Scrutatio

Sabato, 20 aprile 2024 - Beata Chiara Bosatta ( Letture di oggi)

Prima lettera di Giovanni 5


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Chi siano quegli, che sono nati di Dio, e della vera carità verso di lui: la fede vince il mondo: tre testimoni in terra dimostrano Cristo vero uomo, e tre in cielo lo dimostrano vero Figliuolo di Dio, nel quale credendo l'uomo ha vita eterna. Del peccato mortifero, e non mortifero.

1Chiunque crede, che Gesù è il Cristo, egli è nato di Dio. E chiunque ama colui, che generò, ama ancora colui, che è nato di quello.2Da questo conosciamo, che amiamo i figliuoli di Dio, se amiamo Dio, e osserviamo i suoi comandamenti.3Imperocché questo è amare Dio, che si osservino da noi i suoi comandamenti: e i suoi comandamenti non sono gravosi.4Imperocché tutto quello, che è nato di Dio, vince il mondo: e in questo sta la vittoria vincente il mondo, nella nostra fede.5Chi è, che vince il mondo, se non colui, che crede, che Gesù è Figliuolo di Dio?6Questi è quegli, che è venuto coll'acqua, e col sangue, Gesù Cristo: non coll'acqua solamente, ma coll'acqua, e col sangue. E lo Spirito è quello, che attesta, che Cristo è verità.7Imperocché tre sono, che rendono testimonianza in cielo, il Padre,il Verbo, e lo Spirito Santo: e questi tre sono una sol cosa.8E tre sono, che rendono testimonianza in terra, lo spirito, l'acqua, e il sangue, e questi tre sono una sola cosa.9Se ammettiamo la testimonianza degli uomini, maggiore è la testimonianza di Dio: or questa è la testimonianza di Dio, la quale egli ha renduta al Figliuolo suo, la quale è maggiore.10Chi crede nel figliuolo di Dio, ha in se la testimonianza di Dio. Chi non crede al Figliuolo, fa lui bugiardo: perché non crede alla testimonianza renduta da Dio al Figliuol suo.11E la testimonianza è questa, che Dio ci ha dato la vita eterna. E questa vita è nel Figliuolo di lui.12Chi ha il Figliuolo, ha la vita: chi non ha il Figliuolo, non ha la vita.13Queste cose scrìvo a voi: affinchè sappiate, che avete la vita eterna voi, che credete nel nome del Figliuolo di Dio.14E questa è la fiducia, che abbiamo in lui: che qualunque cosa chiederemo secondo la volontà di lui, egli ci esaudisce.15E sappiamo, che ci esaudisce, qualunque cosa gli chieggiamo: lo sappiamo, perché abbiamo l'effetto delle richieste, che a lui facciamo.16Chi sa, die il proprio fratello pecca di peccato, che non mena a morte, chiegga, e sarà data la vita a quello, che pecca non a morte. Havvi un peccato a morte: non dico, che uno preghi per questo.17Ogni iniquità è peccato: ed havvi peccato, che mena a morte.18Sappiamo, che chiunque è nato di Dio, non pecca: ma la divina generazione lo custodisce, e il maligno nol tocca.19Sappiamo, che siamo da Dio: e tutto il mondo sta sotto il maligno.20E sappiamo, che il Figliuolo di Dio è venuto, e ci ha dato mente, per conoscere il vero Dio, e per essere nel vero Figliuolo di lui. Questi è vero Dio, e vita eterna.21Figliuolini, guardatevi da' simolacri. Cosi sia.

Note:

5,1:Chiunque crede che Gesù è il Cristo, egli è nato di Dio. E per ispirituale natività figliuolo di Dio, chi con fede viva, efficace, ed operante crede, che Gesù è il Messia, il Redentore, e Salvatore del mondo.
E chinque ama colui che generò, ama ancora ec. Chi ama Iddio Padre, che generò il suo Verbo, ama il Verbo generato dal Padre. Questo è il senso più semplice, e naturale di queste parole; s. Agostino però mirando all'intenzione costante di s. Giovanni di stabilire, ed accendere con ogni maniera di ragioni la carità de' fratelli, le espone in più ampia significazione; chi ama Dio Padre, ama e il Verbo generato dal Padre, ed ama eziandio tutti i figliuoli di Dio, come fratelli, e membri di Cristo, e questi figliuoli sono i nostri prossimi; che è un nuovo argomento di somma efficacia a persuaderci la nuova carità. Dalle parole del versetto seguente dimostra s. Agostino, che non l'amore del sole Figliuol naturale, ma quello ancor, che dobbiamo a figliuoli adottivi del Padre, è raccomandato in questo luogo. Vedi ancora s. Ilario lib. VI. de Trin.

