Scrutatio

Venerdi, 29 marzo 2024 - Santi Simplicio e Costantino ( Letture di oggi)

Lettera di Giacomo 5


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Minaccia una terribile vendetta a' ricchi oppressori de' poveri: esorta i poveri alla pazienza; si fugga il giuramento: gl'infermi debbon essere unti da' sacerdoti con olio: della confession de' peccati: efficacia dell'orazione del giusto: del ridurre alla verità gli erranti.

1Su via, o ricchi, piangete, alzate le strida a motivo delle miserie, che verranno sopra di voi.2Le vostre ricchezze si sono imputridite: e le vostre vestimenta sono state rose dalle tignuole.3L'oro, e l'argento vostro si è irrugginito: e la loro ruggine sarà una testimonianza contro di voi, e quasi fuoco divorerà le vostre, carni. Vi avete adunato tesoro d'ira negli ultimi giorni.4Ecco, che la mercede degli operaj, i quali han mietuto le vostre possessioni, frodata da voi alza le grida: e il clamore di essi è penetrato nelle orecchie del Signor degli eserciti.5Siete vissuti banchettando sopra la terra, e nelle delizie avete nudriti i vostri cuori pel di della immolazione.6Avete condannato, e ucciso il giusto, ed egli non vi fè resistenza.7Siate adunque pazienti, o fratelli, fino alla venuta del Signore. Mirate, come l'agricoltore aspetta il prezioso frutto della terra, soffrendo con pazienza, fino a tanto che riceva (il frutto) primaticcio, e il serotino.8Siate adunque pazienti anche voi, e rinfrancate i vostri cuori: perché la venuta del Signore è vicina.9Non vogliate, o fratelli, borbottare gli uni contro gli altri, affin di non essere condannati. Ecco, che il giudice sta alla porta.10Prendete, o fratelli, per modello a sopportare i mali, e i disastri, e alla pazienza, i profeti, che hanno parlato nel nome del Signore.11Ecco, che beati chiamiamo lor, che patirono. Avete udito la sofferenza di Giobbe, e avete veduta la fine del Signore, dappoiché misericordioso egli il Signore, e usa misericordia.12Sopra tutto, fratelli miei, non vogliate giurare né pel cielo, né per la terra, né qualsivoglia altro giuramento. Ma sia il vostro parlare: così è, cosi è: non è cosi, non è così: affinchè non cadiate in condannazione.13Havvi tra di voi chi sia in tristezza? Faccia orazione: è tranquillo? Salmeggi.14Havvi egli tra voi chi sia ammalato? Chiami i preti della Chiesa, e facciano orazione sopra di lui, ungendolo coll'olio nel nome del Signore:15E l'orazione della fede salverà l'infermo, e il Signore lo solleverà: e se trovisi con de' peccati, gli saranno rimessi.16Confessate adunque l'uno all'altro i vostri peccati, e orate l'un per l'altro, per esser salvati, imperocché molto può l'assidua preghiera del giusto.17Elia era un uomo, come noi, passibile: e ardentemente pregò, che non cadesse pioggia sopra la terra, e non piovve per tre anni, e sei mesi.18E nuovamente orò: e il cielo diede la pioggia, e la terra diede il suo frutto.19Fratelli miei, se alcun di voi devia dalla verità, e uno lo converte:20Dee sapere, come chi farà, che un peccator si converta dal suo traviamento, salverà l'anima di lui dalla morte, e coprirà la moltitudine de' peccati.

