Scrutatio

Venerdi, 26 aprile 2024 - San Marcellino ( Letture di oggi)

Prima lettera ai Tessalonicesi 2


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Dimostra la sua sincerità nel predicare adessi il vangelo, e rende a Dio grazie, perchè avevano conservato con sollecitudine la parola di Dio ricevuta, avendo avuto molto da patire da loro nazionali, come le Chiese della Giudea da' Giudei, i quali con Cristo perseguitano tutti i buoni: spiega ancora, quanto ardentemente gli ami.

1Imperocchè voi stessi sapete, fratelli, come non senza frutto fa il nostro venir tra di voi:2Ma avendo prima sofferti patimenti, e strapazzi (come sapete) in Filippi, avemmo fidanza nel nostro Dio di parlare a voi del vangelo di Dio tra molti contrasti.3Conciossiachè la nostra esortazione non (fu) a favor dell'errore, né della malizia, né della frode,4Ma nello stesso modo, che fummo da Dio approvati, perché confidato a noi fosse il vangelo: così parliamo, non come per piacere agli uomini, ma a Dio, che disamina i nostri cuori.5Imperocché il nostro linguaggio non fu giammai di adulazione, come sapete: né pretesto all'avarizia: Dio è testimone:6Né cercammo gloria dagli uomini, né da voi, né da altri.7Potendo noi essere a voi di peso come Apostoli di Cristo: ci facemmo piccolini tra di voi come nutrice, che al sen si stringa i suoi figli.8Così noi amandovi teneramente, bramavamo di dare a voi non solo il vangelo di Dio, ma le stesse anime nostre: perché siete divenuti carissimi a noi.9Imperocché voi vi ricordate, o fratelli, delle nostre fatiche, e stanchezze: lavorando dì, e notte, per non dar in comodo a veruno di voi, abbiam predicato tra voi il vangelo di Dio.10Testimoni siete voi, e Dio, quanto santamente, e giustamente, e senza doglianza ci diportammo con voi, che avete creduto:11Siccome sapete, in qual modo ciascheduno di voi (come fa un padre co' suoi figliuoli)12Vi andavano pregando, e confortando, e scongiurando a camminare in maniera degna di Dio, il quale vi ha chiamati al suo regno, e alla gloria.13Per questo ancora noi rendiamo incessantemente grazie al Signore, perché avendo voi ricevuto la parola di Dio, che udiste da noi, l'abbracciaste, non come parola umana, ma (qual ella è veramente) parola di Dio, la quale eziandio agisce in voi, che avete creduto:14Imperocché voi, fratelli, siete stati imitatori delle Chiese di Dio, che sono per la Giudea in Cristo Gesù: perché le medesime cose avete sofferte anche voi da' vostri nazionali come anche quegli dai Giudei:15I quali ed uccisero il Signore Gesù, e i profeti, e noi hanno perseguitato, e non piacciono a Dio, e sono avversi a tutti gli uomini:16I quali proibiscono a noi il parlare alle genti, perché si salvino, per andar sempre compiendo la misura de' loro peccati; imperocché è venuta sopra di essi l'ira di Dio sino alla fine.17Ma noi, o fratelli, rimasi senza di voi per breve tempo, quanto alla vista, non quanto al cuore, tanto maggiormente ci davamo fretta di vedere la faccia vostra pel gran desiderio:18Imperocché volemmo venir da voi (almen io Paolo) e una, e due volte, ma Satana ci frappose impedimento.19Imperocché qual è la nostra speranza, o il gaudio, o la corona di gloria? Non lo siete voi forse dinanzi al Signor nostro Gesù Cristo, per quando egli verrà?20Certamente voi siete nostra gloria, e (nostro) gaudio.

Note:

2,1:Non senza frutto fu il nostro venirtra di voi. Parla di sè, e di Sila, e di Timoteo suoi compagni in Tessa lonica.

2,2:Ma avendo prima sofferti patimenti, e strapazzi. ... in Filippi, ec. Vedi gli Atti cap. XVI. 12. I pericoli, e gli strapazzi precedenti non fecer sì, che noi ci perdessimo d'animo, ma appoggiati all'aiuto del nostro Dio, non con timidità o freddezza, ma anzi con gran fidanza e libertà predicammo il Vangelo, benchè molti nuovi con trasti e nuovi combattimenti ci si parasser davanti. Dio solo potea infondere ne' ministri del Vangelo coraggio ed altezza d'animo tanto grande, che non solo non si sbigottissero nei pericoli, ma confidati nella grazia, con sempre ugual fermezza e costanza, continuassero nell'esercizio del pericoloso ministero.