5,2:Da questo conosciamo, che amiamo i figliuoli di Dio se amiamo Dio ec. Siccome dall'amore del prossimo s'inserisce l'amore di Dio, così dall'amor di Dio s'inferisce l'amore del prossimo; e similmente dall'osservanza de' comandamenti s'inferisce lo stesso amor de' fratelli, perchè la mutua dilezione è comandata da Dio. Concludiamo, che amiamo i figliuoli di Dio, e nostri fratelli, ogni volta che sappiamo d'amare Dio, e che camminiamo nella via de' divini comandamenti. Benchè l'amore del prossimo in generale sia frequentemente commendato nel nuovo Testamento, contuttociò una più stretta, e intensa carità è richiesta tra i fedeli figliuoli dei medesimo Padre, e membra del medesimo corpo, e uniti con tanti speciali vincoli tra di loro.

5,3:Questo è amare Dio, che si osservino ec. Ama Dio, chi custodisce i suoi divini comandamenti, e questi comandamenti non solamente non sono impossibili, ma non sono neppur gravosi. E eome (dice s. Agostino) potrebbe esser gravoso il comandamento della dilezione? Imperocchè di questo solo precetto intende il santo dottore queste parole. Ma quando in un senso ancor generale vogliansi intendere, è sempre vero, che, quantunque molte cose comandi Dio, le quali alla corrotta natura sembrano dure e penose, come il perdonare a nemici, il rinnegare se stesso, l'abbracciare la croce ec., contutto ciò tutto questo è un peso leggero, come lo chiama s. Paolo, per l'uomo rigenerato, aiutato dalla grazia del Salvatore, sostenuto dagli esempi del medesime Cristo, animato dalla vista del premio infinito, ed eterno, che lo aspetta.

5,4:Tutto quello che è nato di Dio, vince il mondo ec. I figliuoli di Do tutti, quanti sono, non solo gli uomini, ma anche il sesso più debole: vecchi, i fanciulli, i servi vincono il mondo con tutti i suoi amori, e con to i suoi terrori; e per qual mezzo si vince da noi il mondo, se non mediano la sede animata dalla carità? Così dimostra l'Apostolo, che non son gravosi i comandamenti di Dio, che non è dura, e penosa alla fede la fedele esecuo de' divini voleri. Ogni cristiano adunque considerando l'esempio de santi, dee dire a se stesso quello che diceva s. Agostino, quello che questi, e queste hanno potuto, perchè non io? Consess. lib. VIII. cap. XI.

5,5:Chi è che vince il mondo, se no, colui ec. Spiega in una maniera sommamente forte, quale sia quella fede vincitrice del mondo. Elia è quella fede viva, per cui l'uomo crede, che Gesù Cristo è vero, naturale Figliuolo di Dio, e lui abbraccia come suo mediatore, e salvatore, da cui la grazia o per vincere.

