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Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Lettera ai Galati 2


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Paolo predicò sempre liberamente la verità tra i Gentili con approvazione de' primi Apostoli, i quali nulla vi aggiunsero, ma accolsero Paolo come compagno. Egli apertamente riprese Cefa. Nissuno è giustificato per le opere della legge, ma per la fede in Cristo.

1Quindi quattordici anni dopo, andai di nuovo a Gerusalemme con Barnaba, preso meco anche Tito.2E vi andai per rivelazione: e conferii con quegli il vangelo, che io predico tra le nazioni, e distintamente con quegli, che erano in grande autorità: affinchè io non corressi, od avessi corso senza frutto.3Ma nemmen Tito, che era meco, essendo gentile, fu astretto a circoncidersi;4Cioè a dire per riguardo di que' falsi fratelli, i quali si erano furtivamente intrusi ad esplorare la nostra libertà, che abbiamo di Cristo Gesù, per ridurci in servitù.5A' quali non cedemmo neppure per un momento con assoggettarci, affinchè rimanesse presso di voi la verità del vangelo:6Ma nissuna differenza vi è da me a quegli, che avevano grande autorità (checché siano eglino stati: Iddio non bada all'esteriore dell'uomo), imperocché nulla a me contribuiron del loro quegli, che avevano grande autorità.7Ma per lo contrario avendo veduto, come a me era stato affidato il vangelo per i non circoncisi, come a Pietro per li circoncisi;8(Imperocché chi diè potere a Pietro per l'apostolato de' circoncisi, lo ha dato anche a me trai gentili.)9E avendo riconosciuto la grazia conceduta a me, Giacomo, e Cefa, Giovanni, che erano riputati le colonne, porsero le destre di confederazione a me, a Barnaba: onde noi trai gentili, ed eglino trai circoncisi:10Solamente che ci ricordassimo de' poveri: la qual cosa eziandio fui sollecito ad eseguire.11Essendo poi venuto Pietro ad Antiochia, gli resistei in faccia, perché meritava riprensione.12Conciossiachè prima che arrivassero alcuni da Giacomo, egli mangiava, co' gentili: venuti poi quegli, si ritirava, e tenevasi a parte per timore di que' circoncisi.13E alla simulazione di lui si accordarono gli altri Giudei, di modo che anche Barnaba fu indotto da loro alla stessa simulazione.14Ma avendo io veduto, come noti andavano con retto piede secondo la, verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: se tu, che se' Giudeo, vivi da Gentile, e non da Giudeo, come costringi i Gentili a giudaizzare?15Noi per natura Giudei, e non Gentili peccatori,16Sapendo, come non è giustificato l'uomo per le opere della legge, ma per la fede di Gesù Cristo, crediamo anche noi in Gesù Cristo per essere giustificati per la fede di Cristo, e non per le opere della legge: dappoiché nissun uomo sarà, giustificato per lo opere della legge.17Che se cercando noi di esser giustificati in Cristo, siamo trovati anche noi peccatori, è egli forse Cristo ministro del peccato? Mai no.18Imperocché se quello, che distrussi, di bel nuovo l'edifico, mi costituisco prevaricatore.19Ma io per la legge sono morto alla legge per vivere a Dio: con Cristo sono sconfitto in croce.20E vivo non già io, ma vive in me Cristo, e la vita, ond'io vivo adesso nella carne la vivo nella fede del figliuolo di Dio, il quale mi amò, e diede se stesso per me.21Non disprezzo la grazia di Dio. Imperocché se la giustizia è dalla legge, dunque invano Cristo morì.

Note:

2,1:Quattordici anni dopo, andai di nuovo a Gerusalemme. Sembra a prima vista quasi certo, che questo viaggio di Paolo a Gerusalemme sia l'istesso, che quello descritto negli Atti cap. XV., e certo pur sembra, che i quattordici anni debbano computarsi dal precedente viaggio cap. I.18, ma questo intervallo non corrisponde con altri punti fissi della storia sagra, e perciò pretendono alcuni, che sia qui corso errore nel numero, e invece di 14. debba leggersi 4. Vero è, che frequentissimi sono gli sbagli di questa sorta ne' libri antichi, ma il consenso di tutti i co dici e stampati, e manoscritti dà peso alla opinione del Grisostomo, e di altri, i quali questo viaggio distinguono da quello descritto da s. Luca nel detto luogo.