Note:

5,1:Su via, o ricchi, piangete, ec. ne' sei primi versetti di questo capitolo, secondo la più probabile opinione di vari Interpreti antichi, e moderni, parla s. Giacomo contro i ricchi infedeli, da' quali crudelmente eran trattati i Cristiani, e la Chiesa. Il ritratto, che egli fa di costoro, non pare certamente, che possa in alcun modo applicarsi ai ricchi cristiani, ai quali ha parlato di sopra cap. 11., dove colle sue stesse parole manifestamente da a conoscere, che con uomini Cristiani ragiona; che poi con uomini infedeli egli porli adesso, sembra evidente dal passar, ch'egli fa nel vers 7. a discorrere co' fedeli. Ma a che pro se la prende egli co' ricchi del giudaismo, i quali non erano di quel gregge, di cui gli era stata commessa la cura? rispondo primieramente, che per consolazione dei tribolati, e perseguitati Cristiani dimostra l'Apostolo l'infelicità presente dei ricchi infedeli, e predice le future loro miserie; in secondo luogo per testimonianza di molti antichi autori, e dello stesso Giuseppe Ebreo noi sappiamo, che in grandissima riputazione di santità, e di virtù era il nostro santo Apostolo anche presso i Giudei infedeli talmente, che tra gli Ebrei stessi, come scrive Giuseppe, la rovina di Gerusalemme alla ingiusta morte di lui fu attributa: per la qual cosa non è inverisimile, che questa lettera, benchè scritta principalmente per gli Ebrei convertiti, comunicarsi dovesse anche agl'increduli, i quali sì grande stima facevano dell'autore di essa, e potevano trar profitto dalle minacce de' mali imminenti per ravvedersi, e convertirsi. A questi ricchi, e grandi, e potenti dice il nostro Apostolo, che piangano, e gemano sopra l'infelicità del loro stato; ed è certamente secondo la fede grandemente deplorabile la condizione di un ricco, che il suo amore, e la sua speranza ripone nelle sue sostanze. Vedi Luc. VI.24., Matt. XX. Le miserie, che a questi ricchi minacoia s. Giacomo, sono secondo alcuni le temporali calamità, nelle quali furono involti con tutta la loro nazione non solamente nella Giudea, dove perdettero e regno, e patria, e tempio, ma anche in tutti gli altri paesi, suscitatosi per ogni parte un odio mortale di tutti i popoli contro del nome Ebreo. Vedi Giuseppe lib, VII. de B. Secondo altri sono le eterne pene preparate ai ricchi avari, e senza misericordia

5,2:Le vostre ricchezze si sono imputridite. Avete accumulate ricchezze per lasciarle inutilmente marcire, in cambio di farne parte ai poverelli.
Le vostre vestimenta sono state rose ec. E' quì notata una specie di lusso, e per questa tutte le altre sono intese. Voi accumulate in gran numero abiti, e vestimenti, i quali lasciate, che rosi dalle tignole, mentre tanti poveri son mezzo ignudi.

5,3:L'oro, e l'orgento vostro si è irrugginito e la loro ruggine ec. Con una figura sommamente forte, e piena di energia dice dell'oro de ricchi quello, che succede nel ferro, per dinotare, come i tesori avidamente accumulati periscono senza alcun pro per la durezza, ed avarizia de' padroni, i quali non sanno l'uso, a cui potrebbero essere fruttuosamente impiegati. La stessa ruggine, che consuma questi tesori, servirà d'indizio, e di testimonianza dell'avarizia, e tenacità dei ricchi, ed ella sarà come un fuoco, che tormenterà i corpi, e le anime loro in eterno. Pensino, e ripensino a queste terribili parole i Cristiani, e notino, con quanta severità si condanni quì il solo non uso de' beni dati da Dio; condannazione giustissima, come ognuno può agevolmente comprendere dal riflesso de' grandi mali, obe nascono da questo non uso in pregiudizio e dell'anime, e de corpi de' nostri fratelli.
Vi siete adunato tesoro d'ira negli ultimi giorni. In cambio di un tesoro di merito, che avreste potuto mettere insieme co' vostri beni providamente sparsi nel seno de' poveri, avete raunato un tesoro d'ira in questi giorni, dopo de' quali non altro vi rimarrà, che l'amara memoria del bene, che far potestà, e del male, che avete fatto Gli ultimi giorni sono il tempo, che precedeva la rovina di Gerusalemme, e della nazione Ebrea. In questi giorni, quando a molti segni riconoscersi può vicino l'adempimento delle profezie di Gesù Cristo, in questi giorni, quando a tutt' altro dovreste essere intesi, che ad acquisti terreni, i quali presto dovrete perdere insieme colla vita, o con la libertà, voi colla vostra avarizia insaziabile augumentate il peso delle vendette divine sopra di voi. Quanto più santamente, e prudentemente i Cristiani della Giudea si privarono delle loro possessioni, e di tutti i beni terreni secondo il consiglio di Cristo! Vedi gli Atti IV. Veggo, che alcuni Interpreti prendono gli ultimi giorni, come se fosse scritto, l'ultimo giorno, il giorno estremo, e finale del mondo, ma non veggo, che in alcun altro luogo della scrittura col numero plurale sia indicato il dì del giudizio, ma sì col numero del meno.

