Scrutatio

Domenica, 28 aprile 2024 - San Luigi Maria Grignion da Montfort ( Letture di oggi)

Ecclesiastes 2


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VULGATABIBBIA CEI 2008
1 Dixi ego in corde meo : Vadam,
et affluam deliciis, et fruar bonis ;
et vidi quod hoc quoque esset vanitas.
1 Io dicevo fra me: «Vieni, dunque, voglio metterti alla prova con la gioia. Gusta il piacere!». Ma ecco, anche questo è vanità.
2 Risum reputavi errorem,
et gaudio dixi : Quid frustra deciperis ?
2 Del riso ho detto: «Follia!»
e della gioia: «A che giova?».
3 Cogitavi in corde meo abstrahere a vino carnem meam,
ut animam meam transferrem ad sapientiam,
devitaremque stultitiam,
donec viderem quid esset utile filiis hominum,
quo facto opus est sub sole numero dierum vitæ suæ.
3 Ho voluto fare un’esperienza: allietare il mio corpo con il vino e così afferrare la follia, pur dedicandomi con la mente alla sapienza. Volevo scoprire se c’è qualche bene per gli uomini che essi possano realizzare sotto il cielo durante i pochi giorni della loro vita.
4 Magnificavi opera mea,
ædificavi mihi domos,
et plantavi vineas ;
4 Ho intrapreso grandi opere, mi sono fabbricato case, mi sono piantato vigneti.
5 feci hortos et pomaria,
et consevi ea cuncti generis arboribus ;
5 Mi sono fatto parchi e giardini e vi ho piantato alberi da frutto d’ogni specie;
6 et exstruxi mihi piscinas aquarum,
ut irrigarem silvam lignorum germinantium.
6 mi sono fatto vasche per irrigare con l’acqua quelle piantagioni in crescita.
7 Possedi servos et ancillas,
multamque familiam habui :
armenta quoque, et magnos ovium greges,
ultra omnes qui fuerunt ante me in Jerusalem ;
7 Ho acquistato schiavi e schiave e altri ne ho avuti nati in casa; ho posseduto anche armenti e greggi in gran numero, più di tutti i miei predecessori a Gerusalemme.
8 coacervavi mihi argentum et aurum,
et substantias regum ac provinciarum ;
feci mihi cantores et cantatrices,
et delicias filiorum hominum,
scyphos, et urceos in ministerio ad vina fundenda ;
8 Ho accumulato per me anche argento e oro, ricchezze di re e di province. Mi sono procurato cantori e cantatrici, insieme con molte donne, delizie degli uomini.
9 et supergressus sum opibus
omnes qui ante me fuerunt in Jerusalem :
sapientia quoque perseveravit mecum.
9 Sono divenuto più ricco e più potente di tutti i miei predecessori a Gerusalemme, pur conservando la mia sapienza.
10 Et omnia quæ desideraverunt oculi mei
non negavi eis,
nec prohibui cor meum quin omni voluptate frueretur,
et oblectaret se in his quæ præparaveram ;
et hanc ratus sum partem meam si uterer labore meo.
10 Non ho negato ai miei occhi nulla di ciò che bramavano, né ho rifiutato alcuna soddisfazione al mio cuore, che godeva d’ogni mia fatica: questa è stata la parte che ho ricavato da tutte le mie fatiche.
11 Cumque me convertissem ad universa opera quæ fecerant manus meæ,
et ad labores in quibus frustra sudaveram,
vidi in omnibus vanitatem et afflictionem animi,
et nihil permanere sub sole.
11 Ho considerato tutte le opere fatte dalle mie mani e tutta la fatica che avevo affrontato per realizzarle. Ed ecco: tutto è vanità e un correre dietro al vento. Non c’è alcun guadagno sotto il sole.
12 Transivi ad contemplandam sapientiam,
erroresque, et stultitiam.
(Quid est, inquam, homo,
ut sequi possit regem, factorem suum ?)
12 Ho considerato che cos’è la sapienza, la stoltezza e la follia: «Che cosa farà il successore del re? Quello che hanno fatto prima di lui».
