Qoelet 2
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BIBBIA CEI 1974 | VULGATA |
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1 Io ho detto in cuor mio: "Vieni, dunque, ti voglio mettere alla prova con la gioia: Gusta il piacere!". Ma ecco anche questo è vanità. | 1 Dixi ego in corde meo : Vadam, et affluam deliciis, et fruar bonis ; et vidi quod hoc quoque esset vanitas. |
2 Del riso ho detto: "Follia!" e della gioia: "A che giova?". | 2 Risum reputavi errorem, et gaudio dixi : Quid frustra deciperis ? |
3 Ho voluto soddisfare il mio corpo con il vino, con la pretesa di dedicarmi con la mente alla sapienza e di darmi alla follia, finché non scoprissi che cosa convenga agli uomini compiere sotto il cielo, nei giorni contati della loro vita. | 3 Cogitavi in corde meo abstrahere a vino carnem meam, ut animam meam transferrem ad sapientiam, devitaremque stultitiam, donec viderem quid esset utile filiis hominum, quo facto opus est sub sole numero dierum vitæ suæ. |
4 Ho intrapreso grandi opere, mi sono fabbricato case, mi sono piantato vigneti. | 4 Magnificavi opera mea, ædificavi mihi domos, et plantavi vineas ; |
5 Mi sono fatto parchi e giardini e vi ho piantato alberi da frutto d'ogni specie; | 5 feci hortos et pomaria, et consevi ea cuncti generis arboribus ; |
6 mi sono fatto vasche, per irrigare con l'acqua le piantagioni. | 6 et exstruxi mihi piscinas aquarum, ut irrigarem silvam lignorum germinantium. |
7 Ho acquistato schiavi e schiave e altri ne ho avuti nati in casa e ho posseduto anche armenti e greggi in gran numero più di tutti i miei predecessori in Gerusalemme. | 7 Possedi servos et ancillas, multamque familiam habui : armenta quoque, et magnos ovium greges, ultra omnes qui fuerunt ante me in Jerusalem ; |
8 Ho accumulato anche argento e oro, ricchezze di re e di province; mi sono procurato cantori e cantatrici, insieme con le delizie dei figli dell'uomo. | 8 coacervavi mihi argentum et aurum, et substantias regum ac provinciarum ; feci mihi cantores et cantatrices, et delicias filiorum hominum, scyphos, et urceos in ministerio ad vina fundenda ; |
9 Sono divenuto grande, più potente di tutti i miei predecessori in Gerusalemme, pur conservando la mia sapienza. | 9 et supergressus sum opibus omnes qui ante me fuerunt in Jerusalem : sapientia quoque perseveravit mecum. |
10 Non ho negato ai miei occhi nulla di ciò che bramavano, né ho rifiutato alcuna soddisfazione al mio cuore, che godeva d'ogni mia fatica; questa è stata la ricompensa di tutte le mie fatiche. | 10 Et omnia quæ desideraverunt oculi mei non negavi eis, nec prohibui cor meum quin omni voluptate frueretur, et oblectaret se in his quæ præparaveram ; et hanc ratus sum partem meam si uterer labore meo. |
11 Ho considerato tutte le opere fatte dalle mie mani e tutta la fatica che avevo durato a farle: ecco, tutto mi è apparso vanità e un inseguire il vento: non c'è alcun vantaggio sotto il sole. | 11 Cumque me convertissem ad universa opera quæ fecerant manus meæ, et ad labores in quibus frustra sudaveram, vidi in omnibus vanitatem et afflictionem animi, et nihil permanere sub sole. |
12 Ho considerato poi la sapienza, la follia e la stoltezza. "Che farà il successore del re? Ciò che è già stato fatto". | 12 Transivi ad contemplandam sapientiam, erroresque, et stultitiam. (Quid est, inquam, homo, ut sequi possit regem, factorem suum ?) |
13 Mi sono accorto che il vantaggio della sapienza sulla stoltezza è il vantaggio della luce sulle tenebre: | 13 Et vidi quod tantum præcederet sapientia stultitiam, quantum differt lux a tenebris. |