5,4:La mercede degli operai... alza le grida: ec. Tocca questa sola specie d'ingiustizia cone non rara ne' ricchi, e sommamente odiosa, e contraria all'espresso comando di Dio nella legge (Deuter. XXIV. 15. ) e sotto di questa le altre specie s'intendono comprese. Dice, che le grida de' poveri defraudati della giusta mercede giungono fino alle orecchie del Signor degli eserciti, viene a dire, di un Signore infinitamente potente, padrone come di tutti gli uomini, e di tutti gli Angeli, e di tutte le creature.

5,5:Siete vissuti banchettando sopra la terra. La vostra vita è stata come un continuo banchetto. Si accenna il mal uso delle ricchezze nelle crapule, e ne' piaceri del senso.
Pel dì della immolazione. Queste parole unite a quelle, che le precedono, possono dar due sensi. Primo: come s'ingrassano gli animali pel giorno, in cui debbono immolarsi; così voi vi siete ingrassati nelle delizie per quel giorno, in cui sarete im molati vittime della divina giustizia. Questa interpretazione è di Eoumenio, e di altri secondo i quali la proposizione greca corrispondente alla nostra nel è usata in luogo di per, come si vede sovente nelle scritture: secondo; vi siete ingrassati nelle delizie, e in lauti banchetti, quali son quei, che si fanno nel giorno di sagrifizio solenne, in cui s'immolano molte vittime. La prima sposizione sembra migliore, e contiene la minaccia delle vendette, che Dio voleva fare sopra gli Ebrei per le mani dei Romani, e mirabilmente legano in questa sposizione tutte le parole di s. Giacomo. Voi (dice egli) siete immersi di continuo ne' balordi e nelle crapule, mangiate non per sostenervi, ma per ingrassarvi come bestie, che si ingrassano pe' sagrifizi, e veramente ciò a voi non disconviene, i quali come tante vittime vi andate avvicinando (senza saperlo) a quel giorno, in cui al furore divino sarete giustamente immolati.

5,6:Avete condannato, e ucciso il giusto, ec. Questo giusto è il giusto per eccellenza, il Messia, il quale come agnello innocente fu condotto al macello, e non aperse la boaca, come di lui sorisse Isaia LIII. A questa sposizione, che io credo la vera, tre difficoltà si oppongono. Primo, si dice, che la scrittura attribuisce la morte di Cristo non ai ricchi, ma ai capi del popolo, ai sacerdoti ec. Questa difficoltà è molto debole. In una repubblica sì corrotta, com'era la Giudaica, non è da dubitare, che quelli, che sovrastavano, e quelli eziandio, che si facevano strada al sommo sacerdozio, erano quelli, che avevano più da spendere; ed è noto, come il sommo sacerdozio era per lo più venale in que' miseri tempi. In secondo luogo, che essendo stato ucciso Cristo trent'anni prima, pochissimi, o nissuno degli uccisori di Cristo potevan essere in vita. Questo numero di trent'anni non è certo; ma checchè siasi di questo, sarebb'egli sì strano modo di parlare in oggi, cioè dopo diciassette, e più secoli, quello di chi parlando a' Giudei dicesse: voi uccideste il giusto, il Messia? Imperocchè è cosa più che ordinaria re ad una nazione il bene, o il male, che ella ha fatto, in qualunque tempo lo abbia fatto. Ma nel vers. 11. apparisce, che non erano così pochi quelli, che avevano veduto la passione del Signore. In terzo luogo si dice, che s. Giacomo non avrebbe mai voluto rimproverare agli Ebrei fedeli il gran delitto; ma noi abbiamo già detto, che questi primi sei versetti sono diretti agli Ebrei infedeli. Del rimanente la sposizione da noi seguitata è di Ecumenio, del ven. Beda, di s. Tommaso, e di altri.