2,2:Vi andai per rivelazione. Per comando di Dio manifestatomi con particolare rivelazione, e ciò può star benissimo, ancorchè (secondo quelli, i quali credono, che sia questo lo stesso viaggio riferito nel cap. XV. degli Atti) fosse egli stato deputato con Barnaba per andare a Gerusalemme a discutere con Pietro, e con gli altri Apostoli la questione delle cerimonie legali; imperocchè può Dio aver confermata con una speciale rivelazione fatta all'Apostolo la determinazione della Chiesa di Antiochia.
Conferii con quelli. Vale a dire col collegio Apostolico.
E distintamente con quelli, che erano in grande autorità. Così il greco, e lo stesso è il senso della Volgata. Vuol denotare Pietro, Giacomo, e Giovanni vers. 9.
Affinchè io non corressi, od avessi corso ec. Affinchè non venisser a rendersi inutili le passate, e le presenti mie fatiche, ove si spargesse la voce, che differente fosse la mia dottrina da quella di coloro, che erano stati Apostoli prima di me; imperocchè qual frutto avrei potuto sperar di raccogliere dalla mia predicazione, quando i miei perpetui avversari gli Ebrei avessero avuto alcun fondamento di dire, che io avessi creduto secondo gli Apostoli, ma non secondo gli Apostoli evangelizzassi.

2,3-5:Ma nemmen Tito, che era meco, essendo Gentile, fu astretto ec. Ma il fatto dimostrò, che io non correva invano; conciossiachè una prova della perfetta uni fornhità di sentimenti tra me e gli altri Apostoli fu questa; che Tito, il quale era Gentile di padre, e di madre, non fu obbligato da quelli a farsi circoncidere neppur per soddisfare alle premure di certi falsi fratelli, i quali professando esteriormente molto zelo per il Vangelo, si erano intrusi nella Chiesa, affin di scuoprire, qual fosse la libertà, che noi abbiamo per grazia di Cristo dalle cerimonie legali. Or il disegno di questi falsi fratelli si era o di togliere a noi questa libertà, ove avessero inteso, che noi per riguardo degli Apostoli, avessimo fatto circoncidere Tito, o di accusarci presso gli Apostoli, se non lo avessimo fatto circoncidere, e con l'autorita di essi obbligarci ad osservare la legge. Imperocchè sembra va a costoro impossibile, che gli Apostoli non condiscen dessero alcun poco al loro zelo in cosa, che non poteva dirsi cattiva per se medesima, quando una tale condi scendenza sembrava poter ridondare in bene della Chiesa, rendendo meno alieni dalla medesima gli Ebrei ne' quali tanto grande era tuttora la passione per le antiche loro costumanze. Avrebbero poi ben saputo abusare di questa condiscendenza que' falsi fratelli per ridurre tutti i cristiani sotto l'antico giogo, e per questo dice l'Apostolo, che non volle ad essi mai cedere, nè soggettarsi alle loro pre tensioni, nè permettere, che o Tito, od altri si circon cidesse, conservar volendo pura e sincera presso i Gentili (quali erano i Galati) la verità della dottrina cristiana. secondo la quale noi non per la legge, ma per la fede arriviamo a salute. A questa dottrina avrebbe recato gran pregiudizio il vedere, che lo stesso Apostolo delle genti anch'egli in un certo modo giudaizzasse, lasciando che un suo discepolo Gentile alla circoncisione si soggettasse.

2,6:Ma nissuna differenza vi è da me a quelli ... (checchè siano eglino stati: Iddio ec. Nel tradurre questo versetto ho seguitato quanto al primo membro il senso piuttosto del greco che della Volgata, la quale non può intendersi senza qualche supplemento. Tale adunque credo essere il senso di Paolo: quanto alla perfetta cognizione dell'Evangelio non sono io di condizione inferiore a quella de' primi Apostoli, de' quali grande è il nome, e l'autorità nella Chiesa, sebbene siano eglino stati famigliari Discepoli di Cristo, quando io era un Fariseo; Iddio non misura le sue grazie agli esteriori privilegi, e prerogative dell'uomo, ed a lui è piaciuto di comunicare a me tanto capitale e di dottrina, e di autorità, che nulla avessi bisogno di ricevere da quelli, che i primi posti occupavano tra' predicatori di Cristo.

