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Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Lettera di Giacomo 3


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Novera i mali della lingua; la quale è difficilissimo il governare: differenza tra la sapienza terrena, e celeste.

1Vogliate esser molti a far da maestri, fratelli miei, sapendo che vi addossate più severo giudizio.2Imperocché in molte cose tutti inciampiamo. Chi non inciampa nel discorrere: questi è un uomo perfetto, capace eziandio di regger con freno tutto quanto il corpo.3E se noi mettiamo a' cavalli il freno in bocca, perché ci siano ubbidienti, raggiriamo ancora tutto il loro corpo.4Ecco come le navi, sendo grandi, e spinte da' venti gagliardi, sono voltate qua, e li da un piccolo timone, dovunque ordini il movimento di chi lo governa.5Così pure la lingua è un picciol membro, e di gran cose si vanta. Ecco quanto piccol fuoco quanto gran selva incendia!6E la lingua è un fuoco, un mondo di iniquità. La lingua è posta tra le nostre membra, e contamina tutto il corpo, ed essendo accesa dall'inferno, la ruota del nostro vivere accende.7Imperocché tutte le specie di bestie, e di volatili, e di serpenti, e di altri (animali) si domano, e sono state domate dall'umana virtù:8Ma la lingua nissun uomo può domarla: male, che non può affrenarsi, piena di mortal veleno.9Con essa benediciamo Dio, e Padre: e con essa malediciamo gli uomini, che son fatti ad immagine di Dio.10Dalla stessa bocca esce la benedizione, e la maledizione. Non deve andar così la bisogna, fratelli miei.11Forse che la fontana dallo stesso buco getta acqua dolce, ed amara?12Può forse, fratelli miei, il fico dar uve, o la vite de' fichi? Così nemmen l'acqua salata può farne della dolce.13Chi è saggio, e scienziato tra di voi? Faccia egli vedere mediate la buona vita le opere sue fatte con mansuetudine propria della saggezza.14Che se avete uno zelo amaro, e delle dissensioni ne' vostri cuori: non vogliate gloriarvi, e mentire contro la verità.15Imperocché non è questa una sapienza, che scenda di colassù: ma terrena, animalesca, da demonj.16Imperocché dove è tale zelo, e dissensione: ivi scompiglio, e ogni opera prava.17Ma la sapienza di lassù primieramente è pura, di poi pacifica, modesta,arrendevole, fa a modo de' buoni, è piena di misericordia, e di buoni frutti, aliena dal criticare, e dalla ipocrisia:18Or il frutto della giustizia si semina nella pace da coloro, che han cura della pace.

Note:

3,1:Non vogliate esser molti a far da maestri, ec. Nel capo 1. 26 aveva accennato il nostro Apostolo uno de' disordini degni di riprensione tra' Cristiani, a' quali scriveva, ed è intenperanza della lingua, della quale ritorna adesso a parlare più di proposito, e principalmente prende di mira coloro, i quali si lasciavano trasporta e dall'ambizione di fare da maestri in divinità. Questo male era assai frequente tra gli Ebrei convertiti a Cristo, e contro tali maestri, i quali ad arrogarsi tal grado erano per lo più mossi non da spirito di carità, ma da vanità, da interesse, e da umani riguardi, contro tali maestri fu costretto sovente a prendersela s. Paolo. Vedi Rom. XVI. 18., Philip. III.2. 18. 19, Gal. VI. 12. ec. Non sia tra voi (dice s. Giacomo ) chi ambisca un onore sì pieno di pericoli: imperocchè che altro è egli l'esser maestro nel popolo Cristiano se non sottoporsi ad un giudizio più rigoroso; da poichè è certissimo, che molto più sarà domandato da coloro, i quali anche per legittima vocazione siano stabiliti maestri del gregge di Cristo. E se ciò è verissimo anche di questi, che sarà di coloro (dice il Grisostomo ) i quali in tal ministero temerariamente ardusoono d'ingerirsi? Ve di lo stesso Santo ad Hebr. XIII. 17.

