Scrutatio

Sabato, 27 aprile 2024 - Santa Zita ( Letture di oggi)

Ecclesiastes 5


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VULGATADIODATI
1 Ne temere quid loquaris,
neque cor tuum sit velox ad proferendum sermonem coram Deo.
Deus enim in cælo, et tu super terram ;
idcirco sint pauci sermones tui.
1 GUARDA il tuo piè, quando tu andrai nella Casa di Dio; ed appressati per ascoltare, anzi che per dar quello che dànno gli stolti, cioè, sacrificio; perciocchè essi, facendo male, non però se ne avveggono.
2 Multas curas sequuntur somnia,
et in multis sermonibus invenietur stultitia.
2 Non esser precipitoso nel tuo parlare, e il tuo cuore non si affretti a proferire alcuna parola nel cospetto di Dio; perciocchè Iddio, è nel cielo, e tu sei in terra; però sieno le tue parole poche;
3 Si quid vovisti Deo,
ne moreris reddere :
displicet enim ei infidelis et stulta promissio,
sed quodcumque voveris redde :
3 perciocchè dalla moltitudine delle occupazioni procede il sogno, e dalla moltitudine delle parole procede la voce stolta
4 multoque melius est non vovere,
quam post votum promissa non reddere.
4 Quando avrai votato a Dio alcun voto, non indugiare di adempierlo; perciocchè gli stolti non gli son punto grati; adempi ciò che avrai votato.
5 Ne dederis os tuum ut peccare facias carnem tuam,
neque dicas coram angelo :
Non est providentia :
ne forte iratus Deus contra sermones tuos
dissipet cuncta opera manuum tuarum.
5 Meglio è che tu non voti, che se tu voti, e non adempi.
6 Ubi multa sunt somnia,
plurimæ sunt vanitates, et sermones innumeri ;
tu vero Deum time.
6 Non recar la tua bocca a far peccar la tua persona; e non dire davanti all’Angelo, che è stato errore; perchè si adirerebbe Iddio per la tua voce, e dissiperebbe l’opera delle tue mani?
7 Si videris calumnias egenorum, et violenta judicia,
et subverti justitiam in provincia,
non mireris super hoc negotio :
quia excelso excelsior est alius,
et super hos quoque eminentiores sunt alii ;
7 Certo, in moltitudine di sogni vi sono ancora delle vanità assai; così ancora ve ne son molte in molte parole; ma tu, temi Iddio.
8 et insuper universæ terræ rex imperat servienti.
8 Se tu vedi nella provincia l’oppression del povero, e la ruberia del giudicio e della giustizia, non maravigliarti di questa cosa; perciocchè vi è uno Eccelso di sopra all’eccelso, che vi prende guardia; anzi, vi sono degli eccelsi sopra essi tutti
9 Avarus non implebitur pecunia,
et qui amat divitias fructum non capiet ex eis ;
et hoc ergo vanitas.
9 Ora la terra è la più profittevole di tutte l’altre cose; il re stesso è sottoposto al campo.
10 Ubi multæ sunt opes,
multi et qui comedunt eas.
Et quid prodest possessori,
nisi quod cernit divitias oculis suis ?
10 CHI ama l’argento non è saziato con l’argento; e chi ama i gran tesori è senza rendita. Anche questo è vanità.
11 Dulcis est somnus operanti,
sive parum sive multum comedat ;
saturitas autem divitis non sinit eum dormire.
11 Dove son molti beni, sono anche molti mangiatori di essi; e che pro ne torna al padrone di essi, salvo la vista degli occhi?
12 Est et alia infirmitas pessima quam vidi sub sole :
divitiæ conservatæ in malum domini sui.
12 Il sonno del lavoratore è dolce, poco o assai ch’egli mangi; ma la sazietà del ricco non lo lascia dormire.
13 Pereunt enim in afflictione pessima :
generavit filium qui in summa egestate erit.
13 Vi è una mala doglia, la quale io ho veduta sotto il sole, cioè: che vi son delle ricchezze, conservate a’ lor padroni per lor male.
14 Sicut egressus est nudus de utero matris suæ, sic revertetur,
et nihil auferet secum de labore suo.
14 Ed esse ricchezze periscono per mal affare, sì che, se il padrone di esse ha generato un figliuolo, non gliene riman nulla in mano.
15 Miserabilis prorsus infirmitas :
quomodo venit, sic revertetur.
Quid ergo prodest ei quod laboravit in ventum ?
15 Un tale se ne torna ignudo, come è uscito del seno di sua madre, andandosene come è venuto; e non prende nulla della sua fatica, ch’egli se ne porti via nella mano.
16 cunctis diebus vitæ suæ comedit in tenebris,
et in curis multis, et in ærumna atque tristitia.
16 Anche questo è una mala doglia; conciossiachè egli se ne vada come egli è venuto; e che profitto ha egli di essersi affaticato per del vento?
17 Hoc itaque visum est mihi bonum,
ut comedat quis et bibat,
et fruatur lætitia ex labore suo
quo laboravit ipse sub sole,
numero dierum vitæ suæ
quos dedit ei Deus ;
et hæc est pars illius.
17 Ed anche tutti i giorni della sua vita egli avrà mangiato in tenebre, con molta tristezza, e doglia, e cruccio
18 Et omni homini cui dedit Deus divitias atque substantiam,
potestatemque ei tribuit ut comedat ex eis,
et fruatur parte sua, et lætetur de labore suo :
hoc est donum Dei.
18 Ecco ciò che io ho veduto: ch’egli è una buona e bella cosa che l’uomo mangi, e beva, e goda del bene con tutta la sua fatica ch’egli dura sotto il sole, tutti i giorni della sua vita, i quali Iddio gli ha dati; perchè questo è la sua parte.
19 Non enim satis recordabitur dierum vitæ suæ,
eo quod Deus occupet deliciis cor ejus.
19 Ed anche quando Iddio, avendo date a chi che sia ricchezze e facoltà, gli dà ancora il potere di mangiarne, e di prenderne la sua parte, e di rallegrarsi della sua fatica: ciò è un dono di Dio.
20 Perciocchè un tale non si ricorderà molto dei giorni della sua vita; conciossiachè Iddio gli risponda per l’allegrezza del suo cuore