Scrutatio

Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Prima lettera di Pietro 4


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Gli esorta, che, essendo redenti colla morte di Cristo, seguitino a fuggire le colpe passate, stando intenti all'orazione, e alla mutua carità, riportando sempre tutte le cose alla gloria di Dio, e godendo di patire (quando faccia di mestieri) per amore di Cristo.

1Cristo adunque patito avendo nella carne, armatevi ancor voi dello stesso pensiero: che chi ha patito nella, carne, ha finito di peccare:2Talmente che non pelle passioni degli uomini, ma pel volere di Dio nella carne viva quel, che gli resta di tempo.3Imperocché basti l'aver nel tempo passato soddisfatti i capricci gentileschi a coloro, i quali si sono occupati nelle lussurie, nelle cupidità, nello sbevazzare, e nel bagordare, e nell'illecito culto degli idoli.4Per la qual cosa sono fuori di loro stessi, e bestemmiano, perché voi non concorrete nello stesso obbrobrio di lussuria.5I quali renderan conto a colui, che è pronto a giudicare i vivi, e i morti.6Imperocché per questo pure è stato predicato il vangelo a' morti: affinchè siano giudicati secondo gli uomini quanto alla carne, ma vivano secondo Dio quanto allo spirito.7Or la fine delle cose tutte è vicina. Siate perciò prudenti, e vegliate nelle orazioni.8Sopra tutto poi abbiate perseverante tra voi stessi la mutua carità: perché la carità cuopre la moltitudine de' peccati.9Praticate l'ospitalità gli uni verso degli altri senza rimprocci.10Ciascheduuo secondo il dono ricevutone faccia scambievolmente copia agli altri, come i buoni dispensatori della moltiforme grazia di Dio.11Chi parla, (parli) come parlari di Dio: chi è nel ministero, (lo usi) come una virtù comunicata da Dio: affinchè in tutto sia onorato Dio per Gesù Cristo: a cui è gloria, ed imperio ne' secoli de' secoli. Cosi sia.12Carissimi, non vi stupite del gran fuoco accesovi contro per provarvi, come se cosa nuova vi avvenisse;13Ma godetevi di partecipare ai patimenti di Cristo, affinchè ancora vi rallegriate, ed esultiate, quando si manifesterà la gloria di lui.14Che se siete ignominiosamente trattati pel nome di Cristo, sarete beati: dappoiché l'onore, la gloria, e la virtù di Dio, e lo Spirito di lui in voi riposa.15Or che nissun di voi abbia a patir come omicida, o ladro, o maldicente, o insidiatore del ben altrui.16Se poi, come cristiano, non se ne vergogni: ma Dio glorifichi per tal riguardo.17Imperocché egli è tempo, che cominci il giudizio dalla casa di Dio. E se prima da noi: quale sarà la fine di coloro, che non ubbidiscono al vangelo di Dio?18E se il giusto appena sarà salvato, dove compariranno l'empio, ed il peccatore?19Per la qual cosa quegli ancora, i quali per volontà di Dio patiscono, raccommandino le anime loro al Creatore fedele per mezzo di buone opere.

Note:

4,1:Cristo adunque patito avendo nella carne, ec. Ripiglia il ragionamento interrotto fin dal Vers. 10. del capo precedente, dove disse: Cristo una volta pei peceati nostri morì, il giusto pegli ingiusti; dalla qual verità ne inferisce, che adunque debbe l'uomo Cristiano esser morto al peccato, per vivere a Dio. Se Cristo nella sua umana natura patì, e morì, voi pure armate il vostro spirito, e fortificatelo, con questo pensiero, che il Cristiano, il quale ha patito nella carne, viene a dire a ha crocifissa la propria carne con tutti i vizi, e concupiscenze (Gal. V.24) egli ha finito di peccare, nulla ha più da far col peccato. Vedi Rom, VI, 7.