5,6:Questi è quegli che è venuto coll'acqua e col sangue, Gesù cristo ec. Gesù Cristo è quel salvatore, il quale secondo le predizioni de' profeti dovea venire a redimere gli uomini col suo sangue, e a mondarli coll'acqua nel santo battesimo. Egli è venuto non col solo esterior battesimo di acqua come il Batista, ma è venuto a vivificare le anime e coll'acqua battesimale e col sangue suo, dal quale l'acqua stessa riceve la virtù di mondarci dal peccato. Vedi Ezechiel. XXXVI.47., Zachar. XII. 13. Dimostra adunque l'Apostolo, che Gesù Cristo è il vero Messia, perchè egli ha adempiuti visibilmente questi oracoli de profeti. Ed allude in primo luogo a quell'acqua, ed a quel sangue onde il vecchio Testamento fu conservato da Mosè, sopra di che vedi Hebr.IX.19; e siccome l'acqua, ed il sangue molta parte avevano tra i riti del vecchio Testamento, così nel sangue sparso da Cristo sopra la croce, e nella istituzione della lavanda battesimale accenna l'Apostolo, essersi adempiute in Cristo le ombre, e figure dell'antica legge. In secondo luogo allude a quell'acqua o quel sangue, che uscirono dall'aperto costato di Gesù Cristo già morto, conforme descrive il nostro Apostolo nel suo Vangelo XIX. 54., per la qualcosa il significato, come in virtù del sangue, e della morte di Cristo sarebbono mondati dai loro peccati i fedeli nel battesimo per virtù del sangue del Salvatore. Tertulliano con qualche diversità espone questo passo dicendo, che venne con l'acqua, allorchè fu battezzato da Giovanni, col sangue allorchè patì, e soggiunge: quindi per far noi chiamati pell'acqua, eletti pel sangue ambedue questi battesimi mandò fuori dalla piaga dell'aperto suo fianco, perchè quelli che nel sangue di lui credessero, fosser mondati nell'acqua, e quelli che nell'acqua fosser lavati, il sangue ancora di lui bevessero nell'Eucaristia. De baptismo cap. XVI. Accenna Tertulliano il doppio battesimo di acqua, e di sangue, osservato in queste parole di s. Giovanni anche da s. Girolamo ep. 85., da s. Agostino de symbolo lib. 2., e da altri Padri.
E lo Spirito è quello che attesta, che Cristo è verità. Alla testimonianza del sangue, e dell'acqua aggiunge la testimonianza renduta a Cristo dallo Spirito santo, ed accenna o la discesa dello stesso Spirito in forma di colomba sopra lo stesso Cristo battezzato da Giovanni Matt. III. 16., ovvero la prodigiosa missione di esso sopra gli Apostoli, e sopra gli altri fedeli nel dì della Pentecoste; o finalmente la comunione dei doni del medesimo Spirito si comuni allora in tutta la Chiesa. Imperocchè in tutti questi modi lo Spirito del Signore rendette testimonianza a Gesù Cristo, e fece evidentemente conoscere, che Cristo è verità, verità essenziale, perchè egli è il Verbo di Dio, Figliuolo di Dio, e il vero Messia, che è quello che s. Giovanni vuol dimostrare contro gli eretici del suo tempo.

5,7:Tre sono, che rendono testimonianza in cielo, il Padre ec. Le grandi dispute, che sono state mosse intorno a questo passo, non appartengono al mio disegno. Mi contento di dire, che tutti i più antichi, e più accreditati MSS. greci, e latini, e tutte le edizioni del nuovo Testamento hanno questo versetto, quale egli sta nella Volgata, e nel greco comune. E quanto ai Padri della Chiesa o lo citano, o alludono manifestamente al medesimo, e s. Cipriano, e Tertulliano, e s. Atanasio, e Itacio, e Vittore di Utica, e s. Fulgenzio, e s. Girolamo, o chiunque siasi l'autore del prologo sopra l'epistole canoniche. Trovasi finalmente questo versetto nella celebre confessione di fede presentata l'anno 484 al Re Unnerico da Eugenio vescovo di Cartagine a nome di tutte le Chiese dell'Africa.
Il numero di tre testimoni è numero legale, e perfetto per provare la verità di una cosa. Dice adunque l'Apostolo, che tre sono i testimoni in cielo, i quali confermano, che Cristo è Figliuolo di Dio, e vero Messia. Questi tre testimoni sono tutte tre le persone dell'augustissima Trinità; il padre, il quale e nel battesimo del Giordano, e nella trasfigurazione sul monte lo dichiarò suo Figliuolo diletto. Matt. III. 17., XVII. 5.; lo Spirito santo, che discese prima sopra di lui in forma di colomba, e poi (secondo la promessa dello stesso Cristo ) fu mandato da lui sopra tutti i fedeli della Pentecoste; il Verbo finalmente, il quale e con la santità della sua dottrina, e co' miracoli, e con la gloriosa sua risurrezione dimostrò, come egli era Figliuolo di Dio, e il Messia predetto da profeti, e aspettato dalla sinagoga. Vedi Jo. VIII. 18., XVI. 14., dove gli stessi tre testimoni sono citati da Cristo. Questi tre testimoni sono una stessa cosa, perchè hanno una stessa essenza, e natura divina, e si uniscono tutti tre nel confermare la stessa verità.