5,7:Siate adunque pazienti, o fratelli, ec. Ritorna a parlar cogli Ebrei convertiti, i quali egli esorta a conservar la pazienza fino a quel giorno, in cui da Cristo giudice tutti riceveranno la loro retribuzione, e i buoni, e i cattivi ed a questa pazienza gli anima coll'esempio del buon agricoltore, il quale tanto soffre e si affatica, vivendo nella speranza di aver parte ai frutti preziosi, che la terra produce.

5,8:La venuta del Signore è vicina. La venuta di Cristo si avvicina ogni giorno, ed è contata per brevissima la durazione del secolo presente paragonata coll'eternità. Similo argomento di esortazione usa s. Paolo Rom. XIII.11.: E' ora, che noi ci alziamo dal sonno, perchè più vicina è la nostra salute, che allora quando noi credemmo.

5,9:Non vogliace... borbottare ec. Dopo di avergli esortati a tollerar con pazienza le ingiurie de' cattivi, gli esorta ancora a non impazientarsi per le debolezze de' fratelli, e pe' disgusti, che lor paresse di ricever da' questi. Se voi vi lamentate, Dio vi condanna, sì a motivo della vostra impazienza, e sì ancora, perohè con poca carità giudicate il fratello, il quale sovente o non vi ha veramente offesi, o non vi ha offesi, quanto a voi sembra. Abbiate di continuo daventi agli occhi della mente il vostro giudice Gesù Cristo, che è alla porta.

5,10-11:Prendete, o fratelli, per modello a sopportare i mali, ec. Mirate quello, che ebbero da soffrire i profeti, uomini così santi, e spediti con autorità superiore al popolo a dichiarargli la volontà del Signore. Noi gli chiamiamo beati, perchè patirono: imitiamogli adunque affini di esser beati, come essi sono.
Avete udito la sofferenza di Giobbe, e avere veduta la fine del Signore. Porta due esempi di altissima, e miracolosa pazienza, de' quali il primo era figura del secondo, Giobbe figura di Cristo. Vedi s. Agostino de Symbolo etc. lib. 1. 5., e ep. 12.
Misericordioso egli è il Signore, ec. Non manca adunqua a voi (come non mancò ai profeti, e a Giobbe) un liberatore, ed un rimuneratore, il quale con una gloria eterna compensi la momentanea tribolazione sopportata da voi in questa vita.

5,12:Non vogliate giurare ec. Si condanna non l'uso, ma l'abuso del giuramento, ma qual abuso naturalmente conduce il giurar facilmente (benchè secondo la verità ) per leggiere cagioni: la qual cosa è argomento di poca riverenza al nome di Dio. Vedi s. Agostino de mendacio cap. XV., Hierem. IV.2, Deut. VI. 13. Questo nome è sempre sottinteso ne' giuramenti imprecatorii, che sono sovente in bocca di tanti mali cristiani, perchè tutto quello, che dicono del cielo, ovvero della terra (come, il cielò mi fulmini, mi si apra la terra) a Dio si riferisoe padrone del cielo, e della terra, senza di cui nulla si fa nè in cielo, nè in terra. Del rimanente il giuramento, come notò s. Girolamo in Hierem. IV. 2., è un atto di religione, quando sia fatto con verità, con giudicio (cioè a dire prudentemente, e o per necessità, o per grande utilità), e con giustizia, viene a dire, per cosa lecita, ed onesta.

