Scrutatio

Domenica, 28 aprile 2024 - San Luigi Maria Grignion da Montfort ( Letture di oggi)

Secondo libro dei Maccabei 4


font
BIBBIA CEI 1974BIBBIA MARTINI
1 Il suddetto Simone, che si era fatto delatore dei beni e della patria, diffamava Onia, come se avesse percosso Eliodòro e fosse stato l'organizzatore dei disordini;1 Ma il già detto Simone, che aveva in danno della patria dato l'indizio di quel tesoro, parlava male di Onia, come se egli avesse istigato Eliodoro a far tali cose, e fosse egli stato la cagione del male:
2 osava definire nemico della cosa pubblica il benefattore della città, il protettore dei cittadini, il difensore delle leggi.2 E al protettore della città, al difensore della nazione, allo zelator della legge divina ardiva di apporre, che macchinasse contro del regno.
3 L'odio era giunto a tal punto che si compirono delle uccisioni da parte di uno dei gregari di Simone;3 Ma avanzandosi i dissapori fino a tal segno, che da alcuni degli amici di Simone si facevano delle uccisioni,
4 allora Onia, vedendo l'aggravarsi dell'invidia e accorgendosi che Apollonio figlio di Menèsteo, stratega della Celesira e della Fenicia, aizzava la perfidia di Simone,4 Considerando Onia i pericoli della discordia, e come Apollonio governatore della Celesiria, e della Fenicia colla sua imprudenza attizzava la malvagità di Simone, si portò dal re:
5 si recò dal re, non per far la parte di accusatore dei suoi concittadini, ma per provvedere al bene comune del popolo e di ciascuno in particolare.5 Non come accusatore de' suoi con cittadini, ma riflettendo dentro di se a quello, che alla comune utilità di tutto il popolo si conveniva.
6 Vedeva infatti che senza un provvedimento del re era impossibile ristabilire la pace nella vita pubblica e che Simone non avrebbe messo freno alla sua pazzia.
6 Perocché egli vedeva, che sènza la previdenza del re non era possibile di rimettere le cose in calma, nè che Simone ponesse fine alle sue avventaggini.
7 Ma, Selèuco essendo passato all'altra vita e avendo preso le redini del governo Antioco chiamato anche Epìfane, Giàsone, fratello di Onia, volle procurarsi con la corruzione il sommo sacerdozio7 Ma morto Seleuco, essendo a lui succeduto Antioco soprannominato Epifane, Giasone fratello di Onia ambiva il ponteficato:
8 e, in un incontro con il re, gli promise trecentosessanta talenti d'argento e altri ottanta talenti riscossi con un'altra entrata.8 E ito a trovare il re gli promise trecento sessanta talenti, e altri ottanta talenti per altri titoli,
9 Oltre a questi prometteva di versargli altri centocinquanta talenti, se gli fosse stato concesso di stabilire di sua autorità una palestra e un campo d'addestramento e di erigere una corporazione d'Antiocheni a Gerusalemme.9 E oltre a ciò altri cento cinquanta ne prometteva per la permissione di fondare un ginnasio, e un efebio, e per dare a quei di Gerusalemme la cittadinanza di Antiochia.
10 Avendo il re acconsentito, egli, ottenuto il potere, si diede subito a trasformare i suoi connazionali secondo i costumi greci,10 La qual cosa essendo a lui conceduta dal re, e avendo egli conseguito il principato, cominciò subito a far prendere a' suoi nazionali i costumi gentileschi:
11 annullando i favori concessi dal re ai Giudei, ad opera di Giovanni, padre di quell'Eupolemo che aveva guidato l'ambasciata presso i Romani per negoziare il patto d'amicizia e di alleanza, e sradicando le leggi cittadine inaugurò usanze perverse.11 E tolta via la maniera di vivere approvata dalla umanità dei re in favor de' Giudei, mediante gli ufficj di Giovanni padre di Eupolemo (il quale fu poi mandato pubblico Ambasciadore a Roma a rinnovare la confederazione, e l'amicizia) egli distruggendo i diritti de' cittadini stabiliva leggi perverse.
12 Fu subito zelante nel costruire una palestra, proprio ai piedi dell'acròpoli, e nell'indurre i giovani più distinti a portare il pètaso.12 Imperocché ebbe ardimento di fondare sotto la stessa cittadella un ginnasio, e di mettere ne' lupanari il fior della gioventù.