5,8:E tre sono, che rendono testimonianza in terra, lo spirito ec. E tre altri testimoni in terra rappresentando (come dice s. Agostino ) quelli del cielo, cospirano a dimostrare, che Gesù Cristo è il vero Messia, e Dio. Per questi tre testimoni, cioè lo spirito, l'acqua e il sangue, s. Agostino con alcuni altri Padri intende le stesse persone della Trinità. Lo spirito giudica il Padre, perchè di lui disse Cristo: Iddio è spirito (Jo. 1v. 24. ) L'acqua significa lo Spirito santo significato pall'acqua viva (Jo. VII. 38. 59. ); finalmente il sangue dinota il Figliuolo, il quale ha presa la carne, ed il sangue dell'uomo nel venire al mondo. In un altro senso ciò espone il gran pontefice s. Leone, dicendo, che questi testimoni, i quali provano in terra la verità del divine essere di Cristo, sono lo spirito di santificazione, il sangue della redenzione, l'acqua del battesimo ep. X. 5. Alcuni finalmente seguendo il pensiere d'Innocenzo III., e di s. Tommaso (i quali dissero, che siccome i testimoni del cielo dimostrano, che Cristo è vero Dio, così quelli della terra dimostrano, ch'egli è vero uomo) per quest'acqua, e per questo sangue intendono l'acqua, ed il sangue uscito dal costato del Salvatore, e per lo spirito l'anima, che egli rendette sopra la croce, come sta scritto. Queste tre cose dimostrano, che Cristo è vero uomo, la qual cosa ha voluto stabilire l'Apostolo contro gli eretici del suo tempo neganti la verità dell'incarnazione.
E questi tre sono una sola cosa. Cospirano a provare una stessa verità, concordano in una medesima cosa. Tale è il senso del greco, il quale laddove alla fine del versetto 7. dice: e questi tre sono una sola cosa, in questo luogo poi porta, e questi tre sono ad una stessa cosa, ovvero per una stessa cosa.

5,9:Or questa è la testimonianza di Dio ec. Testimonianza superiore a qualunque umana testimonianza è quella renduta dal Padre Dio all'unico Figliuolo.

5,10:Chi crede nel Figliuolo di Dio, ha in se la testimonianza di Dio. Chi crede in Gesù Cristo Figliuolo di Dio, ha in se lo stesso Dio testimone di questa verità.
Chi non crede al Figliuolo, fa lui bugiardo: perchè ec. Chiunque dopo la dichiarazione del Padre, che disse, come Gesù Cristo è il suo Figliuolo di letto, non crede al Figliuolo, con Dio si porta, come se questi potesse esser mendace, non credendo a quello che egli ha detto del suo Figliuolo.

5,11-12:E la testimonianza è questa, che Dio ci ha dato la vita eterna ec. La testimonianza di Dio si riduce a questo, che dandoci il Figliuolo, ci ha dato la vita eterna, perchè questa vita nel Figliuolo risiede, come in autore, e principio di vita e in lui era la vita, Jo. 1. 5. Onde chi con fede, ed amore abbraccia Gesù Cristo Figliuolo di Dio, ha vita: chi del Figliuolo si priva, non credendo in esso, non può aver vita. Vedi Jo. III. 55.

5,13:Avete la vita eterna voi, che credete ec. Avete già in isperanza la vita eterna, come frutto della viva fede nel Figliuolo di Dio.

5,14:E questa è la fiducia, che abbiamo in lui: che ec. Un altro frutto della viva fede in Cristo, la fiducia di ottenere da Dio tutto quello che domandiamo a lui, perchè sia conforme alla volontà dello stesso Dio, e conduca alla gloria di Dio, e alla nostra santificazione.

5,15:E sappiamo, che ci esaudisce, qualunque cosa gli chieggiamo ec. Sapere è qui lo stesso, che aver fidanza, tenere per fermo. Viviamo in ferma speranza, che ci esaudirà, e ci darà qualunque cosa a lui domandiamo; e questa speranza si accresce anche in noi dal vedere, come ci esaudisce di continuo, concedendoci l'effetto delle nostre preghiere.