14 Il saggio ha gli occhi in fronte, ma lo stolto cammina nel buio. Ma so anche che un'unica sorte è riservata a tutt'e due. | 14 Sapientis oculi in capite ejus ; stultus in tenebris ambulat : et didici quod unus utriusque esset interitus. |
15 Allora ho pensato: "Anche a me toccherà la sorte dello stolto! Allora perché ho cercato d'esser saggio? Dov'è il vantaggio?". E ho concluso: "Anche questo è vanità". | 15 Et dixi in corde meo : Si unus et stulti et meus occasus erit, quid mihi prodest quod majorem sapientiæ dedi operam ? Locutusque cum mente mea, animadverti quod hoc quoque esset vanitas. |
16 Infatti, né del saggio né dello stolto resterà un ricordo duraturo e nei giorni futuri tutto sarà dimenticato. Allo stesso modo muoiono il saggio e lo stolto. | 16 Non enim erit memoria sapientis similiter ut stulti in perpetuum, et futura tempora oblivione cuncta pariter operient : moritur doctus similiter ut indoctus. |
17 Ho preso in odio la vita, perché mi è sgradito quanto si fa sotto il sole. Ogni cosa infatti è vanità e un inseguire il vento. | 17 Et idcirco tæduit me vitæ meæ, videntem mala universa esse sub sole, et cuncta vanitatem et afflictionem spiritus. |
18 Ho preso in odio ogni lavoro da me fatto sotto il sole, perché dovrò lasciarlo al mio successore. | 18 Rursus detestatus sum omnem industriam meam, qua sub sole studiosissime laboravi, habiturus hæredem post me, |
19 E chi sa se questi sarà saggio o stolto? Eppure potrà disporre di tutto il mio lavoro, in cui ho speso fatiche e intelligenza sotto il sole. Anche questo è vanità! | 19 quem ignoro utrum sapiens an stultus futurus sit, et dominabitur in laboribus meis, quibus desudavi et sollicitus fui : et est quidquam tam vanum ? |
20 Sono giunto al punto di disperare in cuor mio per tutta la fatica che avevo durato sotto il sole, | 20 Unde cessavi, renuntiavitque cor meum ultra laborare sub sole. |
21 perché chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare i suoi beni a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e grande sventura. | 21 Nam cum alius laboret in sapientia, et doctrina, et sollicitudine, homini otioso quæsita dimittit ; et hoc ergo vanitas et magnum malum. |
22 Allora quale profitto c'è per l'uomo in tutta la sua fatica e in tutto l'affanno del suo cuore con cui si affatica sotto il sole? | 22 Quid enim proderit homini de universo labore suo, et afflictione spiritus, qua sub sole cruciatus est ? |
23 Tutti i suoi giorni non sono che dolori e preoccupazioni penose; il suo cuore non riposa neppure di notte. Anche questo è vanità! | 23 Cuncti dies ejus doloribus et ærumnis pleni sunt, nec per noctem mente requiescit. Et hoc nonne vanitas est ? |
24 Non c'è di meglio per l'uomo che mangiare e bere e godersela nelle sue fatiche; ma mi sono accorto che anche questo viene dalle mani di Dio. | 24 Nonne melius est comedere et bibere, et ostendere animæ suæ bona de laboribus suis ? et hoc de manu Dei est. |
25 Difatti, chi può mangiare e godere senza di lui? | 25 Quis ita devorabit et deliciis affluet ut ego ? |
26 Egli concede a chi gli è gradito sapienza, scienza e gioia, mentre al peccatore dà la pena di raccogliere e d'ammassare per colui che è gradito a Dio. Ma anche questo è vanità e un inseguire il vento! | 26 Homini bono in conspectu suo dedit Deus sapientiam, et scientiam, et lætitiam ; peccatori autem dedit afflictionem et curam superfluam, ut addat, et congreget, et tradat ei qui placuit Deo ; sed et hoc vanitas est, et cassa sollicitudo mentis. |