Scrutatio

Sabato, 20 aprile 2024 - Beata Chiara Bosatta ( Letture di oggi)

Lettera ai Filippesi 3


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Niuno può farsi gloria delle osservanze legali; imperocché ciò massimamente converrebbe a Paolo, il quale tali cose ha stimate tutte un discapito per conseguire la giustizia di Dio per la fede in Cristo, sempre avanzandosi per giugnere finalmente alla perfezione; laonde esorta i Filippesi, che se stesso imitino, e non gl'insolenti nemici della croce di Cristo.

1Del rimanente, fratelli miei, state allegri nel Signore. Non rincresce a me, ed è necessario per voi, che io vi scriva le stesse cose.2Guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi dal taglio.3Imperocché i circoncisi siam noi, che serviamo a Dio in Ispirito, e ci gloriamo in Cristo Gesù, e non ponghiamo fiducia nella carne:4Quantunque io abbia onde confidare anche nella carne. Se alcun altro vuoi confidar nella carne, maggiormente io,5Circonciso l'ottavo giorno, Israelita di nazione, della tribù di Beniamin, Ebreo (nato) di Ebrei, secondo la legge Fariseo,6Quanto allo zelo, persecutor della Chiesa di Dio, quanto alla giustizia consistente nella legge, irreprensibile.7Ma quegli, che erano i miei guadagni, gli stimai a causa di Cristo mie perdite.8Anzi io giudico, che le cose tutte siano perdita rispetto all'eminente cognizione di Gesù Cristo mio Signore: per causa di cui ho giudicato un discapito tutte le cose, e le stimo come spazzatura per fare acquisto di Cristo,9Ed essere trovato in lui, non avendola mia giustizia, che vien dalla legge, ma quella, che vien dalla fede di Cristo Gesù: giustizia, che viene da Dio (che posa) sopra la fede,10Affin di conoscer lui, e l'efficacia della sua risurrezione, e la partecipazione de' suoi patimenti, conformatomi alla morte di lui:11Se in qualche modo giunga io alla risurrezione da morte:12Non che io già tutto abbia conseguito, o che io sia già perfetto: ma tengo dietro a studiarmi di prendere quella cosa, per cui io pure fui preso da Cristo Gesù.13Io, fratelli, non mi credo di aver toccata la meta. Ma questo solo, che dimentico di quel, che ho dietro le spalle, verso le cose stendendomi, che mi stanno davanti,14Mi avanzo verso il segno, verso il premio della superna vocazione di Dio, in Cristo Gesù.15Quanti adunque siamo perfetti, pensiamo in tal guisa: e se in alcuna cosa pensate altrimenti, anche in questo Dio vi illuminerà.16Quanto però a quello, a che siam già arrivati, tenghiamo gli stessi sentimenti; e perseveriamo nella stessa regola.17Siate miei imitatori, o fratelli, e ponete mente a quegli, che camminano secondo il modello, che avete in noi.18Imperocché molti, de' quali spesse volte vi ho parlato (e ve ne parlo anche adesso con lagrime) si diportano da nemici della croce di Cristo:19La fine de' quali è la perdizione: il Dio de' quali è il ventre: i quali della propria confusione fan gloria, attaccati alle cose della terra.20Ma noi siam cittadini del cielo: donde pur aspettiamo il Salvatore, il Signor nostro Gesù Cristo,21Il quale trasformerà il corpo di nostra vilezza, perché sia conforme al corpo della sua gloria, per quella potenza, con la quale può ancor soggettare a se tutte le cose.