13 Et vidi quod tantum præcederet sapientia stultitiam,
quantum differt lux a tenebris.
13 Mi sono accorto che il vantaggio della sapienza sulla stoltezza è come il vantaggio della luce sulle tenebre:
14 Sapientis oculi in capite ejus ;
stultus in tenebris ambulat :
et didici quod unus utriusque esset interitus.
14 il saggio ha gli occhi in fronte,
ma lo stolto cammina nel buio.
Eppure io so che un’unica sorte è riservata a tutti e due.
15 Et dixi in corde meo :
Si unus et stulti et meus occasus erit,
quid mihi prodest quod majorem sapientiæ dedi operam ?
Locutusque cum mente mea,
animadverti quod hoc quoque esset vanitas.
15 Allora ho pensato: «Anche a me toccherà la sorte dello stolto! Perché allora ho cercato d’essere saggio? Dov’è il vantaggio?». E ho concluso che anche questo è vanità.
16 Non enim erit memoria sapientis similiter ut stulti in perpetuum,
et futura tempora oblivione cuncta pariter operient :
moritur doctus similiter ut indoctus.
16 Infatti, né del saggio né dello stolto resterà un ricordo duraturo e nei giorni futuri tutto sarà dimenticato. Allo stesso modo muoiono il saggio e lo stolto.
17 Et idcirco tæduit me vitæ meæ,
videntem mala universa esse sub sole,
et cuncta vanitatem et afflictionem spiritus.
17 Allora presi in odio la vita, perché mi era insopportabile quello che si fa sotto il sole. Tutto infatti è vanità e un correre dietro al vento.
18 Rursus detestatus sum omnem industriam meam,
qua sub sole studiosissime laboravi,
habiturus hæredem post me,
18 Ho preso in odio ogni lavoro che con fatica ho compiuto sotto il sole, perché dovrò lasciarlo al mio successore.
19 quem ignoro utrum sapiens an stultus futurus sit,
et dominabitur in laboribus meis,
quibus desudavi et sollicitus fui :
et est quidquam tam vanum ?
19 E chi sa se questi sarà saggio o stolto? Eppure potrà disporre di tutto il mio lavoro, in cui ho speso fatiche e intelligenza sotto il sole. Anche questo è vanità!
20 Unde cessavi,
renuntiavitque cor meum ultra laborare sub sole.
20 Sono giunto al punto di disperare in cuor mio per tutta la fatica che avevo sostenuto sotto il sole,
21 Nam cum alius laboret in sapientia,
et doctrina, et sollicitudine,
homini otioso quæsita dimittit ;
et hoc ergo vanitas et magnum malum.
21 perché chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male.
22 Quid enim proderit homini de universo labore suo,
et afflictione spiritus,
qua sub sole cruciatus est ?
22 Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole?
23 Cuncti dies ejus doloribus et ærumnis pleni sunt,
nec per noctem mente requiescit.
Et hoc nonne vanitas est ?
23 Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità!
24 Nonne melius est comedere et bibere,
et ostendere animæ suæ bona de laboribus suis ?
et hoc de manu Dei est.
24 Non c’è di meglio per l’uomo che mangiare e bere e godersi il frutto delle sue fatiche; mi sono accorto che anche questo viene dalle mani di Dio.
25 Quis ita devorabit et deliciis affluet ut ego ?
25 Difatti, chi può mangiare o godere senza di lui?
26 Homini bono in conspectu suo
dedit Deus sapientiam, et scientiam, et lætitiam ;
peccatori autem dedit afflictionem et curam superfluam,
ut addat, et congreget,
et tradat ei qui placuit Deo ;
sed et hoc vanitas est, et cassa sollicitudo mentis.
26 Egli concede a chi gli è gradito sapienza, scienza e gioia, mentre a chi fallisce dà la pena di raccogliere e di ammassare, per darlo poi a colui che è gradito a Dio. Ma anche questo è vanità e un correre dietro al vento!