3,2:In molte cose tutti inciampiamo. S. Agostino notò ottimamente, che s. Giacomo non dice la maggior parte, ma tutti; non dice inciampate, ma, inciampiamo; con che dà egli a divedere, che nissun uomo, benchè giustificato,e benchè santo, non può senza un particolare aiuto di Dio mantenersi lungamente, o per tutto il tempo di sua vita scevro di colpa. Quindi è, che questa sentenza opposero i Padri, e i Concili ai Pelagiani, i canali asserivano poter l'uomo vivere senza peccato. Vedi Concil. Trid. sess. v. 23. Il discorso di s. Giacomo è questo: Siamo per la fragilità di nostra natura facili ad inciampare, e a cadere nella colpa. Per qual motivo adunque, quasi picciola cosa fosse per noi il dover rendere conto per noi medesimi, ci vogliamo aggravare del gravissimo peso di render conto per gli altri con cercare di essere loro maestri?
Chi non inciampa nel discorrere: ec. Abbenchè però in mol e cose pecchi ogni uomo, in nissuna tanto facilmente peoca, quanto nel parlare, e un uomo, che arrivi a rendersi esente da' peccati della lingua, può dirsi veramente perfetto, e si può presumere, che sia ben regolato in tutte le altre cose, ed abbia tanta virtù da saper e frenare, e moderare, e dirigere al debito fine tutto il corpo di sue azioni.

3,3:E se noi mettiamo a' cavalli il freno ec. Siccome messa la briglia al cavallo, ne facciamo quel, che vogliamo; così frenata la lingua, diventeremo padroni di noi medesimi in tutto il resto delle nostre azioni.

3,4-5:Le navi, sendo grandi... sono voltate quà, e là la un piccolo timone. Veggiamo, che navi di smisurata grandezza, e le quali di più sono di continuo agitate da' venti in questa, o in quella parte, per mezzo di un picciol timone sono dal buon nocchiero guidate dove a lui piace. Così la lingua, benchè in comparazione delle altre parti del corpo sia picciola cosa, nondimeno non falsamente si vanta di aver fatto cose grandi e in bene, e in male. Così una scintilla dà fuoco a gran selva.

3,6:La lingua è un fuoco. Per la celerità incredibile, con cui nuoce, e grandissimi mali cagiona.
Un mondo d'iniquità. Ogni sorta d'iniquità viene dalla lingua. Molte ella stessa ne commette, come le bugie, le detrazioni, le maldicenze, gli spergiuri; di altre ella è cagione, perchè comanda, le consiglia, le suggerisce, lo insegna.
La lingua è posta tralle nostre membra, e contamina tutto il corpo. La lingua è uno de' membri del nostro corpo, ed ella è, che tutto l'uomo, e tutte le azioni dell'uomo contamina col peccato.
Essendo accesa dall'inferno, la ruota ec. Accesa da fuoco infernale il fuoco stesso comunica a tutto il cerchio di nostra vita. La mala lingua è un istrumento del diavolo, ed egli di essa si serve per accendere il fuoco delle passioni, e de' vizi, che devasta, e distrugge nella vita dell'uomo ogni bene. Si conti il male, che facoiamo a noi stessi colla lingua, il male, che colla lingua facciamo agli altri, il male, che gli altri colla lingua fanno a se stessi, e quello, che colla lingua a noi fanno, e si vedrà, come è verissimo, che da questo fuoco talora a coeso da noi, talor dagli altri, tutto il nostro vivere è compreso.

3,7-8:Tutte le specie di bestie, ec. L'uomo ha trovato colla sua industria mille arti per domare, e ridur mansueti i più feroci animali, come le tigri, gli orsi, i leoni, e per rendere innocenti i più velenosi, come gli aspidi, e tutti i serpenti, e per soggettargi anche tutti quelli, che vivon nell'aria, le aquile, i falconi ec. La lingua non può domarla alcun uomo: nissuno ha trovato ancora l'arte di raffrenare la lingua altrui, onde in maldicenze non trabocchi, in detrazioni, in risse, in contumelie; nissuno da se, e colle proprie forze è oa pace di donare, o raffrenare la propria, ma di uno speciale aiuto divino abbisogna per moderarla . Vedi s. Agostino serm. IV. de verb. Matt. Aggiunge s. Giacomo, che ella è un male, che non ha posa, ma di continuo trascorre a' danni del prossimo, ed ella è piena di mortale veleno, col quale uccide e la fama del prossimo, e l'anima di chi mal parla, e l'anima di chi ascolta, e infiniti mali suscita, e sparge tra gli uomini.