Note:

3,1:Del rimanente ... state allegri nel Signore. Consola i Filippesi afflitti per la sua prigionia, e per la malattia di Epafrodito. Avendo adunque detto loro, come ed Epafrodito rimesso in salute tornava a rivedergli, e come egli sperava di esser ben tosto in libertà per far lo stesso, conclude con dire, che stiano sempre allegri per la confidenza in Cristo autore di tutti i beni, che è quel gaudio santo del cuore, che ben si conviene a' cristiani.
E' necessario per voi, che io vi scriva le stesse cose. Non è a me di peso, o di noia lo scrivervi per lettera quelle stesse cose, che vi ho dette più volte a bocca, perchè questo è necessario per confermare la vostra fede, e rendervi cauti ne' pericoli. Queste parole riguardano gli avvertimenti che seguono.

3,2:Guardatevi da' cani, guardatevi ec. Gli esorta fortemente a guardarsi da' falsi apostoli. Questi venuti dal giudaismo alla fede, volevano al solito congiungere col cristianesimo la circoncisione, e le cerimonie legali (vedi la lettera a' Galati). Paolo gli chiama cani, probabilmente alludendo al celebre detto de' proverbi XXVI. II, il cane che torna al vomito; imperocchè costoro ritornati al giudai smo, cercavano di trarvi anche altri; ovvero così gli chiama per esprimere la loro impudenza, e voracità, e avarizia. Gli chiama ancora cattivi operai, perchè pervertivano il Vangelo di Cristo, del qual Vangelo si vantavano di essere ministri, e predicatori.
Guardatevi dal taglio. Non dice circoncisione, ma taglio, per disprezzo, dimostrando, che quel rito, il quale nella vecchia legge era di tanta importanza, non è adesso nella nuova legge, e dopo la vera circoncisione del cuore in trodotta da Cristo, se non un taglio inutile,e di niun valore.

3,3:I circoncisi siam noi, ec. La vera circoncisione è quella del cuore, per cui i pravi affetti recidonsi, e le disordinate passioni, onde sta scritto: circoncidete i vostri cuori, Jerem. V.4. I veri circoncisi adunque siam noi, i quali a Dio serviamo non per gli esterni riti, ma secondo lo Spirito di Dio, che i cuori purifica, e di santo amor gli riempie per camminare con soavità e prontezza nella via de' divini comandamenti. Noi, i quali riconosciamo tutti i beni, e la virtù, e la pietà, e la speranza delle eterne promesse da Cristo, e non dalle cerimonie carnali, o dalla circoncisione della carne.

3,4-6:Quantunque io abbia onde confidare ec. Nè io così ragiono, perchè, come suol talora avvenire, quello disprezzi, che io non ho. Imperocchè se tali cose fosser materia, od argomento di gloria, o di fiducia, avre' io ragione e di gloriarmi e di aver fidanza quanto chicchessia, e ancor di vantaggio: io circonciso l'ottavo giorno come Isacco, e come i posteri d'Isacco: io Ebreo di Ebrei, non ammesso tra questi per grazia come proselito, come gli Ismaeliti, e gl'Idumei, ma per nascita, e per ragione di sangue, Israelita, cioè discendente di Giacobbe; io della nobile tribù di Beniamin, dalla quale fu preso il primo re d'Israello, tribù strettamente congiunta con quella di Giuda; io quanto all'osservanza della legge, Fariseo di professione e di setta, quanto all'amore e zelo della legge, violento persecutor della Chiesa; io finalmente secondo il gius, e le regole, e le prescrizioni legali assolutamente tale da non poter essere in alcuna anche minima cosa biasimato, o ripreso. Ecco quello che io era sotto la legge; di altrettanto si vantino i falsi apostoli miei avversari.

3,7: Ma quelli, che erano i miei guadagni, ec. Ma queste eccellenze, le quali secondo la opinione mia, e degli altri uomini erano considerate come cose utili per la salute, io le ho stimate rispetto a Cristo non solo inutili, ma dannose, come quelle che mi trattenevano dal ricevere la verità, e la salute da Cristo.

