Scrutatio

Sabato, 27 aprile 2024 - Santa Zita ( Letture di oggi)

Lettera ai Colossesi 4


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Gli prega delle loro orazioni. Gli esorta a diportarsi con cautela, e discrezione verso gl'infedeli. Manda ad essi Tichico, ed Onestino, perchè diano loro parte di quello che andava accadendo, dov'egli era. Scrive i saluti di varie persone, e brama, che e questa, e la lettera de' Laodicesi siano lette nell'una, e nell'altra Chiesa.

1Padroni con giustizia, ed equità trattate i servi: sapendo, che avete anche voi un padrone in cielo.2Siate perseveranti nell'orazione, vegliando in essa, e ne' rendimenti di grazie:3Orando insieme anche per noi, affinchè Iddio apra a noi la porta della parola per parlare del mistero di Cristo (a motivo del quale son io ancora in catene),4Affinchè io lo manifesti in quella guisa, che a me si convien di parlarne.5Diportatevi con saggezza verso gli estranei, ricomperando il tempo.6Il vostro discorso sia sempre con grazia asperso di sale, in guisa, che distinguiate, come abbiate a rispondere a ciascheduno.7Delle cose mie v' informerà Tichico fratello carissimo, e ministro fedele, e conservo nel Signore:8Mandato da me a voi a questo stesso fine, che vegga, come ve la passiate, e consoli i vostri cuori,9Insieme con Onesimo fratello carissimo, e fedele, che è dei vostri. Eglino vi daranno parte di tutto quello, che qui si fa.10Vi saluta Aristarco mio compagno nella prigionia, e Marco cugino di Barnaba, intorno al quale avete ricevuto le raccommandazioni: se verrà da voi, fategli accoglienza:11E Gesù chiamato giusto: i quali sono del numero de' circoncisi: questi soli sono miei cooperatori nel regno di Dio, i quali sono stati a me di conforto.12Vi saluta Epafra, che è dei vostri, servo di Gesù Cristo, il quale combatte sempre per voi con le orazioni, affinchè vi manteniate perfetti, e pieni (di cognizione) di tutti i voleri di Dio.13Imperocché sono a lui testimone, che molto egli si affanna per voi, e per quei di Laodicea, e per quegli di Gerapoli.14Vi saluta Luca medico carissimo, e Demade.15Salutate i fratelli, che sono in Laodicea, e Ninfa, e la Chiesa, che è nella casa di lui.16E letta che sia tra voi questa lettera, fate, che sia letta anche nella Chiesa de' Laodiceni: e voi leggete quella de' Laodiceni.17E dite ad Archippo: pensa al ministero, che hai ricevuto nel Signore, affine di adempirlo.18Il saluto (è) di mano di me Paolo. Abbiate memoria delle mie catene. La grazia con voi. Cosi sia.

Note:

4,1:Padroni, con giustizia, ed equità trattate i servi: sapendo, ec. Dopo di aver dimostrate le obbligazioni dei servi verso i padroni, restringe in poche parole le obbligazioni de' padroni verso i servi. I servi o divenivano tali per diritto di guerra (secondo il quale i prigionieri nemici erano schiavi del vincitore ), o tali nascevano, perchè i figli della schiava erano servi del padrone di essa. I servi erano in tutto e per tutto soggetti al dominio del padrone, il quale poteva venderli, e permutarli, come qualunque cosa sua, e all'arbitrio di lui soggiace vano interamente, talmente che per tutto il tempo della Romana repubblica ebbero i padroni anche il diritto di vita e di morte sopra di essi, lo che fu moderato al quanto dagli Imperadori Romani. Contuttociò la condizione del servo era sommamente infelice, perchè non v'era tribunale, nè magistrato di mezzo tra esso e il padrone. La religione cristiana richiamò tutti gli uomini all'antica lor fratellanza; rinfrancata, e renduta questa viepiù stabile e forte per la unione di tutte le membra in un solo corpo sotto un comune capo Gesù Cristo, e per tutti i vincoli della nuova legge, di cui la base è il mutuo amore, ebbe forza di operare anche questo gran can giamento si conforme ai diritti dell'umanità, onde lo stato di servitù, nel quale sotto l'impero Romano gemeva forse la terza parte degli uomini, divenisse a poco a poco quasi un nome ignoto trai popoli adoratori di Gesù Cristo. In questo luogo l'Apostolo rammenta ai padroni cristiani quello, che per legge di natura, e molto più secondo le massime del cristianesimo erano tenuti di fare verso dei loro servi. Ordina adunque, che gli trattino, primo, con giustizia, la qual virtù ha il suo luogo anche tra le persone di inegual condizione; onde è contrario alla giustizia, che il padrone aggravi il servo di fatiche eccessive, o lo privi del necessario sostentamento, o lo abbandoni nelle sue malattie; secondo, con equità, vale a dire con umanità, e mansuetudine, non disprezzandoli, nè usando maniere aspre contro di essi, ma considerandoli come uomini partecipi della medesima natura, e della medesima grazia, e non trascurando di procurar loro i mezzi e gli aiuti necessari per la loro santificazione. Finalmente dice ai padroni, che si ricordino sempre, che ed essi e i loro servi sono soggetti a uno stesso padrone, che è ne' cieli, il quale è Gesù Cristo, che gli uni e gli altri ha comprati col prezzo del proprio sangue, e il quale senza accettazione di persone, e il padrone giudicherà, e il servo secondo le opere loro. Sarebbe un gran disordine, se i padroni cristiani de' nostri tempi, i quali co nandano ad uomini liberi, mancassero verso de' loro servitori a quegli uffici, che secondo l'Apostolo erano dovuti anche agli schiavi.

4,2:Siate perseveranti nell'orazione, vegliando in essa, ec. Raccomanda non solo la frequenza, ma anche la costante fermezza dell'animo nella orazione, la quale vuol che sia sempre accompagnata dalla grata memoria de' be nefici passati.

4,3-4:Affinchè Iddio apra a noi la porta della parola ec. Domanda il soccorso delle loro preghiere, in virtù delle quali spera di ottenere, che Dio gli apra la porta alla libera ed efficace predicazione della parola, per annunziare il mistero della salute operata da Cristo, e annunziarlo con libertà e costanza. Per ragione di questo mistero, soggiunge Paolo, sono io prigioniero, ed alla catena, accennando, che la sua liberazione egli aspetta va, non come la fine de' suoi patimenti, ma come il principio di una nuova carriera, nella quale doveva correre a benefizio di molti popoli, a' quali doveva ancora portare la luce dell'evangelio.

4,5:Verso gli estranei. Verso i Gentili, che sono fuori della Chiesa, ai quali vuole, che si guardino di dare alcuna benchè minima occasione di scandalo, per cui verrebbero ad alienarsi sempre più dalla Chiesa. Ricomperando il tempo. Vedi Efes. v. 16.

4,6:Il vostro discorso sia sempre con grazia asperso di sale, in guisa, che ec. Il vostro discorso sia, come di sale, condito sempre, e asperso di grazia, vale a dire di soavità, e prudenza; onde conoscasi, che sapete distinguere, qual maniera di discorso si convenga alle diverse classi d'uomini, co' quali avete da trattare; imperocchè in una maniera è da discorrere cogli infedeli, in un'altra cogli eretici, e in un'altra con i fratelli, affine di giovare a tutti, e non essere ad alcuno d'inciampo.

4,7:Tichico fratello carissimo, ec. Vedi Efes. VI. 17. Atti XX. 4.

4,9:Con Onesimo.... che è dei vostri. Di Onesimo si parla in tutta la lettera a Filemone. Egli era della Frigia, e forse della stessa città di Colosse.

4,10:Aristarco mio compagno nella prigionia, e Marco cugino di Barnaba. Di Aristarco è fatta menzione negli Atti XIX. XX. XXVII., e nell'epistola a Filemone. Egli a veva accompagnato l'Apostolo fino a Roma, e nella sua prigionia lo serviva. Di Marco, detto anche Giovanni Marco, vedi gli Atti xii, XV., 2. Tim. IV. 11 Col chiamarlo cugino di Barnaba lo distingue da Marco evangelista. Intorno al quale avete ricevuto le raccomandazioni. Si vede, che Marco essendo per andare verso la Frigia, era stato o da Epafra, o dallo stesso Paolo raccomandato ai Colossesi.