5,16:Chi sa, che il proprio fratello pecca di peccato, che non mena a morte ec. Non solamente colui, che crede, otterrà da Dio quello che domanderà per se stesso, e pella sua eterna salute, ma di più otterrà la vita al fratello, che pecca, purchè il peccato di questo non sia tal peccato, che meni alla morte eterna. Molti interpreti con s. Agostino, e s. Gregorio per questo peccato, che mena alla morte, intendono il peccato, in cui l'uomo ostinata mente persevera e s'indura. Altri Padri intendono l'apostasia, e la infedeltà. Se nella grandissima diversità di opinioni fosse necessario l'eleggerne una, crederei, che per questo peccato s'intenda l'apostasia, viene a dire, la deserzione dell'uomo fedele, il quale abbandonando Cristo, e la Chiesa, nell'eresia precipiti, o nel culto degl'idoli. Per un fratello, che in tal peccato trabocchi, non proibisce assolutamente s. Giovanni di far orazione a Dio, affinchè lo richiami a penitenza, e di fatto la Chiesa non lascia di pregare solennemente per gli eretici e scismatici, come si vede dalla messa del venerdì santo: ma non osando di promettere, che tali preghiere siano esaudite, non si arrischia a dire, che si facciano. Vedi Bellarmino de poenit. lib. 2. cap. XXVI. Il peccato dell'apostasia può giustamente essere stato chiamato da s. Giovanni peccato, che mena a morte, perchè questi sovente inculca, che Gesù Cristo è la vita per quelli che credono in lui; la separazione adunque da Cristo, e dal corpo di Cristo, che è la Chiesa, è un peccato, che direttamente conduce a morte.

5,17:Ogni iniquità è peccato ec. Ogni trasgressione della legge, ogni ingiustizia è peccato; ma non ogni peccato è tal peccato, che meni addirittura a morte; v'ha un peccato, che confina, per così dir, colla morte.

5,18:Chiunque è nato di Dio, non pecca; ma la divina generazione lo custodisce. Frutto della rigenerazione conseguita per Gesù Cristo si è, che il Cristiano divenuto figliuolo adottivo di Dio si tien lontano mediante l'ajuto della grazia dai peccati almeno gravi e mortali; imperocchè la grazia della rigenerazione lo custodisce dagli assalti del maligno spirito, il quale non potrà nuocergli. Vedi cap. III. 6. 9.

5,19:Sappiamo, che siamo da Dio: e tutto il mondo ec. Rallegriamoci, perchè siamo divenuti per grazia figliuoli di Dio, mentre tutti gli uomini, a quali non è toccata si bella sorte, nati sotto il peccato, e viziati nella stessa loro origine, sono immersi nel male, e gemono sotto la tirannia del demonio. Vedi Ambros. apolog. David. cap. 11., Ecumenio, Beda ec. Il mondo diviso da Cristo è come un mare di scelleraggini:la maldicenza, e la bugia, e l'omicidio, e il furto, e l'adulterio inondaron la terra, e il sangue toccò il sangue, dice Osea IV. 2. La voce maligno più ordinariamente nel nuovo Testamento significa il diavolo, come nel versetto precedente; talora significa il male, o sia il peccate, e l'iniquità. Il senso non varia gran fatto, in qualunque modo prendasi questa voce. Imparocchè vuole l'Apostolo risvegliare la gratitudine, e l'amor de' fedeli col riflesso de beni, che hanno ricevuti da Gesù Cristo, il quale dalla corruzione del mondo, e dalle tenebre, in cui questo si giace, per sua misericordia chiamogli al regno della giustizia, e della santità.

5,21:Figliuolini, guardatevi da simulacri. I fedeli convertiti vivendo tra gl'idolatri amici, parenti ec., era molto da temere, che non si lasciassero andare talvolta a qualche atto esteriore, che avesse relazione al culto degl'idoli. Vedi la prima ai Corinti VIII. 1. 2. 7. 10. X. 7. 14. 19. 28.
Così sia. Nelle antiche versioni non è la voce amen, come pure in molti antichi MSS., e probabilmente ella è stata aggiunta, come ad altre lettere apostoliche, dalla consuetudine delle Chiese di finire con questa acclamazione la lettura di esse lettere, come si è detto altra volta.