2,7-10:Ma per lo contrario avendo veduto, come a me era stato affidato ec. Questo versetto 7. è legato col versetto 9. dovendosi leggere chiuso in parentesi il versetto 8. Dice adunque Paolo, che non solamente nulla ebbero da riprendere, o disapprovare gli Apostoli di Gerusalemme nella sua dottrina, ma che anzi conosciuto avendo esser lui destinato da Dio a predicare a' Gentili, come Pietro agli Ebrei, Pietro, Giacomo, e Giovanni (che eran riputati come le colonne della Chiesa di Cristo) in confermazione della perfetta spirituale unione ne' medesimi sentimenti, e nello stesso ministero porsero a lui e a Barnaba le loro destre; onde seguitasser essi a predicar tra' Gentili, come quelli tra gli Ebrei, e gli pregarono di aver cura di raccogliere dalle Chiese de' Gentili delle, limosine pe' cristiani della Giudea (Atti XI. 29. 30.). Da questa stessa preghiera, e da questa commissione appa riva la comunicazione di affetto, e di carità, che volevano quelli mantenere con Paolo, e con Barnaba, e per questo la rammenta qui l'Apostolo. Così egli fortemente dimostra, che lo stesso Dio, il quale co' segni visibili di sua potenza aveva autorizzato l'Apostolato di Pietro presso gli Ebrei, con i medesimi segni aveva ancora autorizzato il suo Apostolato presso i Gentili, come dice nel versetto 8.

2,11:Essendo poi venuto Pietro ad Antiochia, ec. De scrive Paolo in questo, e ne' seguenti versetti il celebre fatto avvenuto tra Pietro e lui in Antiochia,in proposito della osservanza delle cerimonie legali. Dice adunque, che gli resistè in faccia, cioè apertamente, e a faccia a faccia lo riprese, perchè era riprensibile per avere incautamente simulato di aderire al giudaismo. Odasi a questo passo la bella riflessione di s.Agostino: Quello che da Paolo utilmente facevasi con la libertà della carità, dallo stesso Pietro fu ricevuto con santa, e benigna e pia umiltà, e in tal guisa più raro, e più santo è l'esempio, che lasciò Pietro ai successori di non (isdegnare se mai dal retto sentier traviassero) di essere corretti dagli inferiori, che quello, che diede Paolo ai minori di resistere, salva la fraterna carità, ai maggiori per soste nere l'evangelica verità. Conciossiachè più degno di ammirazione, e di lode si è l'ascoltar volentieri colui, che corregge, che il correggere l'errante. Ha adunque Paolo la lode di giusta libertà, ha Pietro quella di santa umiltà, Ep. 29. ad Hieron.

2,12:Prima che arrivassero alcuni di Giacomo, egli mangiava con i Gentili: Prima che arrivassero ad Antiochia alcuni fedeli (Ebrei di nazione) della Chiesa di Gerusalemme, a cui presedeva Giacomo, Pietro mangiava coi Gentili convertiti ogni sorta di cibi anche quelli vietati dalla legge, dimostrando col suo esempio, che non erano i Gentili tenuti alla osservanza della medesima legge. Ma venuti che furono quelli, si separò di convitto, e di mensa, temendo di non offendere que' cristiani circoncisi, e di non porgere a' medesimi occasione di scandalo, quando avesser saputo, che il loro Apostolo, il quale osservava nella Giudea la distinzione de' cibi, la disprezzava in Antiochia.

2,13:E alla simulazione di lui si accordarono gli altri Giudei, ec. L'esempio del principe degli Apostoli fu imitato dagli altri Ebrei, che lo accompagnavano, e la cosa andò tanto avanti, che lo stesso Barnaba collega di Paolo nell'Apostolato de' Gentili si trovò come portato di forza a seguire la stessa simulazione.

2,14:Avendo io veduto, come non andavano con retto piede secondo la verità ec. Errava Pietro non nella dottri ma, perchè è chiaro, che egli pensava, e credeva come Paolo quanto alla non necessaria osservanza della legge ceremoniale; ma errò perchè per una condiscendenza verso gli Ebrei non lodevole, benchè indiritta a buon fine, astenendosi dal convitto de' cristiani del gentilesimo dava agli Ebrei nuovo pretesto d'inquietare i Gentili convertiti, e di astringerli ad osservare la legge; così veniva ad essere offesa nel fatto di Pietro la verità del Vangelo.
Se tu, che se' Giudeo, vivi da Gentile .... come costringi ec. Se tu Ebreo di origine, nato sotto la legge di Mosè, non ti credi più obbligato alle antiche cerimonie, e vivi con libertà non da Giudeo, ma da Gentile co' Gentili vivendo, e mangiando, come poi provochi, e in certa guisa costringi col tuo esempio i Gentili a giudaizzare?