4,11:E Gesù chiamato Giusto. Alcuni credono, che sia quell'istesso, di cui si parla negli Atti XVIII. 7., ma quel Giusto era un proselito, e quello, di cui parla qui l'Apostolo, era di origine Ebreo. Si crede, ch'ei fosse chiamato Gesù dagli Ebrei, e Giusto trai Latini, perchè, come abbiamo osservato altrove,gli Ebrei fuori della loro patria prendevano molte volte un altro nome adattato al genio della lingua delle nazioni, tralle quali vivevano. Questo Gesù, e Marco, e Aristarco, dice, che erano Giudei, e che questi soli Giudei e lo aiutavano nella predicazione del regno di Dio, e lo consolavano nelle fatiche e nelle afflizioni, che egli pativa per Gesù Cristo.

4,12:Epafra, che è de' vostri, servo di Gesù Cristo, ec. Vostro concittadino, e ministro di Gesù Cristo, e vostro vescovo. Di quest'ultima qualità una evidente prova si era lo zelo ardente dello stesso Epafra per la salute dei Colossesi, pe' quali non si stancava di pregare dì e notte, affinchè si mantenesser costanti, e perfetti e pieni di cognizione di tutti i voleri di Dio per adempirli.

4,13:E per que' di Laodicea, e per quelli di Gerapoli. Laodicea, e Gerapoli erano due città della Frigia, e vicine a Colosse; ed anche in queste, pare che si accenni in questo luogo, che avesse Epafra predicato il Vangelo.

4,14:Luca medico carissimo. Tutti i Padri hanno preso questo Luca per l'evangelista, a cui attribuiscono tutti eziandio la professione di medico. Egli accompagnò Paolo a Roma, come si è veduto negli Atti, e di lui si parla anche 2. Tim. IV. 10., Filem. 24.
E Demade. Questi fu da principio discepolo di Paolo cui rendette molti servigi in Roma, Filem. 24., ma di poi lo abbandonò e si ritirò a Tessalonica. Vedi 2. Tim. IV. 10. Demade è lo stesso, che Demetrio.

4,15:E Ninfa, e la Chiesa, ec. Ninfa è lo stesso, che Ninfodoro. La Chiesa, che era nella casa di Ninfa, è la stessa di lui famiglia tutta pia e cristiana, la quale essendo anche numerosa, aveva l'aspetto di una Chiesa diretta da' buoni esempi di questo virtuoso padre di famiglia. Vedi Rom. XVI. 5., I. Cor. XVI. 19., e Teodoreto in questo luogo.

4,16:Fate, che sia letta anche nella Chiesa de' Laodiceni. La dottrina di questa lettera era utile per la Chiesa di Laodicea, la quale per la vicinanza doveva essere stata infestata da' falsi apostoli non meno, che quella de' Co lossesi; oltre di che tale era il costume, che una Chiesa comunicasse all'altra le lettere degli Apostoli.
E voi leggete quella de' Laodiceni. Non so vedere come dalla Volgata abbian preteso alcuni Interpreti di dedurre, che Paolo avesse scritto una lettera a' Laodiceni, quando la Volgata anche più chiaramente che il testo greco, indica una lettera scritta non da Paolo a' Laodiceni, ma anzi da' Laodiceni a Paolo. Questa lettera adunque de' Laodiceni vuole l'Apostolo, che sia letta da' Colossesi, come utile per l'edificazione di questi. Così il Grisostomo, Teodoreto, Ecumenio, ed altri.

4,17:E dite ad Archippo: pensa al ministero, ec. Archippo era o diacono, o piuttosto sacerdote, e a lui raccomanda l'Apostolo di adempire con fedeltà, e diligenza l'ufficio evangelico impostogli dal Signore. Vedi Filem. 2.

4,18:Abbiate memoria delle mie catene. Vale a dire, ricordatevi di quello ch'io patisco per Cristo, pel Vangelo, ed anche per voi Gentili, e dal mio esempio imparate a portare volentieri la croce per la causa della fede; ed è in sostanza lo stesso avvertimento, che leggesi Hebr. XIII.7