4,2:Talmente che non pelle passioni degli uomini, ec. Passioni, ovver desiderj degli uomini sono quelli, i quali tiranneggiano l'uomo; sono quella legge della carne ripugnante alla legge dello spirito. A questa non serve l'uomo Cristiano, ma a Dio. Vedi Rom. VI. 10. 11. Così viene a dire s. Pietro, che l'uomo rigenerato è piuttosto Angelo, che uomo, perchè la carne soggettatiene allo spirito, e la rende in certo modo spirituale.

4,3:Basti l'aver nel tempo passato soddisfatti i capricci gentileschi ec. Dee bastare l'aver impiegato il tempo della vita passata, prima della conversione, nell'iniquità, e in una maniera di vivere simile a quella dei Gentili. Gli Ebrei dispersi tralle nazioni non è a concepire, che si lasciassero più facilmente trasportare a tutti i vizi del gentilesimo, e di tutti generalmente gli Ebrei di que' 'tempi; Vedi il ritratto Rom.11. 21. 22. ec. Quanto all'idolatria, benchè gli Ebrei dopo la schiavitùdine di Babilonia se ne guardassero per ordinario con rande attenzione; contuttociò sembra assai credibile, che quelli, i quali in paese straniero vivevano in mezzo a' Gentili si lasciassero strascinare dal mal esempio, e o adorassero almeno segretamente gli dei del paganesimo, o si facessero lecito d'intervenire alle feste, e ai banchetti de' Gentili.

4,4:Per la qual cosa sono fuori di loro stessi, e bestemmiano, perchè ec. Quindi, è che gli stessi Gentili vedendo tanta novità, e che voi vi ritirate dalle obbrobriose loro conventicole, e non volete più aver parte ai profani loro bagordi, ne rimangono stupefatti, e vi maledicono come alieni della civil società, e quasi piuttosto nostri, che uomini.

4,6:Per questo pure è stato predicato il vangelo a' morti, affinchè ec. Sopra questo passo disaminante tutte le diversissime sposizioni, antiche, e moderne, la migliore di tutte sembrami quella di s. Agostino ep. 164., la quale colle stesse parole di lui riferisco: Per questo in questa vita anche ai morti è stato predicato il Vangelo, viene a dire agl'infedeli, ed agli iniqui, affinchè, quando abbian creduto, siano giudicati secondo gli uomini quanto alla carne; e vuol dire, con diverse tribolazioni, e con la stessa morte della carne (onde lo stesso Apostolo altrove dice, esser tempo, che cominci il giudizio dalla casa di Dio ) ma vivono secondo lo Spirito, perchè in esso (Spirito ) ancora erano morti, quando nella morte giacevano dell'infedeltà, e dell'empietà. Lega adunque questo versetto col precedente in tal modo: gl'infedeli, che vi maledicono, renderan conto al giudice de' vivi, e de' morti delle loro maledizioni, perchè ad essi pure è stato annunziato il Vangelo, al quale se non hanno creduto, è loro colpa.

4,7:La fine delle cose tutte è vicina. Figliuolini, ell'è l'ultima ora, dice s. Giovanni ep. 1. cap. 1. 18.: il tempo è breve, 1. Cor. VII.29. Questa, e simili maniere di parlare non debbono intendersi, come se s. Pietro, o s. Giovanni, o s. Paolo volesser dire, che fosse già imminente la fine del mondo; imperocchè lasciando da parte le altre cose, gli Apostoli ben sapevano, che secondo la profezia di Gesù Cristo prima, che venisse l'ultimo giorno, doveva esser annunziato il Vangelo per tutta la terra lo che certamente non era ancora verificato. Vogliono adunque significare, che il tempo della vita presente, ed eziandio tutto il tempo, che correrà tralla prima, e la seconda venuta di Cristo, è brevissimo, ove co' secoli eterni venga paragonato; che presto passa la figura di questo mondo, e che presto viene per ciaschedun uomo il termine de' piaceri, de' beni, delle consolazioni di questo mondo; onde o il mondo riguardisi in se stesso, e nella sua instabilità, e caducità, ovver relativamente a noi, che sì poco tempo dobbiam dimorarci, non abbiam ragione di porre nelle cose di quaggiù il nostro amore; ma dobbiamo essere temperanti, usando di questo mondo come se non ne usassimo, nel che la vera cristiana prudenza consiste; dapoi chè ell'è la prudenza dello Spirito, dice s. Agostino in ep. ad Rom. prop 49., quando nè la nostra speranza è posta nei beni temporali, nè il nostro timore ne' mali presenti. A questa aggiungesi la vigilanza nell'orazione pella incertezza del dì, e dell'ora, in oui verrà il padrone, Matt. XXV. 3.