3,9-10:Con essa benediciamo Dio... e con essa malediciamo gli uomini, ec. La malignità della lingua si manifesta nella stessa contrarietà delle funzioni, per le quali ne facciam uso. Con la lingua benediciamo, e lodiamo Dio comun padre di tutti noi. Or sebbene Dio è da lodarsi, e benedirsi in tutte le cose, nondimeno egli è particolarmente da lodarsi, e bene dirsi nell'uomo, che è sua immagine. E noi con la lingua stessa, con cui benediciamo Dio, malediciamo, maltrattiamo, offendiamo gli uomini, che di Dio portan l'immagine. Certamente non lascerà Iddio impunita l'ingiuria fatta alla sua immagine.

3,11:Forse che la fontana dallo stesso buco getta ec. Non si vede nella natura, che da una stessa sorgiva, e da uno stesso cannello scaturisca acqua dolce, ed amara; ed è cosa mostruosa secondo la fede, che la stessa lingua, la quale è istrumento per benedire, sia ancora istrumento di detrazioni, di naldicenze, di iniquità contro degli uomini.

3,12:Può forse.... il fico dar uve, e la vite de' fichi? Le produzioni della natura sono costanti, e sempre uniformi, il fico non dà mai uve, la vite non dà mai fichi, l'acqua salata, o sia il mare salato non dà acqua dolce giammai. Per qual motivo hassi a vedere nell'uomo tanta incostanza, e tal discrepanza da se stesso, che di uno stesso organo faccia uso pel male, come pel bene?

3,13:Chi è saggio, e scienziato tra di voi? Faccia egli vedere ec. Nel bel principio di questo capitolo avea parlato contro l'ambizione, e la vanità di coloro, che si arrogavano il grado di maestri nella Chiesa, e con tale occasione si era disteso a parlare de' mali, che fa la lingua; ripiglia ora per le mani il precedente argomento, e dice chi è colini, che tra voi si spaccia come sapiente, e dotto nella legge? Cominci egli a dar prove della sua pietà, e bontà di vita, e di quella sapienza, che ha per proprio oarattere la mansuetudine, la moderazione la dolcezza.

3,14-16:Che se avete uno zelo amaro, e delle dissensioni ec. Lo zelo anaro ella è l'invidia, e l'amarezza verso de' prossimi coperta sotto il nome di zelo; quindi lo spirito di dissensione, e di discordia. Se tali cose sono in voi (dice s. Giacomo) non vi vantate di esser sapienti, che sarebbe un mentire contro la verità; e se questa voi volete chiamar sapienza, non, mi oppongo, con questo però, che il nome le diate non i sapienza celeste, ma di sapienza terrena, e animalesca, e diabolica; questa vostra sapienza non è sapienza di Gesù Cristo, ma della terra, della carne, e del demonio. Imperocchè dove l'invidia domina, e la discordia, ivi ogni disordine, ed ogni vizio pullula facilmente. Si osservi, che s. Giacomo riprendendo i vizi di pochi, parla a tutto il corpo degli Ebrei cristiani, come se a tutti fosser comuni i traviamenti dei pochi, in pegnando così la parte sana, e innocente, o a procurare l'emendazione dei rei, o a separarsi da quelli, quando fossero incorrigibili. Così fa anche Paolo nelle sue lettere, come abbiam già veduto.

3,17:La sapienza di lassù... è pura, ec. La sapienza spirituale, e celeste è in primo luogo pura, cioè schiva tutte le lusinghe della carne, e dei sensi; secondo, ama la pace; terzo, è modesta, non superba, od arrogante; quarto, arrendevo le, viene a dire, che cede di buon grado alla ragione, e si acquieta ai migliori consigli; non è pertinace, ma fa a modo dei buoni; quinto, è piena di misericordia, e di buoni frutti, cioè di opere buone, le quali sono frutti della misericordia; sesto, ella è aliena dal criticare, dal sindacare le azioni del prossimo; settimo, ella è lontana dalla finzione, e dalla ipocrisia. Tali sono i caratteri della vera sapienza.

3,18:Il frutto della giustizia si semina ec. Nella pace trova l'amatore della pace un'abbondante semenza di frutti di giustizia, perohè la pace custodisce la carità, dalla quale ogni buon frutto germoglia; laddove l'invidia, e la discordia sono lo sterminio della carità. Così dopo aver magnificamente celebrate le doti, e i caratteri della vera sapienza, ne celebra adesso i preziosissimi, e dolcissimi frutti.