Scrutatio

Venerdi, 29 marzo 2024 - Santi Simplicio e Costantino ( Letture di oggi)

Proverbi 23


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Regole dà tenersi alla mensa del principe: non conversare cogli invidiosi: onorare i genitori: fuggire le donne cattive, e la ubbriachezza.

1Quando sarai assiso alla mensa del principe, pon mente, e fa attenzione a quelle cose, che ti son posta davanti:2E mettiti un coltello alla gola, sa pure sei padrone dell'anima tua.3Non desiderare le sue vivande, perché elle son cibo che inganna.4Non ti affannare per diventare ricco; ma modera la tua sollecitudine.5Non alzare gli occhi alle ricchezze, che aver non puoi: perocché elle prenderanno ale come di aquila, e voleranno per lo cielo.6Non andar a mangiare coll'avaro, e non desiderare la sua tavola:7Perché egli a imitazione dell'indovino, e dell'astrologo congettura quello, che non sa. Egli ti dirà: Mangia, e bevi; ma il cuore di lui non è con te.8Tu vomiterai quello, che avrai mangiato, e farai getto di tue belle parole.9Non ti mettere a ragionare dinanzi agli stolti, perché sprezzeranno i tuoi sensati ragionamenti.10Non toccare i termini dei padroni di tenera età; e non metter piede nel podere de' pupilli:11Imperocché il loro curatore è forte, ed egli giudicherà la causa di quelli contro di te.12Applica alla dottrina il tuo cuore, e le tue orecchie alle parole della scienza.13Non privare il fanciullo della correzione: perocché se tu lo percuoterai colla verga, egli non morrà.14Tu lo percuoterai colla verga, e libererai l'anima di lui dall'inferno.15Figliuol mio, se il cuor tuo sarà saggio, il mio cuore se ne congratulerà con teco:16E le mie viscere esulteranno, allorché le tue labbra esporranno documenti di giustizia.17Non portar invidia in cuor tuo ai peccatori; ma sta fisso perpetuamente nel timor del Signore:18Perocché averai alla fine quello che speri, e noli ti sarà tolta la tua espettazione.19Figliuol mio, ascolta, ed avrai saggezza: e indirizzerai nella via (il lei) il cuor tuo.20Non frequentare i conviti de' buoni, né le gozzoviglie di quelli, che mettono insieme la lor porzione delle carni per banchettare:21Perocché questi sbevazzando, e pagando lo scotto si rifiniscono, e dormiglioni come sono si riducono ai cenci.22Ascolta il padre tuo, che ti ha generato, e non disprezzare la madre tua quando sia invecchiata.23Compera la verità, e non alienare sapienza, la dottrina, e l'intelligenza.24Il padre del giusto nuota nel gaudio: colui che ha generato un uom saggio, avrà in lui la sua consolazione.25Abbia questo gaudio il padre tuo, e la madre tua: ed esulti colei, che ti ha generato.26Figliuol mio, dammi il tuo cuore: e gli occhi tuoi siano intenti alle mie vie.27Perocché fossa profonda è la donna impudica, e pozzo stretto l'adultera.28Ella tende insidie sulla strada come un ladrone, e ucciderà quanti vedrà degli incauti.29A chi i guai? al padre di chi i guai? a chi le risse? a chi i precipizi? a chi le ferite, senza che si sappia il perché? a chi gli occhi salariati?30Se non a quelli, che si stanno col vino, e si studiano di votar più bicchieri?31Non guardare il vino quando rosseggia, quando il suo bel colore risplende nel vetro: egli entra con grazia,32Ma alla fine morde come serpente, e sparge veleno, come un basilisco.33Gli occhi tuoi mireranno la donna altrui: e la tua bocca parlerà di cose perverse.34E tu sarai come uno che dorme in mezzo al mare, e come un piloto abbandonato al sonno, che ha perduto il timone:35E dirai: Mi hanno battuto; ma io non ne ho sentito dolore: mi hanno strascinato, ma io non me ne sono accorto; quando mi leverò, e tornerò, a bere di nuovo?