4,9:Praticate l'ospitalità... senza rimprocci. L'ospitalità verso i poveri, e i pellegrini è raccomandata sovente nelle epistole di s. Paolo, come Heb. XII. 2., Rom. XII.13. ec. Chi è persuaso, che nella persona de' pellegrini ricetta Cristo non saprà, che sia il dolersi dei disagi, della soggezione, o della spesa, che gli reca questa egregia azione di carità, che fu sempre cara, e dolce ai santi.

4,10:Ciascheduno secondo il dono ricevuto ne faccia... copia ec. Col nome di dono, ovver grazia parmi verisimile, che intenda s. Pietro non i soli doni dello Spirito santo, i quali in grande abbondanza erano da Dio comunicati allora ai fedeli, ma anche qualunque facoltà, o talento, per cui può l'uomo essere utile all'altro uomo: onde con questo passo conviene perfettamente quello di Paolo Rom. XII. 6. Questi doni, che sono di molte maniere, vengono da Dio, da cui viene ogni bene; nissuno adunque gli attribuisca a se stesso, nissuno gli seppellisca nella terra, ma secondo la volontà del Datore gl'inn pieghi pel bene de' prossimi. Ecco oome questo pensier dell'Apostolo è egregiamente spiegato da s. Gregorio Moral. XXVIII. 6.: Allora la multiforme grazia di Dio ben si dispensa, quando il dono, che abbiam ricevuto, crediamo essere di colui, che ne è privo, quando lo crediam dato per colui, a pro del quale s' impiega allora la carità dal giogo della colpa ci libera... quando e i beni altrui crediamo nostri, e i nostri offeriamo agli altri, come lor proprio bene.

4,11: Chi parla (parli) come parlari di Dio: ec. Avendo detto il buon uso, ché dee farsi de' doni di Dio, dà luce alla sua dottrina con due esempi, il primo del predicatore evangelico, cui si appartiene di maneggiar la sagra parola, come parola non umana, ma divina, e celeste, con tutta riverenza, e santità. Ma a questo passo non posso ritenermi dal riferire i bellissimi insegnamenti dati da s. Agostino all'oratore cristiano, che molto servano a illustrare queste belle parole di s. Pietro: Non dubiti il predicatore, che ad illuminare, ad esser gradito, e muovere gli uditori più gli gioverà la pietà delle sue orazioni, che la facoltà oratorio; onde e per se, e per coloro, a' quali ha da parlare, impari a pregare prima, che ad insegnare, e nel tempo stesso, che già a ragionare si accinge, avanti di scioglier la lingua, innalzi a Dio l'anima sitibonda, onde quello sgorghi, che avrà dovuto, e spanda quello, onde sarà stato ripieno, de doctr. Christ. lib. 4.
Il secondo esempio è del ministro ecclesiastico, e può intendersi o del solo diacono secondo la più stretta significazione della parola greca, ovvero, come sembra più conveniente, di qualunque ministro della Chiesa. A' diaconi si apparteneva principalmente la cura di tutto il temporale della Chiesa. Vedi Atti VI.2. Il ministro ecclesiastico adunque in tal guisa si diporti nel suo ministero, che apparisca, che Dio è quegli, da cui viene in lui la virtù, e la forza per degnamente, e santamente servire alle anime, talmente che da tutte le azioni, e da tutta la vita de' suoi ministri onore ne venga a Dio per Gesù Cristo, pe' meriti del quale egli avviene, che le opere nostre e a io siano accette, ed atte a procurare la gloria di lui. E affine di meglio scolpire negli animi de' ministri della Chiesa questa gran verità, che l'altissimo oggetto delle loro azioni, e delle loro fatiche ella è la sola gloria di Dio, conclude l'Apostolo oon dire, che di lui (di Dio, e del suo Cristo ) è la gloria, e il regno per tutti i secoli; e vuol dire: nissuno attribuisca a se qualche cosa in tutto quello, ch'ei fa; nissuno si faccia le cito di cercare nel ministero i propri comodi, il proprio onore; ognuno abbia sempre presente, che ad un Signore egli serve, all'impero del quale tutti sono soggetti, ed alla gloria del quale tutti debbono servire.