5,13:Havvi tra di voi chi sia in tristezza? Faccia orazione, L'orazione è il mezzo, onde acquistar forza, e vigore, per sostenere le afflizioni di questa vita. L'esempio di Gesù Cristo (Matt. XXVI. 39.) si dimostra la necessità di ricorrere a questo asilo, per non essere soverchiati, e abbattuti dalla tristezza.
E' tranquillo? Salmeggi. Chi gode pace, e tranquillità di spirito, si rallegri nel Signore, e la sua amorosa rioonoscenza dimostri a Dio, recitando, e cantando i salmi di David, ne' quali i vari interni affetti d'un'anima pia, e fedele sono mirabilmente esposti secondo le diverse oircostanze, e i diversi bisogni.

5,14-15:Havvi egli tra voi chi sia ammalato? Chiami i preti ec. Tutti quanti gl'Interpreti cattolici e antichi, e moderni hanno veduto in questo versetto chiaramente espresso il sagramento dell'estrema unzione, e la Chiesa Greca, e Latina unita nel Conoilio di Firenze, e finalmente il Concilio di Trento non ci lasciano luogo di dubitare di questa verità. Alcuni Interpreti protestanti per eluder la forza di queste parole non si sono vergognati di asserire, che l'unzione, di cui parla si Giacomo, è un'unzione medicinale fatta con olio, il quale nell'Oriente ha molta virtù, ed è buono a guarire le malattie. Ma in primo luogo quest'olio doveva essere un rimedio universale, buono a tutti i mali, perchè s. Giacomo quest'unzione vuol, che sia fatta in qualunque specie di malattia, e un tal rimedio universale non lo ha avuto in alcun tempo la medicina. In secondo luogo, perchè ordinava egli s. Giacomo di chiamare i seniori, i Vescovi, i preti, i sacerdoti della Chiesa a far simi le unzione? Era certamente più naturale di chiamare i medici, se di rimedio trattavasi puramente corporale. Altri, che sembrano più moderati, ma abbandonano non men de' primi la costante tradizione della Chesa, vogliono, che si parli quì della unzione miracolosa, di cui si fa menzione in s. Marco V.15 Ma primieramente quell'unzione non era fatta se non per curare i mali del corpo, e questa unzione giova anche per la remissione de' peccati: in secondo luogo quell'unzione fa oevasi anche da' semplici fedeli, che avevano il dono di guarire le malattie, come costa da Tertulliano ad Scapulam cap. IV., l'unzione prescritta da s. Giacomo appartiene a' seniori della Chiesa, cioè ai Vescovi, ed ai sacerdoti; terzo, tutti i miracoli, e per conseguenza anche il dono delle guarigioni era destinato al vantaggio, e alla conversione degli infedeli; questa unzione non si fa se non a' fedeli: havvi egli tra di voi ec.; quarto, finalmente, il dono di curare le malattie non doveva essere permanente nella Chiesa; e questa unzione è prescritta assolutamente per tutti i tempi. Si osserva, che, secondo il rito della Chiesa Orientale questo sagramento è amministrato non da un solo, ma da più sacerdoti, e ordinariamente da sette. Si osservi ancora, che l'uso della Chiesa di dare questo sagramento non a tutti i malati, ma a quelli, che sono in pericolo di morte, quest'uso è conforme alle precise parole di s. Giacomo, il quale secondo la stretta significazione della voce greca non dice: chi sia malato, ma: chi sia gravemente malato.