2,15-16:Noi per natura Giudei, e non Gentili peccatori, sapendo, come ec. Il Grisostomo, Ilario, e molti altri sono di parere, che questo, e tutti i seguenti versetti sino alla fine del capitolo siano una continuazione del ragionamento di Paolo con Pietro, lo che sembra assai chiaro e per l'unità del discorso, e perchè non dà segno di rivolgersi a' Galati, se non al principio del capitolo seguente. Noi, dice Paolo, cioè e tu o Pietro, ed io siamo di prosapia, e di origine Ebrei, nati perciò sotto la legge, e non Gentili, che è quanto dire, sciolti da ogni freno di legge, e per propria lor condizione profani, privi della cognizione del vero Dio, e (come sogliono chiamarsi da noi Ebrei) peccatori; con tutto ciò avendo noi conosciuto, che non si può pervenire alla vera giustizia per le opere della legge, ma sì per la fede, noi pure abbiamo abbracciata la fede in Cristo, affine di ottenere quella giustizia, che non avevamo potuto conseguire mediante le opere della legge. Vedi Rom. III. v.
In quelle parole: Dapoichè nissun uomo sarà giustificato ec. Sembra che l'Apostolo abbia avuto in vista il salmo 142. 2. e forse non ha accennato, donde avesse tratto quel sentimento, perchè era celebre, e nelle bocche di tutti quel luogo del Profeta, dal quale appariva, come l'uomo sotto la legge era lontano dalla vera giustizia.
Or l'argomento dell'Apostolo è questo: se per la legge, e per le opere della legge non abbiam potuto ottener la giustizia noi Giudei, ai quali la legge fu data, e dato il comandamento delle opere legali, molto meno per si mil mezzo ottener potranno la giustizia i Gentili.

2,17:Che se cercando noi di esser giustificati in Cristo, siamo trovati anche noi ec. Or se mentre io, e tu, o Pietro, bramiamo di essere giustificati non per le opere della legge, ma per la fede di Gesù Cristo, venghiamo ad essere scoperti rei di peccato (come vogliono costoro, che giudaizzano), perchè trascuriamo le opere della legge, che direm noi? Forse che Cristo è ministro del peccato? Vale a dire ch'egli stesso c'induce in peccato, perchè ci ritrae dalla legge necessaria, al dir di costoro, per la giustificazione, e per cancellare il peccato? Ah noi non direm certanente, che Cristo ministro della giustizia sia divenuto ministro del peccato per noi. Dunque nè noi pecchiamo non osservando la legge, nè l'osservanza di essa è necessaria per la giustizia.

2,18:Se quello, che distrussi, di bel nuovo l'edifico ec. Anzi per lo contrario se dopo aver distrutta con la mia predicazione la necessità della legge, venissi ora a rimetterla in piedi, verrei a dimostrare, che reo sono stato, reatore nell'abbandonare la legge per abbracciare la fede.

2,19:Ma io per la legge sono morto alla legge, per vivere a Dio: ec. Ma io non fui, nè sono prevaricatore, da poichè in virtù della stessa legge sono morto alla legge. Non ho abbandonato la legge se non per insegnamento, e pel magistero della medesima legge. Ella è, che dalle sue ombre, e figure a Cristo mi ha condotto, affinchè per lui viva a Dio (e non alla legge) mediante la vera giustizia, e la nuova vita ricevuta per benefizio di Cristo: vivo per Iddio; imperocchè confitto sulla stessa croce di Cristo sono morto al peccato, all'uomo vecchio carnale ed anche alla legge.

2,20:E vivo, non già io, ma vive in me ec. E non son più quell'io. Divenuto uomo nuovo per la spirituale rigenerazione in Cristo Gesù, vivo una nuova vita, e la mia vita è Cristo, il quale in me opera, e in me regna. E quella vera vita onde io vivo, benchè in un corpo di morte, non la debbo alla legge, ma alla fede del Figliuolo di Dio, dell'unico Salvatore, il quale e rimette i peccati e l'uomo rinnovella. A lui son debitore di sorte sì bella, il quale (perchè con bontà degna del solo Dio così ha cura di un sol uomo, come di tutti, e di tutti, come d'un solo) mi amò, e per me non meno, che per tutto il genere umano si diede alla morte. Così magnificamente esponendo i frutti della fede di Cristo dimostra l'Apostolo, quanta ingiuria facesser a Dio coloro, i quali riguardando come insufficiente per la salute la stessa fede, accompagnar la volevano con le opere della legge.

2,21:Non disprezzo la grazia di Dio. Imperocchè ec. No, io non sarò ingrato a Cristo; or ingrato io sarei, se inutile e vana dicessi esser la grazia, che abbiam da lui ricevuta, e inutile la direi, se dicessi, che ella sola non è sufficiente a salvare; anzi non la sola grazia, ma la stessa morte di Cristo, fonte di ogni grazia, direi inutile e vana, ove dicessi, che possa dalla legge venir la giustizia. Nè di Vangelo, nè di grazia, nè di morte di Cristo v'era bisogno, se per la legge giunger potevasi alla giustizia.