli, che nell'afflizione ritrovisi, che io (e per com passione deflo stato di lui, e per timore, ch'ei non soccomba) non cada tosto nella stessa afflizione? V'ha egli alcuno, che inciampi, o in pericolo sia di cadere, che io non mi senta ardere di zelo, o per sollevarlo caduto, o per sostenerlo pericolante, o per togliere di mezzo lo scandalo?

11,30:Di quelle cose mi glorierò, che riguardan la mia debolezza. Mi glorierò non di quello che ho fatto, ma di quello che ho patito per Cristo. Le umiliazioni, le afflizioni, e i patimenti riferirò piuttosto, che le cose grandi operate da Dio per mio ministero a vantaggio della sua Chiesa.

11,31:Iddio, Padre del Signor nostro Gesù Cristo... sa, ec. Questo giuramento riguarda e tutto quello, ch'e gli ha detto finora, e tutto quello, ch'è per dire.

11,32:In Damasco colui, che governava ec. Vedi Atti IX.23. Areta era re dell'Arabia, e suocero di Erode Antipa e a lui era soggetta in quel tempo la città di Damasco vicina all'Arabia.

11,33:E per una finestra. Dalla finestra di qualche casa sali sulla muraglia, donde fu calato dai fratelli in una sporta. Tutto ciò serve ad esprimere la grandezza, ed evidenza del pericolo, in cui trovossi allora l'Apostolo.