13 Così era raggiunto il colmo dell'ellenizzazione e la diserzione verso i costumi stranieri per l'eccessiva corruzione dell'empio e falso sommo sacerdote Giàsone.13 Ed era questo non un principio, ma un avanzamento, e progresso della maniera di vivere gentilesca, e straniera introdotta con infame, e inaudita malvagità dal non sacerdote, ma empio Giasone:
14 Perciò i sacerdoti non erano più premurosi del servizio all'altare, ma, disprezzando il tempio e trascurando i sacrifici, si affrettarono a partecipare agli spettacoli contrari alla legge nella palestra, appena dato il segnale del lancio del disco.14 Onde avvenne, che i sacerdoti non erano più intenti al ministero dell'altare, ma disprezzato il tempio, e messi in non cale i sagrifizj, correvano alla palestra, e ai premj indegni, e ad esercitarsi al disco.
15 Così tenendo in poco conto le glorie patrie stimavano nobilissime le glorie elleniche.15 E non facendo verun conto di quel, che era in pregio tra i padri loro, migliori stimavano le glorie della Grecia:
16 Ma appunto a causa di queste li sorprese una grave situazione e si ebbero quali avversari e punitori proprio coloro le cui istituzioni seguivano con zelo e a cui cercavano di rassomigliare in tutto.16 Delle quali l'acquisto si disputavan tra loro non senza pericolo, e le usanze di quelli emulavano, e a quelli volevano in tutto esser simili, i quali erano stati loro nemici, e distruttori.
17 Non è cosa che resti impunita il comportarsi empiamente contro le leggi divine, come dimostrerà chiaramente il successivo periodo di tempo.
17 Imperocché non rimane senza gastigo l'operare empiamente contro le leggi divine: ma ciò verrà in chiaro ne' tempi che sieguono.
18 Celebrandosi in Tiro i giochi quinquennali con l'intervento del re,18 Ma celebrandosi a Tiro i giuochi quinquennali, ed essendovi presente il re,
19 l'empio Giàsone inviò come rappresentanti alcuni Antiocheni di Gerusalemme, i quali portavano con sé trecento dramme d'argento per il sacrifico a Ercole; ma questi portatori ritennero non conveniente usarle per il sacrifico, bensì impiegarle per altra spesa.19 Mandò il facinoroso Giasone da Gerusalemme uomini perversi a portare trecento di dramme d'argento pel sagrifizio d'Ercole; ma quelli, che le portavano chiesero, che non si spendessero pè sagrifizj, perché ciò non era conveniente, ma si impiegassero in altri usi.
20 Così il denaro destinato al sacrificio a Ercole da parte del mandante, servì, grazie ai portatori, per la costruzione delle triremi.
20 Onde veramente dal donatore furono offerte pel sagrifizio di Ercole; ma in grazia dei latori furono impiegate nella fabbrica delle triremi.
21 Antioco, avendo mandato Apollonio, figlio di Menèsteo, in Egitto per l'intronizzazione del re Filomètore, venne a sapere che costui era diventato contrario al suo governo e quindi si preoccupò della sua sicurezza. Perciò si recò a Giaffa, poi mosse alla volta di Gerusalemme.21 Ma Antioco avendo spedito in Egitto Apollonio figliuolo di Mnesteo a trattare co' grandi della corte del re Tolomeo Filometore, vergendo come era stato escluso dagli affari di quel regno, pensando a' proprj vantaggi, si parti di là, e andò a Joppe, e indi a Gerusalemme.
22 Fu accolto da Giàsone e dalla città con dimostrazioni magnifiche e introdotto con corteo di fiaccole e acclamazioni. Così riprese la marcia militare verso la Fenicia.
22 E accolto grandiosamente da Giasone, e dalla città, vi entrò a lumi accesi, in mezzo ai canti; e indi tornò coll'esercito nella Fenicia.
23 Tre anni dopo, Giàsone mandò Menelao, fratello del già menzionato Simone, a portare al re denaro e a presentargli un memoriale su alcuni affari importanti.23 Tre anni dopo Giasone mandò Menelao fratello del mentovato Simone a portar denari al re, e riportarne gli ordini sopra altari di importanza.
24 Ma quello, fattosi presentare al re e avendolo ossequiato con un portamento da persona autorevole, si accaparrò il sommo sacerdozio, superando l'offerta di Giàsone di trecento talenti d'argento.24 Ma quegli acquistatosi il favore del re coll'esaltare la sua potenza tirò a se il sommo Sacerdozio, dando trecento talenti d'argento più di Giasone.