3,8:Anzi io giudico, che le cose tutte siano perdita ec. Nè solo queste, ma anche tutte le altre cose del mondo e tutti i beni di esso, e la stessa vita io credo essere un discapito in comparazione della salutare sublimissima, ed efficacissima cognizione di Cristo, come Signore, e sal vator mio, per amor del quale tutte queste cose ho riputato che fossero per me un discapito, mentre per esse trascurava le ricchezze di Cristo, e come le più vili cose io le rigetto per entrare a parte dei beni meritati agli uomini da Cristo. La giustizia legale è comparata in questo luogo alle cose più vili dall'Apostolo, come già da Isaia LXIV., per riguardo a quelli Ebrei, che facevano le opere della legge senza la fede in Cristo, e in tali opere ponevano la loro fidanza, persuasi di aver per la sola legge la vera giustizia; opinione falsa e superba, la quale infettava le loro opere. Vedi la lettera a' Romani.

3,9:Ed essere trovato in lui, non avendo la mia giustizia, ec. Notisi, che esser trovato è un ebraismo, che vuol dire essere. Continua il ragionamento del verso precedente. Io stimo un nulla tutte le cose, e le rigetto per fare acquisto di Cristo, ed essere in Cristo, come il tralcio nella vite, mediante la giustizia, non quella mia antica pretesa giustizia, effetto delle mie proprie forze, e della nuda lettera della legge, ma mediante quella giustizia, che provien dalla fede in Cristo Gesù, giustizia, che vien da Dio, perchè egli è, che la opera in noi, ed ella posa sopra la fede, vale a dire, ha per fondamento la fede. Rom. III. 21. 22., X. 3., Chrisost. ed altri.

3,10:Affin di conoscer lui, e l'efficacia ec. Ha descritto di sopra e la maniera, onde si acquista la giustizia cristiana, e l'autore di essa; viene adesso a descriverne i frutti, e per tal modo fa anche conoscere quel che egli abbia guadagnato coll'abbandono del giudaismo. Il frutto adunque si è di conoscere in primo luogo non solo per la luce imprestataci dalla fede, ma anche col fatto, e con la propria esperienza quel che sia Gesù Cristo particolarmente riguardo a noi, vale a dire, come egli è l'autore, e consumatore della nostra fede, il Salvatore nostro e mediatore: in secondo luogo di conoscere la virtù della risurrezione di lui, la quale è modello della nostra risurrezione. Vedi Rom. VI. 4., Ephes. II. 10.: in terzo luogo di conoscere la maniera di imitarlo, la quale consiste nella partecipazione de' patimenti di Cristo, e nel portare nel nostro corpo la mortificazione di Gesù Cristo, per la quale alla passione e morte di lui ci rendiamo conformi.

3,11:Se in qualche modo giunga io ec. Questa maniera di parlare indica la grandezza, e la difficoltà dell'impresa, e il desiderio ardente di giungere, e di giunger tosto a quel termine. Per tali vie (dice egli ) io mi incammino verso la beata risurrezione, dopo la quale nè la morte, nè alcun male avrà più luogo.

3,12:Non che io già tutto abbia conseguito, ec. Affinchè ninno creda, che egli si arroghi di essere già degno della risurrezione, e della immortalità beata, per questo dice: non è già, che io mi pensi di aver ricevuto tutta quella perfetta cognizione di Cristo, di cui ho di sopra parlato, o di essere talmente perfetto nella imitazione di Cristo, che nulla mi manchi per ricevere il premio, ma fo ben io tutti i miei sforzi per prendere quell'altezza di perfezione, alla quale perchè io giungessi, fui preso, e tratto da Gesù Cristo, allora quando fuggitivo ed errante andava lontano da lui.