2,3:La nostra esortazione non (fu) a favor dell'errore, nè della malizia, ec. A sostenere la pazienza e la costanza degli Apostoli nel predicare la parola contribuiva moltissimo la viva intima persuasione della verità, e santità, e sincerità della stessa parola; e questo vuol significare l'Apostolo in questo luogo, mentre dice: noi vi e sortammo con gran libertà, e franchezza a credere in Gesù Cristo, persuasi di predicarvi una dottrina non fal sa, nè impura, nè ingannatrice. Tutti questi caratteri a veva la dottrina di Simon Mago, di Cerinto e degli altri Eretici di quel tempo, i quali, per ritrarre dal seno della Chiesa i Gentili convertiti, aprivan loro la porta per ritornare alle antiche dissolutezze condannate dal Vangelo e dagli Apostoli, ma approvate da' seguaci di quelle in fami scuole.

2,4:Ma nello stesso modo, che fummo, ec. Siccome Dio ci elesse, e ci approvò quai ministri fedeli, e sinceri, per commettere a noi la predicazione del Vangelo, cosi con ogni fedeltà e sincerità lo predichiamo, studiandoci non di adattare la nostra dottrina agli appetiti degli uomini, per piacere a questi, ma sì di piacere a Dio, di cui siamo ministri, ed a cui sono aperti e palesi tutti i segreti dei nostri cuori.

2,5-6:Il nostro linguaggio non fu giammai di adulazione, ec. Non fu nostro costume di lusingare le passioni altrui nè per amor del guadagno, nè per amore di gloria mondana. Che egli non avesse giammai adulato, nè avesse cercato di piacere a' suoi uditori con pregiudizio della verità, e del loro vero bene, di questo chiama in testimone i medesimi Tessalonicesi; ch'ei non avesse mirato giammai alla propria utilità, nè a farsi nome presso degli uomini, di questo chiama in testimone lo stesso Dio, cui note sono le intenzioni. Così viene ancora a indicare in questo luogo le due principali cagioni, per le quali i falsi apostoli corrompevano la dottrina Evangelica, vale a dire, l'interesse, e la vanagloria.

2,7-9:Potendo noi essere a voi di peso.... ci facemmo piccolini ec. Noi potevamo, come Apostoli di Cristo, il quale ha detto, che l'operaio è degno di sua mer cede, aggravarvi del peso di dare a noi il nostro sosten tamento, ma noi non facemmo uso di tal diritto, anzi vi rinunziammo, tenendoci nell'umiltà, per non dare a chicchessia occasion di doglienza: e come una tenera nutrice per adattarsi in tutto al bambinello, che ella al seno si stringe, con lui balbetta, con lui si rimpicciolisce, e niun'arte trascura per tenerlo contento ed allegro; così noi procurammo di accomodarci a tutti per procurar la salute di tutti, astenendoci da tutto ciò, che potesse aver sembianza di dominazione o d'interesse, e non contenti di darvi gratuitamente il Vangelo, avremmo voluto sagrificare anche le nostre vite per voi a motivo del tenerissimo amore, che a voi portiamo. Intorno al lavoro delle mani praticato dal nostro Apostolo dì e notte in mezzo alle grandi fatiche del ministero, vedi Atti XVIII. 3., I. Cor. IV. 12.

2,10:Quanto santamente, e giustamente, e senza doglienza ci diportammo ec. Chiama Dio in testimone, come ed egli e i suoi compagni Sila e Timoteo si erano com portati santamente, vale a dire, con santità di dottrina e di costumi, e giustamente riguardo a tutti gli uomini, non facendo torto, od ingiuria a chicchessia, e finalmente senza dar occasione di doglienza nemmeno ad alcuno de' più delboli ed imperfetti fratelli.

2,11-12:Sapete, in qual modo ciascheduno di voi ec. Questi due versetti dipingono divinamente l'ammirabile carità dell'Apostolo verso i figliuoli partoriti da lui a Gesù Cristo, e la incredibile tenerezza d'affetto, col quale con ogni studio cercava non solo il bene di tutti in generale, ma per la santificazione di ciascheduno in particolare si affaticava col più vivo, ed ardente zelo, non risparmiando le esortazioni, le preghiere, le istanze, onde di lui possa dirsi ciò, che di Dio medesimo diceva s. Agostino, che egli ha cura di tutti, come di un solo, e d'un solo, come di tutti, Confess. VI. 5.

2,13:Per questo ancora noi rendiamo.... grazie al Signore, ec. All'ardore dello zelo, con cui vi predicammo la parola di salute, corrisponde la gratitudine, che noi professiamo al Signore, per aver voi abbracciata questa parola non come parola d'uomo, ma come parola di Dio, qual'ella è; parola, la quale creduta da voi vi muove, e vi sprona alle opere di pietà. La parola creduta si è la stessa fede, la quale non è oziosa, ma opera continuamente per mezzo della carità. Da questo luogo dell'Apostolo impariamo ancora due verità; primo, che fondamento della fede si è la parola di Dio, la quale nella Scrittura contiensi, e nella tradizione; secondo, che la fede è opera della grazia divina, lo che dimostrano i ringraziamenti che a Dio rende Paolo per la fede de' suoi Tessalonicesi.