Note:

23,1-2:Quando sarai assiso alla mensa del principe, ec. Insegna il Savio quali sieno i pericoli, che sovrastano a chi è ammesso alla mensa de' principi se non vi si diporta con tutta sobrietà e sapienza e circospezione. in tale occasione (dice egli) raccogliti in te stesso, e considera attentamente le cose, che ti son poste davanti, cioè non solo le vivande, ma molto più i discorsi, le interrogazioni, quello che ivi si fa, quello che ivi si dice, e mettiti il coltello alla gola, vale a dire raffrena la intemperanza e del mangiare e del parlare, se pure tu se' padrone de' tuoi appetiti, e sai a tuo senno reggerli e moderarli; imperocchè se ti lascerai sedurre dalle delizie, dalla ilarità del convito, e soprattutto dal vino, tu facilmente o rivelerai quello, che dovresti tacere, o proromperai in detti od in fatti da pregiudicare alla tua propria riputazione, e recar disgusto ad alcuno dei convitati, od al principe istesso. S. Agostino, Tract. 47., et 48. in Jo. in più sublime senso applica queste parole alla mensa di Cristo nella divina Eucaristia. Prima però di riferire le parole del s. Dottore convien porre la maniera, onde lessero questo luogo i LXX; perocchè alla lezione di essi (tenuta nella antica Volgata) egli allude: Se tu sarai assiso alla mensa dell'uom potente, con grande attenzione considera la qualità de' cibi, che ti sono messi davanti, e stendi ad essi la mano, con questo però, che tu abbi fisso e risoluto, che tu pure cose simili dei preparare. Dice adunque il santo Dottore: Qual'è la mensa dell'uomo potente se non quella, onde prendesi il corpo e il sangue di lui, il quale l'anima propria diede per noi? E che vuol dire sedere a tal mensa se non appressarvisi con umiltà? E che egli è il considerare e intendere quello, che ti è messo davanti, se non il riflettere quanto gran de sia questa grazia? E che significa il dover noi sapere, che simili cose dobbiam preparare, se non che siccome Cristo diede l'anima propria per noi, così noi dobbiam dare l'anima nostra per i fratelti? Ecco quello, che è preparare simili cose. Questo il fecero con ardente carità i Martiri, de' quali se non invano celebriam la memoria, e se nel convito, in cui eglino ancora si satollarono, alla mensa del Signore, ci accostiamo, fa d'uopo, che noi, come essifecero, cose simili (carità simile) prepariamo.

23,3:Elle son cibo che inganna. Pare al primo aspetto, che le vivande della mensa de' grandi non abbiano se non dolcezza, soavità e delizia, ma per questo appunto ingannano l'uomo, e lo fanno trapassare i termini della temperanza e della circospezione, ond' egli ne prova dipoi dolori e danni grandi.

23,5:Non alzare gli occhi ec. Non alzare i tuoi occhi, cioè i tuoi desiderii al conseguimento di ricchezze, che tu non puoi colla industria tua procurarti: perocchè se anderai dietro a queste, elle voleranno via anche più lungi da te. Vuol dire: sii contento della tua sorte, e di quello, che mediante la tua industria tu puoi conseguire; se cercherai di avere di più ti affaticherai inutilmente.

23,6-8:Non andar a mangiare coll'amaro, ec. l'Ebreo dice: coll'uomo di occhio cattivo, che vede di cattivo occhio, che tu mangi il suo. Perocchè come suole un indovino od astrologo immaginarsi quello, che non è e ch'ei non sa, così l'avaro pensa, che gli altri sieno simili a lui, e siccome egli non di cuore riceve altri alla sua tavola, così questi non di cuore, nè con sincerità parlino con lui quando lodano la sua liberalità. Per la qual cosa quando ti dice: mangia e bevi, egli tutt'altro ha in cuore: onde insipido e disgustoso ti sarà alla fine il cibo, che tu prenderai in sua casa, e le tue belle parole, colle quali ti credesti di rallegrarlo, saranno gettate: qualunque cosa tu possa dire per fargli conoscere la tua riconoscenza non farà sì, ch'egli in suo segreto non ti abborrisca, perchè è avaro, e gli duole quel ch'egli spende per te.