5,16:Confessate adunque l'uno all'altro i vostri peccati, ec. Nel Greco conunemente è tralasciata la particella adunque; ma si trova ne' MSS. per testimonianza del Grozio, e di Hammondo, ed ottimamente ella si legge nella Volgata. Sopra queste perole siami lecito di dire, che non ho mai saputo comprendere, per qual motivo a louni ancor tra' Cattolici abbian potuto dubitare, se in queste si parli della confessione sagramentale, ovvero di una confessione fatta per ispirito di umiltà, non al sacerdote in segreto per ottenerne la remissione, ma ai fratelli in palese per ottener l'aiuto delle loro orazioni. Il principio di questo dubbio sta nella oscura traduzione delle parole di s. Giacomo: confessate l'uno all'altro, che così porta la Volgata; ma l'uso della voce greca corrispondente a questa l'una all'altro, dimostra che quì l'una all'altro non significa scambievolmente, vicendevolmente, ma bensì da uomo a uomo, onde il sentimento del nostro Apostolo è questo: confessate adunque non al solo Dio, ma anche da uomo ad uomo i vostri peccati, viene a dire, l'uomo peccatore all'uomo sacerdote. In questo senso la stessa voce greca, e la corrispondente latina è usata nelle scritture, come vedesi 1. Pet. IV.9.10., e nell'ep, agli Efesini v. 25., là dove si dice: soggetti l'uno all'altro (ovvero gli uni agli altri) nel timore di Cristo; dove nissuno (ch'io pensi) dirà, che prescriva s. Paolo, che anche i superiori agli inferiori si soggettino, ma sì, che ciascheduno al superior si soggetti, che Dio gli ha dato si restringe adunque di tali espressioni il valore secondo la materia, di cui si tratta; della qual cosa è anche un esempio quello, che dicesi 1. Pet. 1. 15, e V.5. Or quale è la materia de' due precedenti versetti? Imperocchè con essi ha il presente versetto una necessaria, ed evidente relazione. Ha detto l'Apostolo, che se alcuno de' fedeli cade gravemente inferno, si chiamino i sacerdoti, che facciano orazione sopra di lui, e coll'olio, santo lo ungano come ministri di Cristo, da cui hanno avuto autorità di conferir questo sagramento, che è quello, che significa ungendolo coll'olio nel nome del Signore. Dell'efficacia di questa unzione accompagnata dalla orazione fatta con fede egli dice, che porterà salute all'infermo, e che il Signore lo solleverà, viene a dire, che Cristo, nel nome di cui è stata unto dai sacerdoti, gli renderà la salute del corpo (intendesi, quando ciò sia spediente per la salute spirituale ) e se ha de' peccati, ne otterrà la remissione. Dopo tali cose soggiunge; confessate adunque l'un all'altro i vostri peccati, che è il mezzo principalmente stabilito da Gesù Cristo per ottenere la remissione de' peccati, imperocchè il sagramento dell'estrema unzione giova alla remissione de' peccati veniali, od anche de' mortali non conosoiuti, e rimette eziandio le pene, che rimangono da espiare per tali peccati (Conc. Trid. sess. 14. cap. 5. ); ma de' peccati gravi conosciuti il rimedio non si ha senza la confessione di essi fatta al sacerdote secondo la istituzione di Cristo; Matt. XVI. 19., Jo. XX. 25. Dichiara adunque il nostro Apostolo, come per godere del pieno frutto del sagramento dell'estrema unzione e quanto al corpo, e quanto all'anima, è necessario, che il malato siasi prima purgato con la confessione sagramontale fatta al sacerdote, perchè mediante l'assoluzione di questo si pone in stato di ottenere per mezzo della sagra unzione la remissione de' peccati veniali, ed anche de' mortali non conosciuti. Questo sentimento evidentemente risulta dal discorso di s. Giacomo: se sarà in peccati, gli saranno rimessi, confessate adunque l'uno all'altro i vostri peccati, come se dicesse; quello, che io vi dico riguardo alla remissione de' peccati, che si ottiene pel sagramento dell'estrema unzione, non toglie l'obbligazione di fare un'esatta confessione, de' vostri falli al ministro di Cristo, anzi questa confessione io suppongo come premessa, e dallo stato in cui vi ponete per mezzo di questa, ne viene, che partecipar possiate ancora dei frutti dell'altro sagramento. Sembrami da tutto ciò evidente, che la confessione, di cui si parla in questo luogo, non può essere quella, che si faccia ai fratelli per riceverne consiglio, o consolazione, ovvero per impetrare l'aiuto delle loro preghiere, alla qual confessione nissuno, ch'io pensi, attribuirà la virtù di rimettere direttamente i peccati, la qual virtù alla confessione sagramentale è riserbata, e ad essa l'attribuisce il nostro Apostolo. Un dotto interprete eterodosso (Hammond ) astretto dalla forza dell'espressioni, e dal legamento del discorso ha quì riconosciuta una confessione fatta dall'infermo al ministro della Chiesa avente potestà di sciogliere da' peccati, benchè questa confessione pretenda egli, che sia solamente generica, e di tutte le specie di peccati, non in particolare di ogni peccato. Ma non è mio proposito di stabilire contro de' protestanti la dottrina Cattolica intorno alla confessione sagramentale: onde finisco con una riflessione che parmi importante non solo per ma anche per altri luoghi delle scritture del nuovo testamento, e dico, che se con maggior chiarezza non ba parlato il nostro Apostolo della confessione da farsi dal Cristiano gravemente ammalato, per degnamente ricevere l'olio santo, la ragione si è, perchè egli parlava a' fedeli, i quali non solamente erano benissimo informati della dottrina della Chiesa, ma (quel, che è più ) la stessa dottrina vedevano messa in pratica continuamente sotto de' loro occhi dalla medesina Chiesa, onde ogni piccolo cenno bastava loro, perchè l'intendessero.
E orate l'un per l'altro per esser salvati: imperocchè molto può ec. Qui pure questo modo di dire, l'un per l'altro, s'intende relativamente all'argomento del disoorso, e non in genere di tutti i fedeli, ma o del sacerdote, che preghi per coloro, i quali a lui hanno fatta la confessione de' loro peccati, ovvero de' santi, e de' giusti, che preghino pe' malati, i quali si sono confessati delle lor colpe, affinchè Dio conceda loro la sanità e del corpo, e dell'anima. Questo senso è evidente per quello, che segue: molto può l'assidua preghiera del giusto .

