Scrutatio

Sabato, 20 aprile 2024 - Beata Chiara Bosatta ( Letture di oggi)

Giona 4


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Giona afflitto, perchè la sua profezia contro Ninive non era adempiuta, il brama la morte; ma è ripreso dal Signore, il quale gli fa conoscere, come la sua indegnazione è ingiusta, mentre avea dispiacere dell'ellera inaridita, e poi non volea, che Dio perdonasse a Ninive città grandissima, dove erano cento venti mila anime, che non aveano peccato.

1Ma Giona si afflisse molto, e n'ebbe dispetto:2E fece orazione al Signore, e disse: Dimmi, ti prego, o Signore, non è egli questo quello, che io diceva, quando era ancora nel mio paese? E per questo mi affrettai a fuggire a Tharsis. Perocché io so, che tu se' un Dio clemente, e misericordioso, e paziente, e molto compassionevole, e che perdoni il mal fare.3Or tu, Signore, ripigliati di grazia l'anima mia, perchè è meglio per me il morire, che il vivere.4E il Signore disse: Credi tu di aver ragione d'indispettirti?5E Giona si parti dalla città, e si pose a sedere da levante della città, ed ivi si formò un frascato, e stava al coperto sotto di esso, per istare a vedere quel, che avvenisse alla città.6E il Signore Dio avea preparato un'ellera, la quale si alzò a coprire la testa di Giona, e a fargli ombra, e custodirlo (perocché egli era scalmanato.) E fece grandissimo piacere a Giona quell'ellera.7E il Signore alla punta del dì seguente mandò un vermicciuolo, che punse l'ellera, ed ella si seccò.8E nato che fu il sole, il Signore ordinò, che si levasse un vento caldo, che abbruciava: e il sole batteva sui capo di Giona, ed ei veniva meno, e si desiderava la morte, e disse: E' meglio per me il morire, che il vivere.9Ma il Signore disse a Giona: Credi tu di aver ragione di disgustarti per ragion di quell ellera? E quegli disse: Mai si, che io son disgustato fino alla morte.10E il Signore disse: Tu t'inquieti per l'ellera, per cui non hai avuto fatica alcuna, né la hai fatta crescere, ed è nata in una notte, e in una notte se n'è andata.11E io non avrò compassione di Ninive città grande, nella quale sono più di cento venti mila uomini, i quali non sanno discernere dalla mano destra, e la sinistra, e gran numero di giumenti?

Note:

4,1:Si afflisse molto, e n'ebbe dispetto. Il vedere, come passati i quaranta giorni, il Signore non gastigava i Niniviti secondo la minaccia fatta per bocca di lui dallo stesso Dio, e il timore di essere da lì in poi creduto un falso Profeta, lo fa restar confuso, e afflitto. Tale è la ragione della tristezza del Profeta, secondo un gran numero di Interpreti. S. Girolamo però crede piuttosto, che Giona vedendosi mandato da Dio a predicare la penitenza a' Gentili nel tempo, che il popolo del Signore era immerso nei suoi peccati, e nella idolatria, e vedendo come alla sua predicazione gli stessi Gentili aveano abbracciata la penitenza, e meritata la misericordia, si persuase, che fosse già venuto il tempo, in cui si adempiesse la profezia di Mosè, riguardo a Israele: Eglino mi provocarono per amore di uno, che Dio non era ... e io li provocherò a invidia per mezzo di un popolo, che non è popolo, Deuter. XXXII. 21.; e veggendo ridotta già a Dio tal moltitudine di Gentili, disperò della salute di Israele, e da acerbo dolore fu preso, e quasi condotto fino alle agonie della morte, quasi dicendo al Signore: Ecco quel ch'io temeva, ecco, che io tra tanti profeti tuoi sono stato eletto, e destinato da te ad annunziare nella altrui conversione e salute il rigettamento, e la perdizione del popol mio. Nè dee far meraviglia il vedere per tal ragione abbattuto, e attristato altamente il Profeta; mentre lo stesso Cristo pianse pella stessa ragione sopra Gerusalemme, e Paolo bramò di essere anatema pe' suoi fratelli. Vedi Luc. XIX. 4I. Rom. IX.3. Si duole adunque il Profeta non della salvazione de' Niniviti, ma della rovina di Israele ch'ei crede già abbandonato da Dio, mentre alla grazia della conversione sono chiamate le genti. Questa sposizione, la quale ancora da ogni ombra d'indiscreto zelo assolve Giona, mi sembra assai probabile, e la sola autorità di un tal maestro, qual è s. Girolamo, mi indurrebbe a darle la preferenza. Contuttociò non lascerò di dire per l'una, e per l'altra parte quello, che può con venire all'intelligenza del rimanente della profezia.

4,2:Io so che tu se' un Dio clemente, ec. Prevedeva ben io, che per grandi che fossero le scelleraggini dei Niniviti, subito che avessero cominciato a pentirsi, e a far penitenza, tu ti saresti placato, perchè in te la misericordia prevale.