23,10-11:Non toccare i termini ec. I termini, che servivano a fissare i confini delle possessioni di ciascheduno erano cosa sacra presso gli antichi, come si è detto Job. XXIV. 2., e molto più sono da rispettarsi i termini delle possessioni de' minori e de' pupilli, e una ragione fortissima ne è data da Salomone, dicendo, che essi sono sotto la cura e sotto la tutela di Dio, che è forte per difenderli, e per punire chi gli offende. Abbiamo tradotto il loro curatore, e potrebbe anche tradursi il loro redentore, perocchè la voce Ebrea dinota specialmente colui, che per diritto di consanguinità può riscattare la possessione alienata da un suo parente. Vedi Levit. XXV.25 Il Caldeo tradusse redentore; Aquila e Simmaco il vendicatore.

23,13:Egli non morrà. La tua moderata severità nol farà morire; saresti cagione della morte di lui temporale ed eterna, se lo lasciassi seguire l'impeto delle passioni senza correggerlo.

23,15-19:Il mio cuore se ne congratulerà con teco. Invita all'amore della sapienza col potentissimo stimolo dell'amore paterno. pudica, e pozzo stretto l'adultera.

23,20:Che mettono insieme la lor porzione ec. Che pagano il loro scotto (come è detto in appresso) per fare stravizzi. Tra noi ciò si fa col denaro: tragli antichi facevasi col portare ciascheduno la sua parte delle cose da mangiarsi.

23,21:Si rifiniscono. Divorano il lor patrimonio.

23,26-27:Dammi il tuo cuore... perocchè fossa profonda ec. Da', o figlio, il tuo cuore alla sapienza e a me, che ne sono il maestro, dammi gli occhi tuoi, perchè sieno intesi a studiare e custodire le mie leggi, affinchè tu non cada nel precipizio e nel pozzo, che prepara agli stolti la donna cattiva. Pozzo stretto l'adultera. Spiega mirabilmente questo pensiero il Grisostomo Hom. X1. in 1. ad Corinth. Quando l'anima è presa dalla libidine, e, come una nube o la caligine fa agli occhi del corpo, cosi ella abbia tolta alla mente la facoltà di vedere, ella non permette più, che alcuna cosa si scorga, non il precipizio, non l'inferno, non il timore di Dio, e come se dinanzi agli occhi dell'uomo un'alta muraglia fosse innalzata, non lascia, che un raggio solo di giustizia all'animo di lui risplenda, mentre i tetri impuri pensieri ogni luce ne temon lontana.

23,29:Gli occhi smarlati. Gli occhi de' beoni sono per lo più rossi come brace e pieni di umori, che offuscano la vista.

23,31:Quando rosseggia. Così porta l'Ebreo, e non avrebbe molta grazia tra noi il dare al vino il colore dell'oro, e i beoni, che amano il vino potente, cercano il rosso, e nella Palestina dicesi, che non siavi se non vino di questo colore.

23,32:Morde come serpente. Il vino smoderatamente bevuto è un veleno, che non il solo corpo danneggia, ma anche l'anima, come è dimostrato in appresso. E s. Ambrogio de Elia, et ieiun: L'ebbrezza è fomento della impurità, incentivo di furore, veleno della sapienza.

23,34:E tu sarai come uno che dorme ec. Come uno, che dorme in nave, è portato senza accorgersene qua e là da' venti e dall'onde, così l'ubbriaco è agitato dai torbi di fantasmi della cupidità, e come un piloto, che dorme, e non bada più al timone, lascia andar la nave a urtarne gli scogli e dar nelle secche; così l'uomo dominato dal vino, perduta la ragione, trasportar si lascia in mille pericoli di perdere e i beni e la vita, anzi va sovente cercando i pericoli coll'offendere altrui. Onde in una parola può dirsi, che questo vizio è il naufragio della sanità, della vita, della castità e della virtù.

23,35:E dirai: Mi hanno battuto, ec. L'ubbriaco è esposto ai ludibrii e agli scherni di tutti; ma egli è insensibile come un tronco od un sasso; ma quel che è piu egli ha talmente perduto ogni principio di decoro e di ragionevolezza, che non sogna, e non ha pensiero se non di tornare a bere. Notisi però, che sotto il simbolo del vino e della ubbriachezza s'intende qualunque cupidità e qualunque passione, la quale ove rendasi padrona dell'uomo lo rende come insano e insensato.