25 Munito delle disposizioni del re, si presentò di ritorno, non avendo con sé nulla che fosse degno del sommo sacerdozio, ma avendo le manie di un tiranno unite alla ferocia di una belva.25 E ricevuti gli ordini del re se ne tornò. Or ei nulla aveva che fosse degno del sacerdozio, ma portava un cuor di tiranno crudele, e la rabbia di una fiera selvaggia.
26 Così Giàsone, che aveva tradito il proprio fratello, fu tradito a sua volta da un altro e fu costretto a fuggire nel paese dell'Ammanìtide.26 E Giasone, che avea tradito il proprio fratello, ingannato egli stesso fu cacciato esule nel paese degli Ammoniti.
27 Menelato si impadronì del potere, ma non s'interessò più del denaro promesso al re,27 Or Menelao ottenuto il principato non veniva a capo di trovare i denari promessi al re, benché facesse l'esazione Sostrato, che era governatore della cittadella.
28 sebbene gliele avesse fatto richiesta Sòstrato, comandante dell'acròpoli; questi infatti aveva l'incarico della riscossione dei tributi. Per questo motivo tutti e due furono convocati dal re.28 (Perocché a lui spettava l'esigere i tributi): e furono perciò ambedue chiamati a comparire dinanzi al re.
29 Menelao lasciò come sostituto nel sommo sacerdozio Lisìmaco suo fratello; Sòstrato lasciò Cratéte, comandante dei Ciprioti.
29 E Menelao fu deposto dal ponteficato, nel quale ebbe per successore Lisimaco suo fratello; e Sostrato fu mandato al governo di Cipro.
30 Mentre così stavano le cose, le città di Tarso e Mallo si ribellarono, perché erano state date in dono ad Antiòchide, concubina del re.30 Or mentre succedevano queste cose accadde, che quei di Tharso, e quelli di Mallo si mossero a sedizione, perché erano stati soggettati ad Antiochide concubina del re.
31 Il re partì in fretta per riportare all'ordine la situazione, lasciando come luogotenente Andronìco, uno dei suoi dignitari.31 Onde il re si mosse in fretta per sedarli, lasciando a far le sue veci Andronico, uno de' suoi amici.
32 Menelao allora, pensando di aver trovato l'occasione buona, sottrasse alcuni arredi d'oro del tempio e ne fece omaggio ad Andronìco; altri poi si trovò che li aveva venduti a Tiro e nelle città vicine.32 Allora Menelao persuaso, che quello fosse il tempo per lui, rubati alcuni vasi di oro dal tempio, ne fece dono ad Andronico, avendone venduti degli altri in Tiro, e nelle vicine città.
33 Ma Onia lo biasimò, dopo essersi accertato della cosa ed essersi rifugiato in località inviolabile a Dafne situata presso Antiochia.33 Della qual cosa avendo avuta Onia sicura notizia, ne fece rimproveri a lui, tenendosi egli però in Antiochia, in luogo sicuro presso Daphne.
34 Per questo Menelao, incontratosi in segreto con Andronìco, lo pregò di sopprimere Onia. Quegli, recatosi da Onia e ottenutane con inganno la fiducia, dandogli la destra con giuramento lo persuase, sebbene ancora guardato con sospetto, ad uscire dall'asilo e subito lo uccise senza alcun riguardo alla giustizia.34 Per la qual cosa Menelao andò a trovar Andronico, pregandolo di far uccidere Onia. E quegli fece visita ad Onia, e presolo per mano, e giuratagli fede lo indusse (benché ei non se ne fidasse interamente) a uscir dell'asilo, e subito senza alcun riguardo per la giustizia, lo uccise.
35 Per questo fatto non solo i Giudei, ma anche molti altri popoli si mossero a sdegno e tristezza per l'empia uccisione di tanto uomo.35 Per la qual cosa non solo i Giudei, ma anche le altre nazioni furono scandalizzate, e commosse per la ingiusta morte di sì grand' uomo.
36 Quando il re tornò dalle località della Cilicia, si presentarono a lui i Giudei della città insieme con i Greci che condividevano l'esecrazione dell'uccisione di Onia contro ogni diritto.36 Quindi tornato che fu il re dalla Cilicia, i Giudei, e gli stessi Greci si presentarono a lui per querelarsi della iniqua uccisione di Onia:
37 Antioco fu intimamente rattristato, colpito da cordoglio e mosso a lacrime per la saggezza e la grande prudenza del defunto;37 E il re afflitto nell'animo compassionando il caso di Onia non trattenne le lagrime, ricordandosi della sobrietà, e della modestia del defunto:
38 subito, acceso di sdegno, tolse la porpora ad Andronìco, ne stracciò le vesti e lo trascinò attraverso tutta la città fino al luogo stesso dove egli aveva sacrilegamente ucciso Onia e là cancellò dal mondo l'assassino. Così il Signore gli rese il meritato castigo.