4,4:Credi tu di aver ragione ec. Notò s. Girolamo, che il Profeta non risponde a questa interrogazione del Signore, e col suo silenzio la approva, perchè conoscendo la clemenza del Signore, non dovea egli attristarsi della misericordia usata da Dio verso i Niniviti.

4,5:Si parti dalta città. Dopo avervi predicato per un numero di giorni: ma parti prima che fosser finiti i quaranta giorni, mentre si dice, che fuori della città stava a vedere quel che di lei avvenisse.

4,6:Avea preparato un'ellera, ec. S. Girolamo tradusse un'ellera a imitazione degli Interpreti Greci anteriori a lui, i quali nella stessa guisa avean translatata la voce Ebrea kikaion, non perchè ignorassero, che questa voce non significava un'ellera, ma perchè non aveano altra voce propria da sostituire, per essere quella una pianta non conosciuta nè da' Greci, nè da' Latini. I LXX in vece di ellera avean messo una zucca, e così leggevasi nell'antica versione Italica tratta da quelli. Or avvenne, che portata nell'Affrica la nuova traduzione de' profeti fatta da s. Girolamo, ed avendo questa incontrato il genio di molti, un Vescovo di quella provincia, facendo leggere nelle adunanze della chiesa questa versione, allorchè il lettore a questo passo di Giona lesse ellera, dove prima leggevasi zuc ca, il popol tutto si mosse a romore per ragione della nuova voce sostituita all'antica, ed essendosi consultati alcuni Ebrei, e questi o per malizia, o per ignoranza, avendo detto, che l'antica versione era la vera, fu necessario di tornare all'antica lezione, se il Vescovo non volle vedersi abbandonato dal suo gregge. Tale era in certi tempi non solo la cognizione, che aveano i semplici fedeli della parola di Dio, ma ancora la religiosa sollecitudine di vederne conservata nelle cose anche men gravi tutta la integrità. Questo fatto è molto più amplamente descritto da s. Agostino in una lettera allo stesso s. Girolamo, Ep.LXXV. Oggigiorno si crede da' dotti, che l'arbusto, di cui si parla, sia quello, che chiamasi in Levante Palma Christi, ovvero ricino.

4,9-11:Mai si, ch'io son disgustato fino alla morte. Seguitando la seconda sposizione già indicata, noi diremo con s. Girolamo, che il Profeta rappresentando la sua nazione dice a Dio: Ben ho io ragione di attristarmi in veggendo, come nissun'ombra di protezione, e di conforto mi resta, perchè tutto mi si toglie da te: ben ho ragione di attristarmi sino alla morte, mentre se mandato da te io venni a procurare la salute dei Niniviti, io non volli però, che altri nella loro salvazione perissero, nè volli guadagnare gli stranieri colla condizione, che i miei fratelli venissero a perdersi.
Secondo l'altra sposizione il Profeta afflitto, perchè vede salvati i Niniviti, e non verificate le sue minacce, si inquieta ancor più, perchè nella sua afflizione Iddio gli toglie quel piccolo refrigerio, ch'ei trovava all'ombra di quella pianta. E Dio dal disgusto, che egli prova per veder secca la stessa pianta, sopra la quale egli avea sì poche ragioni, e che era per se medesima di pochissimo pregio, da questo stesso vuole Dio, che il Profeta argomenti, se il Creatore, e Signore misericordiosissimo di tutti gli uomini dovesse senza dispiacere, e dolore indursi a distruggere una gran città, nella quale erano cento venti mila persone, che non sapevano ancor discernere tralla destra mano, e la sinistra, cioè erano ancor privi, per la loro tenera età, dell'uso della ragione.
Ma le querele del Profeta rappresentano le querele, e la gelosia di Israele contro il popolo de' Gentili; onde dice l'Apostolo, che gli Ebrei eran nemici al Vangelo per cagion degli stessi Gentili, non potendo patire, che senza circoncisione, senza le opere della legge, si aprisse a quegli la porta della chiesa, e non solo si agguagliassero ai figliuoli di Abramo, ma andassero avanti nel regno di Dio coloro, a' quali non era dato da essi quasi altro nome, se non quello di peccatori. E le querele, e la tristezza dell'Ebreo carnale crebber a dismisura, allorchè quella debil pianta, all'ombra della quale trovava egli tuttora qualche conforto, voglio dire le cerimonie, e i sacrifizi legali gli furon tolti; e distrutto il tempio, e perduto il sacerdozio, si restò l'infelice popolo in uno stato di desolazione, e di disperazione. Ma con ragione può dire a lui il Signore: È egli giusto, che sia cattivo il tuo occhio, perch'io son buono, e fo misericordia al popolo grande delle nazioni convertite, quando la ostinata durezza di Israele ha rigettata la grazia del mio Vangelo? Vedi Matt. XX.