4,12:Carissimi, non vi stupite del gran fuoco... come se cosa nuova vi avvenisse. Non è una novità, che un Cristiano patisca tribolazione. Gesù Cristo aveva già detto a tutti i fedeli: nel mondo voi sarete oppressati, Jo XVI. 32.

4,13:Ma godetevi di partecipare ec. Due potenti motivi di consolazione pel cristiano ne' suoi patimenti: primo l'onore di essere simile a Cristo, e rendere in certo modo qualche cosa a oolui, che patì tanto per noi: in secondo luogo, la espettazio ne di quella immensa gloria, alla quale sarà innalzato in quel giorno, in cui Cristo si manifesterà a tutti gli uomini nella infinita sua maestà.

4,14:Sarete beati: dappoichè l'onore, la gloria, ec. Ella è una beatitudine per voi il patire non per altro motivo, che pel nome, che voi portate di cristiani; imperocchè non è egli questo una sicura riprova, che non solo il vero onore, la vera gloria, ma ancor la virtù di Dio, e lo Spirito santo in voi risiede? Che può mai dirsi di più grande per dimostrare la felicità, e la dignità, che seco porta il patire per Cristo. Se la maestà stessa dello Spirito di Dio riposa nel cristiano, che patisce se questo Spirito anima, fortifica, protegge, corona il soldato di Cristo, qual trionfo sarà mai da paragonarsi con la passione di un martire? Tertulliano a gran ragione deride i Gentili, i quali nissun delitto avendo da rinfacciare a' cristiani, per questo sol nome gli perseguitavano, e gli straziavano, odiando (com'egli dice) in uomini innocenti un nome innocente. Il nome di cristiani era stato dato a' discepoli di Cristo in Antiochia (Atti XXI. 26. ) probabilmente non più di tre, o quattro anni prima, che fosse scritta questa lettera. Or da questo luogo veggiamo, che questo nome era già conosciuto, e comune per una gran parte di mondo: donde comprendesi, fossero quantole conquiste del Vangelo.

4,18:Se il giusto appena sarà salvato, dove compariranno ec. Il giusto stesso alla salute non giunge se non per mezzo di grandi stenti, e afflizioni, e dolori: imperocchè (dice s. Agostino ) chi più giusto di quell'unico Figlio, cui Dio non risparmiò? Ed è evidente, che i giusti stessi non son risparmiati, ma corretti con varie tribolazioni, Cont. Faust. XX. 14. Che se tale è la condizione de' giusti, qual luogo di scampo saravvi pe' peccatori, e per gli empi, che alla giusta vendetta di Dio gli sottragga?

4,19:Quelli ancora, i quali per volontà di Dio patiscono, ec. Da poichè il giusto stesso non per altra via, che per quella della tribolazione, si salva, convenevol cosa ella è, che coloro, i quali per voler divino esposti si trovano ai patimenti, per mezzo delle buone opere, e per mezzo ancor della carità verso i loro stessi perseoutori l'aiuto divino si procaccino, e oon piena fiducia le anime loro qual prezioso deposito nelle mani ripongano del Creatore, il quale, fedele com'egli è alle sue promesse, non gli lascerà senza soocorso, e senza difesa nel duro combattimento.