38 E acceso di sdegno ordinò che Andronico spogliato della porpora fosse menato attorno per tutta la città, e che al sacrilego fosse tolta la vita nello stesso luogo dove avea commessa l'empietà contro Onia. Cosi il Signore rendè a lui il meritato gastigo.
39 Essendo poi avvenuti molti furti sacrileghi in città da parte di Lisìmaco su istigazione di Menelao ed essendosene sparsa la voce al di fuori, il popolo si ribellò a Lisìmaco, quando già molti arredi d'oro erano stati portati via.39 Ma avendo Lisimaco fatti molti sacrilegj nel tempio a istigazione di Menelao, e divulgatasi la fama del molto oro, che egli ne avea cavato, si radunò il popolo contro Lisimaco.
40 La folla era eccitata e piena di furore e Lisìmaco, armati circa tremila uomini, diede inizio ad atti di violenza, mettendo come comandante un certo Aurano già avanzato in età e non meno in stoltezza.40 E principiando la turba a fare tumulto, essendo gli animi pieni di ira, Lisimaco armati tre mila uomini sotto la condotta di un certo tiranno avanzato egualmente nell'età, e nella stoltezza, cominciò a fare delle violenze.
41 Ma quelli, appena si accorsero dell'aggressione di Lisìmaco, afferrarono chi pietre, chi grossi bastoni, altri raccolsero a manciate la polvere sul posto e si gettarono contro coloro che stavano attorno a Lisìmaco.41 Ma quelli conosciuti i disegni di Lisimaco si armarono chi di sassi, e chi di buoni bastoni; e alcuni gettavan sopra di lui della cenere.
42 A questo modo ne ferirono molti, alcuni ne stesero morti, costrinsero tutti alla fuga, misero a morte lo stesso saccheggiatore del tempio presso la camera del tesoro.
42 E molti furon feriti, e alcuni ancora uccisi, e tutto il resto messi in fuga; e lo stesso sacrilego rimase ucciso presso all'erario.
43 Per questi fatti fu intentato un processo contro Menelao.43 Or di tutte queste cose si cominciò ad accusar Menelao.
44 Venuto il re a Tiro, i tre uomini mandati dal consiglio degli anziani difesero presso di lui il loro diritto.44 Ed essendo giunto il re a Tiro andarono a parlare con lui di questi affari tre uomini deputati da' seniori.
45 Menelao, ormai sul punto di essere abbandonato, promise una buona quantità di denaro a Tolomeo, figlio di Dorìmene, perché traesse il re dalla sua parte.45 E Menelao ridotto a mal partito promise una grossa somma di denaro a Tolomeo, perché svolgesse il re in suo favore.
46 Tolomeo invitò il re sotto un portico, come per prendere il fresco, e gli fece mutar parere.46 E Tolomeo andò a trovare il re, che se ne stava in un porticato a prendere il fresco; e lo fece cambiar di parere:
47 Così il re prosciolse dalle accuse Menelao, causa di tutto il male, e a quegli infelici che, se avessero discusso la causa anche presso gli Sciti, sarebbero stati prosciolti come innocenti, decretò la pena di morte.47 Onde Menelao reo di tutto il male fa da lui pienamente assoluto; ma quei infelici, i quali in un tribunale eziandio di Sciti sarebbono stati dichiarati innocenti, li condannò alla morte.
48 Così senza dilazione subirono l'ingiusta pena coloro che avevano difeso la città, il popolo e gli arredi sacri.48 Furon pertanto in fretta puniti ingiustamente quelli, i quali sostenevan la causa del popolo, e della città, e la venerazione dei vasi sacri.
49 Gli stessi cittadini di Tiro, indignati per questo fatto, provvidero generosamente quanto occorreva per la loro sepoltura.49 Della qual cosa stomacati quelli di Tiro spesero largamente in onorare la loro sepoltura.
50 Menelao invece, per la cupidigia dei potenti, rimase al potere, crescendo in malvagità e facendosi grande traditore dei concittadini.50 Ma Menelao stante l'avarizia dei potenti, conservò l'autorità crescendo in malizia a danno dei cittadini.