5,17-18:Elia era un uomo: come noi, ec. Dimostra con un fatto preso dalla storia dei Re, quanto possa appresso Dio l'orazione del giusto. Vedi 3. Reg. X.11.XVI.1. L'empio Acabbo re di Giuda sedotto dalla moglie Jezabele si abbandonò al culto degl'idoli. Il profeta Elia mosso dallo Spirito del Signore andò a trovar questo principe, e gli disse: viva il Signore... non cadrà nè pioggia, nè rugiada per questi anni, se non quando io l'ordinerò. Alla fine de' tre anni il profeta andò a trovare Acabbo, e raunato tutto il popolo, vendicato che fu il Signore colla morte de' falsi profeti, Elia diede ordine al Re, e al popolo, che ritornassero alle loro case, e promise, che sarebbe ben presto venuta la pioggia, come all'orazione di lui successe. Che l'orazione del profeta chiudesse il cielo, e la siccità durasse tre anni, e mezzo, sono le due ciroostanze di questo gran fatto, le quali sono notate da s. Giacomo, non essendo scritte nella storia dei Re, ed egli le ebbe dalla tradizione della sinagoga, o le apprese per particolare rivelazione.

5,19-20:Se alcun di voi devia dalla verità, e uno lo converte, dee sapere, ec. Finisce s. Giacomo questa sua nobilissima lettera col raccomandare il massimo degli uffizi della cristiana carità, che è l'adoperarsi per la spirituale salute de' prossimi. Devia dalla verità non solo chi abbandona la retta credenza, ma ancora ohi si allontana dalle regole de' costumi prescritte nel Vangelo; e di questo secondo deviamento principalmente parlasi in questo luogo. Chi pertanto dalla sua cattiva vita ricondurrà nella diritta via un peccatore, sarà in certo modo salvatore di un'anima, e con questa grand'opera di carità verrà a coprire i propri peccati, per molti che siano. Si allude qui al detto dello Spirito santo, Prov. X.12.: la carità cuopre tutti quanti i peccati; il che ha luogo principalmente nelle opere della spirituale misericordia. Vegga Origene Hom 11. in Levit.