3,13-14:Io, fratelli, non mi credo ec. Con quest'apostrofe ai Filippesi vuole ispirar loro col proprio esempio l'amore della umiltà. Io da tanto tempo Apostolo di Gesù Cristo non mi credo sicuro di essere giunto a quel segno di perfezione, a cui pur aspiro; questo solo io so, che posto in dimenticanza (come di poco pregio) quello che ho fatto, e sofferto nella età precedente, non badando a quello spazio, che ho già trapassato della mia corsa, allungando il passo, e con tutto lo sforzo stendendomi a quello che mi resta ancora da correre, verso il segno mi avanzo, e verso la palma, a cui ci ha Dio chiamati dal cielo per Gesù Cristo, cioè mediante la fede di Cristo, e i meriti di Cristo. I tre precedenti versetti battono tutti sopra una continua bellissima comparazione della vita cristiana con la corsa, uno de' giuochi ossia de' certani tanto celebri nella Grecia, e con somma grazia ed eleganza fa uso l'Apostolo delle voci proprie di questo giuoco, come hanno osservato gl'Interpreti. Ma quello che più importa, si è di trarre da tutto ciò l'utile gravissimo documento, che egli ebbe in mira. Colui, che corre nello stadio, non solo non si arresta giammai, nè indietro riguarda lo spazio percorso, ma tutto il suo studio, e tutto l'animo ha rivolto a trapassare i competitori, e gli occhi di lui non altro veggono, che il segno e il fine della corsa, e il premio destinato pel vincitore. Impariam da coloro, i quali, come altrove dice l'Apostolo, per una corruttibil corona combattono, con quale impegno, e costanza dobbiamo combatter noi per una corona infinitamente piu' nobile e incorruttibile. Qualunque cosa abbia già fatto l'uomo per meritarla, egli dee pensare ad ogni momento di essere come sul bel principio della sua corsa; dee ad imitazione dell'Apostolo porre ogni studio per avanzarsi alla perfezione; perchè nella via della salute il non andar avanti e lo stesso che retrocedere: dee avere continuamente davanti agli occhi quel termine beato, cui non si giunge, se non per mezzo della perseveranza, alla quale il premio eterno è promesso.

3,15:Quanti adunque siamo perfetti, pensiamo in tal guisa: e se in alcuna cosa ec. Noi tutti adunque i quali nella cognizione delle cose divine andiamo innanzi agli altri, riconosciamo tutti, che non siamo ancora arrivati a quel segno, cui fa d'uopo di giungere, come ho detto, e che a questo dobbiam con ogni sforzo tendere continuamente: che se alcuno per disgrazia altrimenti pensasse, e si credesse già al termine della perfezione, io confido, che Dio non permetterà ch'egli resti nel suo errore, ma con interna luce gli farà conoscere anche in questo la verità.

3,16:Quanto però a quello, a che siam già arrivati, tenghiamo gli stessi sentimenti; ec. Riguardo poi a quelle cose, le quali con lume di fede abbiamo già conosciute, si tengano da tutti noi i medesimi sentimenti; non si abbandoni la comune regola della fede. Ha in mira quello che di sopra insegnò contro i Cristiani giudaizzanti.

3,18:Nemici della croce di Cristo. Nemici della croce di Cristo erano coloro i quali insegnavano che non vi fosse salute senza la legge.

3,19:Della propria confusione fan gloria, ec. Si glorian di quello onde dovrebbero vergognarsi, nè di altro si dan pensiero, che della vita presente, de' beni della terra e de' piaceri e della gloria del secolo.

3,20:Ma noi siam cittadini del cielo: ec. E perciò non alle cose terrene pensiamo, ma alle celesti: queste cerchiamo, queste di continuo abbiam nella mente, e nel cuore. Il cristianesimo è professione di vita celeste. Siamo quaggiu come ospiti, e pellegrini. La nostra patria è il cielo, donde aspettiamo colui, il quale verrà un giorno a trasformare il corpo nostro vile ed abbietto in un corpo incorruttibile, esente dalle miserie, ed infermità, alle quali siamo soggetti nella vita presente, in un corpo simile al suo proprio corpo glorioso; e ciò Cristo farà con quella stessa potenza, con cui soggetterà a sè tutte le cose, vale a dire, con la sua divina potenza.