Scrutatio

Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

Isaia 53


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1Chi avrebbe creduto alla nostra rivelazione?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?
2È cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per provare in lui diletto.
3Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
4Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
5Egli è stato trafitto per i nostri delitti,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci da' salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
6Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui
l'iniquità di noi tutti.
7Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.
8Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;
chi si affligge per la sua sorte?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per l'iniquità del mio popolo fu percosso a morte.
9Gli si diede sepoltura con gli empi,
con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza
né vi fosse inganno nella sua bocca.
10Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in espiazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
11Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà la loro iniquità.
12Perciò io gli darò in premio le moltitudini,
dei potenti egli farà bottino,
perché ha consegnato se stesso alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i peccatori.

Note:

Is 53,1:E' la comunità che parla e che annunzia il destino del servo, rivelazione nuova e quasi incredibile. Ma la sorpresa e la prima incomprensione (vv 3b.4b.6.8) cederanno il posto a una migliore intelligenza: queste sofferenze non hanno altro scopo che la salvezza della moltitudine (vv 11-12).

Is 53,2:radice: in Is 11,1; Is 11,10 , le immagini del germoglio e della radice accompagnavano l'annunzio gioioso del Messia davidico. Esse non evocano qui che l'aspetto umile e misero del servo.

Is 53,7:E' probabilmente a questo v, combinato con il v 4, che fa allusione Giovanni Battista quando presenta Gesù come «l'agnello di Dio che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29). In aramaico la stessa parola talja' designa l'agnello e il servo. E' possibile che il precursore abbia usato intenzionalmente questa parola, ma l'evangelista, scrivendo in greco, abbia dovuto scegliere.

Is 53,8:per la sua sorte: BJ traduce: «tra i suoi contemporanei». La parola ebraica significa «generazione» come periodo di una vita, e, per estensione, coloro che vivono durante questo periodo. Non significa mai la nascita o l'origine; il senso suggerito dal greco e dal latino («Chi racconterà la sua generazione») e applicato dai Padri alla generazione eterna del Verbo o alla concezione miracolosa di Gesù non è una traduzione esatta. Si è proposto di correggere il testo, ma esso è sostenuto da tutti i testimoni. - mio popolo: con il TM; BJ con 1QIsa legge: «il suo popolo». - fu percosso: nugga`, conget.; il TM legge nega`, «un colpo».

Is 53,9:il suo tumulo: bomato con 1QIsa; il TM legge bemotaw, «nella sua morte». - La predicazione cristiana ha visto qui un annunzio del sepolcro di Giuseppe di Arimatea, «uomo ricco» (Mt 27,57-60). Il testo resta difficile e molti correggono 'ashir, «ricco», in 'oseh ra', «malfattore».

Is 53,10:quando offrirà se stesso: BJ traduce: «se offre la sua vita» con la volg.; il TM legge: «se tu offri» o «se (la sua anima) offre (un sacrificio)».

Is 53,11:la luce: con i LXX, 1QIsa; il TM om. - E' Jahve che riprende la parola per spiegare il mistero della sofferenza del «servo giusto»: non soffre per le proprie colpe, ma si carica dei delitti della moltitudine e intercede per essa.