2,14:Voi ... siete stati imitatori delle Chiese di Dio, che sono per la Giudea ec. Dichiara adesso, come grandemente attiva ed operante era stata in essi la fede. Voi, dice Paolo, avete patito per la causa di Cristo, per la medesima causa, per cui hanno patito le Chiese adunate nella Giudea nel nome di Cristo. A imitazione di queste Chiese le medesime persecuzioni avete voi tollerato da quelli della vostra patria e nazione, come quelle da' loro nazionali Giudei.

2,15-16:I quali ed uccisero il Signore Gesù, e i profeti e noi hanno perseguitato. Uccisero Cristo per le mani di Pilato, come già i profeti specialmente mandati da Dio alla loro nazione; qual meraviglia però, che perseguitino i discepoli di Cristo, e uccidano i profeti, e i dottori della Chiesa Cristiana? Matth. v. 12. XXIII.31.37.
Non piacciono a Dio, e sono avversi a tutti gli uomini. Giuseppe Ebreo parlando de' suol nazionali in quei medesimi tempi, gli chiamò nemici di Dio; ma l'Apostolo con gran moderazione si contenta di dire, che non piacciono a Dio. Riguardo agli uomini si sa, che questo popolo disprezzator de' Gentili' nutriva contro di essi, e particolarmente contro i Romani, che l'avevano soggiogato, una fiera avversione per la quale era sempre pronto alla ribellione e in casa propria, e negli altri paesi. Contuttociò crederei col Grisostomo, che piuttosto avesse qui in mira l'Apostolo l'invidia degli stessi Ebrei contro i Gentili per la vocazione di questi alla fede, onde avveniva, che con tanto furore si opposero alla propagazione del Vangelo tra gli stessi Gentili. Non volevano, secondo la parola di Cristo, entrare nel regno di Dio, e facevano tutti gli sforzi per impedire, che altri v'entrassero, Luc. XI. 52. A questo fine riempirono il mondo delle più orribili calunnie contro i Cristiani, dipingendoli come distruttori di tutte le leggi, nemici della divinità, seguaci di una dottrina empia e detestabile. Ad accreditare queste calunnie si servivano degli empi dommi, e degli scellerati costumi di un'altra specie di nemici della Chiesa, che erano gli Eretici di que' tempi, l'empietà de' quali attribuivano maliziosamente alla medesima Chiesa, alienando per tal modo i Gentili male informati della verità, dall'ascoltare il Vangelo. Di questa sorda persecuzione continua suscitata contro del cristianesimo da un popolo sparso per tutta la terra si vedevano le tracce anche ai tempi di Origene, il quale attesta, che rimaneva tuttora negli animi di molti Gentili la sinistra idea della religione di Cristo, che gli Ebrei si erano sforzati di spargere per ogni parte. Così questi infelici colmavano la misura de' loro peccati; e l'ira di Dio, dice l'Apostolo, cade sopra di essi, nè mai più si ritirerà da loro. Accenna egli con queste parole l'imminente esterminio de' Giudei, il quale avvenne diciassette anni in circa dopo la data di questa lettera, quando dopo un ostinatissimo assedio, che costò la vita ad un immenso numero di Giudei, presa e saccheggiata Gerusalemme, devastata la Giudea, le reliquie di quel popolo furon disperse per tutto il mondo, portando per ogni dove i funesti segni dell'ira e della vendetta di Dio, la quale durerà sopra di essi fino alla fine de' secoli, quando, entrata già la pienezza delle genti nella Chiesa di Cristo, gli stessi Ebrei si convertiranno alla fede. Vedi Rom. XI. 26.

2,17-18:Ma noi... rimasi senza di voi per breve tempo, quanto alla vista, ec. Parla qui l'Apostolo della sua repentina partenza da Tessalonica, Atti, XVII., la quale gli fu di sommo dolore per l'immenso affetto, che aveva concepito per que' suoi figliuoli, da' quali dice, che non è stato mai segregato se non quanto al corpo, perchè col cuore è sempre con essi; ed aggiunge, che nella lontananza si consolava col desiderio, e colla viva premura di tornar a rivederli, e che già più volte prese risoluzione di farlo, ma il demonio vi frappose sempre nuovi osta coli per impedirlo. Quelle parole almen'io Paolo, signiti cano, che egli si era più volte determinato di andar anche solo a Tessalonica senza Sila, e Timoteo.

2,19:Qual'è la nostra speranza, ec. Rende ragione del desiderio grande, che egli aveva di rivedergli. Nostra speranza, gaudio e corona di gloria siete voi dinanzi a Cristo nell'ultimo giorno, in cui egli verrà a giudicare tutti gli uomini. La vostra fede, la vostra santità, la vostra salute, la quale ha avuto principio dalla nostra predicazione, sarà argomento della nostra speranza, del nostro gaudio, della gloriosa nostra mercede nel dì del Signore. Grand'elogio è questo dellavirtù de' Tessalonicesi, nella quale era fondato lo svisceratissimo amore, che ad essi portava.